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Davanti al marito segaiolo

Ci incontrammo con un solo, esclusivo impegno suo.
Indossare, con il resto di regolare biancheria, un reggiseno molto
più piccolo della sua misura.
Andò a spogliarsi in bagno e ne venne fuori in reggiseno, mutandine, calze autoreggenti e scarpe con tacchi alti. Il tutto rigorosamente blu elettrico.
Si sedette su una sedia che io ho preparato.
Mi avvicinai a lei e la immobilizzai.
Le legai le mani dietro la schiena e alla spalliera della sedia.
Le caviglie ai piedi della sedia.
Suo marito era comodamente seduto in poltrona, col cazzone in mano.
Lei era fremente.
Eccitata ed un po’ spaventata.
A starle vicina si poteva sentire nettamente il battito del suo cuore.
Mi spogliai davanti a lei. Mi tolsi la giacca e la cravatta.
Mi slacciai e tolsi le scarpe.
Poi mi tolsi la camicia, i pantaloni e le scarpe. I miei slip erano, con tutta evidenza, gonfi del mio cazzo, che vibrava e pulsava sotto il cotone bianco.
Senza togliermi le mutande, mi strusciai contro di lei.
Le feci sentire la mia consistenza ed il mio calore su una gamba.
Poi sulla coscia, sul fianco, su un braccio.
Era scivolata un po’ nella sedia, per quanto le legature le consentivano di farlo.
Era con le ginocchia divaricate, oscena, con le mammelle che tendevano a schizzarle fuori dal reggiseno.
Le chiesi se era bagnata.
Mi rispose che non lo sapeva, ma che si sentiva arrapata.
Ancora con tutte le mutande, le portai il pacco sotto il naso e le sue narici si dilatarono, per carpirne l’odore! .
Mi tolsi gli slip e restai con la minchia in aria, tesa. Infilai i due indici nelle due striminzite coppe del reggiseno e gliele abbassai di colpo, lasciando scoperte e sollevate le tette, coi capezzoli duri.
Gliele massaggiai e schiaffeggiai con il cazzo, per un po’.
Poi mi riavvicinai alla sua faccia e gliela massaggiai tutta col mio bastone. Poi mi sollevai, coi piedi poggiati sulla sedia, e le calai sul viso i coglioni pelosi, continuando il massaggio con essi.
Mi abbassai un po’ e le chiusi il naso, stringendoglielo fra le dita.
Aprì la bocca e gliela penetrai con indice e medio dell’altra mano.
Era piena di saliva; in mezzo alla quale inzuppavo le mie dita, facendole scivolare sulla lingua, sul palato, sull’interno delle guance.
Scesi dalla sedia e andai a sfiorarla, poi a toccarla, fra le gambe.
La sue mutandine erano tese dal pelo del pube e dal gonfiore delle grandi labbra.
Gli slip erano bagnati, nettamente.
Le afferrai la fica con tutta la stoffa e la strinsi.
Presi un paio di forbici.
Con una lama, lentamente, passai sotto il cavallo delle mutande e lo tagliai, facendo esplodere tutta la sua oscenità! .
Mi accosciai fra le sue gambe, per guardarla.
La sua sorca era zuppa come forse non mai.
Le labbra erano schiuse e fra di esse si intravedeva una schiumetta bianca e viscida.
Coi due pollici la aprii e con la punta della lingua andai ad assaggiare il suo liquido.
Un odore selvaggio di sesso mi inondò le narici.
Dalla vagina, che le tenevo dischiusa, un rivolo di succo scivolava fuori.
Feci colare un bolo di saliva dalla mia bocca, che si mischiò con esso.
Poi con la lingua miscelai i due liquidi, lappandoli con un rumore liquido e osceno, che si mischiava nell’aria con il suo ansimare, che era quasi un rantolo animalesco, e con quello di suo marito.
Mentre non le negavo la lingua, da un vicino sacchetto tirai fuori un cazzo di gomma di enormi dimensioni.
Lo sputai e lo lubrificai con le mani.
Lo appoggiai all’imboccatura della fica e glielo infilai tutto dentro.
Lo lasciai così.
Mi allontanai da lei per ammirarla e arraparmi ancora di più.
Aveva le tette fuori dal reggiseno, le cosce aperte e umide, con, al centro, un mazzo eccessivo che si perdeva dentro di lei.
Rossa e scompigliata, mi guardava con occhi vogliosi.
La raggiunsi ancora, con la minchia in mano.
Le girai la testa da un lato e lentissimamente le infilai il cazzo in bocca.
“Non fare nulla, se non vuoi”, le dissi,
“faccio tutto io! “.
Muovevo i fianchi facendo scorrere il bastone fra le sue labbra, nella sua saliva.
Lo tirai fuori, lo scappellai completamente, mi bagnai la cappella con un po’ della mia saliva e glielo ricacciai dentro, riprendendo l’avanti e indietro.
La sentivo sempre meno passiva.
Sentivo un risucchio sul glande, dapprima leggero, poi sempre più deciso.
La guardavo in faccia e vedevo le sue guance sempre più incavate.
Le dissi:
“Sto per darti tanta sborra” (era almeno una settimana che la risparmiavo)
“non mandarla giù”.
Sentii un solletico leggero partirmi dalla schiena, passarmi dalle palle e diventare orgasmo sulla punta del cazzo.
Uno, due, tre, quattro fiotti abbondanti di sperma dilagarono fra i suoi denti, la sua lingua; dentro la sua bocca.
Tirai fuori la cappella paonazza e ancora bagnata.
La ripulii passandogliela sulle mammelle.
Le sfilai dalla fica il cazzone, lucidissimo.
Poi misi la mano destra a coppa davanti alla sua bocca e la invitai a sputarci tutto dentro.
Raccolsi tutto quel misto di crema bianca e odorosa e saliva.
Con l’altra mano le sollevai il pube e con quella piena di tutto quel ben di dio andai a masturbarla.
Era un ditale, un massaggio pastoso, ricco di saliva, sborra e colature di sorca.
Se ne venne sussultando, d’un orgasmo ricco, pieno, profondo.
Mentre suo marito, che s’era alzato e le era andato vicino, le spruzzava in faccia tutto il suo sperma!!! FINE

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