Ultimi racconti erotici pubblicati

Se quella sera… Intrighi e confidenze

Capitolo 1 – Week End
Racconto: Se quella sera… emozioni

Capitolo 2 – Lunedì
Racconto: Se quella sera… Inquietudini

Capitolo 3 – Martedì
Racconto: Se quella sera… Menate

Capitolo 4 – Mercoledì-

Intrighi-

Anna Leccetti spense meccanicamente la sveglia che aveva preso a trasmettere una musica allegra accompagnata da un commentatore altrettanto esuberante -Chissà che cazzo ha da ridere, provi lui a convivere con un marito che ti parla più, che non ti scopa più da una vita, e che ti cornifica- Sbuffò uscendo dalle coperte troppo avvolgenti e troppo teneramente calde da rimanere a letto rimuginando su tutti i problemi irrisolti e i futuri da contrastare. Un freddo tonificante la spinse in corridoio dove svegliò nell’ordine Samanta e Roberto, i suoi due figli di ventidue e vent’anni avuti molto giovane quando ancora era innamorata di suo marito. Gaetano, -lo stronzo- come lo chiamava Anna, era in cucina già vestito e in procinto di uscire e dopo un veloce caffè si dileguò senza dire una parola. Tornò nella stanza di sua figlia Samanta che aveva già preparato tutte le sue creme per la toletta mattutina.
“Devi andare in università, o ad un concorso di bellezza? Mi dici quale tipo di restauro devi fare questa mattina?”, le urlò dietro non concependo la troppa rilassatezza della figlia.
“Debbo togliermi questi pelacci dalle gambe”, le rispose Samanta per nulla intimorita dalla sfuriata della madre. Anche Roberto si era accorto del gran freddo di quella gelida mattina; il vento, in strada, sembrava non volere attenuare neanche le raffiche più impetuose. Dal caldo del letto provò con un gesto annoiato ad estrarre un braccio; bestemmiò rabbrividendo ancora più assonnato sotto le coperte. Dimentico di qualsiasi impegno si rimboccò le coperte fino al naso beandosi di quel tepore finché la voce imperiosa di sua madre non lo costrinse a superare quel momento di totale apatia. Scese dal letto con grande sforzo e ancora in stato di semi incoscienza si diresse verso il bagno dove vi si infilò meccanicamente senza neanche accendere la luce, e sempre come un automa regolò l’acqua della doccia e infine si spogliò. Non appena si abbassò le mutande il suo interesse alla vita sembrò svegliarlo e impugnato il pene cominciò una lentissima masturbazione finché una voce non lo fece letteralmente sussultare.
“Però, complimenti!”
“Ma, chi?”, chiese con la voce strozzata rialzando le mutande con un gesto repentino. Samanta era piegata sul robusto cesto della biancheria sporca, impegnata a depilarsi le gambe, e fiera di aver proferito quell’apprezzamento per il sesso del fratello, lo esortò nuovamente “Dai Roberto, tira giù quelle cazzo di mutande e fammelo vedere ancora”
“Ma che dici Samanta!! sei impazzita?!”
“Va bene pace, ti ho solo fatto un complimento! Chissà che guerra tra le tue amiche!”, disse accennando un sorriso malizioso.
“Dai Samanta, finiscila! scusami piuttosto se sono entrato senza bussare ma di solito a quest’ora tu sei già a lezione”
“Si, vero, ma l’esame di statistica l’ho già dato e vado per le undici, e in queste ora mi vorrei depilare, fare la doccia, e non solo quelle spero!”
“Che intendi dire?”
“Non ho capito cosa hai detto?!”, tornò a domandare Roberto avvicinandosi alla sorella, che sempre piegata sulle gambe prese a depilarsi con il rasoio elettrico, sembrava non aver afferrato le sue parole. Samanta scosse la testa dandogli ad intendere che non aveva sentito per il rumore, e, appena Roberto le fu vicino, gli abbassò le mutande prendendogli il pene in bocca.
