Un profumo dolciastro riempiva la stanza mentre l’alba rossa di fuoco entrava piano tra le persiane chiuse. Silenziosamente i due corpi si mossero poco prima che la piccola sveglia suonasse; quello di Claudia si avvicinò un poco a quello di Massimo che spostò una gamba come se volesse ritrarsi.
Il trillo noioso e invadente fu spento con un tocco dal braccio nudo del ragazzo che si allungò verso il comodino. Era presto, molto presto, ma avevano da fare, dovevano partire.
Claudia si alzò su di un gomito e guardò gli occhi che tanto amava mentre faticavano ad aprirsi.
– Sveglia dormiglione, dobbiamo partire. – disse accarezzandolo sul petto.
– Che ore sono? – domandò lui girandosi dall’altra parte.
– Le sei e mezza. Dai, alzati. – ordinò scrollandolo vigorosamente.
Un sorriso aprì le labbra secche di Claudia mentre Massimo cercava invano di trovare la forza necessaria a mettere il primo piede giù dal letto.
Napoli si stava svegliando insieme a loro. Dalle finestre socchiuse per il caldo torrido di quel luglio stava diffondendosi il rumore inconfondibile della città. Le prime auto passavano lasciando la loro scia di gas e clacson. I primi passanti scambiavano saluti con gli altri poveri pedoni già in piedi chissà per quale motivo, le donne che camminavano piano verso il mercato rionale berciavano tra loro stesse e con il sole appena nato. Un rosso vivo scioglieva quella notte tiepida allungando i raggi fin dentro alle case, quasi a sfiorare ogni palpebra ancora chiusa.
Le braccia di Claudia si mossero fino ad abbracciare il corpo di Massimo che si strofinava gli occhi. Le carezze scesero fino alle mutande bianche del ragazzo che dopo poco si girò verso di lei per baciarla sulle labbra. Il bacio si schiuse lasciando che le lingue si incrociassero per qualche secondo, dopodiché le unghie smaltate di rosso tolsero gli slip lasciando Massimo nudo. Claudia si abbassò fino a baciare la punta del pene risvegliandolo, le grandi mani le accarezzarono i lunghi capelli neri e lei prese in bocca quel piccolo dormiente che velocemente si stava gonfiando.
– Vedo che ti piace la mia sveglia – sorrise lei staccandosi un attimo.
– Lo sai – rispose lui reclinando la testa sul cuscino.
La lingua continuò a leccare fino a che il membro fu duro e completamente teso. Claudia si adagiò sul corpo caldo del suo amante e lasciò che fosse lui a spogliarla della canottiera bianca e delle minuscole mutandine.
– Ti amo – disse lui semplicemente.
– Lo so – rispose cominciando a muoversi su di lui.
Il pene entrò quasi subito nel ventre e un sospiro di piacere soffiò dalla bocca della ragazza direttamente sul viso di Massimo. Il movimento era piacevolmente lento come tutti gli amplessi mattutini, servivano anche per risvegliare le membra indolenzite.
Massimo si muoveva energicamente al ritmo di quella danza lenta ed invitante, solleticando con le dita i capezzoli di Claudia che si chinava per baciarlo.
Più della penetrazione erano i baci ad infondere quella sensazione di infinita dolcezza che percorse le loro schiene, lasciandoli in preda alla passione languida e calda.
Massimo le fece cenno di voltarsi e dopo un istante era lui a soverchiarla con la mole del suo corpo asciutto ma ben delineato, mentre Claudia gli accarezzava la testa.
– Sei bello di mattina –
– Me lo hai detto anche ieri sera – precisò lui continuando il movimento.
Non volevano bruciare quell’amplesso in un breve istante, ma sapevano bene che non avevano tempo da perdere, il viaggio sarebbe stato lungo e non potevano permettersi il lusso di rimanere a letto l’intera mattina.
Dopo una serie infinita di baci e carezze dalla nuca all’inguine, Massimo uscì precipitosamente dal ventre di Claudia e venne sul pancino abbronzato. Si distesero uno accanto all’altra senza guardarsi, ognuno stava cercando la forza di alzarsi definitivamente per quella che sarebbe stata una giornata campale.
– Su, ti vuoi decidere! – apostrofò scherzosamente la ragazza spingendolo con i piedi giù dal letto.
– Va bene, va bene. – rispose Massimo quasi lasciandosi cadere.
Dopo mezzora la loro auto stava uscendo dal parcheggio del palazzo, solamente qualche altro automobilista riempiva le strade, e dal Vomero all’ingresso dell’autostrada fu una piacevole sorpresa scoprire quanto bella fosse Napoli di mattina. Senza il chiassoso scorrazzare di camion e auto, senza il rumoroso urlare di uomini e donne, senza tutto quello che forse identificava quella città da molto tempo.
L’auto correva liscia sull’asfalto già bollente, i soliti pazzi scatenati cercavano sorpassi azzardati, mentre Claudia, tolti i sandali, aveva appoggiato i piccoli piedi sul cruscotto davanti a sé.
Massimo le prese la mano, la baciò delicatamente sul dorso per poi stringerla sulla leva del cambio insieme alla sua. La ragazza sembrava pensierosa, l’estasi dell’amplesso mattutino era svanita con il profumo del caffè consumato di fretta prima di uscire; ora un piccolo panico avvolgeva entrambi e subito anche Massimo si sentì turbato per la meta di quel viaggio.
– Quanto credi che ci impiegheremo? – domandò Claudia inforcando gli occhiali da sole.
– Mah, penso otto o nove ore. Anche se continuo a pensare che avremmo fatto meglio a prendere il treno. – confidò guardando le gambe scure e mobili tese verso il cruscotto.
