La sveglia trillò improvvisamente, ridestandola di colpo dal sonno profondo. Proprio ora che stava facendo un bel sogno e che stava così bene sotto le lenzuola. Fra un po’ avrebbe dovuto affrontare un’altra dura giornata di lavoro: non certo la migliore prospettiva per abbandonare il tepore del proprio letto, nemmeno in una bella giornata di primavera.
I suoi bei occhi azzurri corsero dopo qualche minuto di dormiveglia alla sveglia e si rilassò un attimo dopo aver letto l’ora: erano solo le sette e un quarto. Per un momento temeva di essersi riaddormentata e di aver fatto tardi. Si alzò perciò con calma, sbadigliando e stiracchiandosi, mentre si rendeva conto di essere pervasa da una strana eccitazione di cui non capiva la causa. Infilò le ciabatte e andò in bagno con ancora addosso il suo pigiama azzurro: indossava sempre il pigiama per andare a letto, non sopportava le camicie da notte per quanto femminili e sensuali potessero essere. In compenso era solita non portare nulla sotto il pigiama, nemmeno le mutandine, stava più a suo agio in questo modo. Infatti, quando si sfilò la maglia, vede riflessa nello specchio la sua figura a seno nudo. Nel movimento notò un alone sotto le ascelle: guardò meglio dopo aver lasciato cadere a terra la maglia del pigiama e si accorse che erano dei ciuffetti di peli che stavano ricrescendo. Da un po’ infatti si era dimenticata di radersi, anche perché aveva pochissimo tempo, e non poteva farlo adesso altrimenti sarebbe arrivata in ritardo al lavoro: decise perciò di rimandare tutto a sera.
Si diede una rapida sciacquata costatando di avere i capezzoli eretti e, quando li sfiorò, si rese conto che erano anche parecchio sensibili. Le venne un improvviso dubbio, probabilmente aveva trovato la causa della strana agitazione che aveva addosso. Si abbassò i pantaloni, passò una mano sul pelo pubico leggero e avvertì l’umidità nei pressi delle labbra del sesso. Sorrise fra di sé, era da quand’era ragazzina che non faceva più sogni erotici. Ora improvvisamente si svegliava bagnata fra le gambe e, se ne stava pian piano accorgendo, con una gran voglia di fare l’amore. Si sfiorò con le dita la fessura fra il pelo pubico rossobruno e provò un fremito di eccitazione. Non aveva né il tempo né l’età per quei giochi che quella mattina sembrava desiderare tanto, perciò andò a sistemarsi sul bidet per la pulizia intima. Presto l’acqua calda e la lieve carezza delle mani la portò a un dolce orgasmo, dopo il quale si insaponò con cura l’inguine e il suo profumo si mescolò a quello del sapone intimo.
Si asciugò con una salvietta, raccolse il pigiama e tornò in camera per vestirsi. Aprì un cassetto e i suoi occhi caddero sul reggicalze seminascosto in un angolo, sotto a un reggiseno. Il suo sesso si infiammò un attimo mentre la sua mente ebbe un’idea geniale. Avrebbe indossato il reggicalze, più un completino intimo sexy e dopo il lavoro sarebbe andata direttamente da Alessandro, il suo fidanzato, e poi sarebbe finita come desiderava lei. Avrebbe voluto poter far volare quelle ore che la separava dalla fine del suo turno per essere nuda fra le braccia di lui. Purtroppo invece era nuda a casa sua, e doveva prepararsi per andare al lavoro.
Tirò fuori il reggicalze, che aveva comprato due anni prima per stuzzicare Alessandro anche se poi l’aveva indossato soltanto un paio di volte. Qualche minuto dopo si guardò e rimase soddisfatta dall’effetto che aveva creato: c’erano un forte contrasto fra l’indumento scuro, la sua pelle chiara e il suo pelo pubico rossobruno. Frugò con frenesia nei cassetti dove teneva la biancheria intima in cerca di un paio di mutandine civettuole per stuzzicarlo e alla fine optò per un paio di pizzo nero che rivelava quasi tutto e il reggiseno uguale. D’altra parte non aveva bisogno certo di chissà quale completino per risultare sexy, dal momento che il suo seno era perfetto, alto e tondo, pieno ma non eccessivo (portava una terza abbondante) e che il suo fisico era impeccabile. Sopra indossò la divisa: la camicetta bianca, la giacca blu e i pantaloni. Prima di infilarsi le scarpe andò in bagno e con mano ferma ed esperta si passò un leggero velo di trucco intorno agli occhi e un po’ di rossetto sulle labbra: sapeva di non averne bisogno, dal momento che la sua pelle era liscia e vellutata e i suoi occhi azzurri attirava l’attenzione ugualmente, ma le piaceva essere impeccabile. Uscì dal bagno, passò per la cucina, prese il cappello e si avviò per le scale dopo aver chiuso a chiave la porta del suo miniappartamento. Un minuto dopo usciva con la sua utilitaria dal garage e si dirigeva verso il vicino paesino, un comune di poco più di mille abitanti dov’era l’unico vigile.
A molti sembrava non fosse certo una situazione ambita per una bella ragazza di ventitré anni, ma per Laura invece era il massimo. Era sempre stato il suo sogno fare la vigilessa e ora lo era a due chilometri da casa sua. Fra l’altro amava il lavoro che faceva, anche se era costretta a fare da messo comunale, e non soffriva affatto il fatto di essere in un piccolo comune, anzi, era contentissima.