In un attimo Roberto si rese conto di cosa gli stava facendo sua sorella Samanta, e di quanto altrettanto inaspettato s’era abbattuto su di lui il piacere, malgrado provasse un forte imperativo che gli vietava d’avere rapporti sessuali incestuosi. Le gambe non gli ressero e sbiancato in volto si liberò dalla bocca della sorella e si rifugiò nella sua camera.
Ansimante e tremebondo si rifugiò sotto le coperte nudo e con il pene turgido dal glande completamente scoperto e paonazzo; pian piano riacquistò la padronanza di sé stesso e i suoi pensieri fluirono di nuovo calmi e riflessivi come sempre. Tornò mentalmente su i suoi passi: -era nudo perché Samanta gli aveva sfilato le mutande sino ai piedi- e durante la sua fuga aveva dovuto scalciarle via; il suo pene era sempre più eccitato specialmente se considerava il gesto compiuto da Samanta. L’aveva gradito enormemente, e quel coinvolgimento non gli era dispiaciuto affatto, trovandolo carino e sensibile. Ripensava insistentemente alla bocca di Samanta, che oltre ad essere sua sorella era anche una ragazza adulta, posata e senz’altro molto più matura dei suoi coetanei ventiduenni. Ripensava alle labbra di Samanta che scorrevano sul membro ed agli occhi di lei che lo fissavano languidi; con quel ricordo uscì della coperte iniziando a masturbarsi sino alla conseguente eiaculazione bagnandosi il petto e la mano.
“Che fai ora? lo vuoi sprecare asciugandola con un fazzolettino?”, lo apostrofò Samanta imitando la voce arrochita di un istruttore dai modi burberi. Roberto in una qualsiasi altra occasione avrebbe protestato la sua privacy ma alla luce di quei nuovi fatti sorrise alla sorella.
“Hai un idea migliore”, le rispose non osando prospettare ciò che stava montando dentro di lui.
“Aspetta, dammi la mano, tu lo sai vero che noi donne possiamo raggiungere l’orgasmo anche nel rapporto orale”, gli prese la mano e cominciò a leccarle e succhiare ogni dito come fosse stato un pene; il contatto con quella lingua non fece che accrescere la sua eccitazione e percepiva il pene ingrossarsi progressivamente. Appena finito emise un sospiro come se avesse appena avuto un orgasmo, “Tu non puoi capire cosa vuol dire per me succhiare un uomo, è, è esplosivo. Non so spiegarti meglio, posso solo dirti che adesso per colpa tua mi dovrò toccare”
Gli posò il palmo della mano sul pene cominciando a carezzarmelo e dicendo, “Però hai un bel pisello e potremmo fare fronte comune per i momenti di carestia, e mi piacerebbe anche sentirlo dentro prima o poi, devi essere un grande scopatore tu!”
“Bhe, veramente,”
“Dai Roberto non dirmi che ti vergogni a parlarne con me?”
“Si!”
“Ti vergogni perché sono tua sorella? Mica sarai uno di quelli che scopano solo con la donna che amano?”
“No, non sono un palle mosce! Un pompino, una scopata mi piacerebbe ma, ma tu, sei mia sorella!”
“Ma dai ragiona, è solo un gioco. E poi se sei tanto sensibile e romantico non ti dovresti neanche tirarti le seghe in questo momento che sei single. Invece se sei d’accordo proporrei di fare una società al cinquanta per cento: io metto la mia micia e tu il tuo uccello. Allora cosa ne pensi?”
Roberto rimase come inebetito, e un dubbio si fece strada nella sua mente. Era sua sorella troppo disinibita, o era lui che non aveva mai fatto simili considerazioni? Nel silenzio della sua mente cominciò a pensare alle possibili implicazioni di quel gioco da instaurare con sua sorella Samanta, una giovane di ventidue anni posata ma allo stesso tempo vispa che lo invitava molto semplicemente a scopare. Era sicuro che molti dei suoi amici avrebbero voluto essere al suo posto, e giocare con il ventre piatto, i seni piccoli e tonici, e i fianchi dalle curve disegnate con il tecnigrafo di Samanta.

