Le regole del gioco sono chiare. Lei mi eccita, io devo resistere. I suoi occhi e il suo muoversi contro il sedile mi dicono questo. Fingo di leggere il giornale; mi consente di coprire la patta dei pantaloni che ormai è discretamente gonfia e di dissimulare lo sguardo.
Sebbene lo scompartimento del treno sia quasi vuoto c’è sempre abbastanza gente che potrebbe accorgersi del nostro “gioco”. Non mi va di passare per maniaco. Chiaramente guardare fuori dal finestrino non è ammesso, sarebbe molto scorretto. Lei non la conosco, ma è una gran bella signora.
Elegante.
Affascinante.
Sessualmente esplosiva.
Le cosce sfregano una contro l’altra, le labbra succhiano le dita dopo aver mangiato la mela, il seno sobbalza agli scossoni ritmici del treno. Fantastica.
Ormai non posso fare a meno di fissarla negli occhi, i suoi verdi occhi contornati da occhiali sottili. Ho la bava alla bocca. Ma io resisterò. No. Non resisto più. Vado in bagno per alleggerire la tensione, il giornale ancora di fronte la patta per nascondere un’erezione mostruosa, molto imbarazzante.
Arrivo in fondo al vagone, punto alla porta del bagno. – è occupato. Una ragazzina brufolosa mi guarda saccente da dietro i suoi spessi occhiali. Stizzito mi sistemo contro un muro, pronto a impossessarmi dei servizi.
La ragazzina bruttina continua a guardarmi, mi fissa la patta. Arrossisco e mi curo di coprire ancora meglio l’erezione. Il gesto sembra interessarla ancora di più. Per fortuna la porta si apre. Ne esce un’altra ragazzina in fiore, dalle forme perfette.
Mi scivola accanto come una ninfa bionda. Le due sono certamente amiche: cominciano subito a confabulare, mentre la bruttina mi getta degli sguardi di sottecchi. Ma io sono già in bagno, la porta è chiusa, mi rinfresco la faccia con l’acqua.
L’erezione non è ancora smaltita, inizia a farmi a male. Slaccio i pantaloni per allentare la pressione. Abbasso le mutande. Il cazzo è paonazzo e duro. Lo massaggio per rilassarlo. Ora va meglio. Non riesco ancora a capacitarmi di come una femmina possa farmi impazzire a tal punto senza ne toccarmi, ne spogliarsi.
Mi siedo sul WC con il cazzo in mano, chiudo gli occhi, penso alla donna seduta nello scompartimento, ai suoi movimenti lenti e profondi, al suo sguardo penetrante, alle mani che accarezzano le gambe sotto il sottile velo delle calze, la sua lingua rossa che esce ad accogliere in bocca la mela, le dita che sfiorano il mio ginocchio, i piedini che ballando con le rotaie sfiorano la mia gamba, la gonna sale lungo le cosce quando cambia posizione sul sedile, sempre più su, accavallando una gamba sull’altra le cosce sfregano una contro l’altra e entrambe stuzzicano la fica.
Fino a che non resiste più. Pianta i piedini ben larghi per terra, nelle loro lucide scarpe con tacco. Cosce divaricate, gonna ormai alla vita, mostra una fichetta nuda, senza mutandine, depilata, fradicia di umori. Le mani corrono fino alla mia patta liberando il mio cazzo per le sue labbra e la sua lingua rossa.
Lo imbocca. Si fa fottere la gola con ampi movimenti di tutto il corpo, china in avanti, cosce larghe, la fichetta umida di goduria strofinata a sangue sui sedili delle ferrovie – sporchi, chiazzati, su cui poggiano culi di ogni tipo, negri, flaccidi, che puzzano.
Poi la vedo camminare incerta lungo il corridoio per venire al bagno, sballottata del treno, scarmigliata, nuda dalla fica in giù, bocca ripiena di sborra vomitevole, che non riesce a ingoiare, che le esce in un rivolo da un angolo della bocca fino a caderle sul seno.
Avanza lungo il corridoio per raggiungere il bagno, quello stesso bagno in cui io ora mi sto masturbando, seduto sul WC, con i pantaloni completamente calati. Spesso si danno per scontati alcuni aspetti della vita che non lo sono affatto. Uno di questi è che le porte chiuse rimangono chiuse.
Ciò non è sempre vero, in particolare se ci si trova in una casa infestata o se si è su un treno delle ferrovie italiane. Al primo grido apro gli occhi. Nel solco della porta del bagno spalancata c’è la signora dello scompartimento, alta e bella.
La boccuccia ormai muta resta aperta in un’oscena simulazione di bocchino. Non gliene dò il tempo. La sorpresa, l’imbarazzo, quella bellezza statuaria; insomma sborro, e le sborro sulle scarpine lucide e sborro sulle mie braghe.
Lei guarda i propri piedi su cui sta ancora piovendo seme biancastro e appiccicoso. Poi guarda il mio coso fiottante e a bocca spalancata si getta in avanti. è svenuta ai miei piedi.
Dalla porta si affacciano i visi sbalorditi delle due ragazzine di prima, la bruttina e il Fiore, che osservano la signora svenuta, i miei pantaloni impiastricciati, alle caviglie insieme alle mutande, il cazzo rosso che si va inflaccidendo fra le mie cosce pelose, divaricate e nude. – è un maniaco, – dice la bruttina, e se ne va a cercare il controllore.
Il fiore rimane, pallido tremante muto. Si inginocchia ai piedi della signora svenuta. Deterge con due dita le scarpe, osserva la sborra raccolta, la porta alle labbra rosa. Mi guarda. Ingoia. Se ne va.
In treno ci sono sempre situazioni strane e piacevoli. Ora molte donne viaggiano in aereo ma non c’è tempo lì. Invece in treno è tutto così erotico…
Quando viaggio in treno vorrei sempre che succedesse qualcosa di erotico. Credo perché quando viaggiamo siamo sempre spensierati. Allora se fossimo spensierati la vita sarebbe sempre bella in attesa di qualcosa di piacevole. Invece non siamo mai pronti per le cose piacevoli e ce le lasciamo sfuggire…