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Lady Hawk (la storia mai scritta)

Per dovere di verità è necessario che tutti conoscano l’intera e vera storia di Lady Hawk, se avranno la bontà di leggere il capitolo che volutamente non è stato mai scritto per la stampa del libro come per la sceneggiatura del film, che molti avranno visto interpretato con intenso pathos da due notissimi attori. Volutamente non ripeterò che per sommi capi un breve prologo, per farvi ricordare, qualora ve ne foste dimenticati, la collocazione degli eventi.
L’ambientazione è altomedioevale. La vicenda narra dell’amore contrastato di due giovani, la bellissima Isabeau e il capitano della guardia Navarre tra le mura del castello di*******durante la reggenza del Principe Vescovo mons. **********.
La bella Isabeau ebbe la malaugurata idea di confessare il suo amore per il bel capitano Navarre, e, mons. Vescovo, suo tutore, venutolo a sapere, impazzito di gelosia per la pupilla, giurò di vendicarsi. Esperto com’era in magia nera, convocò al suo cospetto i due amanti e pronunciò contro di loro una maledizione terribile:
” …. di giorno, tu, Isabeau, ti muterai in uno splendido falco e la notte, tornerai con le fattezze di donna, mentre tu Navarre di notte ti muterai in lupo………finchè il giorno non sarà notte e la notte giorno…”. Il lettore capirà subito che i due amanti non ebbero più modo di vedersi con sembianze umane fino al termine della storia, che, come molti sanno, si conclude con la sconfitta e la morte del Vescovo e il conseguente annullamento dell’incantesimo. Tra i tanti comprimari della storia, questo capitolo vedrà presente solo un ragazzo, divenuto in circostanze particolari, scudiero di Navarre.
Navarre percorreva al passo, in sella a Golia, un cavallo arabo dal mantello nero come la pece, il percorso che lo separava dalla locanda dove aveva incontrato il suo scudiero e il bosco dove , nascosto alla vista di tutti si sarebbe trasformato in lupo come ormai accadeva da tempo dopo la maledizione del Vescovo, ad ogni calar del sole. Al suo braccio, mantenuto alzato, era posato un magnifico falco dallo sguardo penetrante e fiero che contrariamente a quanto accadeva abitualmente a tutti i falchi trasportati, non portava il copriocchi; questo permetteva al magnifico rapace di fissare intensamente il cavaliere che ben sapeva che ogni stretta d’artigli, ogni grido emesso era un chiaro segno d’amore d’ Isabeau per lui. Pensava alla maledizione e a come avrebbe dovuto informare il suo scudiero sui fatti che di lì a poche ore sarebbero accaduti. Si arrovellava pensando a come combattere il maleficio, a come poter stare come una volta con il suo amore sotto sembianze umane, una realtà ormai persa per sempre. Solo vaghi ricordi egli rammentava del suo stato animale dopo ogni mutazione, ma uno soprattutto lo faceva vibrare e rimescolare tutto: l’olfatto sensibilissimo del lupo in cui si mutava, permaneva in lui quel tanto che bastava per fargli ricordare l’intenso odore di lei, delle sue mani quando lo carezzava, il sapore delle sue lacrime che venivano a bagnargli il muso e il collo ogni notte e che lui lambiva con la lunga lingua. Con questi pensieri nel capo, giunsero al bosco sul calar del sole e si apprestarono a predisporre il campo per la notte. Andò a posare con delicatezza la sua amata Isabeau su un basso ramo di faggio avendo cura di riporre al suo fianco un ampio mantello affinché servisse a coprire la sua nudità una volta che la sua mutazione in donna si compisse allo spirare dell’ultimo raggio di sole.
Il suo scudiero andava cercando della legna per poter accendere il fuoco.
“Senti… scudiero, avvicinati che ti debbo parlare” disse Navarre con voce che non ammetteva repliche. Questi prontamente abbandonò quel che stava facendo, si avvicinò e si pose in ascolto.