– Ti ho già detto che non mi sembrava il caso di andare fino a Milano in treno. Giuliana ha bisogno di stare un po’ da sola con noi e quale occasione migliore di un bel viaggio Milano Napoli in macchina? –
– Hai ragione, ma Giuliana non sta bene, lo sai. È per questo che la andiamo a prendere, la comodità del treno le avrebbe fatto bene, piuttosto che infilarsi in questo macinino per tutte quelle ore – disse Massimo guardando fisso la strada.
– Non dire sciocchezze, lo sai che adesso lei ha bisogno di noi. Giuliana è pur sempre una donna forte, non sarà un problema. E poi questo non è un macinino, è la mia auto. – precisò lei allungandosi per dargli un bacio.
Massimo si girò un istante a guardarla. Il suo viso era scuro per la gran parte dell’anno, amava crogiolarsi al sole più di ogni altra cosa, a parte fare l’amore con lui, ovviamente. Le lunghe gambe snelle erano l’emblema della sua selvatichezza, giovani e sempre in movimento, infondevano una gran gioia di vivere. I grandi occhi neri, tipici di ogni bellezza napoletana, parlavano più della sua bocca ed erano i messaggeri più sinceri della sua intelligenza. Un seno prorompente, sempre a stento contenuto nelle piccole maglie che indossava e le labbra carnose e profumate erano poi il marchio di una femminilità che solo poche donne potevano sfoggiare.
Con la mano libera dal volante avvicinò il viso di Claudia al suo e la baciò nuovamente ma lei si ritrasse preoccupata. Il pensiero di Giuliana che li aspettava la tormentava e più di ogni altra cosa avrebbe voluto essere già all’ingresso dell’ospedale Sacco di Milano per abbracciarla e riportarla finalmente a casa.
Tra un pensiero e l’altro, Claudia si rese conto come in quel momento così triste aveva la persona più cara della sua vita accanto a sé. Massimo l’aveva sempre trattata da principessa, con lui tutto era possibile, in ogni campo e a scanso di ogni ragione. Lei era divenuta la sua ragione di vita, lo sentiva quando si avvicinava, era come se il cuore di quel ragazzo continuasse a sintonizzarsi sulla frequenza del suo, rincorrendo quel ritmo che li legava da sempre. Un bel ragazzo indubbiamente, doveva continuamente tener d’occhio, infatti, le ragazze che cercavano di avvicinarlo e gli unici litigi che poteva ricordate erano dovuti appunto a quell’ascendente che Massimo possedeva sulle altre donne. Ma con lei era diverso, non era il suo aspetto fisico a farle girare la testa, ma piuttosto quello che riusciva a darle, e quello che li univa non era un semplice amore, ma qualcosa di più duraturo e saldo, ne erano consapevoli entrambi. I capelli biondo cenere del ragazzo, uniti ai suoi occhi azzurri, lo facevano apparire come uno straniero in quella terra mediterranea, un angelo biondo caduto per caso nella sua vita.
Si amavano da quando cominciava la loro memoria, nessuno dei due poteva ricordare un solo giorno della loro vita in cui non si erano baciati, oppure non avevano condiviso un’emozione. Da qualche tempo, però, una sorta di noia becera e triste li avvolgeva in alcuni momenti particolari; era il sintomo di una storia troppo lunga, o forse, più semplicemente, un periodo di crisi passeggero. Ma quei momenti facevano vivere Claudia all’erta per quella che avrebbe potuto diventare una crisi più seria.
Il pensiero del suo cavaliere accompagnava il mesto ricordo della loro meta. Tutto faceva apparire quel viaggio come una discesa agli inferi: il grigiore di quella Milano che non conoscevano, l’ospedale specializzato da cui avrebbero dovuto prelevare Giuliana, la lingua d’asfalto che accompagnava il loro correre; tutto portava dalla costiera napoletana al cemento milanese, dalla luce all’ombra.
Tra clacson strombazzanti e colpi di abbaglianti, ce la fecero ad uscire dalla tangenziale per immettersi finalmente nell’autostrada che li avrebbe condotti direttamente dalla loro Giuliana.
I piedi di Claudia si muovevano al ritmo della musica che usciva dagli altoparlanti gracchianti, le mani sfregavano il viso e accarezzavano Massimo, il quale si dedicava alla guida con un’attenzione particolare: non aveva mai fatto un viaggio così lungo e pensava che guidare per così tanto tempo lo avrebbe sicuramente innervosito.
– A cosa pensi? – chiese d’un tratto a Claudia assorta nei suoi pensieri.
– A noi due – rispose senza lasciar passare nemmeno un secondo.
– Cioè? –
– A noi due. A quello che ti piace di me, a quello che mi piace di te. Tutta la nostra storia, quello che ci lega e quello che ci divide. – spiegò Claudia cercando di interrompere il discorso.
– Cosa intendi? Spiegati meglio – fece lui.
– Niente, lascia perdere – bofonchiò aumentando il volume della radio che stava passando una vecchia canzone di De Andrè.
… Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura. Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura. Fu un generale di vent’anni occhi turchini e giacca uguale. Fu un generale di vent’anni figlio di un temporale. C’è un dollaro d’argento sul fondo del Sand Creek…
– Anzi no – sbottò ruotando la manopola – non lasciare perdere. È da un po’ che ci penso. Dopo tutti questi anni, non stai perdendo la voglia di stare con me? – chiese come se fosse una domanda normale, come se gli avesse chiesto che tempo farà domani? oppure cosa facciamo stasera?
Massimo rimase stupito da quella domanda. Non avevano appena finito di fare l’amore? Quale dimostrazione doveva ancora darle? pensò per qualche istante, poi, quando Claudia parve indispettirsi per quella pausa, schiarì la voce insieme alle idee.
