L’amicizia mi aveva portato nel luogo che più temevo, mi trovavo mio malgrado dinanzi all’ospedale per fare una visita di cortesia alla mia migliore amica Sonia, mia coetanea, che era stata ricoverata al reparto ortopedia a causa di un incidente sul lavoro. La mia sia pur incomprensibile paura per quel luogo si era scontrata con il mio incoffessato amore per la mia amica, ed il desiderio di vederla aveva avuto il sopravvento.
Mi avvicinai ad un infermiere per chiedergli dove si trovasse il reparto ortopedia
Questi senza neppure voltarsi mi disse di mettermi in coda agli ascensori di fronte e salire fino al sesto piano
La gente in attesa di salire in ascensore, si trasformò ai miei occhi in un orda, mentre le porte mi apparivano sempre più piccole, a dieci metri di distanza dagli ascensori la mia claustrofobia mi aveva già assalito, costringendomi ad indietreggiare.
Si purtroppo, nonostante i mie 25 anni, come dicono i miei amici portati male, il mio fisico muscoloso e la mia statura mi conferiscano un aria dura e minacciosa, ho paura degli ospedali e soffro di claustrofobia.
Qualcosa nel mio atteggiamento tradiva la mia angoscia, infatti una ragazza con un camice verde, si era avvicinata e poggiato la mano sul mio braccio e mi stava parlando, i suoi enormi e dolcissimi occhi nocciola mi iponotizzarono facendo svanire le mie angosce e riuscì a comprendere il senso delle sue parole.
“Si, sente bene, ha bisogno di aiuto? ”
“Scusi se il mio comportamento può esserle sembrata bizzarro, e la ringrazio del suo interessamento, ho accusato un piccolo malore a causa del caldo, potrebbe indicarmi dove si trovano le scale, non mi sembra il caso di affrontare la salita in un angusto ascensore”.
Mi sorrise, guardò prima l’ascensore, poi mi guardò negli occhi e mi disse: – “Mi chiamo Margherita, devo andare anch’io al sesto piano, e ho una soluzione per te, visto che non potrai raggiungere ortopedia dalle scale dato che tra il terzo ed il quarto piano stanno effettuando dei lavori di rifacimento dell’impianto elettrico e che per ragioni di sicurezza non è possibile salire a piedi, seguimi”.
Si voltò, dirigendosi verso un lungo corridoio, la seguì affascinato dal suo incedere elegante ed osservando le curve meravigliose che il suo camice non riusciva a contenere. Aveva 30 anni circa, era alta 1, 65 cm, con un corpo proporzionato, lunghi capelli castani, stupendi occhi castani, due labbra carnose, la pelle bronzea.
Mentre camminava si voltava per sincerarsi che la stessi seguendo, e quando ciò avveniva il mio sguardo rimaneva rapito dalla fugace visione della generosa scollatura dei bottoni superiori del camice che aveva lasciati aperti.
Dopo aver camminato per circa cinque minuti si fermò dinanzi alla porta di un ascensore, inserita una chiave ne comandò la discesa, cercai di controllare il più possibile l’incombente attacco d’ansia, mi presentai e le chiesi in quale reparto lavorasse.
“Sono una psicologa, un paziente di ortopedia continua ad asserire di non voler lasciare più l’ospedale, perchè il mondo esterno non è sicuro, nell’ultimo anno è stato investito tre volte, io sto cercando di fargli riprendere fiducia”
“Scusa ma come fai … a”
Intanto le porte dell’ascensore si erano aperte, era un ascensore enorme, era largo circa 1, 30 cm per 2 m”
Margherita, mi tese la mano e mi disse: -“Seguimi e lo scoprirai”
La paura non riuscì a fermarmi, afferrai la sua mano e la seguì.
Le porte dell’ascensore, si chiusero e iniziò la salita.
“Visto non era difficile”
Tenevo tra le mie la sua mano morbida e calda, e non mi interessava di dove mi trovassi, mi sentivo pervaso da un senso di calma e di eccitazione.
Improvvisamente, la luce si spense e l’ascensore si fermò.
Sentì che la paura stava per prendere il sopravvento, allora mi avvicinai la mano di Margherita alle mie labbra e la baciai.
Margherita, mi disse: – “Hai trovato la medicina giusta per le tue fobie, vuoi che suoni l’allarme, o preferisci rimanere qui con me per una terapia completa”
La sua voce arrochita, ed il suo profumo mi eccitarono, portai la sua mano sul mio pene, mentre con l’altra mano raggiungevo le sue cosce, la baciai prima sulla bocca poi scendendo sul collo fino all’attaccatura dei seni, le slacciai il camice e la camicetta, nella frenesia non riuscivo a sganciarle il reggiseno.
“Aspetta faccio io, intanto spogliati”
Non me lo feci ripetere due volte, mi staccai da lei liberandomi dai miei vestiti, la cercai a tentoni senza trovarla. Sentii la sua risata, e mi disse: – “Se davvero mi desideri, devi trovarmi”
Qualcosa mi colpì al torace, la afferrai al volo, erano le sue mutandine, bagnate dai suoi umori, cercarla al buio a tentoni, mi eccitò ulteriormente, la trovai vicino il pannello dei comandi, e la abbracciai.
“Aspetta sto bloccando le porte con la chiave, nel caso dovesse tornare la luce, perchè sappi che non uscirai di qui se non sarai guarito, o se non mi avrai appagata”.