Il telefono di Luisella, squillò perentorio in una giornata densa di problemi e fitta di appuntamenti, sollevò il ricevitore rispondendo formalmente “Luisella Boschi, chi parla?”
“Luisa, sono io”
“Ciao amore, sono incasinatissima”
“Allora ti chiamo dopo”
“No, aspetta ho una news, potremmo vedere Lucilla domani e sera, se ti va”
“Si, va bene. Ma ho anche voglia ti te”
“Anch’io amore”
“Ma tu cosa hai fatto ieri sera che non rispondeva nessuno a casa tua?”
“Non ti ricordi? Ero con Clelia, ha dei casini che poi ti racconto”
“Ve la siete leccata, insomma”
“Come sei insensibile”
“Ma, è vero no?”
“Si è vero, e non è vero… sciocco, a dopo”
“Ciao a dopo”
Lucilla Coviello, era single, piuttosto libera e spigliata tanto che Luisella decise assieme ad Ettore di non ricorrere a troppi sotterfugi, e da sola l’andò a trovare nel suo ufficio dopo le sei e mezza. Entrambe avevano avuto la medesima carriera lavorativa ed entrambe rispondevano a Federico Pisani. Non era strano quindi che lei l’andasse a trovare per discutere di aspetti più o meno delicati dopo le otto ore lavorative. Le aveva telefonato annunciandole il suo arrivo e dopo cinque minuti sedeva davanti a lei con un plico di fogli in mano “Ciao Lucilla, allora hai cinque minuti? Ti devo parlare di una cosa”
“Per te sempre”
“Ma prima di farti vedere questa fuffa vieni a farti un caffè?”, le propose battendo una mano sul plico pingue di documenti. Uscirono nei corridoi deserti e davanti ad un caffè fumante Luisella, quasi con spavalderia, sondò il terreno “Non perderò troppo tempo a farti su, scusami, ma tu sei sempre stata un tipo molto pratico, e ci siamo parlate sempre molto francamente, lo sai come ti hanno battezzata i nostri colleghi maschi?”
Lucilla parve gradire, e Luisella capì che quelle parole suonavano per lei come un complimento. Sorrise ed annuì e rispondendo tranquilla, “Chiappe che parlano, Credo di avere un bel culo e ne sono orgogliosa”
Luisella rise complice e con molta malizia aggiunse “Fai bene, è stupido ignorare d’avere un bel culo e non sfruttare ogni occasione, chissà quanti maschietti si perdono dietro quel tuo bel fondoschiena. Un unico piccolo problema, uno di quei maschietti, anche se certamente non è il più scatenato è il mio uomo”
Lucilla sembrò intuire il motivo del loro incontro e la voce s’incrinò un poco e subito s’affrettò a scusarsi “Non lo sapevo, mi dispiace, ma guarda che io nemmeno so chi sia il tuo uomo”
Luisella si rilassò e disse con decisione “Tranquilla, ho sempre evitato di dire chi è, ma resta comunque il fatto che gli piaci e tu mi devi aiutare”
Lucilla prese ad annuire e l’assicurò convinta “Certamente, tutto quello che posso, basta che tu mi dica chi è e lo terrò a debita distanza”
“Lucilla non voglio che tu lo tenga a distanza, anzi, ciò che voglio è che tu mi aiuti a togliergli questa voglia, tanto più che piaci anche a me”, la interruppe prima che Lucilla rincominciasse a stilare rassicurazioni per lei inutili e sciocche. L’amo era stato gettato e Luisella sorridendo con tutta calma si gustò la trasformazione sul volto di Lucilla, sconvolta dalla sorpresa e dalla singolarità della richiesta. Dopo una manciata di interminabili secondi Lucilla balbettò, domandando incredula “Ho capito bene, tu vorresti che io mi concedessi analmente a lui in tua presenza?”
“Si e non solo ci sono anch’io. Comunque si, certamente. Un rimedio pratico e rapido ad una innocente infatuazione, tutti noi ci guadagneremo, io toglierò al mio uomo la sua voglia, tu godrai di lui come io godrò di te!”
Lucilla, la guardò ancora sbigottita “Ma io, io non posso, non l’ho mai fatto in quel modo, e men che meno con una donna”
“Lucilla ci conosciamo da anni e sai che sono sempre stata una persona equilibrata, come è altrettanto vero che c’è sempre una prima volta se ne vale la pena, e questa volta ne vale proprio la pena. E poi ci sarò io a farti da personal trainer, sai non c’è motivo al mondo perché una donna si neghi il piacere del culetto,”
Lucilla tacque a lungo, poi pian piano riprese sicurezza. Si fidava di Luisella e di fronte a quella richiesta non seppe trovare un motivo valido per declinare. Quindi sorridendole accettò “Perché no, hai proprio ragione, io non sono il tipo che si fa delle menate per niente, perché non dovrei farlo, in fondo c’è da scopare e quando c’è dell’uccello fresco in giro né vale sempre la pena”
“Brava, mi piacciono le persone decise”
“Quando facciamo?”
“Domani e sera a casa mia, dopo le nove”
Lucilla sembrava sempre più eccitata “Come devo venire?”
“Fammela vedere”, le chiese con molta naturalezza buttando il bicchierino di carta nel grosso bidone vicino alla macchinetta del caffè.
“Come?!”, tornò a guardarla sbigottita Lucilla.
“Tirati giù le mutande, dai voglio vedere come la tieni”, le chiese abbassando un po’ la voce per non far rimbombare l’eco nella vicina tromba delle scale.
“Cosa vuol dire come la tengo?”