– Certo che no – esclamò lui con una punta di offesa. – Come farei a vivere con te se non ti amassi –
Le certezze di Claudia sull’amore di Massimo stavano affievolendosi, forse a causa dei pensieri tristi che li avvolgevano, ma sentiva una gran voglia di essere sicura dei suoi sentimenti.
– Lo sai benissimo che vivremmo insieme ugualmente, non è per l’amore che dividiamo lo stesso appartamento – disse Claudia imbronciandosi e voltando lo sguardo verso un’auto veloce che sfrecciò accanto alla loro.
– Hai ragione, ma mi pare di dimostrarti ogni santo giorno quanto mi piaci –
– È qui che ti sbagli. Se stai insieme a me soltanto perché ti piaccio, vattene subito. Prima o poi troverai qualche sgualdrina che ti farà girare la testa più di quanto non lo faccia io. – gli occhi neri fissavano ora la strada calda.
– Uffa! – esplose Massimo – Possibile che tu ti debba mettere in testa queste cose! Cosa ti fa pensare che io ti ami di meno? –
– Nulla – fece lei – È solo che da troppo tempo non facciamo qualche pazzia, non mi chiedi di fare niente di strano per te. Mi sembra che tu ti stia annoiando –
Massimo non rispose, stette qualche secondo a pensare che forse Claudia aveva ragione. Era diverso tempo che non davano libero sfogo alle loro voglie. Non era certamente per un calo di interesse nei suoi riguardi, ma solo perché stavano crescendo, ed ora il sesso sfrenato che aveva accompagnato i loro primi anni stava sciogliendosi lentamente in un amore più completo, qualcosa che sarebbe durato in eterno.
– Se proprio vuoi saperlo – annunciò d’un tratto – Avevo proprio intenzione di chiederti qualcosa di particolare alla prossima stazione di servizio –
Aveva mentito, spudoratamente mentito, ma era l’unico modo per non lasciarla cadere nelle sue paure. Non voleva che oltre al pensiero triste di Giuliana avesse anche queste preoccupazioni infondate. Ora, però, doveva inventarsi qualcosa in poco tempo, tanto da far capire che l’attrazione nei confronti di quel diavoletto mezzo nudo non era per niente scemato.
Claudia si limitò ad acconsentire con un cenno del capo, ma dai suoi occhi nascosti dietro gli occhiali da sole, partì un lampo che risvegliò ricordi oramai seppelliti da molto tempo. Le piaceva immensamente essere il centro dell’attenzione del suo amante, niente importava quando loro due si stavano avvinghiando l’uno nell’altra, tutte le richieste erano lecite e più di una volta aveva sfondato ogni barriera del comune senso della decenza. Avevano fatto l’amore nei posti più particolari, non curandosi minimamente degli sguardi della gente che li scorgeva dietro alle tendine delle cabine, dentro alla macchina in un parcheggio affollato, immersi nell’acqua del mare. Tutte questi episodi rappresentavano un percorso che avevano svolto insieme e che ora, chissà perché, stava lentamente ripiegandosi su se stesso. Sentire che ora Massimo aveva in mente qualcosa la fece fremere di voglia, non per l’atto stesso che avrebbero compiuto, ma per quella sensazione afrodisiaca che una donna prova quando è al centro dei desideri di un uomo.
Massimo prese il pacchetto di Chesterfield dal portaoggetti e, inspirando profondamente, ne accese una.
– Ma non avevi promesso di smettere? – gli disse Claudia riponendo il pacchetto.
– Non mi sembra il periodo adatto, sono nervoso. –
Erano in macchina oramai da tre ore e, quando la voglia di un caffè e qualcosa di più piccante si fece largo tra i loro pensieri, Massimo mise la freccia ed entrò in un’area di servizio.
– Finalmente – bofonchiò lei – pensavo che ti fosse passata la voglia. –
– Non ti preoccupare – la tranquillizzò – Ora ci fermiamo. –
La piccola auto parcheggiò proprio davanti ad un grosso camion. Il bisonte sembrava disabitato, ma la gente pullulava poco lontano da loro, e senza che nessuno dei due parlasse iniziarono a baciarsi ed abbracciarsi. Le lingue esplorarono le bocche con una voglia ed un calore che non avevano provato poche ore prima. Massimo alzò la maglietta della ragazza e prese tra le mani il seno sodo. Claudia lo lasciò fare, in quelle circostanze voleva sempre che fosse lui a dirigere il gioco.
Dopo essersi chinato a leccare avidamente quei frutti caldi, Massimo accompagnò la mano smaltata verso il suo inguine come ad indicare la strada giusta.
Claudia slacciò i pantaloni e fece uscire da quella gabbia il membro già teso del suo amante. Massimo sospirò di piacere, ma d’un tratto sentirono delle voci e dei passi avvicinarsi a loro.
Si fermarono a guardare, quello che doveva essere il padrone del camion, dopo aver salutato un collega, stava dirigendosi con il suo passo pesante e stanco verso di loro.
Non si era ancora accorto della loro presenza, né tanto meno di quello che stavano facendo, ma dopo un brevissimo sguardo, i due decisero che quell’uomo sarebbe stata la vittima del loro gioco.
Massimo chiuse la portiera abbassando la sicura, Claudia fece la stessa cosa dalla sua parte e, rimanendo completamente alla vista dell’uomo sempre più vicino, ripresero le loro carezze.
