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Club privato

Mi sento strano. La sensazione di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quando Giacomo mi ha invitato per venire qui mi ha assicurato che mi sarei divertito. Intorno a me coppie, riesco solo a vedere coppie. La birra, ottima per la verità, non basta a mitigare questo senso di precarietà. Giacomo mi aveva convinto, mi aveva annunciato che era un locale carino, raffinato, gente a posto. Quel malefico ruffiano non mi ha detto che si trattava di un club privato.
All’ingresso nessuno non mi ha detto nulla, proprio come un locale normale. Ma dentro, mi sento come un animale allo zoo. Occhiate cariche d’emozioni strane: dubbio, diffidenza, quasi compatimento. Appena entrati Giacomo mi ha invitato al bar. Poi è scomparso. Non riesco più a vederlo e non oso chiedere ad uno degli inservienti. Finisce che passo per gay.
Cerco di assumere un contegno. Tanto la figura del cretino l’ho già fatta. Il buon Giacomo ha colpito ancora. Ci conosciamo dai tempi della scuola. Lui è sempre stato quello della battuta pronta, dello scherzo. Non è cambiato con il
matrimonio. Neppure con il secondo. Anzi, la minore libertà ha accentuato i suoi scherzi ed affilato le battute. Si minore libertà, una volta sposati bisogna fare i conti con l’altro. È come una fetta di dolce. Prima la mangiavi da solo, adesso tocca mangiarla in due. All’inizio la cosa non disturba, anzi. Ma gli anni passano, le carni si rilasciano e l’abitudine diventa noia. Ci vuole fantasia. Ma anche quella a volte finisce. Io sono sposato come Giacomo. Ma è come se non lo fossi. In fondo non sono un animale da matrimonio. Mia moglie merita un monumento per il solo fatto di sopportarmi. Nella realtà nessuno dei due ha il coraggio di dire basta. In ogni caso Giacomo questa me la deve pagare.
Finalmente vedo un paio di donne sole. Mi sembra già di sentire il solito rituale di belle parole. Dal preliminare d’obbligo, quando ci si presenta e scappa la battuta idiota sul nome, fino alla tristezza delle considerazioni sul tempo. Tutto per giustificare l’invito a bere qualche cosa. Di solito non passano più di dieci minuti prima di arrivare alla conclusione. Cioè alla trattativa del prezzo. Forse mi sbaglio. Ma sono troppi anni che giro il mondo e vedo le stesse scene a tutte le latitudini.
Il locale è tenuto in penombra. Più che vedere bisogna indovinare. Nel mio sforzo di ostentare indifferenza m’invento il gioco delle coppie. Cioè capire se lui e lei sono quelli veri o si sono scambiati. Mi viene da ridere a pensare a mia moglie. Se le proponessi una cosa del genere prima mi guarderebbe con aria stravolta, poi mi elencherebbe tutti gli aggettivi che tiene in serbo per me e per finire mi manderebbe a quel paese.
Su un divanetto, abbastanza vicino da vederci bene ma troppo lontano per capire le parole, le due donne stanno parlando fitto. I due uomini si lanciano occhiate complici. Ad un cenno della brunetta gli uomini cambiano di posto. Fanno le presentazioni e ridacchiano. Probabile che si siano scambiati una delle solite battute idiote. All’unisono i due uomini allungano con gentilezza le mani. Sfiorano le ginocchia e bisbigliano all’orecchio. È la brunetta la prima ad alzarsi, con il suo lui di questa sera. Li seguo fino alla pista, dove altre coppie stanno ballando. Gli altri due continuano a chiacchierare, con lui più audace. Si alzano anche loro, ma scompaiono dietro una tenda. Di quelle in velluto pesante.
Credo di indovinare cosa ci sia la dietro. Cerco la brunetta ma non la trovo. Mi accorgo che sulla parete opposta a dove sono io ci sono altre due tende. Evidentemente qui è solo il ricettacolo, il luogo d’incontro. Il divertimento è dietro di una di quelle tende.