Luisella per tutta risposta si alzò la gonna e con gesti rapidi abbassò contemporaneamente mutande e collant, “Voglio sapere se è così, la tua. Depilata fino al buchino posteriore. Dai fai in un attimo, abbassati i pantaloni insieme alle mutande”
Lucilla esitava, allora Luisella, senza neanche tirarsi su i collant, lasciò che la gonna le ricadesse lungo i fianchi e rapidamente sbottonò ed aprì i pantaloni della collega. Lucilla non fu in grado di fermarla, o meglio ancora una volta non trovò un valido motivo per farlo e nel volgere di un secondo si ritrovò con i pantaloni e le mutande a mezza coscia. Lentamente Luisella poggiò la mano destra sulla mattonella di pelo riccio che infestava la vulva della collega “Lucilla, era questo che intendevo. Adesso vai a casa e ti depili tutta come me. Non lasciare nulla, non si deve vedere nessun pelo da nord a sud”
Risero come due collegiali finché Luisella non le mise un dito lungo il solco facendola sobbalzare di fremiti convulsi.
“Sei bagnata, senti quanto sei buona”
Lucilla si ritrovò con il dito di Luisella bagnato dei suoi umori in bocca e inaspettatamente, come mai le era capitato, ebbe un orgasmo improvviso. Urlò un grido soffocato che giunse insieme al cigolio del carrello della donna addetta alle pulizie. Luisella in tutta fretta le tirò su i pantaloni trascurando di sistemarle le mutande che insieme ai collant rimasero arricciolati ma celati sotto le forme vaporose dei pantaloni del tailleur, mentre a lei bastò sistemarli alle bella e meglio sotto l’ampia gonna scozzese. Dissimulando una banale conversazione di cucina Luisella s’avviò assieme alla sconvolta Lucilla verso l’ufficio “Allora hai capito cosa devi fare?”
Confidenze e complicità
Sette e un quarto. Ettore guardò l’orologio decidendo che per quel giorno si poteva permettere di abbassare la saracinesca e staccare la spina; scrollò la testa -troppo nervosismo che generava stress, nemico numero uno della salute fisica- bofonchiò chiudendo la ventiquattrore, e malgrado amasse il lavoro quanto le donne si decise ad uscire. Salutò la donna delle pulizie che sempre a quell’ora si apprestava a pulire il suo ufficio e con rinnovata vitalità guadagnò gli ascensori per il piano terra. Pensò a Luisella che era già rincasata dal almeno un ora, e si deliziò a pensarla già nuda pronta ad accoglierlo; quella sera avevano deciso di vedersi subito dopo il lavoro per una cenetta casalinga, un po’ di televisione, e per la consueta fellatio della buona notte; poi Ettore sarebbe tornato a casa propria per essere più vicino all’aeroporto l’indomani mattina. Ripensando a Luisella le problematiche dell’ufficio pian piano svaporarono lasciando il posto a quel torpore terapeutico che precedeva lo sfogo sessuale, quell’appetito delle carni che la sua donna aveva imparato a riconoscere. C’erano le sere che gradiva appena arrivato a casa una penetrazione anale, altre una scopata classica sul tavolo della cucina, o come quella sera solo un succhiotto serale sul divano davanti alla tv.
Quel momento di pace svanì appena le porte dell’ascensore si aprirono al piano terra e la voce stizzita di Federico Pisani giunse alle sue orecchie come un tornado, “E’ inconcepibile che da questa mattina l’officina non mi abbia comunicato che la macchina non era pronta! Io adesso gli pianto giù un casino che metà basta. Sono quasi le sette e mezzo di sera ed io non ho di che andare a casa”
Il garagista, un uomo piccoletto sulla quarantina con un naso particolarmente lungo e adunco, cercava di arginare quel fiume di rimostranze cercando di spiegare che anche a lui l’avevano informato tardi e che non aveva potuto fare nulla, non era riuscito neanche a farsi consegnare l’auto sostitutiva.
“Dai Federico che ti porto a casa io”, gli disse gioviale Ettore poggiandogli, non visto, la mano sul gomito
“Ciao, Ettore non ti avevo sentito arrivare. Comunque è uno sconcio che una ditta come la nostra si faccia prendere per il culo da una concessionaria”, rispose trasalendo leggermente trovandosi Ettore alle spalle che non lo lasciò finire “Allora lo vuoi il passaggio?”
“Si, anche se avrei voluto piantargli giù una bella ricevuta di taxi, così tanto per rompere i coglioni”
“Ok, dai vieni che stasera fa anche freddo e rischi di stare in giro una vita”
“Beh lasciami pure alla prima fermata del métro”
“No, posso lasciarti vicino casa”
“Ma tu non vai a prendere la tangenziale est?”
“No, questa sera ho un appuntamento, e entro in Milano”
“Ho capito, questione di passera. Questa sera il dottor Benelli puccia il biscotto, com’è giovane?”, sbottò in tono cameratesco Federico Pisani.
“No, è più o meno della nostra età. Le preferisco così, ci sono meno cose da insegnare”, rispose semi serio Ettore sempre intento alla guida.
“Non ti scoperai mica la mia ex moglie?”
“No, tua moglie non è nelle mie corde, ma tu la mia amica la conosci bene”, rispose allusivo.
“Ho solo un figlio, e credo che tu non sia diventato culo quindi escludiamo la famiglia”, iniziò a speculare con fare scherzoso “Non andiamo alla stesso circolo del tennis, quindi ci rimane solo l’ufficio, si, si tu ti trombi una dell’ufficio ed io dovrei conoscerla bene”