Appena giunta in municipio, nel suo piccolo ufficio, si immerse nel suo amato lavoro per cui si dimenticò quasi completamente di tutto il resto. Quel pomeriggio aveva un sacco di notifiche da consegnare, per cui si rassegnò a fare tardi: rientrò infatti in municipio solamente alle sei, quando l’ultima impiegata stava per uscire.
«Ciao Laura, devi fermarti ancora? ».
«Sì, ancora un po’, chiudo io se vuoi».
«Va bene, grazie, ci vediamo domani. Ciao e buona serata! ».
Sì, sarebbe stata proprio una buona serata di sesso sfrenato pensò mentre entrava nel municipio deserto. Avrebbe costretto Alessandro agli straordinari, era decisa di tenerlo a letto per tutta la sera. Poi si sarebbe presentata a casa sua in divisa e sapeva quanto lui si eccitasse quando la vedeva in divisa e si concedeva a lui.
Arrivata in ufficio, stava sistemando le ultime carte quando trillò improvvisamente il telefono. Rispose al secondo squillo: «Comune di ***, Vigili Urbani».
«Ciao amore, ancora al lavoro? » rispose la voce di Alessandro.
«Ciao Ale, sì, ma sto finendo».
«Ceniamo insieme? » propose lui.
«Oh, no, mi hai rovinato la sorpresa. Volevo venire da te in divisa…» disse con voce sexy, alludendo al fatto che lui era molto eccitato da ciò.
«Mi dispiace… Però penso possiamo fare lo stesso».
«Affare fatto. Il mio amante mi ha detto che non può stasera».
«Nemmeno le mie otto. Passo a prenderti a che ora? ».
«Stronzo! » disse ridendo. «Facciamo fra cinque minuti».
«Allora devo partire subito».
«Ti aspetto con ansia».
«Arrivo! ».
Laura non dovette aspettare a lungo e in quei minuti riuscì a sistemare tutte le sue scartoffie. Dopo nemmeno trenta secondi senti che aveva terminato sentì il portone aprirsi e subito dopo richiudersi. Nel corridoio vuotò echeggiarono i colpi della serratura che veniva chiusa a chiave. Laura si sentì improvvisamente bagnare fra le gambe e i capezzoli dolerle piacevolmente: anche lui era deciso a divertirsi quella sera.
L’aspettò seduta dietro alla sua scrivania mentre sentiva i passi avvicinarsi, la porta si aprì e lo vide sulla soglia. Si sorrisero mentre i loro occhi innamorati brillarono, in una frazione di secondo anche lui fu dietro alla scrivania mentre lei si era alzata in piedi. Si baciarono sulle labbra, poi lui le fece togliere la giacca blu e la fece sedere sulla sedia girevole. Si guardò intorno e cercandone un’altra di uguale e la trovò di fronte alla scrivania. Si sedette vicino a lei e presero a baciarsi con passione. Laura gli carezzava la schiena, le mani saggiavano delicatamente i suoi muscoli, la compattezza e la consistenza di quella schiena grande, mentre Alessandro nel frattempo aveva iniziato ad esplorare il suo ventre delicato salendo inesorabilmente verso la curva pronunciata del seno.
Si staccarono un attimo e lui sussurrò: «Piccola troietta, hai messo un reggiseno nero… Quanti uomini ti hanno guardato le tette oggi? ».
Laura ebbe un motto di stizza a sentirsi apostrofare in quel modo e sgusciò dal suo abbraccio per alzarsi in piedi.
«Cosa fai? » chiese lui sorpreso che se la prendesse per così poco, in fondo lui stava solo giocando.
«Me ne torno a casa».
«Perché? ».
«Perché sai che non mi piace quando mi chiami così. Se una ragazza si fa bella e provocante è una troia, se lo fa un ragazzo è un figo».
Alessandro si alzò in piedi. «Laura, hai frainteso, stavo solo giocando. Non lo penso veramente. Volevo solo farti un complimento, che sei bella e provocante per me mi eccita terribilmente…» fece serio.
Laura capì cosa voleva dire, sorrise con la solita malizia: «Allora devi aggiungerci un “mia” a troietta perché possa accetarlo, ok? ».
«Come comanda la mia troietta» sorrise Alessandro, attirandola poi a sé per baciarla. Si sedettero poi di nuovo sulle sedie.
«Comunque più di qualcuno. Oggi ho fatto consegnato parecchie notifiche e ho dovuto girare un bel po’. Per le case ho incontrato qualche uomo che non si preoccupava certo di fissarmi il seno e pure qualche ragazzo per strada mi guardava».
«Per forza, sei stupenda» commentò lui.
Laura sorrise felice a quel complimento, la rabbia era completamente sbollita in un attimo.
«Però non mi sono sognata di concedere qualcosa in più a nessuno» e si passò le mani sul seno facendovi aderire la camicetta bianca. «Tutto questo è solo per te» e arrivò con la mano a sfiorarsi l’inguine attraverso i pantaloni.
Alessandro la baciò sulla bocca, gratificato di quello che aveva appena detto e scese poi lungo la mascella fino al collo. Contemporaneamente la mano salì al suo seno e lo cinse delicatamente, godendosi immensamente la sensazione delle sue dita intorno alla soda curva di lei. Amava infinitamente quel seno e quel corpo perfetti, quasi quanto lei stessa.