Claudia si chinò fino a prendere in bocca l’oggetto del suo desiderio, mentre Massimo teneva d’occhio i movimenti dell’ignaro camionista. Quando quest’ultimo fu a un metro dal finestrino, Massimo diede un colpo di tosse, e così gli occhi grossi di quell’uomo tarchiato si voltarono verso di lui.
Il distratto panciuto guardò nell’abitacolo e, dopo un primo sguardo nel quale doveva aver focalizzato solo Massimo, rimase stupefatto scorgendo la testa nera di Claudia che si agitava nell’inconfondibile movimento.
Rimase di pietra, si appoggiò al muro dietro di lui e rimase con gli occhi sgranati a fissare quella scena che per lui doveva risultare una visione surreale. Non sorrideva, non parlava, guardava solamente e quando Massimo lo giudicò cotto a puntino, diede un colpetto alla nuca della ragazza per farla salire.
Gli occhi di Claudia si incrociarono immediatamente con quelli dell’uomo e dopo un sorriso furbo che le spuntò tra le labbra rosse, ricominciò il suo lavoro.
Massimo sorrideva al camionista, ma il timore che andasse a chiamare qualcuno lo fece tremare; nonostante questo, le labbra di Claudia lo stavano facendo salire al settimo cielo e quando fu sul punto di esplodere, bloccò la ragazza con una stretta decisa vicino alle spalle.
Claudia capì in un istante e, dopo aver salutato con la manina l’incredulo omuncolo attraverso il parabrezza, si alzò la minigonna fino all’ombelico. Massimo pensò a toglierle delicatamente le mutandine, sempre sotto lo sguardo fisso dello spettatore.
Quando il ventre della ragazza rimase nudo, Massimo l’aiutò a sedersi sopra di lui, introducendo nel suo corpo per la seconda volta in quella mattina il suo amore ed il suo piacere.
Il camionista non reagì come Massimo temeva, anzi, si dimostrò più spaventato di lui e quando riuscì a prendere coscienza di quello che stava accadendo, si rintanò nella cabina del suo bisonte. Dallo specchietto, però, rimase ad assistere all’amplesso tra i due ragazzi, lasciandosi probabilmente andare ad un movimento della mano sui suoi pantaloni.
Claudia, sopra a Massimo, era quella che meglio riusciva a scorgere gli occhi del loro ammiratore riflessi in quel piccolo specchio sporco. Appena si rese conto che lo sconosciuto stava agitandosi sul suo sedile lercio, venne colta da una passione esplosiva e si lasciò trasportare dal movimento delle anche di Massimo.
Le mani del ragazzo percorsero nuovamente la strada dall’inguine fino al seno sodo e si trastullarono con i capezzoli ritti di Claudia che si dimenava sotto lo sguardo lascivo riflesso. Stuzzicando e massaggiando il seno, Massimo la portò alla soglia dell’orgasmo fino a che la sentì venire con urla strozzate e sguardo fisso oltre al parabrezza.
Quando i brividi finirono di percorrere la bella schiena abbronzata, Massimo la aiutò ancora a rimettersi seduta e poi le offrì la sua erezione ancora dura vicino alla bocca.
Claudia l’ingoiò in un istante, usando sapientemente lingua e labbra. Massimo, con la testa appoggiata al sedile aspettò che il piacere sgorgasse e, poco prima del fatidico momento, tolse la testa della sua amante per coprire la punta della sua arma con un fazzoletto di carta che aveva furbamente tenuto a portata di mano.
Con il sudore che imperlava le fronte e i respiri ancora ansimanti, sentirono il camion avviarsi e scappare via verso l’autostrada. Lo seguirono con lo sguardo fino a che uscì dall’area di servizio e poi, con gli occhi negli occhi, scoppiarono in una risata che sapeva di festa e profumava di sesso.
Lasciandosi alle spalle quell’avventura che li aveva riportati indietro nel tempo e fatto riassaporare il gusto del proibito dopo molto tempo, scesero dall’auto ancora con gli indumenti arrotolati, e, allacciandosi e riassettandosi entrarono nell’autogrill.
Il profumo del caffè li accolse appena furono dentro. Un drappello di camionisti stranieri stava parlottando dietro a quattro birre, un militare in licenza affondava i denti nel suo panino surgelato e quattro ragazzi molto giovani cercavano di eludere la sorveglianza delle telecamere intascandosi innumerevoli scatole di caramelle e biscotti.
Massimo si diresse al bancone lasciando Claudia appoggiata ad un tavolino. Lo scontrino diceva due caffè e due paste e, quando si ritrovarono quasi appartati a gustarsi la seconda colazione, si scoprirono più innamorati di prima. Gli occhi neri si perdevano in quelli azzurri senza che nessuno dei due dicesse nulla, l’aria intorno a loro sembrava incredibilmente più pulita, il vociare e le insegne colorate non facevano parte di quel piccolo mondo che avevano tra di loro.
Consumarono la colazione lentamente, la strada era ancora lunga e non potevano permettersi più di un’altra sosta. Il pranzo lo avrebbero fatto nel pomeriggio e, fino ad allora, non ci sarebbero state più fermate.
Camminando uno davanti all’altra, buttarono gli avanzi nel cestino ed uscirono dall’autogrill dirigendosi verso la macchina che li attendeva al sole.
– Quando ci fermeremo ancora? – domandò lei appoggiando nuovamente i piedi sul cruscotto.
– Tra tre o quattro ore, perciò se devi fare pipì, falla ora –
– Va bene – disse uscendo dall’auto e precipitandosi verso la toilette vicino alle pompe di benzina.
Quando uscì rinfrescata e rilassata non poté evitare che gli sguardi dei benzinai la sfiorassero più del dovuto. Massimo vide che uno degli uomini alle pompe scambiò qualche commento con un collega e a giudicare dai loro sguardi fissi sulle gambe e sul sedere di Claudia, riuscì perfettamente a indovinare cosa si stessero dicendo.