Ettore sfoderando un sorriso ribaldo annui, “Si è più vicina di quanto credi,”
“Ti scopi una delle mie segretarie?”
“No, acqua!”
“Ah già, è una tardona”, liquidò la risposta con un gesto della mano dandosi del precipitoso per non essersi ricordato le parole dette in precedenza da Ettore quando gli aveva accennato di Luisella
“Comunque è una tardona magnifica”
“Si non stento a crederlo sei stato sempre di gusti raffinati, Quindi se non è una impiegata è senz’altro un quadro o un dirigente”
“Fuochino”
“Ci sono, è la Coviello!”
“Acqua!”
Il viso si illuminò e quasi fosse di fronte ai microfoni di un gioco a premi prese fiato prima di annunciare la sua risposta definitiva, “La Zanchi!”
“No la Rita non centra, è la Boschi!”
“La Luisella boschi?”, gli fece eco sgranando gli occhi.
“Perché quella faccia sorpresa?”
“Non lo so, forse perché non rientra nel mio immaginario erotico. Sai io me la immaginavo molto casta”
Ettore scoppiò a ridere, “Luisa è tutto meno che casta, e per carità io preferisco centro volte la donna disinibita con tutte le sacrosante voglie che una stronza tutta parrucchiere e istinti repressi” smise quasi subito di parlare quando vide Federico rabbuiarsi in volto: l’ilarità si trasformò in odio represso, la mano destra strinse spasmodicamente la spessa maniglia della portiera e il respiro si fece pesante.
“Scusa non volevo essere indelicato”
Fece un lungo sospiro e Federico Pisani sembrò calmarsi “Scusa tu, non avrei più motivo di incazzarmi così visto che ormai sono separato da più di venti mesi,”
“Beh, è più di un anno”
“Si lo so, ma preferisco contare i mesi, sembrano di più. Per quasi ventuno anni mi sono ammazzato di pugnette perché una stronza non concepiva il sesso come passatempo, ed io ho avuto il coraggio di lasciarla solo dopo lunghi e interminabili ventuno anni nella inconfessata speranza che l’età portasse consiglio, e invece niente”
“Tuo figlio con chi sta, adesso?”
“Ah, Luigi è andato a vivere da solo a Pisa perché è iscritto a ingegneria informatica. Non so quanto studi, anzi sono certo che studia poco e tromba molto ma sono contento così perché almeno sta lontano da sua madre”
Ettore si rimproverò d’aver ancora rinfocolato il malessere di Federico Pisani e invece di sviarlo dal rivangare i trascorsi con l’ex moglie era riuscito comunque a rigirare il coltello nella piaga. Passarono una manciata di secondi interminabili durante i quali Ettore pensò solo a guidare evitando perfino di guardare con la coda dell’occhio il collega, poi fu lo stesso Pisani che inaspettatamente sorrise.
“Alla sua età, comunque si studia e si tromba, e più gli studi sono pesanti e più hai bisogno di uno sfogo. E cosa c’è di meglio di una scopata rigenerante?”
“Già”, riuscì a malapena a rispondere Ettore che l’avrebbe invitato quella sera stessa a scopare con Luisella, ma si astenne da qualsiasi proposta. Doveva capire quanto Federico Pisani poteva condividere il loro sistema di vita.
“La settimana scorsa sono andato a trovarlo. Ero li per la commessa Ganger e siccome avevamo finito prima mi sono sganciato e con una macchina dell’Avis sono andato da Luigi”, aveva preso a raccontare con foga ed Ettore si guardò bene dall’intromettersi in alcun modo “Non era in casa, ma io avevo le chiavi e mi sono messo ad aspettarlo, e in quel casino ho scoperto la sua collezione di filmini porno. Ma devi vedere che bei film, altro che i super otto che giravano ai nostri tempi. Belle immagini per niente sfocate e con ogni particolare al loro posto: fiche aperte e trapassate da cazzi grossi come mazze, insomma mentre lo aspettavo mi sono fatto una sega”
La notizia giunse inaspettata come le precedenti, ma diversamente non si rabbuiò e felice continuò a raccontare “L’avevo così duro che non ho potuto fare a meno di menarmelo in mezzo alla stanza con il rischio che Luigi mi sorprendesse con il cazzo in mano. Ma capirai che vedere tutta quella figa giovane che scopava m’ha tirato fuori tutta quella voglia che ho di scopare”
Adesso non stai con nessuno? “, chiese quasi timidamente Ettore”
“No!”
Ettore temette d’aver fatto un altro danno perché Federico Pisani sembrò ammutolire, allora aggiunse “Ti presento qualche amica di Luisa, di quelle giuste voglio dire”
Inaspettatamente sorrise, felice come un bambino, “Ettore non lo dire una volta di più che ti prendo in parola”
“Io non stavo scherzando”
“Vado tre giorni Monaco, e torno per venerdì, né riparliamo allora, vuoi?”
“Perché non ci facciamo un week-end da qualche parte, magari a Parigi”
“Ci sto, a costo di rimediare una troia facciamo una uscita a quattro”
“Lascia stare, la donna te la trovo io”
“Beh se lei non ci sta?”
“Guarda fidati di me, ho una casa in montagna dalle parti di Bergamo e cosa c’è di meglio di una casa dove si può dormire separati, oppure no?”
“Dottor Benelli la prendo in parola, affare fatto!”, disse uscendo dalla macchina dopo averlo salutato riconoscente.