Non resistette alla tentazione di abbassare le labbra a baciare il seno che teneva in mano e quando lo fece, lei sussultò per l’eccitazione che era improvvisamente tornata ai livelli di quella mattina, forse addirittura al di sopra dopo le lunghe ore di attesa.
Le dita di lui corsero veloci ai bottoni della camicetta e cominciarono ad aprirli, mentre le labbra s’infilavano a baciare la pelle che rimaneva via via scoperta. La baciò ardentemente sulla scollatura del reggiseno, a lungo, prima di aprire gli ultimi bottoni e dedicarsi al ventre compatto e piatto. Si rialzò poi sulla sua sedia e l’ammirò, con la camicetta slacciata e il solo reggiseno di pizzo semitrasparente a coprirle il favoloso seno, gli occhi spalancati per l’eccitazione e le labbra socchiuse.
La visione di lei in quello stato lo eccitò e lo lasciò allo stesso tempo senza parole. Si chinò di nuovo sul suo seno, passando con le labbra sul pizzo del reggiseno fino a trovare il capezzolo. Lo succhiò a lungo racchiudendolo fra le sue labbra e passandoci sopra la lingua, prima uno e poi l’altro finché non furono entrambi eretti e sensibilissimi, lasciando sul reggiseno la macchia umida della sua saliva.
Solo allora Alessandro si accorse che lei portava il reggicalze e rimase di sasso. Lei se ne rese subito conto e chiese sorridendo: «Cosa c’è amore, qualcosa che non va? ».
«Hai indossato il reggicalze? » chiese lui di botto.
«Sì. Perché, non ti va bene? ».
«No, no anzi. Era da un po’ che volevo chiederti di metterlo…». La sua mano si appoggiò sull’inguine, sopra i pantaloni di lei, prese a carezzarla in mezzo alle gambe. «Sei estremamente eccitante quando indossi cose tanto femminili. Mi piacerebbe vederti anche con una camicia da notte, o un baby-doll».
«Magari un giorno possiamo anche provare. Dev’essere divertente cambiare, ogni tanto».
Alessandro si inginocchiò sul pavimento, fra le sue gambe davanti a lei e continuò ad accarezzarla. Poi aprì i pantaloni e spuntarono le mutandine nere di pizzo dalle quali traspariva il suo pelo rossiccio. Le sue labbra posarono subito un bacio sulla zona più in basso, poi andò a toglierle le scarpe e a sfilarle pian piano i pantaloni non senza il suo aiuto. Un attimo dopo Laura indossava la sola biancheria intima e si alzò in piedi per farsi ammirare da lui.
Alessandro la guardò intensamente passando più volte dalla testa ai piedi, era veramente stupenda, non sarebbe sfigurata nel confronto con nessuna delle bellezze celebri di giornali e televisione.
«Saresti da fotografare: sei bellissima» commentò Alessandro. Laura si limitò a sorridergli e a farlo sedere. Poi si sedette lei stessa sulle sue ginocchia, molto in avanti. Lui allungò le mani sulla sua schiena, la carezzò godendosi quel contatto e infine le slaccio il reggiseno.
Appena sentì il gancio aprirsi lei spostò indietro fino ad appoggiarsi con la schiena al suo petto. Alessandro prese a scoprirle molto lentamente il suo seno mentre la baciava sul collo, prima ai lati, poi abbassandolo gradatamente finché furono visibili i capezzoli, molto pronunciati sulle piccole areole rosate. A quel punto lo sfilò completamente e lo lasciò cadere a terra guardandole i seni tondi e alti. Le labbra si posarono sulla spalla mentre le palme delle mani circondavano quelle magnifiche rotondità che catturavano la sua attenzione. Il contatto con le sue mani fu estremamente piacevole e fece sussultare Laura per il tocco sui capezzoli divenuti sensibilissimi. Infatti, quando lui glieli pizzicò poco dopo con le dita, lei soffocò un urlo di piacere lasciandosi sfuggire dalle labbra un gemito acuto.
Ormai da un po’ lei si stava anche gustando l’erezione di lui che le premeva sul culo e decise allora di rialzarsi per risistemarsi sulla propria sedia. Lui la seguì a ruota andando a inginocchiarsi di nuovo davanti a lei e baciandola ancora sulle mutandine. Stavolta la toccò pure e le sue dita individuarono rapidamente la sua fessura che andava inumidendosi sempre più. Il polpastrello la percorse in tutta la sua lunghezza, premendole contro il pizzo. Solo quando questo fu ampiamente bagnato l’accontentò sfilandogliele e gettandole a terra accanto al reggiseno, mentre lei nel frattempo appoggiava i talloni al bordo della sua scrivania, lasciandolo così in mezzo alle sue gambe spalancate e velate dalle calze.
Alessandro la baciò delicatamente sul leggero pelo pubico, poi via via più in basso fino a sfiorarle con le labbra il centro delle sensazioni. Quando la lingua dardeggiò verso il clitoride, Laura gemette nuovamente di piacere. Il ragazzo si avventò allora con la lingua in profondità, non risparmiandosi certo ma leccandola con grande foga. Laura fece scendere le gambe dalla scrivania e le appoggiò ai braccioli della sua sedia girevole per riuscire ad aprire di più le gambe e fargli raggiungere nuove profondità. Ben presto lei fu sulle soglie dell’orgasmo, avendolo soffocato durante tutta la giornata e lui lo capì al volo notando che il suo respiro era sempre più affannoso al punto che ansimava fortemente. Dopo pochi secondi infatti dalle sue labbra uscì un urletto di piacere e un piacere provato poche volte prima si impadronì di lei per qualche istante da capogiro.