– Possiamo andare ora, principessa? – domandò ironico vedendola sedersi al suo fianco.
– Certo, cocchiere, parta pure – rispose lei sorridendogli.
L’auto uscì lentamente dal parcheggio e si fiondò poi sulla striscia d’asfalto che li attendeva. Salutarono quell’autogrill anonimo, quelle auto parcheggiate ed il loro amico camionista che ora, forse, stava tenendo il volante ancora con una mano sola.
Massimo guidava veloce tra le altre auto, si sentiva bene, benissimo. Aveva Claudia al suo fianco e questo gli bastava per essere felice almeno in quel momento. La ragazza era assorta nei suoi pensieri e sembrava assente, tanto che dopo interminabili minuti di silenzio, Massimo non riuscì a trattenere una domanda scontata che in altri momenti l’avrebbe irritata.
– A che pensi? –
Claudia si girò di scatto e da dietro i suoi occhiali da sole parve rispondere con un peso sul cuore.
– A quello che abbiamo fatto. Mi è piaciuto, lo sai? –
– Sì che lo so. Ma mi sembri triste. –
– No, non sono triste. È solo che a volte mi domando se certe fantasie siano lecite. Se non sarebbe meglio accontentarsi di fare l’amore come lo fanno tutti, tra le lenzuola ed il comodino. –
Massimo lasciò che una grossa auto li sorpassasse e poi, rallentando un poco, prese la mano della ragazza e la baciò.
– Pensi veramente che fare l’amore così normalmente sia un modo per essere normali? Credi veramente che fare le stesse cose per tutta la vita, rinchiudere l’amore in uno stereotipo di amplesso sia una cosa normale? O piuttosto sia una forma di paura. Rinnegare le proprie fantasie non può essere normale. – la domanda della ragazza lo aveva stupito. Non si era mai lasciata andare a considerazioni del genere, non era il tipo.
– Non dico questo, ma hai visto anche tu il comportamento di quell’uomo. Si è eccitato guardandoci, abbiamo fatto una cosa fuori dal comune e lo abbiamo sconvolto. Non mi sembra una cosa giusta. –
Che diavolo le succedeva? Era sempre stata lei a spingere il loro rapporto ai confini del lecito ed ora, dopo tutti quegli anni, aveva delle remore.
– Ma non eri tu a dire che ognuno deve essere libero di dare sfogo alle sue voglie. Dopotutto abbiamo fatto cose peggiori e non ti sei mai lamentata, perché ora ti fai prendere da questi dubbi? –
– Non lo so. Sarà il mio stato d’animo. Sarà che ultimamente il nostro rapporto mi sembra un po’ troppo freddo, e se abbiamo bisogno di queste cose per eccitarci non credo che ci sia molto da sorridere. –
Massimo non rispose, poteva capire che la storia di Giuliana l’aveva scossa. Sapeva che era molto legata a quella donna ed ora saperla in quelle condizioni poteva cambiare qualcosa in lei. Rimasero in silenzio, Massimo non sapeva cosa fare o cosa dire, ma Claudia ruppe quella finta pace.
– Massaggiami i piedi – disse allungando le belle gambe sul grembo del guidatore.
Lasciò una mano dal volante e iniziò a massaggiare quelle dolci estremità con dolcezza e devozione. Sapeva che era una pratica a cui lei si abbandonava con particolare piacere. Le dita massaggiavano la pianta e le caviglie, mentre la strada nera scorreva sotto di loro. Stavano viaggiando e quello era l’importante in quel momento, tutti i problemi si sarebbero risolti prima o poi. Si amavano.
– Pensi che Giuliana stia veramente così male? – domandò la ragazza con gli occhi chiusi e la testa appoggiata al finestrino.
– Ma no – rispose lui – Ti ricordi cosa ha detto il dottore? Ha una malattia del sangue, ha bisogno di pace e tranquillità e di una cura. Il dottore ci fornirà tutte le indicazioni per farla stare bene e noi non dovremo fare altro che starle vicino. Vedrai che si riprenderà presto. –
Claudia annuì continuando a guardare fuori, sapevano entrambi che non c’era ancora una cura per quella malattia, ma le parole che il medico aveva detto loro al telefono rimbombavano nelle loro teste come tante piccole campane.
Giuliana avrebbe potuto guarire spontaneamente, come era successo in altri casi, oppure la cura avrebbe ritardato lo stadio terminale il più possibile. Quando avevano sentito la donna l’ultima volta sembrava depressa e comprensibilmente abbattuta, ma come darle torto, i medici non erano stati certo dolci con lei e le previsioni di cui era a conoscenza non potevano certo rallegrarla.
Il tempo trascorse al ritmo della radio che continuava a sputare musica e parole che nessuno dei due ascoltava con attenzione. Avevano superato Roma, si erano lasciati la Toscana alle spalle ed ora il languore ricominciava a farsi sentire. Si sarebbero fermati di lì a poco.
– Ho fame, Massimo – annunciò Claudia lisciandosi la minigonna.
– Anche io. Ci fermiamo alla prossima? –
– Va bene. Dovrebbe essere tra dieci chilometri. Ho visto il cartello –
Dopo qualche minuto la freccia della loro auto lampeggiò indicando l’area di servizio.
Altri panini e altri caffè su cui fare una previsione dell’arrivo.
– Due ore e saremo a Milano – disse Massimo strofinandosi il viso dalla stanchezza.