“Gli eventi ai quali assisterai questa notte sono di portata sovrannaturale e non te ne dovrai meravigliare perché io e la mia amata Isabeau, che tu conosci sotto le sembianze del falco che oggi mi ha accompagnato, siamo stati maledetti e condannati a non incontrarci mai essendo di giorno Lei un falco che si trasformerà tra poco al calar del sole in donna ed io diventerò, quando sarà notte, un lupo…. ” Il povero scudiero, allibito da tali rivelazioni, lì per lì pensò che il suo padrone fosse impazzito ma, come gli avevano insegnato, era meglio non contraddire quella che pensava lucida follia, e annuì dando a Navarre la certezza di aver tutto compreso. L’ombra stava avvolgendo il bosco mentre all’orizzonte il sole calava dietro la montagna. Lo scudiero, che stava approntando il fuoco, sentì lo stallone nitrire con forza e si girò per vedere cosa avesse spaventato il cavallo. Non vide più il suo padrone, da qualsiasi parte volgesse lo sguardo, e si spaventò moltissimo ricordando le parole che un attimo prima gli aveva detto. Corse allora dove Navarre avea posato il falco e vide che anch’esso non c’era più. Con un’ansia opprimente si diresse verso il fuoco e…si bloccò interdetto vedendovi seduto accanto un individuo interamente nascosto da un ampio mantello con il capo coperto da un ampio cappuccio.
“……Chi…. chi…. siete? …. ” disse con voce tremante dalla paura
“…da…da dove siete sbucato? …. “.
“Non temere, scudiero, ricorda quello che il mio amato Navarre ti ha detto e guarda…. “. Le parole pronunciate con una voce dolcissima e calda di donna, chetarono l’ansia del poveretto che vide l’individuo alzarsi e lentamente girarsi verso di lui scoprendo con ambo le mani il capo: alla luce del fuoco una massa di capelli che pareano fili d’oro, tanto erano riverberati dalla fiamma, comparve da sotto il cappuccio e, meraviglia, appartenevano a una donna di grande bellezza con due occhi verdi ed una bocca piena e vermiglia.
“Non temere caro e fedele amico, sono Isabeau” e così dicendo si avvicinò allo scudiero, gli prese una mano ponendola sul suo petto e lo baciò sulle guance. I sentimenti del ragazzo erano in tumulto per l’eccezionalità degli eventi e per quei gesti d’affetto rivoltigli; si inginocchiò, e, prendendo un lembo del mantello, se lo pose in capo in segno di completa e irreversibile sottomissione.
“…. come ti chiami? … ”
“.. tutti mi chiamano “il topo”, per la mia capacità d’uscire dai pertugi più piccoli…. ” rispose. Ella rise spostando il capo indietro così da mostrare una gola dalla pelle bianchissima come perla.
” …va bene … ma ora trovami un posto ove io possa lavarmi e sentirmi nuovamente donna…. “. Prontamente lo scudiero indirizzò Isabeau verso un capanno che era usato dai boscaioli quando venivano a tagliare alberi. Qui si adoperò ponendo un recipiente per l’acqua sopra un nuovo fuoco che accese in una specie di camino affinché questa si scaldasse e si accinse a pulire una tinozza da sterpaglie che v’erano cadute dentro. Quando tutto fu pronto, la tinozza piena d’acqua calda e fumante, uscì per chiamare Isabeau ma si arrestò vedendo al suo fianco un enorme lupo dal pelo lucidissimo e nero che lo fissava con occhi resi fosforescenti dal fuoco e gli indirizzava un avvertimento ringhiando e mostrando le zanne lunghe ed affilate.