Lui prese a leccarle lentamente le labbra del sesso, come le piaceva in quei casi. Laura gli passò le mani sui capelli arruffandoglieli: «Sei stato favoloso» disse con voce ancora roca per l’orgasmo.
Il ragazzo si fermò ed alzò la testa: «Devi esserti eccitata parecchio oggi con tutti che ti guardavano: sei un lago».
Laura abbassò gli occhi sul suo corpo e notò che grondava abbondante di succhi che avevano fatto una grande macchia d’umidità sul tessuto della sua sedia.
«Sì, ero parecchio eccitata, ma è da stamattina appena sveglia. Non vedevo l’ora di incontrarti! » e si chinò a baciarlo. Aveva ancora in bocca il suo sapore, ma la cosa non le causava repulsione ma le metteva addosso una strana sensazione di piacere ed eccitazione, qualcosa che sapeva anche un po’ di proibito, come quando si baciavano dopo che lei gli aveva fatto un pompino e aveva ancora in bocca il gusto del suo sperma.
Improvvisamente le venne voglia di farlo e scese dalla sedia, inginocchiandosi a terra di fronte a lui. Lo fece distendere sotto la scrivania, mentre spingeva via la sedia e gli salì sopra baciandolo. Le sue mani agivano rapidamente e in un attimo lui si ritrovò a torso nudo, con le dita che lo stuzzicavano sui capezzoli. Quel toccò non durò più di qualche secondo, perché lei si spostò in basso, verso i le sue gambe. Aprì con le dita agili i pantaloni e le mutande ritrovandosi in mano la sua asta eretta e pulsante. Se lo appoggiò alle guance, gustandosi la sensazione di calore che le dava, prima di sfilargli completamente i pantaloni e le mutande. Le dita si chiusero poi sull’asta mentre la lingua andava a leccargli i testicoli. Come sempre quella stimolazione lo faceva impazzire di desiderio che glielo prendesse in bocca e sempre lei alla fine lo accontentava, ma quella sera sembrava non essere così. Solo dopo lunghi minuti la sua lingua lo carezzò fino al glande per qualche volta prima che le labbra lo inghiottissero fin dove riusciva. Succhiò dolcemente per qualche minuto, non voleva certo portarlo all’orgasmo per godersi anche lei quell’erezione, contrariamente a quello che sperava lui: era pronto a darle in bocca il suo seme. Quando lei si rialzò sembrò lamentarsi per un attimo, ma poi trattenne qualsiasi parola sapendo che lo facevo solo per dargli qualcosa di più.
«Ti va di farlo sopra la scrivania? » chiese lei ben sapendo quale fosse la sua risposta.
«Certo! » esclamò lui e con qualche difficoltà si rialzarono entrambi.
Laura spostò rapidamente alcuni oggetti dalla sua scrivania (fortunatamente riponeva sempre carte e documenti nei cassetti) mentre lui l’ammirava nella sua nudità, fatta eccezione per calze e reggicalze, poi vi salì sopra e si distese di schiena, schiudendo le gambe e invitandolo a prenderla. Alessandro non tardò molto a salirle sopra e a penetrarla lentamente, poi si mosse senza fretta, con calma, attento a darle piacere e a stuzzicarle il clitoride. La sua bocca infatti l’aveva portato quasi alle soglie dell’orgasmo e approfittava di un po’ di calma per poter far durare più a lungo il rapporto.
Lei apprezzò molto quelle attenzioni, socchiudendo gli occhi e godendosi le sensazioni che il suo pene gli regalava. Quando lo sentì rialzarsi sui gomiti e le sue labbra circondarle un capezzolo ebbe una vampata di calore all’inguine. I capezzoli erano ancora sensibili e lui li succhiò a lungo, passandoci sopra la lingua. Questo stimolo, unitamente a quello del suo cazzo nella sua vagina la portò in pochi minuti ad un altro intenso orgasmo, subito dopo il quale gli circondò la schiena con le gambe stringendoselo contro. Alessandro accelerò i suoi affondi e lei appoggiò di nuovo le gambe sulle scrivania, tenendole piegate con le ginocchia verso l’alto in modo che potesse raggiungere più profondità nella sua vagina. In questo modo poteva anche muovere il bacino contro di lui, cosa che non fece a meno di eccitare entrambi. Lui andò a baciarla sulle labbra, sebbene le sue dita rimasero a stuzzicarle i capezzoli e Laura non poté che provare intense sensazioni di piacere. Per contraccambiare passò le mani sulle sue natiche e giù fino ai testicoli: una mano glieli strinse e prese a massaggiarli, mentre le dita dell’altra gli stuzzicarono l’ano, pur senza entrare. In breve si avvicinarono all’orgasmo: lei venne in anticipo, contraendo piacevolmente i suoi muscoli interni e aumentando la pressione delle dita sull’ano e sui testicoli. A quegli stimoli anche Alessandro venne, non sapendovi assolutamente resistere: spruzzò il suo seme più volte dentro di lei.
Ci vollero parecchi minuti prima che i loro respiri ansimanti tornassero quasi alla normalità. Appena lui si ritrasse, lei volle che le leccasse la vagina ancora grondante dei succhi di entrambi. Aprì perciò le gambe e con le mani si scostò le labbra: «Voglio che mi pulisci bene, poi io pulirò te».