“Avresti dovuto vedere la mattonella di pelo che aveva in mezzo alle gambe. Anch’io prima non mi depilavo completamente, ma i bordi li ho sempre regolati; come l’ho sempre sfoltita”, raccontò Luisella uscendo dalla cucina e andandosi a sedere sul divano al fianco di Ettore.
“Si ma come è fatta la sua passera, è gonfia, liscia, corta, lunga?”, chiese Ettore facendo zapping con il tele comando.
“La prossima volte le faccio una foto cosi la vedi, non capisci che non avevamo molto tempo in quel corridoio”
“Si ma sotto le dita com’era? Non mi hai detto che le hai messo due dita dentro?”, insisté Ettore che voleva eccitare Luisella.
“Non dentro, le ho sfiorato il solco e non sono riuscita neanche a toccarle il campanellino, però”
“Pero?”
“E però lei ha la passera incassata, non è in rilievo, non ha i labbroni, capito?”
“Posso provare”, le rispose toccandole dolcemente il clitoride, lei gemette piano e cominciò a masturbarlo, gli occhi fissi su di lei, sentì il pene ergersi e si abbassò, lo prese in bocca e lo succhiò. Ettore si irrigidì e lei succhiò più forte, poi si ritrasse e fece ruotare la lingua attorno al glande, sempre guardandolo. Luisella la fissò per alcuni istanti, poi distolse lo sguardo, altrimenti sarebbe venuto subito. Pensò ad altro per distrarsi ma Luisella cominciò a venire sotto di lui, gemendo e ansimando e lo coinvolse: lei gridò quando lo sperma la inondò e si aggrappò alle sue spalle, scossa da un’altro orgasmo. Luisella tornò a guardare Ettore, la sua bocca e la sua lingua sul suo glande e si accorse che il membro continuava a rimanere eretto e duro.
“Presto!”, esclamò Ettore. L’attirò con forza a sé e dopo pochi, violenti affondi che la fecero gridare, venne nuovamente. Luisella tornò a cercare la bocca di Ettore; tese la mano e scivolò sotto il suo pube toccando e accarezzando il pene e presa nel vortice della passione si chinò e appoggiò la guancia sul pube, e con la mano lo costrinse ad avvicinare il glande gonfio e lucente alle sue labbra. Lo accolse in bocca, lo succhiò e cedette al primo improvviso fiotto di sperma. Senza smettere di leccare, Luisella continuò a strofinare il glande contro il clitoride fino a quando, con un grido breve e acuto venne a sua volta, sussultando e spasimando.
Luisella gli sorrise, si sollevò e si mise in ginocchio sostenendosi sulle mani appoggiando il viso sull’inguine del compagno guardando il pene ritrarsi dopo l’orgasmo. Avevano preso l’abitudine di parlare così, dopo la fellatio con Luisella poggiata sul ventre irsuto dell’uomo, ed Ettore amava averla li vicino a lui, accarezzarla baciarla, senza parlare necessariamente di cose futili. Quella era appunto una di quelle sere, ed anche Luisella sembrava essere dello stesso umore.
“Sono preoccupata Ettore”, sussurrò assaporando ancora la fragranza di maschio che le profumava la bocca.
“Perché?”
“La vita di un divorziato è difficile, occorre capire come stuzzicare le sue fantasie represse. Noi abbiamo appena iniziato a realizzare i nostri sogni erotici e spero che in futuro potrà essere sempre così bello ed eccitante, ma ho paura di non poter accontentare Federico e fornirgli tanto piacere quanto te ne ho dato in questi mesi”, disse parlando tranquillamente mentre teneva la testa appoggiata sul ventre e giocava con i peli del pube. Ettore sorrise accarezzandole i capelli “Luisa, effettivamente, noi abbiamo soddisfatto i sogni reali di una vita che già conducevamo separatamente. Ma stai sottovalutando Federico, lui è un tipo assai fantasioso, e in una situazione tanto eccitante, la sua fantasia sono sicuro sfornerà nuove situazioni, nuovi orizzonti”
“Davvero Ettore, allora parlami di lui e di come vorresti combinare l’incontro, dai me lo vuoi dire?”, voltandosi gli sorrise sollevata, ma Ettore scosse la testa, e attirandole verso di sé la baciò
“Luisa, questa volta voglio prima pensarci bene, e poi questa volta sarà diverso, sarò io ad organizzare la sorpresa. Piuttosto, dimmi sinceramente, esiste qualche cosa che non vorresti fare per me?”
“Ettore ti amo, io per te farò qualunque cosa, lo sai sarò sempre al tuo fianco”, rispose senza indugio scuotendo la testa prima di tornare a strusciare la guancia sul ventre liscio come la seta.
Parole in libertà
Karin camminava nervosa su e giù per i corridoi dell’ospedale. Quella notte, appena iniziata, sembrava cupa e interminabile. Nell’attesa si sedette sullo sgabello, nell’angolo, e posò la testa indietro contro il muro, come se fosse svenuta; ma subito si rialzò, urtando contro lo stelo di un appendiabiti, che oscillò pericolosamente. Erano ormai due ore che aspettava, e questo non lo poteva sopportare. Si ricordò di quando era una ragazzina che andava agli appuntamenti con i suoi preferiti; la tensione era la stessa e il nervosismo non era da meno. Però le piacevano quegli stati d’animo che si sarebbero conclusi nella felicità più grande. Ma non era questo il caso di quella sera: questa volta era diverso, e doveva tenere il controllo. Dei rumori, nel corridoio. Si affacciò alla porta e vide, in fondo, l’anelata sagoma che si dirigeva nel locale riservato ai paramedici. Un ultimo tocco ai capelli, e via di corsa per il corridoio, alla porta. Quando lo vide, entrando nella stanza, ebbe un sussulto che non riuscì a controllare, e a nulla valse un sorriso rilassato che tentò di disegnare sulle labbra. Titubante gli chiese “Taddeo, posso parlarti?”
