Per Eva e Maya è una scadenza regolare: per una notte al mese perdono ogni inibizione e si concedono di diventare un po’ pazze. Quando Eva entra nell’appartamento, Maya si sta già masturbando sul divano. Affascinata, Eva osserva il dito che saetta dentro e fuori della sua dolce ostrica, poi la rimprovera dolcemente: “Cattivella, cattivella! E io che speravo che mi avresti aspettata “E proprio perché ti aspettavo che non ho resistito! ” protesta Maya. “Sii buona: vieni qui e mangiami! ” Eva non ha difficoltà a soddisfarla. Posa la borsetta e si inginocchia sul tappeto, tra le lunghe gambe divaricate di Maya. Bacia le dita bagnate dell’amica, poi si china. La sua intera vulva e l’interno delle sue cosce sono madide però a lei piace leccare e succhiare un’altra donna, specie se si tratta della sua migliore amica. Sa bene che molto presto avvertirà nella propria bocca le poderose contrazioni del suo orgasmo, e che dovrà tenerla forte per evitare che, contorcendosi, il suo corpo finisca col cadere dal divano. Nascosta tra le pieghe superiori delle labbra, Eva trova con facilità il tenero bocciolo di rosa della clitoride, e immediatamente lo colpisce ferocemente con la punta della lingua. Maya geme e inarca la schiena mentre Eva tortura spietatamente il piccolo pulsante carnoso del piacere. Maya è in balìa di qualcosa di potente, qualcosa di più grande della vita stessa. Muove spasmodicamente il capo da una parte all’altra, ringhia parole sconnesse ed incoerenti e infine viene, mentre le gambe e le braccia le si agitano febbrilmente. Neppure per un istante Eva cessa di leccarla nel suo punto più squisitamente sensibile, e solo quando il corpo tremante dell’amica finalmente si acquieta cessa di tormentarla con la lingua ormai dolente e affaticata. E questo è solo l’inizio. Eva si spoglia senza fretta. Sia lei che l’amica indossano della biancheria intima davvero elegante ed eccitante.
Amano molto vestirsi – e spogliarsi – per questa serata particolare. Per loro è una serata molto importante: è il momento in cui le loro più segrete fantasie prendono corpo, il momento in cui mettono a nudo la propria sotterranea, profonda tendenza al lesbismo. No, non sono delle lesbiche a tempo pieno: esitano certo a godere di un uomo fino all’esaurimento delle forze (sue e loro), ma quando sono però in vena di qualcosa di più dolce e tenero, trovano conforto l’una nelle braccia dell’altra. Secondo il regolamento non scritto delle loro serate, tocca ora a Eva di cercare il piacere nel corpo snello e sodo di Maya. Si abbracciano. Si baciano. Le labbra sussurrano vezzeggiamenti, le mani accarezzano dolci punti segreti, la pelle dolente di desiderio sfiora un’altra calda pelle. Lo sguardo di Eva vaga sui seni stupendi di Maya. Li accarezza, godendo della loro elastica pienezza, poi china il capo e strizza dolcemente tra le labbra uno dei suoi magnifici capezzoli: ha esattamente le dimensioni, la consistenza e la durezza di una fragola acerba. Eva lo succhia a lungo e con voluttà, poi sussurra all’amica: “Le dita… mettimi le dita… ” Maya la bacia sulla bocca mentre la sua mano scivola giù, arrestandosi poi nel piccolo inferno che àrde tra le sue cosce. Carezza fuggevolmente il suo folto vello pubico, si trastulla dolcemente con le sue labbra stillanti e infine le infila dentro due dita con durezza. Eva geme e cede alla foga quasi violenta di Maya, che con la regolarità e la forza di un pistone infila e sfila le dita nella sua vagina. Ma naturalmente Maya sa esattamente cosa lei vuole: che i giochi di dita siano veloci e furibondi. Lavora dentro di lei fino a farsi dolere il braccio e la mano, ma viene finalmente ricompensata quando il corpo dell’amica si irrigidisce e la sua vagina incandescente si contrae poderosamente e ritmicamente attorno alle sue dita, come se volesse schiacciarle. Dalle mascelle serrate esce un urlo, e poi resta immobile, ansimante, con un velo di sudore sulla fronte e sul petto in subbuglio. Maya la tiene per la mano finché si è calmata. t fantastico ciò che riesco a fare soltanto con la bocca e le dita: non si sono mai abbassate ad usare vibratori o falli artificiali, dato che la loro inventiva e la loro creatività sono state sempre più che sufficienti a supplire alla mancanza dell’amato-odiato membro virile. La fantasia è il solo limite al loro mutuo scambio di piacere… con il quale la vergogna e le inibizioni non hanno invece nulla a che fare. La necessità è certamente la madre dell’invenzione. FINE