Alessandro si tuffò fra le sue gambe e leccò a lungo, facendole provare un altro breve orgasmo. Poco dopo si sedette sul bordo della scrivania e fu lei a leccargli via lo sperma da tutto il pene. Tuttavia non lo ingoiò, ma lo mischiò insieme alla saliva cercando di tenerlo in bocca: prima, quando si baciavano dopo che lui l’aveva leccata, le era balenata per la testa un’idea. Quand’ebbe finito la mise in atto, andando a baciarlo e passandogli la saliva mischiata al suo sperma che aveva tenuto in bocca. Lui se ne accorse e ingoiò senza parlare, pur avendo capito cosa lei aveva fatto. Poi si baciarono ancora a lungo, finché nelle loro bocche non ci fu un solo sapore.
Quando Alessandro guardò l’orologio a muro dell’ufficio, questo segnava le sette e mezza.
«Cosa facciamo, andiamo a mangiare oppure continuiamo così tutta la notte? » chiese.
«Andiamo, fare l’amore mi ha messo una fame da lupi. Però non al ristorante, altrimenti credo ti salterò addosso sui tavoli in mezzo a tutti» rispose lei dichiarando apertamente che non era ancora stanca.
«Bene, andiamo a casa mia o a casa tua? »
«Casa mia» rispose lei decisa.
Laura fece per andare a prendere la biancheria, ma Alessandro la fermò.
«Lasciala qui in ufficio, tanto non ti servirà né la biancheria né la divisa fino a domani mattina, credimi».
«Va bene, ma non posso andare in giro nuda! » protestò lei.
«Non hai un impermeabile da mettere sopra qui? ».
Lei afferrò al volo cosa volesse fare e pensò rapidamente. Sì, aveva un lungo impermeabile appeso dietro la porta che doveva servire quando dirigeva il traffico nei giorni di pioggia. Ammiccò al ragazzo e ripose la biancheria in un cassettino, mentre appese la divisa all’attaccapanni dietro la porta, prendendo l’impermeabile e indossandolo. Fu costretta a chiuderlo completamente per non farsi scoprire: spuntavano solo le gambe sotto il ginocchio e il collo.
Quando si girò Alessandro si era già rivestito e furono pronti per uscire. Quando furono sul portone, lei disse: «Aspetta, devo timbrare il cartellino! » e corse a timbrare.
«Vedi che ho ragione io! Sei propria un troia, ti sei fatta pagare per scoparmi» scherzò e anche lei scoppiò a ridere a quella battuta.
Appena fuori salirono sulla macchina di lei (lui era venuto a piedi abitando a poche centinaia di metri dal municipio) e partirono per casa sua. Il viaggio non durò che pochi minuti durante i quali non parlarono affatto, desiderosi com’erano di buttarsi nuovamente l’uno fra le braccia dell’altra. Salirono per le scale dal garage in fretta, Laura temendo che qualche vicino la vedesse avvolta in quell’impermeabile e con il suo ragazzo, Alessandro impaziente di poterla nuovamente spogliare e vederla nuda. Appena entrarono in casa, richiusero la porta di colpo dietro di loro e Alessandro ve la spinse contro, aprendo con impazienza l’impermeabile. La fissò un secondo, poi venne inesorabilmente attirato dal suo cespuglio rossobruno fra le gambe contornato dai nastri neri del reggicalze. Andò ad affondare col viso proprio là e la sua bocca trovò subito quello che cercava: prese a leccarla con foga. Laura gli passò le dita fra i capelli, arruffandogli e gli disse: «Ale, mangiamo qualcosa prima? ».
Lui alzò un attimo la testa, guardandola: «Sì, io mangerò te e la tua squisita micetta».
«Allora andiamo in camera, staremo più comodi lì. Mangeremo più tardi» sorrise facendolo rialzare e avviandosi verso la camera. Lui si avvicinò alle sue spalle, la fermò, le sfilò completamente l’impermeabile e lo appese all’appendiabiti, poi la sollevò fra le braccia, completamente nuda se si eccettuano calze e reggicalze. Attraversò la stanza ed entrò in camera da letto, depositandola delicatamente sul letto. Laura andò a sedersi sul bordo e lui capì che voleva che le togliesse le calze: si inginocchiò perciò ai suoi piedi e prese a liberare le calze di seta dai gancetti. Dopo la lunga operazione riuscì a sfilarle le calze e le carezzò le belle gambe finalmente nude, poi passò a toglierle anche il reggicalze lasciandola così completamente nuda ed a suo agio. Lei si muoveva con una disinvoltura totale senza nulla addosso: si alzò, lo fece alzare in piedi e prese a spogliarlo lentamente, fra mille carezze. Quando arrivò alle mutande andò per le lunghe, facendolo fremere per il desiderio di essere toccato, ma nemmeno dopo che l’ultimo indumento cadde e che il suo pene eretto balzò fuori prepotente, gli concesse il tocco né quello delle sue dita né quello della sua bocca. Si limitò a spingerlo con le mani sul petto fino a farlo ricadere supino sul suo letto col pene che svettava verso l’alto. Alessandro da quella posizione vide Laura salirgli sopra e sistemarsi sul suo ventre, senza muoversi ulteriormente. Le sue mani non poterono fare a meno di correre al suo corpo, esplorando dall’alto al basso, dedicando attenzione al suo seno, alle sue natiche sode, alla fessura che s’apriva fra le sue gambe e che cominciava a gocciolare umori. Era una dolce tortura, perché lei si lasciava toccare senza protestare, ma allo stesso tempo non partecipava e non andava a toccargli