Il professor Taddeo Gandolfi toccava la plastica della tastiera del computer, la sentiva calda e in piacevole dissonanza con la pesante monotonia del silenzio irreale dell’ospedale, con il quale conviveva ormai da anni. S’era messo a computer senza un scopo impellente, e con ancora minore intenzione s’era prefissato la lettura di una risma di inutile materiale informativo. Ma ora si presentava l’alternativa, la migliore chance della notte, e senza togliere gli occhi dallo schermo del computer chiese usando un tono professionale “Dimmi, Sanbelli il 321 ha ancora bisogno della terapia d’urto?”
Quelle poche parola bastarono e Karin aveva già dimenticato la loro discussione, che in quel giorno e mezzo si era sempre incessantemente imposta di rimproverare al suo superiore, e guidata da nuovi e repentini automatismi, gli rispose con un filo di voce “Si, cioè no, non centrano i pazienti, e che volevo chiederti scusa per l’altro giorno, ero un po’ nervosa”
In un attimo quel rumoreggiare costante, senza sbalzi, delle dita sulla tastiera del computer, che creava un’aria assopita, terminò di colpo. Ora doveva rispondere a Karin e l’idea d’una chiacchierata amichevole non lo disturbava affatto. Alzò gli occhi dal monitor e dopo qualche istante rispose “Va bene, accettate, ora però mi spiegherai, vero?”
La dottoressa Karin Sanbelli aprì le braccia in segno di impotenza “E’ stato tutto così istintivo, mi ha dato fastidio… Ho pensato a te che guardi quella roba di nascosto da tua moglie. Non so cosa mi sia preso ma l’ho vissuta male” Era molto eccitata, parlava velocissima, si spostava per la stanza seduta sulla sedia girevole, non senza urtare contro sedie ed altro mobilio. I suoi comportamenti, in un qualsiasi altro tipo di incontro, avrebbero certo creato un certo imbarazzo per il partner, ma il professor Gandolfi non era disturbato e tanto meno si lasciva condizionare dagli atteggiamenti della donna. Le rispose invece sogghignando “La cosa curiosa è che, scusami ma, quelle riviste circolano liberamente in casa, e mia moglie le legge come le leggo io. Ti ho stupita di nuovo?”
Karin effettivamente sorpresa prese la sua tazza in mano, si alzò, si diresse verso il bricco del caffè caldo mormorando “Penso proprio di si!”
L’uomo a sua volta si servì con il caffè, ed ora più che mai le voleva parlare, doveva capire. Si sedettero uno di fronte all’altra, e le chiese con molto tatto “Se credi, se ti interessa, possiamo parlarne. Altrimenti amici come prima. Ci siamo chiariti e ciascuno a casa propria fa come crede. Del resto da voi voglio innanzi tutto professionalità e spirito di gruppo. Quello che fai alla sera non mi riguarda e non lo voglio sapere”
“Questo vale ovviamente anche per me” replicò con una mezza smorfia la ragazza che accusò tutta la serenità del suo superiore “Certo Karin, non ti giudico e non voglio essere giudicato” Quelle parole accesero nella giovane un nuovo pensiero fugace che rimase confinato nel limbo per l’arrivo della caposala che interruppe i loro discorsi con un emergenza.
Karin con in mano la seconda tazza di caffè della nottata si ritrovò a rimuginare sulla solitudine, e sui i vantaggi che se ne traevano: l’indipendenza, la completa autogestione del tempo, la libertà dei movimenti. Ma subito riaffiorarono prepotentemente gli svantaggi che potevano essere ben più destabilizzanti, come il tornare a casa stanchi e senza fame dove la prospettiva più allettante era quella di un telegiornale alla televisione -Ma forse è troppo pesare un problema solo su una bilancia di pro e contro- pensò prima di chiedere “Cosa ci trovi in una rivista pornografica?”
Il professor Gandolfi perso in altri pensieri, con la bocca immersa nella tazza, s’accorse che il caffè era bollente e sollevata subito la testa ribatté serafico “E tu con quale spirito decidi di visitare una pinacoteca?”
La ragazza sgranò gli occhi stupita “Non è la stessa cosa. Quella è arte! Un Tiepolo ti suscita emozioni, una scultura del Bernini mi evoca maestà”
L’uomo con delicatezza le mise una mano sull’avambraccio tentando di bloccare quel fiume di parole “Una foto erotica mi evoca la semplicità imperitura del nostro essere uomini e donne. Non ti senti ribollire il sangue quando si parla di sesso?”
La dottoressa Sanbelli si dondolò sulle gambe titubante “Così, senza un trasporto, mi costringe a pensare a comportamenti che non sono nella mia cultura”
“Vuoi dire nella tradizione”
Karin reagì alzando leggermente la voce “Tradizione, cultura, ha senso distinguere le due cose?”
