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Mare

Oggi vado al mare, la giornata è stupenda, non ho molto da fare, in spiaggia si sta bene, meglio che rimanere a casa, e poi così mantengo l’abbronzatura presa a Marzo, sulla neve, la settimana bianca. Oramai sono quasi nero, almeno in viso e sulle mani. Già, sciavo senza guanti e si sono abbronzate anche loro; del resto mi piacciono le mie mani, sono una delle parti di me che più mi piace vedere, affusolate ma maschili, delicate, ben curate, nel complesso di bella forma; le mani possono avere una forte carica erotica. Le mie piacciono e a me piace l’idea che su qualcuno possano esercitare una carica tale. Se una donna ha delle belle mani capita che me le immagini strette intorno al mio membro, anche nell’atto di portarselo alla bocca.

Ci vado solo, nessuno a tenermi compagnia, ma tanto, a volte è meglio così, soprattutto se si cerca dello spazio per pensare; ho bisogno di silenzio nella mia testa… cazzate, risate, abbuffate, discoteche, notti bianche, un cervello annodato che ha bisogno di stendersi. Riposarsi.

Scendo in macchina lungo il viale alberato che porta al mare, tranquillo, e mi guardo intorno alla ricerca di una Panda beige. Da quell’auto era partito un contatto d’occhi, due belle ragazze, bionde, un invito implicito a seguirle, l’inseguimento, il mio, il sorpasso, poi il loro, quindi un semaforo che mi ha fregato e spento fantasie maturate velocemente in un rimbalzo frettoloso di occhi, tra specchietti retrovisori. Era la settimana scorsa e oggi ci sarebbe voluta una coincidenza incredibile. Che non si è ripetuta. Infatti.

Arrivo in spiaggia, nessuno. Forse è ancora presto. Mi sdraio, petto nudo e cuffiette nelle orecchie. Rischio di addormentarmi, ho ancora troppo sonno da recuperare…

…mi scuotono da un torpore che si stava facendo sogno, dei rumori nuovi a pochi metri da me.

Sono due donne, le vedo di spalle. Stanno sistemandosi poco più giù a destra. Una sembra sui cinquanta, l’altra non capisco bene. Aspetto che si voltino: una è proprio intorno alla cinquantina, l’altra deve averne circa 30, forse qualcuno meno, una bella donna, due occhi e uno sguardo profondo come potrebbe essere il mio. E dei bei lineamenti. I capelli raccolti, castani. Si svestono e mi colpisce il corpo della più giovane, non è perfetto come potrebbe essere quello di una ragazza di 20 anni o come forse poteva essere quello stesso 10 anni fa, ma è ben fatto, carico di un principio di mollezza molto attraente. Forse è quella stessa mollezza accennata che oggi lo rende così attraente.

Lascio che si sistemino mentre incrocio un paio di volte i loro sguardi. Si sdraiano oramai in costume, anch’io mi ripiego supino e penso; anche a lei, ancora troppo distrattamente.

Ogni tanto mi sollevo e controllo quello che fanno. Osservo quando si rigirano bocconi e lei si slaccia il pezzo sopra, in modo da lasciare abbronzare integralmente la schiena (quanto è erotico quel gesto, tette affondate nella sabbia e braccia dietro a spogliarsi di niente! ). Adesso sono rivolte verso di me, io vedo loro, loro e soprattutto lei vede me. è bella, proprio una bella donna. I pensieri mi si concentrano, vorrei poterla conoscere. Non penso più ad altro.

La più anziana, ad un tratto, si alza e si incammina verso il mare; sembra avere l’intenzione di avviarsi per una passeggiata; l’altra rimane sola. Io mi avvicino e le chiedo:

– ciao, scusa, siete due amiche o cosa? No, perché sembrereste stranamente assortite per venire al mare insieme in questo periodo, non so, pensavo… ecco, pensavo se ti andrebbe di tornarci con me tra un paio di giorni, soli, io e te, che ne dici?

Insomma tutto calcolato, una soluzione semplice, una regia programmata che aspetta solo l’arrivo del ciak per poter cominciare le riprese. Ed effettivamente passa forse mezz’ora che veramente la più anziana si alza e si allontana lungo la riva del mare. L’altra rimane sola, più nessuna difesa.

Toccherebbe a me! All’improvviso, e non me lo sarei mai aspettato, che accadesse veramente, che il ciak sarebbe arrivato, che adesso è stato appena fatto scattare, che bisogna farsi avanti e cominciare a recitare, che la fantasia ha esaurito il suo ruolo e tocca alla vera finzione della realtà.

Mi alzo, faccio per andare, poi mi fermo, riconsidero la cosa: non ne sono capace o è il timore di chiudere bruscamente con i pensieri per trovarsi spiaccicato male solo un bel no che non lascerebbe più spazio a fantasie, e sogni, e situazioni immaginarie?