Sono qui da quasi un’ora e sono tante le coppie “rifatte” e scomparse dietro le tende. Anche le due donne sole non ci sono più. Non serve fare la conta. Ad occhio conto cinque coppie. L’unico “solo” sono io. In tutti i sensi.
Decido di averne avuto abbastanza. Chiedo il conto ed il barman mi dice che è tutto pagato. Almeno Giacomo a qualche cosa è servito.
“qualche cosa non va signore? ” non l’avevo notata prima. Una bella signora, ad occhio oltre i sessanta ma molto ben tenuta.
“no… solo che mi hanno invitato in questo locale ma non mi hanno spiegato di cosa si trattasse.. ” cerco un tono serio, in fondo devo chiarire che non sono venuto qui per scelta.
“non le piace il locale? ” me lo chiede come se ci credesse davvero.
“tutt’altro, è carino, solo che non è esattamente il posto per venirci… da soli” se insiste le dico chiaro che qui ci si viene per lo scambio ed io non ho nulla da scambiare.
“guardi che abbiamo molti clienti soli, vengono qui, bevono qualche cosa…. Ci sono diverse situazioni, c’è chi vuole guardare, chi vuole essere guardato…. ” lo dice con un tono che è tutto un programma.
“capisco.. ma vede io pensavo fosse un locale normale… ” non posso mica dirle che a me piace fare e non guardare, ma credo abbia capito.
“le piacerebbe guardare? ” l’invito è esplicito
“non mi eccita particolarmente essere spettatore.. ” adesso avrà capito spero.
“abbiamo dei clienti che amano essere guardati… per questo accettiamo anche i singoli…. A volte poi i clienti chiedono di partecipare, forse dovrebbe farsi avanti… ” lo dice convinta, tanto che mi sento ancora più cretino.
“secondo lei dovrei avvicinarmi e dire ad una coppia: ehi se vi piace essere guardati eccomi qui… ” se ribatte la mando a quel paese.
“ma le piacerebbe oppure no? ” tra tutte le risposte che avevo ipotizzato mi ha dato quella per cui non ero pronto.
“non lo so, non mi è mai successo…. ” Adesso m’incuriosisce la cosa, magari è divertente o forse spero solo di imbroccare la coppia che poi invita.
“aspetti un momento… torno subito” così com’era apparsa, scompare, nel nulla.
Il barman mi regala un’occhiata di commiserazione. Sono riuscito in tutto, anche nel fare la figura del provincialotto bigotto e fuori dal mondo.
Passa qualche minuto e la signora appare da una tenda, con un cenno della mano m’invita a seguirla. Lancio un occhiata al barman che annuisce. Mi butto. Tanto la figura da pirla è già belle e fatta. Peggio non può essere.
Percorro il corridoio fino ad una porta. La signora mi fa accomodare. Sulla parete un quadro. Saranno si è no due metri quadrati. Lo spazio per una poltrona. In sottofondo una musica lenta e soave. Di quelle che pensi scritte apposta per posti come questo..
“tra poco il quadro si alza e lei potrà guardare nella stanza.. ” lo dice mentre mi fa accomodare “se vuole sentire le voci basta che schiacci questo pulsante”
“ma loro lo sanno che sono qui? ” lo chiedo sottovoce, quasi colpevole di rubare l’intimità a quei due che tra poco vedrò.
“certo, a loro piace molto essere guardati” quel piace molto è affilato come una lama.
“ma possono vedermi? ” mi sento come un ladro prima di un colpo.
“no… cioè se lei non vuole no…. Vede quel pulsante luminoso? Se si accende vuol dire che loro vogliono vederla, se lei accetta lo prema e loro potranno vederla.. ”
“si ma poi cosa… ” vorrei avere tutti i dettagli
“si rilassi, faccia quello che le viene voglia di fare… la cosa importante è il rispetto…. ” Su quell’ultima vocale si richiude la porta alle spalle.