il pene come avrebbe voluto. Poi finalmente si mosse e si girò con la faccia verso il suo inguine e dandogli il sedere: lui si stava già pregustando l’idea di un sessantanove, ma lei invece non prese il pene in bocca e tanto meno arretrò col bacino in modo da far sì che lui potesse leccarla. Laura aveva in mente altri giochi e infatti, guardando le loro immagini riflesse nello specchio dell’armadio proprio ai piedi del letto, si abbassò fino a prendere il pene eretto fra le sue tette. Alessandro gemette a quell’inaspettato quanto piacevole tocco, amava il suo seno e quando lei glielo prendeva fra le sue tette godeva immensamente. Laura era consapevole di quanto gli piacesse e lo eccitasse quella stimolazione: cominciò anche a muoversi piano strofinandosi addosso, nel solco fra i seni, l’asta del pene. Contemporaneamente muoveva il bacino, schiacciato sul suo petto, masturbandosi in questo modo la vagina: anelava tuttavia il tocco delle sue dita, che non tardò ad arrivare. Dopo pochi secondi infatti sentì le mani di Alessandro stringerle i glutei tondi, le dita che la accarezzavano dolcemente ma con estrema libidine. Presto andarono a raggiungere non le labbra del sesso, ma il suo forellino posteriore, già lievemente dilatato dall’eccitazione: per aggravare la situazione lui lo sfiorò a lungo con la sola punta delle dita, finché non la udì lamentarsi per un tocco più profondo. Solamente allora le concesse la penetrazione, tanto lenta da esasperarla quasi, di un suo dito, che non trovò quasi nessuna difficoltà nell’entrare nel suo ano. Quando lo tirò fuori cercò la sua vagina grondante di succhi che veniva strofinato contro di lui: Laura attese che la penetrasse con le dita, prima l’indice, poi il medio, per ricominciare il suo movimento col bacino e tutto il corpo. Presto però Alessandro tolse le dita e lei se ne lamentò con un gemito, ma presto capì qual era la sua intenzione: voleva solo lubrificarle con il suo miele che colava copioso per penetrarla meglio nell’ano. Le due dita infatti entrarono in lei con pochissima difficoltà, dovuta a un’iniziale contrazione dello sfintere che poi si rilassò accogliendole.
Laura godeva immensamente a quello stimolo del suo cazzo fra le tette, la micetta stuzzicata dal contatto con il suo petto e due dita nel culo. Si concesse un breve orgasmo, che tuttavia non rallentò più di tanto la sua cavalcata: le piaceva veramente tanto fare sesso anale e in quel momento non desiderava altro.
Cercò di fargli capire ciò che desiderava fermandosi nel suo movimento, sempre però trattenendolo fra le tette, e restando a farsi stimolare l’ano. Alessandro dopo un po’ se ne rese conto e chiese: «Ti va di fare sesso anale? ».
Gli occhi le si illuminarono di malizia: «Aspettavo che me lo chiedessi» e lo lascia rialzarsi, mentre si rimetteva nella stessa posizione di prima, supina, con la testa verso l’armadio e i piedi sul cuscino. Lui andò a posizionarsi in fondo al letto e si inginocchiò per terra perché lei glielo prendesse in bocca. Lasciò che lo leccasse per bene, in modo che fosse insalivato per entrarle nel culo con meno dolore. Poi si mise dietro di lei e con le dita portò diverse volte il miele sul suo buchetto e lo penetrava dolcemente con le dita, finché lo sentì abbastanza lubrificato e dilatato. Vi appoggiò contro il glande lucido e iniziò a spingere delicatamente fra i suoi incoraggiamenti. Avanzò gradualmente dentro di lei per limitare il dolore che inevitabilmente le provocava nonostante l’uso frequente che lei ne faceva: solo quando fu dentro di lei fino alla radice il dolore scomparve totalmente e lasciò spazio solo al piacere ed a una stupenda sensazione di pienezza. Quando iniziò a muoversi vi era solo il godimento che partiva dal suo ano e giungeva a tutta la sua vagina, facendola bagnare ancor più. Laura si rialzò sui gomiti, per poter stare in una posizione più comoda e per permettergli di vedere le sue tette attraverso lo specchio. Presto si ritrovarono a fissare entrambi i loro corpi nudi e sudati che si agitavano nello specchio di fronte a loro. L’eccitazione presto salì alle stelle e dalle loro bocche usciva gemiti rochi e respiri affannosi, le loro mani stringevano nello sforzo la coperta su cui erano appoggiati mentre Alessandro divorava vigorosamente di baci il suo collo, una spalla e il suo orecchio.
Cercò di continuare il più a lungo possibile, ma ad un certo punto dovette arrendersi, stimolato oltremisura dal suo delizioso ano e dal movimento incessante: affondò più volte in lei fin dove poteva, ritraendosi in fretta ed eiaculò copiosamente nel suo ventre urlando di piacere. Laura fu a sua volta sconvolta dal piacere quasi istantaneamente, sentendo le sue grida di piacere e vedendone l’espressione contratta dal godimento sullo specchio, mentre lo sperma la inondava dentro. Fu anche per lei un orgasmo da capogiro, seguito subito da un altro e un altro ancora. Non riuscì più a tenersi sui gomiti e si lasciò cadere sul materasso: gli spasmi la sconvolsero per alcuni secondi dopo che lui si era accasciato senza forse su di lei.