– Vuoi che guidi io? –
– No, tanto non manca molto. –
Il languore dello stomaco era scemato lentamente, ma quello della passione stava salendo, sopratutto in Massimo che notò un uomo sulla sessantina che squadrava la sua compagna dalla testa ai piedi. Era davanti al bancone ma non prestava attenzione al caffè che gli fumava davanti, i suoi occhi erano persi sulle gambe di Claudia.
– Lo vedi quello lì? – domandò Massimo facendola voltare lentamente.
– Sì – rispose lei guardando il soggetto.
– Ti sta mangiando con gli occhi da quando siamo entrati. – confidò
– E allora? Non vorrai ripetere l’avventura del mese scorso? – fece lei stupita.
– Perché no? Mi sembra che ti sia piaciuta –
– Ma abbiamo rischiato parecchio –
– Ma ti è piaciuta. –
– Lo sai che queste cose mi fanno paura. Non sappiamo nemmeno chi è. Se fosse un disgraziato potremmo… –
Claudia si interruppe vedendo lo sguardo lucido di voglia di Massimo, sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ma il timore che potesse succedere qualcosa di irreparabile frenava il suo ardore.
Si eccitava al pensiero di quello che era accaduto l’ultima volta che avevano coinvolto attivamente uno sconosciuto. Era stata forse la cosa più eccitante che avessero mai fatto, ma avevano rischiato troppo e solo per un pelo erano riusciti a liberarsi del terzo incomodo.
– Inizia – disse Massimo come una sorta di comando.
– Senti – frenò Claudia girandosi ancora a guardare l’uomo che la stava osservando con gli occhi fuori dalle orbite – Io ho paura –
– Non ti preoccupare, ci sono io. Vai –
Claudia, più per far contento lui che per un desiderio proprio, si tolse gli occhiali da sole e li passò a Massimo che li intascò in un lampo.
Le belle gambe lunghe di Claudia si mossero verso lo sconosciuto e dopo aver buttato un fazzoletto di carta nel cestino vicino a lui, sfruttò quell’alibi per sfiorarlo palesemente all’altezza dei pantaloni.
Massimo, che assisteva alla scena da pochi metri di distanza, sentì la voce della sua amante chiedere scusa con un tono fin troppo falso.
L’uomo rimase senza parole ed il viso di Claudia che si posizionò a pochi centimetri dal suo naso lo mise in uno stato confusionale, non credeva ai suoi occhi.
Claudia rimase qualche istante a fissarlo negli occhi e poi con fare lascivo lo sfiorò ancora una volta con la mano, dirigendosi verso l’uscita a passi lenti.
L’uomo guardò la ragazza muoversi sinuosamente e, quando fu uscita, girò lo sguardo verso Massimo che lo fissava sorridendo. L’eccitazione era già alle stelle e nessuno dei tre avrebbe interrotto quel gioco che fino a quel momento si era dimostrato innocente.
Quando Massimo fece un cenno del capo, lo sconosciuto pagò velocemente il suo caffè e si precipitò fuori sulla scia di Claudia. La ragazza lo attendeva poco lontano, appoggiata alla loro auto in una posa quasi oscena. La minigonna era salita di qualche centimetro ed il petto gonfio puntava ancora di più sulla maglietta innocentemente stretta.
L’uomo, vista la sua preda, rallentò il passo e si avvicinò a Claudia che sembrava attenderlo da ore. Quando le fu ad un metro di distanza stentò a parlare, tanto che la ragazza dovette fare la prima mossa.
– Ho visto come mi guardavi. Credi che sia cieca? –
– N… No – bofonchiò l’altro.
– Allora, ti piaccio? – domandò lei completamente trasformata.
– Sì – sospirò lui.
– Cosa aspetti? – disse avvicinandosi a lui.
Il complice innocente avvicinò le labbra alla bocca schiusa della ragazza, lasciando che lei gli introducesse la lingua. Si fece coraggio e l’abbracciò timidamente, mentre lei spingeva il suo grosso seno contro al petto. La voglia crebbe e, dopo quel bacio timido, le mani dell’uomo si mossero fino a toccare la carne soda del sedere della ragazza.
– Cosa fai? Non qui, idiota – lo apostrofò lei guardandosi intorno.
– Ma io credevo… – riuscì a dire prima che Claudia lo interrompesse.
– Andiamo dietro a quella cabina – disse indicando la casupola del generatore elettrico.
Claudia si guardava intorno alla ricerca di Massimo che ancora non si vedeva. L’uomo che era con lei sembrava innocuo, ma la presenza del suo compagno l’avrebbe tranquillizzata.
– Qui va bene? – domandò sottovoce lo sconosciuto che emanava un forte odore di maschio. Lo stesso odore che faceva andare Claudia al settimo cielo.
– Sì – fece lei spingendo ancora il suo corpo contro quello del suo nuovo amante.
Si baciarono ancora, anche se Claudia era restia a farlo ed infatti l’uomo fu costretto ad inseguire la bocca rossa di fuoco finché la ragazza non capitolò e lo lasciò fare. Lo sconosciuto non sapeva cosa e come toccare, muoveva le sue mani confusamente su tutto il corpo di Claudia che si tendeva per scorgere la figura di Massimo che sarebbe sbucato da un momento all’altro.
Claudia slacciò i pantaloni dell’uomo rivelando l’erezione incontenibile, era completamente alla sua mercé ed in quel momento avrebbe fatto tutto quello che lei gli avrebbe chiesto.
La bocca continuava a cercare la lingua della ragazza che d’un tratto sentì una voce familiare alle spalle.
– No no no – disse Massimo avvicinandosi con fare minaccioso all’uomo.
Lo sconosciuto si bloccò per un istante, combattuto tra quel corpo caldo che ancora stringeva tra le braccia e la voglia di scappare.