“……non temere, disse Isabeau, egli è Navarre, vieni …carezzalo…. ” Per niente convinto, lo scudiero fece di no col capo e la invitò nel capanno dove tutto era stato approntato. Qui giunti, Isabeau disse
“……non ho ancelle per aiutarmi, ma se non guardi, ti prego, fai tu ciò ch’esse di solito fanno….. ” (Chi legge deve sapere che in epoca medioevale ad una dama d’alto rango non era permesso nè lavorare nè lavarsi né vestirsi da sola chè anche ciò era considerato un lavoro ndr. Solo i servi potevano accudire in tal modo i loro padroni. ) Mentre il lupo prendeva posto in bella vista a guardare la scena seduto sulle zampe posteriori, Isabeau si tolse il mantello e in tutta la sua abbacinante e magnifica nudità si accinse ad entrare nella tinozza. Il povero scudiero, che non aveva mai avuto il bene neanche di sapere com’era fatta una donna e neanche ne aveva mai vista una ignuda, quasi svenne alla vista di tanto paradiso: i seni pieni e sodi terminavano con dei capezzoli d’un rosa tenue, il ventre era piatto con un ombelico appena incavato e sotto il monte di venere ricoperto d’un vello color dell’oro come i capelli, che si diradava leggermente verso il basso mostrando un bocciolo impertinente che appena fuoriusciva dalle labbra che delineavano più in basso la vagina perfettamente chiusa. Nell’atto d’entrare Isabeau alzò la gamba così da mostrare lo splendore del culo dove si vedeva chiaramente l’ano zigrinato e rosa con un leggero spolvero di finissima peluria. Gli occhi sbarrati del servo stavano a dimostrare tutto il suo stupore ma anche la sua foia essendogli venuta una verga che mai a sua memoria ricordava. In queste condizioni precarie quindi s’accinse a lavare la padrona con della finissima cenere calda che aveva prelevato. Iniziò dal collo e indi scese sul soffice petto con la delicatezza delle mani d’un bimbo. Sentiva i capezzoli indurirsi al suo passaggio e vedeva la beatitudine ed il piacere comparire sul viso della padrona. Quando si trattò di scendere più in basso ella acconsentì con naturalezza aprendo le cosce alla bisogna, così che il servo potè passare e ripassare tutti gli orifizi sudando copiosamente. Tanta era la tensione che si era trasferita sulla sua verga in tiro che ejaculò spontaneamente in abbondanza con piacere intensissimo e mai fino allora provato quasi come già gli era spesso capitato in sogno. L’odore della sua foia non era sfuggito evidentemente all’olfatto finissimo del lupo che si avvicinò senza farsi accorgere e, odorato che ebbe la tunica del servo, si mise a leccare tutta la semenza che copiosamente era stata emessa. Lo scudiero che non si era accorto del movimento della bestia, in un primo tempo ebbe paura ma poi le lappate generose di quella enorme lingua sopra la tunica e sulla sua ormai ancor turgida cappella lo aiutarono a venire nuovamente.
“…non ti senti bene? ” chiese Isabeau che aveva visto vacillare il servo
“……no…grazie, è il calore dell’acqua…….. ” rispose egli prontamente, e si accinse a far uscire la sua padrona dalla tinozza. Mentre l’asciugava con gentilezza di fanciulla, s’avvide che il lupo non si perdeva nulla della scena e che sotto il ventre nero come la pece mostrava un pezzo d’arnese appuntito che fuoriusciva dal fodero di pelo, rosso come la fiamma che ardeva nel camino. Finito che ebbe di asciugare la padrona, Isabeau lo ringraziò per la delicatezza del servizio reso e lo pregò di lasciarla e di vigilare da fuori sulla tranquillità sua e del lupo. Certo, pensò lo scudiero, che rimanere con una simile bellezza sarebbe stato per lui molto più piacevole, ma non era abituato a discutere nessun ordine e quindi uscì richiudendo alle spalle la sgangherata porta del capanno. Il freddo della sera lo frustò sul viso riportandolo alla sua condizione miseranda che per un attimo aveva dimenticata. Mentre si accingeva a passare la notte vicino al fuoco, volle dare ancora una sbirciatina tra le travi sconnesse del capanno alla sua padrona che ormai sentiva d’amare senza riserve. La scena che vide lo lasciò attonito: ella era seduta nuda sull’ampio mantello e piangeva in silenzio, accarezzando