Taddeo che aveva ripreso a sorseggiare il caffè bollente tenendosi la tazza fra le mani replicò leggermente agitato “Certo che ha senso, anzi è doveroso soffermarsi su questa differenziazione, perché la cultura è viva, si nutre di fatti, pensieri, opinioni; la tradizione No. Le regole che noi eleviamo a rango di verità, e ci imponiamo chiamandole tradizioni sono un qualcosa di stantio, vecchio che ci frena, che ci regola ciecamente; personalmente non affido mai la mia vita in simili mani infeconde”
Karin seduta poco distante rigirava nelle mani la tazza percependone il calore irradiato dalla ceramica e sottovoce replicò “Allora cosa ti dovrei rispondere? Ti dovrei raccontare della mia vita privata, amori eccetera, eccetera. Per spiegarti alla fine cosa mi disturba in un atteggiamento discinto, volgare?”
Taddeo alzandosi deciso dalla sedia recuperò, da una mensola, una scatola di garze mono uso che ripose in un armadio, poi voltandosi verso Karin le rispose “No, trovo già abbastanza avvilente quanti vanno in televisione a raccontare le proprie sciagure, i propri amori davanti a milioni di telespettatori. L’individualità è sacra e inviolabile. La personalità è pubblica”
Karin lo guardò perplessa, e alzando un poco la voce per sovrastare il rumore metallico dei cassetti scorrevoli, chiese “Come?”
Taddeo, porgendole del materiale che la riguardava, scherzò gioviale “Allora sei proprio una ignorantona”
“A scuola ho sempre preferito le materie scientifiche”
Taddeo si sedette davanti a lei finendo il suo caffè che ormai era diventato freddo, e con tutta calma le spiegò il suo punto vista “Nessun problema. Per i latini il termine persona indicava la maschera, l’apparire, il relazionarsi con gli altri, mentre il termine individuo raccoglieva la sfera più intima di ognuno di noi. Quella che, per intenderci, ci rende unici. Quindi l’amore che lega due persone è sacro ed inviolabile perché è l’unione di due esseri irripetibili; l’unione sessuale no! Quindi il sesso fa parte della personalità mentre l’amore è dell’individuo. Non voglio parlare dei tuoi amori perché sarebbe una aggressione alla tua individualità, ma possiamo discutere di passione, questo si”
Karin aveva letteralmente agganciato gli occhi di Taddeo tentando di leggervi tutti i messaggi consci e inconsci che la stavano bombardando, e con leggera enfasi lo stimolò “E’ inutile chiederti se per te è immorale essere espliciti”
La risposta giunse pacata fatta con un’altra domanda ben più inequivocabile della prima “Esatto, allora dimmi: ti ribolle il sangue quando guardi una scena di sesso più o meno esplicita?”
Karin prese con cura il fascio di documenti che le veniva porto con la medesima cautela con cui aveva assorbito il disagio della domanda “Si, ma inevitabilmente ripenso alle mie storie d’amore, non riesco ad estrapolare il fatto in se”
Taddeo imperterrito, nel medesimo istante, aveva recapitato quel malloppo di fogli nelle mani della donna, come aveva considerato superato quel senso di molestia che la ragazza sembrava aver accusato “Dai, non ti chiedo nulla di trascendentale. Voglio solo sapere quali stimoli sensoriali eccitano la tua mente, capisci anche tu che il sesso non è individuale, e che è estremamente comune così come il nutrimento”
Karin accusò quella deliberata intrusione con un leggero singulto, ma l’accettò ugualmente e insicura rispose, “Sono cose a cui non ho mai pensato con lucidità” Era chiaro, non le era stato dato molto tempo per meditare su quanto s’erano detti, ma intuiva che lui aveva condotto le cose nel modo corretto, come meglio credeva, e per qualche strano motivo era assai orgogliosa del frapporsi dell’uomo tra lei e la sua vita privata. Taddeo accarezzò idealmente la linearità d’intenti della donna avvertendone il calore di quell’orgoglio genuino.
“Si, però quando hai davanti la foto di un uomo nudo, gli guarderai l’uccello, voglio sperare?!”, le disse tuffandosi senza remore in quegli occhi vivi e penetranti.
“Che brusco che sei!”, rispose alzando la mano destra in un gesto di palese imbarazzo.
“Non sono brusco, sono realista. Ma ciò non toglie che la mia non sia un affermazione genuina”
Karin parve esitare un secondo, poi tese la destra dopo essersela asciugata un attimo sul camice, “In fondo, si”
Taddeo gliela sfiorò porgendogli un ulteriore documento, chiedendosi quale fosse per Karin il modo giusto per discorrere di sesso con tranquillità.

FINE

About Storie erotiche

Luce bassa, notte fonda, qualche rumore in strada, sono davanti al pc pronto a scrivere il mio racconto erotico. L'immaginazione parte e così anche le dita sulla tastiera. Digita, digita e così viene fuori il racconto, erotico, sexy e colorato dalla tua mente.

Leggi anche

La moglie del mio migliore amico

La storia che sto per raccontare è una storia vera, che tuttora mi coinvolge, ma …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

LINGUAGGIO ESPLICITO

Ciao. ERZULIA è un sito di racconti erotici per adulti.

Hai meno di 18 anni? Gentilmente lascia questo sito.

Il linguaggio è esplicito e sono presenti fotografie sexy.

Se chiudi quest'avviso, accetti di leggere i nostri racconti.

Questo si chiuderà in 21 secondi