– Non si gioca da soli. – continuò Massimo scostando con la forza l’uomo dalla sua amante.
Lentamente tolse la maglietta bianca alla ragazza e, guardando l’imbranato nuovo compagno di giochi con la coda dell’occhio, lo vide perso in uno sguardo misto tra la paura ed il desiderio.
Leccò quelle dune che gli si presentarono ritte davanti a lui, facendo reclinare la testa di Claudia che era completamente assorbita dalla nuova avventura. Sospiri e tremori la fecero fremere mentre guardava l’uomo toccarsi i pantaloni. Evidentemente la paura aveva lasciato il posto ad un desiderio irrefrenabile e lei era stata brava a scaldarlo al punto giusto.
Massimo bloccò il movimento della sua lingua e girandosi di scatto, fece saltare dalla paura il povero uomo che li guardò con aria interrogativa.
– Ti piacerebbe essere al mio posto? – domandò Massimo con aria cinica.
L’uomo non rispose, continuava a toccarsi l’inguine senza lasciar uscire una parola dalla sua bocca.
– Allora, ti piacerebbe essere tu a leccare tutto questo? – domandò ancora spremendo delicatamente il seno di Claudia che li guardava entrambi con gli occhi socchiusi dal desiderio.
– Sì – riuscì a rispondere l’omuncolo.
– Allora avvicinati – ordinò tornando a baciare la sua ragazza.
Il passo pesante dello sconosciuto si avvicinò a loro due e quando fu a un metro di distanza Claudia prese la situazione in pugno. La passione l’aveva agitata a tal punto che ora voleva essere lei a dirigere il gioco.
– Toccati! – ordinò – Fammi vedere quanto ti piaccio –
Il timido sessantenne si sbottonò i pantaloni e lasciò allo scoperto la sua voglia. Impugnò e agitò quello che avrebbe voluto dare a Claudia sotto agli sguardi persi e caldi dei due amanti.
Entrambi videro che il loro nuovo amico stava masturbandosi freneticamente mentre si lasciavano andare alle loro effusioni. Massimo spinse delicatamente la testa di Claudia verso il basso e immediatamente lei estrasse dai calzoni del suo amante quello che doveva succhiare.
Quella scena aveva del paradossale. L’uomo accanto a loro che continuava a masturbarsi osservandoli con gli occhi strabuzzati, ancora incredulo per quello che stava accadendo e loro due che si eccitavano per quello spettacolino organizzato.
– Vuoi toccare? – chiese Massimo facendo cenno all’uomo di avvicinarsi.
Non rispose, si limitò a saltellare dentro i pantaloni fino a loro e allungando temerariamente la mano verso la testa di Claudia le accarezzò i capelli.
Claudia si alzò e arrotolò la minigonna fino alle anche, lasciò che ancora una volta Massimo le togliesse le mutandine e, dopo essersi posizionata di spalle e chinata, si fece penetrare dal suo amante. L’uomo che con una mano continuava a masturbarsi, allungò ancora l’altra fino a toccare il seno duro che ora pendeva verso terra.
La ragazza aveva gli occhi chiusi dal piacere, si faceva scuotere dal ritmo indiavolato di Massimo, mentre le mani dell’altro uomo le scaricavano un’eccitazione incredibile.
Quando Massimo, dentro di lei, si fermò aspettando una sua mossa, lei allungò una mano verso lo sconosciuto teso e lo avvicinò piano alla bocca. Leccò avidamente il suo nuovo pulsante amico e con un fare palesemente volgare lasciò che entrambi approfittassero di lei.
– Ti piace? – chiese ansimando Massimo.
– Sì – quasi urlò Claudia liberandosi per un attimo la bocca.
Il vecchio sconosciuto esplose la sua estasi dopo poco, facendola colare sulla terra accanto a loro. Massimo lo seguì dopo pochi istanti, lasciando che Claudia accogliesse il suo piacere dentro di sé.
– Ora vattene! – ordinò Massimo all’uomo che corse via con ancora i calzoni calati.
Si riassettarono i vestiti, coperti dagli sguardi dei passanti da quella casupola così nascosta, ed uscirono allo scoperto. Nessuna traccia dell’uomo che forse era scappato a gambe levate senza neanche prendere l’auto, salirono in auto e rientrarono nuovamente in autostrada percorrendo i pochi chilometri che li separavano dalla loro destinazione.
Il sole batteva ancora forte sul parabrezza ed i finestrini abbassati lasciavano fluire un poco d’aria puzzolente di gas di scarico e campi concimati. Il silenzio rimase tra di loro come un custode immobile mentre nessuno dei due sapeva cosa dire, avrebbero potuto rimanere zitti per sempre.
Claudia, che fissava i campi pensierosa, si risvegliò d’un tratto da quel torpore e finalmente riuscì ad aprir bocca.
– Cosa rimane alla fine? – chiese più a se stessa che a Massimo che si accorse a malapena della sua voce.
– Come scusa? –
– Cosa rimane alla fine? Il nostro amore ha veramente bisogno di queste cose? Oppure siamo noi a convincerci che alla fine tutto diventa noioso e che ci vuole una scossa ogni tanto per non morire? – la domanda non pretendeva una risposta, era una considerazione che da qualche tempo le ronzava in testa. Massimo, però, si sentì chiamato in causa.