La baciai i seni turgidi, mordicchiandoli, poi scesi piano piano, mi inginocchiai e cercai con la bocca la sua fica, mi accorsi che era completamente depilata, un sogno divenuto realtà, affondai la lingua, leccando e suggendo il suo nettare, mentre con le mani le accarezzavo il culo, poi iniziai a leccargli il buchetto anale , Margherita lanciò gemeva di piacere, tornai a leccargli la fica, iniziando a saggiarle il culo infilandole il dito medio della mano destra nell’ano penetrandola lentamente, mentre lei affondava le dita nei miei capelli e spingeva la mia testa contro il suo ventre, venne con dei gemiti prolungati inarcando tutto il bacino.
Le posai le mani sui fianchi voltandola ed iniziai a mordicchiarle le natiche, portandomi ogni volta più vicino al solco, ma adesso era lei che voleva prendere l’iniziativa, si inginocchio di fronte a me ed iniziammo a baciarci, poi mi sospinse facendomi distendere sul pavimento dell’ascensore, e raggiunse con la bocca il mio pene iniziando a leccarlo, con dolcezza, poi sentì le sue labbra chiudersi attorno al mio pene succhiandolo, con avidità ingoiandolo fino alla radice, stavo impazzendo dal piacere, non ero sicuro che lei volesse che gli venissi in bocca cercavo quindi di trattenermi, Margherita forse comprendendo le mie remore, aumentò il ritmo accarezzandomi i coglioni, esplosi tra le sue labbra e i fiotti del mio sperma le inondarono la bocca, il mio cazzo era ancora duro, non mi sentivo pago, volevo il suo corpo, mi avvicinai alle sue cosce umide dei suoi umori che le colavano dalla fica, le leccai nuovamente la fica, mentre lei mi invocava di prenderla, avvicinai il mio pene alla sua fica ed iniziai a penetrarla con lentezza, quando le fui dentro iniziai a pomparla sempre con maggiore foga, i sui gemiti di piacere erano sempre più forti, finchè non ebbe un violento orgasmo, le contrazioni della sua fica pulsante attorno al mio cazzo mi sconvolsero, aumentai il ritmo ormai incapace di controllarmi.
Tra un gemito ed un altro mi disse di non venirle dentro, estrassi il mio pene dalla sua fica gocciolante e l’avvicinai al buco del suo culo appoggiandole il glande, iniziando a penetrarla quando la porta dell’ascensore si aprì e la luce abbagliante mi colpì gli occhi, quando li riaprì mi trovavo nel mio letto.
Erano le 7. 30 di mattina ed ero molto stanco, e come sempre non ricordavo di aver sognato nulla.
Mi alzai non certo contento di affrontare una giornata di lavoro, feci una rapida colazione, una doccia, e mi vestì, un ultimo sguardo allo specchio prima di affrontare una dura giornata di lavoro, e mi stupì del fatto che inconsciamente anzichè l’informale pantalone e maglietta che uso in estate per andare a lavorare avessi indossato giacca e cravatta, con un’eleganza ricercata ed una cura dei dettagli che riservo solo agli incontri galanti, uno sguardo all’orologio mi confermò, che era tardi per cambiarmi, scesi e presi la mia macchina per recarmi al lavoro, dopo tanti anni la strada che dovevo percorrere per andare in ufficio era diventato un riflesso automatico, guidavo senza pensare al percorso, canticchiando una canzone di Cocciante, mi stupì quando volgendo lo sguardo alla mia destra notai la sagoma dell’ospedale, avevo sbagliato completamente strada dirigendomi dalla parte opposta, rallentai e svoltai per entrare nell’area di parcheggio dell’ospedale, non provavo paura per l’ospedale ero troppo incuriosito, scesi dall’autovettura dirigendomi verso il complesso, non conoscevo nessuno, né personale medico, ne tantomeno pazienti, entrai ugualmente fermandomi in un ampio ingresso dinanzi agli ascensori, mentre mi guardavo intorno smarrito, vidi una giovane donna con un camice verde dirigersi verso di me, non fu la sua innegabile bellezza ad attrarre la mia attenzione ma il suo atteggiamneto, infatti quando era a circa 10 metri da me si era fermata, aveva aperto la bocca, gli occhi increduli, poi si era voltata e si stava allontanando a passo svelto inoltrandosi in un corridoio, la seguì non solo perchè incuriosito dal suo atteggiamento, ma come sospinto da una forza superiore, si fermò all’improvviso, voltandosi verso di me.
“Cosa ci fai qui, Claudio, tu non sei reale, sei solo un sogno”
“Come fai a conosc… il mio nome, tu sei … sei Margherita”
Volgemmo entrambi lo sguardo verso la porta metallica dell’ascensore, poi ci guardammo negli occhi.
“Scordatelo, quello era solo un sogno”
“Non lo sai che i sogni sono desideri”
Il mio sguardo percorreva quel corpo meraviglioso, accendendo in me il desiderio, non solo di sesso, ma anche il desiderio di rimanere con lei, un sogno o il destino ci aveva fatti incontrare, non sapevo nulla di lei ma non volevo perderla.
Lei mi tese la mano, dicendomi: -“l’ascensore ci aspetterà, usciamo da qui, dobbiamo conoscerci meglio, e poi non so quando si è interrotto il tuo sogno ma il mio era incompiuto”
Presi la sua mano per la seconda volta, questa volta nella vita reale, con la certezza che la prossima volta che mi sveglierò nel mio letto dopo aver fatto l’amore con Margherita, lei sarà, lì, al mio fianco. FINE