Resto per qualche secondo al buio, poi il quadro si solleva e mi appare la stanza. Piccola ma funzionale. Il letto circolare, con sopra la coppia che ama essere spiata. Sul tavolino un cestello con la bottiglia di spumante, i bicchieri, le sigarette. Tutto nel più classico dei rituali. Sono ancora ai preliminari. Lei quasi vestita, lui con indosso solo la camicia. Le si avvicina, lei seduta sul letto gli sfiora il pene con le dita. Lo carezza piano. Come se ne avesse timore. Lui le afferra i seni da sopra l’abito e l’attira a se. Si guardano fissi. Con movenze feline lei si spoglia, lentamente. Una lentezza esasperante. Si sfila la grossa cintura e la lascia cadere a terra. Lui l’aiuta a sfilarsi l’abito. Nero e stretto. Quando le mani di lei sono sollevate e l’abito le copre il viso, lui le bacia i seni.
Li prende tra le mani, facendoli scivolare sopra il reggiseno, bianco come il latte. Con avidità le bacia i capezzoli.
Vedo il corpo della donna che comincia ad avere un equilibrio precario. Le infila una mano tra le cosce e le carezza piano tutto il pube. Indovino i gridolini di lei.
Schiaccio il pulsante e sento dei miagolii di piacere. Finalmente le sfila l’abito e lei si abbandona sul letto. Mentre le carezza i seni, ancora ingabbiati dal pizzo, si abbassa e vedo la sua lingua indugiare sul pizzo delle mutandine. Lei è abbandonata, le braccia aperte sul letto. Si offre a lui, completamente. Le afferra l’elastico e con cadenza ritmata le sfila gli slip. Come se fosse una danza lenta. Vedo quel pizzo scivolare lentamente sulla carne di lei. Lui bacia ogni centimetro di pelle. Lei freme ad ogni bacio. Mi sembra di sentire l’odore del suo solco bagnato di piacere.
L’ultimo tratto di quel percorso gli slip lo fanno guidati dalla bocca di lui. Li addenta e sollevandole le gambe se li trascina, fino a quando diventano il vessillo che il conquistatore strappa al nemico. Li annusa, se li strofina sulla bocca. A lei piace molto il gioco. Si tocca i seni e si carezza il pube. Avida di piacere. Mi sembra impossibile che non si conoscano. La testa di lui scompare tra le cosce della donna. Lei spalanca la bocca e rovescia la testa all’indietro.
Mi sto eccitando. Mi eccita l’idea che loro sanno di avermi come spettatore. Sembra una recita. Lei però gode sul serio.
La lingua avida di lui non le lascia tregua. Finalmente un sussulto, le anche che si sollevano, le mani di lei che gli afferrano i capelli. Un orgasmo rapido ma intenso. La schiena di lei si arcua perché la lingua di lui possa entrare più
a fondo. Spasimi di piacere. Miagolii di un godimento intenso. Lui si alza e si mette di fronte a lei. Comincia a masturbarsi, piano, lentamente. Sono un uomo. Lui è un uomo. Capisco cosa vuole. Lei si avvicina con la bocca ma lui la respinge. Il ritmo della mano diventa veloce. Le spalle si arcuano ed il respiro accelera. Lei è vicina a lui. Le labbra pronte ad accogliere la carne avida di piacere. Lui le tiene la testa a distanza. Solo con la lingua può avvicinarsi quasi a sfiorare il glande infiammato. Anche per lui è il momento. Un getto bianco e denso colpisce il viso di lei. Un secondo meno violento ma altrettanto copioso le arriva sulle guance per poi colarle lungo il collo fino ai seni. Solo adesso le permette di impadronirsi di lui. !
Vedo il membro scomparire dentro la bocca, mentre il succo del piacere le cola sul corpo. Lei succhia avida, poi se lo strofina sui seni, come a raccogliere quella bianca crema. Usa il pene di lei per ripulirsi, poi lo prende in bocca e lo lecca, lo succhia, fino a quando l’orgasmo di lui diventa ricordo.