Ma non mi decido, e non ci vado, mi do anche del coglione, del pirla, di tutto, quanto sono stronzo, ma la sabbia che ci separa non registra i miei passi. Faccio un giro, intorno, poi torno alla mia posizione, poi sento un’altra spinta ad agire… una occasione così la si chiede e poi quando ce se la ritrova: niente! E non è timidezza. Al massimo potrebbero essere quei due o tre anni di differenza che ci dividono e che mi danno un senso come di inferiorità. Insolitamente. Che poi magari adesso ne dimostro, con i capelli un po’ più lunghi e scarmigliati, anche un altro paio di meno. Non ho problemi con le donne, ne ho avute anche di trentadue anni ma la situazione era diversa. Forse la donna era diversa. Adesso mi sento troppo solo e a nudo di me stesso con questi soli jeans; proprio non mi sento a mio agio. Insomma mille scuse per giustificarmi, e forse la migliore è quella che astenendomi dall’agire non metterò fine alle possibilità d’immaginazione; potrò tornare nei prossimi giorni e sperare di rincontrarla e farmi rivedere, e questa volta parlarle, e fissare un incontro, e finire a casa sua, in una camera d’albergo, in macchina, sulla stessa spiaggia la notte…

Rimango e aspetto che torni l’altra dalla passeggiata. Magari passa un tempo sufficiente, mi dico, e potrebbe essere lei stessa a girarsi, parlarmi, invitarmi esplicitamente con lo sguardo.

Nulla. Torna la più anziana e non è successo nulla, assolutamente. Però io non me ne vado, rimango al mio posto, anche se i minuti passano e passa anche l’ora che avevo programmato per tornare a casa. Loro parlano e io ascolto, nascosto dietro le cuffiette del walkman, rigorosamente spento. Lei dice anche la sua età, o perlomeno la fa capire, aveva sedici anni nell’85 quando comprò non so cosa. Solo due più di me, non sono poi tanti. Vedo meglio le mani, mi piacciono e sono senza anelli. Ha la voce un po’ dura, potrebbe richiamare quella di un travesta, e a me piace, fa ambiguo, è sensuale, al telefono suonerebbe sicuramente bene.

Le lancette al mio orologio girano e il sole comincia a perdere forza, lei si rimette su qualcosa, la maglia, ma è come lo fa che mi eccita, rimane piegata sulle gambe, più o meno nella posizione in cui credo le donne urinino quando non dispongono di un bagno, o ti scivolano su e giù sul membro in erezione o ti offrono volgarmente il loro sesso da baciare. Poi si mettono a giocare a carte, ed io a questo punto mi dico, quasi cercando di trasmettere telepaticamente il mio pensiero: -potreste anche invitarmi che giocare in due a scala quaranta non è proprio divertentissimo… e mi immagino sviluppi troppo assurdi per pretendere che si realizzino. Comunque seguo e aspetto, aspetto e osservo.

Alla fine arriva un signore piuttosto distinto, sui 50, dalla parte sinistra. Entra come un personaggio inatteso, ma solutore, lo si capisce. Mi vede, mi accenna un sorriso, dice semplicemente fa caldo qua, ma con un tono vagamente interrogativo, quindi prende spunto per cominciare a parlare ed inquisire:

– torni a scuola domani (sembro veramente così giovane? di solito mi danno qualcosa meno della mia età, ma certo non diciotto anni, o forse è lui che pur di parlare ha dato voce alla prima cosa che gli è venuta in mente)

– allora se non studi più lavori, ma dove hai studiato, sei del posto (abbronzato come sono chissà da dove pensa che io venga… ? ! ? )

– si sta bene così a torso nudo in questo periodo…

…e parla, e domanda, e lui sì che ci sa fare, solo che io non gli do molta confidenza, gli chiedo solo di dov’è e mi dice tra Piacenza e Parma, allungando e dilungando oltre misura la risposta, anzi, incerto sulla natura del soggetto (è un frocio che mi vuole rimorchiare o è solo un povero logorroico solitario? ) punto sulla sua facilità di parola per trasformarlo in un opportuno ponte verso le signore, in fondo l’altra andrebbe benissimo per lui. Così gli dico: – guardi che fino a poco fa le signore stavano addirittura solo in costume!

Il tipo si gira come distratto, le guarda ma non raccoglie, il discorso rimane tra di noi (è proprio frocio… !! ) e io rimango deluso.

Dopo avere infilato qualche altra serie di domande (colpi sparati dalla mano di un professionista) ma scoraggiato dalla mia laconicità (un bersaglio troppo mobile) l’uomo rinuncia a me e se ne va, mesto, le donne cominciano a raccogliere le loro cose per andarsene, tranquille, io vado giù fino a mezzo metro dal mare, turbato; vorrei nuotare e fare l’amore con una donna proprio nell’acqua…

…ritorno su giusto in tempo per vedere la coppia che sale e si avvia con una macchina con targa locale; le probabilità di rivederle nei prossimi giorni non sono nulle, almeno. Io entro in macchina, attacco i Portishead e penso di scrivere questa avventura non appena arrivo a casa. Perché ti ho immaginato in quel corpo.

E continua a fare bel tempo e continuiamo ad andare al mare. Tanto più che dopo due giorni soffocato dal cemento di Milano non può che ammorbidire la durezza dei pensieri.