I loro respiri ritornarono lentamente normali e solamente allora i due si rialzarono. Alessandro sfilò il pene, ancora gocciolante di sperma, dal suo ano e Laura, non ancora sazia, glielo leccò fino a pulirlo. In pochi minuti, con i suoi tocchi, divenne di nuovo duro, ma andarono insieme nel box doccia, stringendosi dentro e massaggiandosi vigorosamente con la spugna sotto il getto d’acqua calda. Si lavarono via il sudore e lo sperma dai loro corpi con mille carezze lascive, senza però che Laura riuscisse a farlo venire. Fuori dalla doccia, lei lo fece rivestire nonostante l’erezione con vestiti puliti che teneva a casa sua apposta per quella ragione e poi, nuda, andò in camera dicendogli di aspettarlo in salotto. Scelse con calma i vestiti: prese una maglia chiara e aderente, apposta per essere provocante: la sagoma dei suoi capezzoli pronunciati spiccavano attraverso il tessuto. I fuseaux le aderivano sulle gambe e sul culo perfetto e tondo: avrebbe dovuto indossare un tanga sotto per non dare troppo nell’occhio, ma fece a meno anche di questo, consapevole che le sarebbe stato difficile nascondere l’umidità in mezzo alle cosce in caso di eccitazione. E sapeva anche che si sarebbe eccitata molto quella sera. Non indossò le calze, preferendo lasciare libere le gambe dopo tutto il giorno che erano velate dalla seta: fra l’altro lui non ci avrebbe più fatto sicuramente caso. Si truccò con cura guardandosi nello specchietto del portacipria per non rovinare la sorpresa andando in bagno e fu pronta.
Quando la vide uscire dalla camera Alessandro provò l’impulso di saltarle addosso, spogliarla e scoparla lì, sul tappeto del salotto. Resistette e la coprì di mille complimenti, mentre lei le faceva capire esplicitamente di voler andare a mangiare fuori. Scesero perciò nuovamente in garage e Laura si mise alla guida. Decisero di andare in una trattoria fuori paese dove si mangiava divinamente e non era necessario prenotare nei giorni feriali: ci volle un quarto d’ora, nel quale Alessandro non finì mai di toccarla dappertutto: sul seno attraverso la maglia, sul ventre, fra le gambe, sulle cosce, sulla schiena. Quando scesero dalla macchina lei avvertiva già l’umidità fra le gambe mentre l’erezione non l’aveva ancora abbandonato.
Durante tutto il pranzo non si toccarono mai, se non con qualche fugace bacetto scambiato alzandosi un po’ sulla sedia. Erano seduti l’uno di fronte all’altra, su un piccolo tavolo circolare. Quando venne l’ora del dessert Laura, sul cui seno dai capezzoli spiccanti si posava frequentemente e volentieri lo sguardo di Alessandro, dei clienti e dei camerieri stessi, si fece più audace. Si sfilò la scarpa dal piede destro e piegò la gamba in modo da appoggiarla sulle gambe di lui. Alessandro capì le sue intenzioni e rimase di sasso, dopo di che scostò le cosce e sentì che il piede andava ad appoggiarsi sulla sua erezione, massaggiandola. Avrebbe potuto venire, lì, nelle mutande, se solo quel tocco si fosse prolungato per un minuto, ma presto Laura dovette ricomporsi perché il camerieri si avvicinava per prendere le ordinazioni del dessert.
Ormai quei giochi avevano eccitato entrambi e anche Laura sentiva nuovamente il calore fra le cosce farsi sempre più insistente: desideravano entrambi di spogliarsi e far di nuovo l’amore. Divorarono il dessert con la stessa frenesia con cui avevano fatto l’amore nell’ufficio di lei, per potersi ritrovare nudi il prima possibile. Andarono a saldare il conto alla cassa, per non dover attendere inutilmente il cameriere, e la cassiera, una giovane ragazza sui venticinque anni dalla scollatura profonda che rivelava un seno notevole, li scrutò con l’aria di chi la sa lunga. Laura, di solito tutt’altro che gelosa, temette per un attimo che quella ragazza dalle grazie traboccanti dall’abito attraesse l’attenzione di Alessandro, ma presto si accorse che i suoi occhi non arrivarono nemmeno là, ma corsero in fretta ai suoi capezzoli sempre eretti. E anche là ragazza se ne accorse, sorridendo e augurando loro buona serata. Uscirono in fretta dal locale, nonostante avessero già fatto l’amore due volte quel giorno, non erano ancora riusciti ad appagare la voglia che provavano l’una per l’altro.
Erano distanti un quarto d’ora dalla casa di lei, un tempo che sembrava infinitamente lungo a tutti e due. Laura conosceva però una stradina che portava a un posto fuori mano dove potevano abbandonarsi ai loro istinti. Quando Alessandro la vide sterzare su una strada secondaria, le chiese, incuriosito ed eccitato: «Dove mi stai portando? ».
«In un posto favoloso dove potrai saziarti di me» sorrise lei.
«Che poetica sei diventata» e la baciò sul collo mentre guidava.
«Hai mai portato nessuno? ».
«Ci sono stata tante volte sola, ho portato anche alcuni dei miei ragazzi, da quand’ero ragazzina».