Senza rendermene quasi conto mi ritrovo con il mio istinto tra le mani. I due si stanno carezzando, carezze e baci per riposarsi, per ritrovare nuovo vigore. Così mi rendo conto di me stesso. Chiuso in questo stanzino, sprofondato in una poltrona. Il pene stretto nella mano destra. Mi sento ridicolo. Se non si fossero fermati credo che mi sarei masturbato completamente. Invece. Invece sono qui e mi sento tanto stupido che mi viene voglia di andarmene.
I due si sono serviti una coppa di spumante. Si alzano e si avvicinano allo specchio. Mi chiedo se davvero non mi vedono. Sono lì di fronte a me, tra noi un metro e qualche millimetro di vetro. Brindano alla loro salute e… alla mia.
“ti sei divertito? ” la voce di lei mi giunge dall’interfono.
“uno spettacolino divertente! ” lo penso e sicuro di non essere udito, lo penso a voce alta.
“uhm… mi sembri sarcastico… ” questa volta è lui a parlare, ma come fa a sentirmi! ?
“no scusa, volevo dire che per me è la prima volta… ” in qualche modo devo riparare, in fondo non è mica colpa loro
“sei nuovo? ” la voce di lei è incuriosita
“si e credo sia un’esperienza unica.. ” e lo penso davvero.
Posano i bicchieri e cominciano a baciarsi. Baci appassionati, mentre le mani si intrecciano in percorsi voluttuosi.
Lei si inginocchia e bacia il membro di lui. Lo prende in bocca. Poi lo carezza. Lentamente il suo eccitamento sale, vedo il pene ingrossarsi ed il glande emergere come un iceberg dalle labbra di lei. Quando la consistenza è quella che lei desidera si volta. Le mani appoggiate allo specchio. Lui dietro di lei comincia a farsi strada. La penetra. Lo capisco dalla smorfia di lei. Spinge, quasi con violenza. Le braccia di lei cedono, adesso è il viso, contorto dal piacere, che preme sullo specchio. Vedo i seni di lei danzare al ritmo delle spinte di lui. Sono così vicini che potrei toccarli, baciarli. Comincio ad odiare questo maledetto vetro. Continuo a sperare che da un momento all’altro mi arrivi l’invito ad unirmi a loro. Sono eccitato come non mai. Per un attimo si fermano. Lei si piega un poco più in avanti. Lui si abbassa ed affonda la tesa tra le natiche vellutate di lei. Solo per poco. Si rialza e le si avvicina. Con lentezza e con dolcezza percepisco il movimento di lui.
Spinge piano, come se volesse allungare il piacere prima di affondare. La bocca di lei spalancata. Il busto inclinato quasi a novanta gradi. Lei si afferra le natiche e le allarga, lui entra in lei, prima con movimenti leggeri poi un affondo deciso. La smorfia di lei si contorce un solo istante, poi si morde le labbra per il nuovo piacere. Lui l’ha penetrata dietro, il piacere nascosto, quello che non si confessa facilmente. Dopo qualche spinta, data con dolcezza, perché le carni di lei si coniughino con la verga di lui, ecco che riprende a spingere. Ogni affondo la testa di lei si scuote, i seni sobbalzano violentemente e gli urletti sono ora versi del piacere animalesco. Lei gode, si afferra i seni, poi i capelli. Una mano scompare tra le sue gambe. Per non cadere appoggia una mano allo specchio, non vedo la carne di lui entrare ed uscire, la percepisco. Lui le afferra i seni, con rabbia. Mentre spinge e gocce di sudore gli imperlano la fronte. Un urlo soffocato, quasi un grugnito riempie la mia stanzetta. L’orgasmo della donna è violento. Come una belva ferita si agita e urla. Lui le stringe i seni e spinge.. Ad ogni spinta la bocca della donna si contorce. Il viso dell’uomo diventa emaciato, il sudore copioso cola lungo le tempie. Lo sforzo per trattenere il proprio orgasmo è intenso. Un istante. Eccolo che esplode.