Quindi solito posto solita ora, con le fantasie ancora intere, e la voglia di poter procrastinare il gioco ad un futuro dalle scadenze incerte e dai contenuti anche troppo variabilmente definiti.

Arrivo in spiaggia, quasi nessuno, solo poco lontano una ragazza, seduta su un pattino e impegnata col cellulare: capelli neri, occhiali neri, vestito nero, gonna corta, nera, calze nere, gambe accavallate e scarpa, tacco alto, ciondolante dal piede. Siluetta molto invitante, troppo lontana però, non si vede bene il viso. Me ne frego. Prendo la mia posizione. Comunque ogni tanto mi alzo con il busto a vedere che fa la tipa, sembrerebbe giovane da qua, magari se proprio non arriva nessun altro, potrei alzarmi e allungare da quelle parti e vedere più da vicino. Proprio quelle calze nere.

Prendo il mio libro alla mano, comincio a leggere “tutto quel che l’atto dello scrivere creativo… porta in sé di individualista e giù giù d’egoista e d’egocentrico è castigato da Vittorini dall’imperativo preminente di lavorare a un compito immediatamente collettivo: la fondazione d’una cultura”.

Devo sottolineare la frase, mi piace, cerco la penna, non ce l’ho, mi deve essere scivolata fuori dalla tasca sul sedile della macchina. Mi avvio scazzato a recuperarla, svolto l’angolo e in un lembo di sabbia nascosto, prima di giungere al marciapiede del lungomare, vedo stesa una donna che riposa; indossa un completo da ginnastica, tipo quelli per aerobica, piuttosto succinto, aderente. Impossibile non posare lo sguardo per una osservazione più accurata di quelle forme. Lei non mi vede, ha gli occhi chiusi. Ripasso dopo un paio di minuti e questa volta incrociamo gli sguardi, il suo nascosto dagli occhiali da soli. Lenti blu. Torno al mio posto.

Passano dieci minuti e arriva la coppia assortita di tre giorni prima. Prendono la stessa posizione, poco più giù a destra.

Altri dieci minuti e la tipa del lembo di spiaggia nascosto esce allo scoperto e si mette a meno di cinque metri da me. Sulla sinistra. La guardo mentre si spoglia della tutina. Ha un corpo tonico, atletico, qua la mollezza dei trent’anni è stenta, deve ancora lottare con il vigore atletico di un corpo sollecitato dall’esercizio fisico. è bella, molto bella, constato, mentre mi dico cazzo (dico mentalmente proprio cazzo) qua sto scoprendo un posto da paradiso. Anche il viso, soprattutto mi piacciono le labbra. Carnose. Non so, è una bellezza più immediata dell’altra, direi più carnale; mi basta girare la testa di un angolo di 150 gradi e me le ritrovo tutte e due sotto esame. Me le scoperei entrambe, con passioni diverse, con voglie diverse. Con giochi diversi.

Nessuna indecisione: oggi mi sento di seguire più l’ultima arrivata. Sono fatto così, come un bambino al quale piace sempre il giocattolo nuovo, e basta poco per buttare quello vecchio. Che sembrava bellissimo (però adesso so che si trova lì, che quello è il suo posto, che in quel posto posso sempre ritrovarlo), mentre il nuovo, non so niente del nuovo.

La seconda donna sembrerebbe poco più vecchia della prima; è sola, è abbronzata, mi è più vicina, e sembrerebbe essersi spostata con l’intenzione di venire a cercare un contatto. E questa volta fanculo all’interezza delle fantasie, alla preservazione delle possibilità immaginative, al rifugio intaccabile offerto dai sogni, questa volta aspetto un po’, la osservo, la riguardo, la studio, ma poi comincio a parlarle prendendo spunto dalle creme che continua a spalmarsi per ungersi di lucido il corpo già ben levigato (mentre io la guardo con voglia e penso quanto mi piacerebbe mantecarle di saliva le gambe su su dai piedi per finire col bagnarla tra le cosce usando la mia lingua).

Il contatto diventa registrazione, lei risponde alle mie domande, non è del posto ma adesso lavora da questa parti, temporaneamente, insegnante; da parte sua chiede poco (e qui io mi chiedo se ci può essere veramente interesse, o è solo un niente di cui è inutile gonfiarsi… se ti levassi quegli occhiali forse sarebbe tutto più facile). Aveva cominciato dandomi del lei, se ne va e mi lascia con un ciao.

Non ci si scambia niente, nessun indirizzo, telefono, nome, solo delle coordinate implicite.

Rimango sdraiato, adesso più solo di prima, mentre il sole continua a splendere ed è forte per la stagione di primavera. La testa comincia quasi a girarmi, non ci sono abituato: l’ultima primavera che ho vissuto era quella di due anni fa, adesso il corpo mi si scioglie troppo facilmente di ormoni e sento che la loro concentrazione comincia a farsi pericolosamente alta.

Comunque qua ci tornerò quanto presto. Perché mi è presa una voglia irresistibile: avere e possedere una donna di questa età. Che mi scopi finalmente con un gusto nuovo. FINE

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