«Da te me lo dovevo aspettare… Di solito sono i ragazzi a voler portare le ragazzine in posti favolosi e fuori mano per poterne approfittare».
«Sempre a pensar male…» si lamentò scherzosamente lei.
«Non dirmi che non hai mai fatto l’amore in questo posto…».
«Sì, un sacco di volte, ho fatto le scopate migliori e peggiori della mia vita, senza vie di mezzo».
«Hai perso la verginità qui? » chiese Alessandro incuriosito.
«No, sai che è stato a casa di lui, quando avevo sedici anni…».
«Volevo solo controllare» e così dicendo la sua mano andò ad accarezzare l’inguine di lei e a tentare di insinuarsi sotto le mutandine. Laura lo respinse gentilmente, mentre affrontava le curve con decisione, quasi dimentica del suo ruolo abituale di tutrice dell’ordine: «Aspetta, caro, aspetta. Fra un po’ sarò tutta tua…».
Infatti, dopo pochissimi minuti furono su un prato ai margini di un bosco, dal quale di godeva di una vista magnifica, dal momento che era leggermente in collina, delle luci dei paesi della pianura sottostante. Laura scese e mosse alcuni passi sul prato, andando quasi incontro a tutto quel luccichio. Alessandro la seguì lentamente, le arrivò da dietro e le circondò il ventre con le braccia, baciandola tenerezza piuttosto che con libidine sul collo. Ammirarono ancora qualche secondo quel panorama, poi l’erezione di lui appoggiata alle sue natiche e l’umidità che scendeva dalle cosce di lei li riportarono l’una fra le braccia dell’altro. Si baciarono con frenesia, spogliandosi a vicenda fino a cadere sull’erba umida. La serata non era molto calda, però l’aria fresca sulla loro pelle nuda sembrava non fare effetto tanto ardevano dal desiderio. Alessandro si tuffò fra i seni tondi e perfetti di lei, leccandoli e succhiandoli, mentre gli accarezzava la schiena scendendo fino alle sue natiche, poi giù verso i testicoli che scoprì dalle mutande e strinse nel palmo della mano. Allora si rialzò e si sfilò le mutande, aiutando anche lei a togliersele. La peluria fra le gambe di lei sembrava essere una calamita per la sua bocca: non poté fare a meno di leccarla profondamente nella sua fessura grondante di miele. Ogni volta che sfiorava il suo bocciolo di carne sensibile, lei provava uno spasmo di piacere che la faceva gemere rocamente, cosa che lo eccitò ancor più. Ormai anche lei desiderava solamente essere riempita dalla sua virilità e aprì ulteriormente le gambe, donandosi tutta a lui che si abbassava con il pene sulla sua vagina. Quando il glande si appoggiò sulle grandi labbra provò un bruciore che passò subito, lasciando il posto all’orgasmo che la sconvolse mentre lei spingeva lievemente con i fianchi. Il ritmo diventò subito frenetico perché entrambi non riuscivano più a sopportare quella attesa: Laura si ricordò improvvisamente tutte le volte che aveva fatto l’amore in quel posto, con l’erba che le stuzzicava la schiena e i glutei. L’aria fresca, l’umidità della terra, il cielo, l’odore dei loro corpi erano gli stessi di sempre. Farlo lì era sempre stato qualcosa di speciale, aveva provato orgasmi anche più intensi, ma c’erano sempre sensazioni particolari che anche quella sera non tardarono ad arrivare. Si abbandonò all’orgasmo soddisfatta, mentre lui continuava a penetrarla e a palpeggiarla smanioso su tutto il corpo. Sentì le sue dita passarle sotto le ascelle, ove trovarono i soffici peli di cui si era accorta quella mattina. Si maledì per non essersi depilata, soprattutto quando lo sentì rallentare un attimo e parlare con voce roca di desiderio: «Ti stanno ricrescendo i peli sotto le ascelle…».
Stava per dire qualcosa per scusarsi ma lui continuò: «Sono bagnati del tuo sudore… Sono bellissimi, ed eccitanti…» e si chinò con la testa sotto la sua ascella, leccando il sudore e i peli, stringendoli fra le labbra. Intanto con i fianchi riprese a muoversi freneticamente per l’ultima galoppata. Sembrava quasi gli fosse diventato più duro e si muovesse con più ardore. “Non ci posso credere! ” pensò Laura. “Sì è eccitato tanto per i miei peli…” e contemporaneamente si sentiva fremere anche lei fra le gambe al pensiero che lui stesse venendo leccandola sotto le ascelle. Le mani di lei corsero dove i loro corpi si congiungevano: l’indice sinistro andò a infilarsi nella sua vagina, mentre il palmo destro stringeva i testicoli. Dopo pochi secondi lui venne in numerosi sussulti, sempre con la testa sotto la sua spalla, quasi contemporaneamente a lei, che gridò dal piacere che la sconvolse improvvisamente, alzando le gambe e serrandole intorno alla sua schiena mentre non finiva più di riversarle fuoco liquido dentro di lei.
Passarono lunghi minuti così, abbracciati e stretti l’uno all’altra, lui ancora dentro di lei, mentre il fresco della sera di primavera andava facendosi sentire sulle loro pelli sudate. Stavano per rialzarsi e correre in macchina per rivestirsi, quando lei sussurrò: «Se mi scopi così ancora ti porterò più spesso qui».
«Sì, dobbiamo venirci più spesso». FINE