Esce da lei, e con la mano aiuta il proprio corpo a sfondare le porte del piacere. Lo schizzo di piacere è violento, tanto che arriva allo specchio ed istintivamente mi sposto di lato. Lei si gira e lo prende tra le labbra, succhia avida. Lui sembra perdere l’equilibrio. Continua, fin quando lui si abbandona sul letto, con le braccia larghe e gli occhi chiusi. Come stesse scoprendo il proprio io perduto. Lei maliziosa raccoglie con un dito le poche gocce di succo che erano arrivate sullo specchio. Si poggia il dito sulle labbra e lo vedo scomparire dentro la bocca. Ripete lo stesso gesto, mentre con l’altra mano si carezza i seni oppure si strizza i capezzoli. Lo sguardo carico di malizia, di sfida e d’ironia.
Adesso mi chiedono di entrare, sono sicuro, lei ha lo sguardo ancora carico di desiderio. Io non vedo l’ora di assaggiare quella carne che tanto ho guardato. Sono senza fiato. Mi sento come se fossi stato io dall’altra parte dello specchio. La donna scompare dalla stanza, presumo dentro il bagno. L’uomo si rialza dal letto e preme un bottone sul comodino.
Nella mia stanzetta si riaccendono le luci soffuse ed il quadro ridiscende. Tutto finito. Mi guardo i pantaloni. Una macchia più scura è testimone della mia eccitazione. Penso sia tempo di andare, però sono annebbiato, non ricordo la strada. Esco nel corridoio, sempre in costante penombra e mi avvio verso la tenda.
Nel locale quasi nessuno, mi avvicino al banco del bar e ordino da bere. Il barman mi guarda con occhio ironico. Io mi sento sempre come un cretino, sempre ho la stessa sensazione, Quella di non essere nel posto giusto, ma neppure in quello sbagliato. Bevo. Voglio aspettare quei due, in fondo è come se fossimo amici. Passano alcuni minuti e non appare nessuno.
“allora cosa mi dice? ” l’anziana signora. Quella che appare e scompare dal nulla è alle mie spalle “Divertente, ma non esattamente quello che speravo” è vero, non mi basta guardare
“ma lei cosa sperava… ? ” me lo chiede con molta ironia
“nulla, in fondo è stata una serata diversa.. ”
“già, proprio diversa… ”
Prima di andarsene mi lascia un biglietto di Giacomo, dicendomi che è già uscito.
È troppo buio per leggerlo. Esco e la brezza leggera di questa notte di tarda primavera mi carezza le guance. Mi sembra di rivivere. Salgo in macchina e leggo il biglietto.

“caro Andrea, so che pensi ad uno scherzo dei miei ma non è così. Penso che ti ricordi di circa tre anni fa, ti ricordi? No? Te lo ricordo io. Eri ad una festa a casa mia. C’eri tu con tua moglie, Luca, Vittorio e tutti gli altri.
Quando tutti avevamo bevuto ed eravamo seduti a raccontare cazzate, sei andato in cucina, con la scusa di prendere le birre. Ti ricordi adesso? In cucina c’era mia moglie. La prima. Ti sei avvicinato ed hai cominciato a toccarle il seno, poi le natiche, poi le hai sollevato la gonna, l’hai fatta mettere sul tavolo e te la sei scopata. Ti ricordi adesso? Io ero lì e ho visto tutto. Potevo incazzarmi. Invece sono stato zitto. Pensa al casino che sarebbe venuto fuori. Tu scopavi mia moglie (non che mi importasse più di tanto, stavamo già rompendo) ed io guardavo e stavo zitto. Mi sono sentito cretino. Un cretino tradito dal migliore amico. Sai se me l’ho avessi chiesto, almeno detto, non sarebbe stato un problema. Invece no, mi scopavi la moglie in casa mia. È brutto non trovi? Stare lì a guardare come un cretino, mentre altri due se la spassano. Adesso in parte sai cosa vuole dire…. Ciao, ci vediamo domani”

Adesso si che mi sento completamente un cretino. FINE

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