– Non credo che siano solo scosse, queste. Penso che ognuno dentro di noi coltivi dei desideri, delle fantasie che devono prima o poi venire alla luce. Non so se senza i nostri giochi saremmo stati ancora insieme, ma saremmo stati sicuramente meno liberi. –
– Liberi di fare che cosa? Di fare l’amore davanti agli altri? Di chiamare qualche spettatore dalla prima fila a dare una mano alla messa in scena? Non diciamo sciocchezze, queste sono tutte scuse per illuderci che non c’è modo per restare fedeli e felici. Non credo che questi nostri giochetti abbiano fatto più bene che una salutare litigata ed una riappacificazione piena di sesso. –
Erano stranamente sulla stessa lunghezza d’onda. Non la pensavano alla stessa maniera, o meglio, Claudia sembrava averla cambiata, la sua idea, ma si capivano, potevano parlare coscienti che dall’altra parte ogni parola veniva presa per quella che era, ogni concetto era chiaro nelle loro menti.
– Forse hai ragione. Due persone che si amano potrebbero rimanere sole su un’isola deserta in eterno e fare costantemente l’amore, ogni sera, nello stesso identico modo. È questo quello che intendi? – chiese innervosendosi un poco. Non capiva e non accettava questo cambiamento repentino nelle idee di Claudia, ora sembrava che per tutti quegli anni era stato solo lui ad alimentare le strane fantasie di entrambi.
– No, non ho detto questo. Dico solamente che due persone che si amano veramente possono fare l’amore ogni sera, cambiando continuamente stimoli e posizioni, ma non devono aver bisogno di queste avventure pseudopornografiche da due lire. Dopotutto è anche rischioso fidarsi di uno sconosciuto. – precisò lei.
Massimo scosse la testa, continuava a non tollerare il suo comportamento, si sentiva tradito molto più di quando la vedeva soddisfare un altro uomo accanto a lui. Questa era una forma di tradimento che non concepiva e che lo feriva molto.
– Senti, se ora vuoi scaricare la colpa su di me, se mi vuoi dipingere come il porco di turno, fai pure. Ma ricordati che lo fai solo per salvare la tua coscienza che troppe volte hai ammutolito per i tuoi e miei giochini. Non credere che ti permetta di uscire da tutte queste avventure linda e pulita come una verginella. Non sei una santa e non potresti mai diventarlo. – era veramente su tutte le furie e Claudia se ne rese conto, non lo aveva mai visto così.
– Va bene, va bene. – cercò di placarlo – Scusami, è questa storia che mi ha scossa. Giuliana ci sta aspettando e noi abbiamo fatto i nostri porci comodi invece di correre da lei. –
Si calmarono in un attimo, anche se all’interno dell’abitacolo continuava ad aleggiare un sentimento amaro e pesante che li zittì ancora una volta.
Ancora persi nei loro pensieri trovarono l’uscita della tangenziale di Milano.
Investiti dai tubi di scarico cittadini, dal traffico impossibile in quell’ora di punta, si sentirono catapultanti nel mondo più lontano dal loro. Un vecchio attraversava la strada senza guardare, due bambini giocavano a pallone tra le rotaie del tram, due automobilisti litigavano per un parcheggio. Tutte queste cose le avevano viste migliaia di volte anche a casa loro, ma in quel contesto, con un senso di infinito panico nel cuore, si sentirono entrambi soli e senza salvezza. Forse, per la prima volta, avevano assaporato la paura di lasciarsi, di non capirsi, di rimanere soli con se stessi, senza la solita spalla su cui appoggiarsi o la guancia giusta da baciare.
Massimo seguì le indicazioni che li portarono all’ospedale Sacco, faticò qualche minuto a trovare un posteggio, poi si accontentò di pagare il pedaggio per il parcheggio a pagamento e si infilò tra un altro centinaio di automobili.
Dalla discussione non si erano scambiati se non monosillabi ed il brutto pensiero di rivedere Giuliana con quell’astio, sembrò avvicinarli. Fu Massimo a prendere per primo la mano di Claudia, ma lei, in cuor suo, aspettava quel gesto come una benedizione.
Mano nella mano attraversarono la grande porta di vetro ed entrarono nella ricezione dell’ospedale. Chiesero informazioni ad un’infermiera che stava staccando proprio in quel momento e lei indicò ai due ragazzi la strada per il reparto di Medicina.
Non si immaginavano che l’ospedale fosse così grande, era una piccola città immersa nella megalopoli. Si strinsero, stranieri in patria, per sentire qualcosa di caldo e rassicurante al proprio fianco. Camminarono fino all’edificio che la donna aveva indicato e poi salirono due rampe di scale. Le fecero di corsa, sentivano che Giuliana era vicina, finalmente, e li aspettava a braccia aperte. L’avrebbero portata via subito; col fiatone che mozzava il respiro Massimo disse la frase della riconciliazione:
– Ti amo, Claudia, spero che almeno di questo te ne renda conto. –
– Sì – rispose lei così semplicemente da deludere Massimo, ma subito dopo lo inondò con un sorriso a cui lui non poté rispondere se non con un bacio.
– Ti amo – ripeté ancora Massimo.
Sorridendo e con una speranza nel cuore arrivarono davanti alla porta del reparto e si misero a scrutare la piantina per scoprire quale fosse la camera della loro Giuliana.
– Stanza duecentotre – disse Claudia correndo per il corridoio e tirandosi Massimo per la mano.
Si bloccarono sulla soglia, la porta era chiusa, ma dentro si sentivano delle voci, tra cui quella inconfondibile di Giuliana.
Massimo spalancò la porta e vide un’infermiera che finiva di rassettare un letto da cui Giuliana si era alzata da poco. La donna li attendeva in piedi con la borsa pronta per la partenza.
– Giuliana – fecero i due in coro.
– Figli miei – rispose la donna lasciando cadere una lacrima. FINE
Leggi anche
Carmela
Quest’anno sono rientrato dalle ferie con una settimana di anticipo.Avevo bisogno di stare un po’ …