il lupo sul muso e sul collo, mentre esso con dolcezza infinita le tergeva le lagrime con la lingua. Indi si adagiò sul dorso e aprì le cosce mettendo in mostra tutte le delizie di cui era dotata: i seni rivolti verso l’alto avevano i capezzoli erti dall’evidente eccitazione, mentre la sua natura spalancata mostrava un orifizio rosa carnicino intenso, stillante umore cristallino che per la copiosità scendeva a bagnare la rosetta dell’ano. All’apice di quel sesso perfetto e sugoso faceva capolino un bocciolo erto anch’esso che fuoriusciva dalle ninfe a far bella mostra di sé. Il lupo che aveva osservato con attenzione la scena , inizio a leccare la bocca dell’amata mentre Lei lo accarezzava dietro alle orecchie; indi scese a leccare i capezzoli con alternanza che al povero spettatore parve davvero avere qualche cosa di umano. Fatto che ebbe questo, porse le terga all’amata mentre iniziava con la lingua rusposa a leccare la sua rorida vulva. Tutti i sughi presenti furono con metodo prosciugati e di nuovi se ne aggiunsero dovuti alla foia improvvisa che si era impadronita di Isabeau che, per non essere da meno del suo ferino amante, gli massaggiava le poderose palle che le penzolavano sopra il viso. Tutta la scena aveva prodotto al povero scudiero l’effetto sconvolgente che in queste occasioni si manifesta con una poderosa erezione: nonostante avesse egli eiaculato ben due volte in precedenza, iniziò a massaggiarsi piano piano l’arnese che turgido e paonazzo pareva dovesse esplodere da un momento all’altro. All’interno del capanno intanto Isabeau aveva già avuto modo di godere più e più volte sotto l’effetto delle leccate esperte dell’animale e ciò era dimostrato dall’ansimare sempre più ritmato del suo petto. A questo punto ella si mise carponi col petto, spalle, e capo posati sul mantello e il prosperoso e perfetto culo in aria e alla vista. Gli emisferi erano magnificamente separati mostrando un ano disteso e un poco dilatato per l’effetto degli orgasmi e delle leccate mentre la vagina spalancata e fradicia era un invito inequivocabile. Ecco che allora lo scudiero vide la possente bestia montare la bella Isabeau e, con colpi possenti ma non parossistici anzi, quasi pensati, penetrarla una, due, tre …… e tante…… e tante …. volte finchè l’enorme nodo alla base del pene non sparì letteralmente nelle profondità della vagina. Il lupo guaiva come un cucciolo che implora qualcosa, ed Isabeau rantolava e urlava di piacere ad ogni affondo. Un lungo e prolungato ululato fece sapere ai dintorni, se fosse stato necessario, che il maschio dominante la sua razza aveva appena riversato un fiume di sperma caldo nelle viscere della sua amata. Contemporaneamente il nostro scudiero iniziava a spruzzare tutta la sua semenza aiutandosi con tutto il palmo della mano e stringendosi con forza i testicoli. Tutto sembrava essersi concluso ma la natura ferina imponeva a Navarre-lupo l’attesa per la detumescenza del nodo peneale mentre Isabeau nell’attesa roteava la sua dolce mano sul bocciolo per un ultimo spasmo clitorideo. Uscito che fu dalla vagina, la fiera aveva ancora completamente scoperto l’enorme arnese, che fu dolcemente leccato e accarezzato da Isabeau che non paga voleva suggere tutta la linfa del suo amato: bastarono due poderosi colpi di reni per inondarle nuovamente la faccia di sborra che ella suggeva con ardore quasi fosse una magica pozione distillata apposta per lei. Paghi dell’amore reciprocamente donatisi i due amanti si appoggiarono l’una sull’altro coprendosi col mantello e crollarono in un sonno profondo e ristoratore. FINE

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Luce bassa, notte fonda, qualche rumore in strada, sono davanti al pc pronto a scrivere il mio racconto erotico. L'immaginazione parte e così anche le dita sulla tastiera. Digita, digita e così viene fuori il racconto, erotico, sexy e colorato dalla tua mente.

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Antefatto.. . Piano le tue mani scendono sul mio corpo. Accarezzi il mio viso, ascolto …

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