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La figlia del capo

Per parecchi anni sono stato impiegato presso l’ufficio di un’azienda Import-Export di mobili in legno ed ho sempre avuto un ottimo rapporto col mio capo, sino a quando, però, non è entrata a far parte della società sua figlia Angela.
Angela non è niente male, certo ha qualche kilo di troppo soprattutto sui fianchi, ma ha anche delle grosse tette e delle labbra molto invitanti. Ha venticinque anni, alta 175 cm circa, capelli biondi ed occhi chiari ed una spiccata personalità. è fidanzata sin dai tempi del liceo con il figlio di un altro grosso imprenditore della zona, bravo ragazzo, ma a mio parere un po’ troppo moscio per lei. Io, invece, ho 32 anni, sono moro, occhi azzurri, alto 184 cm, fisico prestante, simpatico e non legato sentimentalmente.
Pochi giorni dopo il suo ingresso in società, siamo subito entrati in collisione. Non ha mai accettato, di buon grado, il fatto che suo padre tenesse più in considerazione le mie decisioni rispetto alle sue. Per questo ha cercato sempre di mettermi i bastoni tra le ruote ed in qualche occasione siamo arrivati addirittura ai ferri corti.
La cosa poi che mi faceva più rabbia era incontrarla, oltre che sul luogo di lavoro, anche nella stessa palestra di fitness e notare la sua aria altezzosa nei miei confronti.
Un giorno, però, mentre eseguivo i miei esercizi riportati sulla scheda, per un semplice gioco di specchi, mi ritrovai a guardarla mentre si adoperava in più ripetizioni di addominali e non potei non notare la consistenza dei suoi seni tenuti imprigionati in un aderente body bianco. Stranamente, per via dell’astio che c’era tra noi, trovai la cosa estremamente eccitante. Ben presto si accorse dei miei sguardi insistenti e, con mia enorme sorpresa, fece di tutto per essere più provocante che mai ed al termine della lezione mi passò accanto e mi salutò lanciando una rapida occhiata al gonfiore che trapelava dai pantaloni della mia tuta.
Per tutta la serata pensai a lei e cercai di escogitare un piano per sedurla.
Passarono alcuni giorni e la sua arroganza non mutò, anzi sembrò più acida del solito. In palestra, invece, la situazione era diversa e spesso ero oggetto delle sue attenzioni.
Durante il week-end le scrissi poche righe su di un foglio bianco:
“Vorrei esserti accanto ed annusarti tutta come un animale in calore. Vorrei esserti accanto per strapparti le poche vesti che indossi e mettere a nudo le tue eccitanti rotondità. Vorrei esserti accanto per farti sentire la consistenza del mio desiderio sulle tue bianche e profumate carni. Ho una voglia pazza di te!! “.
Il lunedì sera, davanti alla palestra, misi il biglietto sul parabrezza della sua auto e con impaziente attesa mi nascosi ad aspettarla. Quando uscì e notò il foglietto bianco, subito lo prese e lo lesse, poi alzò la testa e si guardò attorno; si mise in macchina e sparì nel buio della notte. Da quel giorno la riempii di bigliettini sempre più provocanti ed adulanti ed ogni qualvolta ne leggeva uno aveva qualche minuto di smarrimento.
Intanto, mentre in ufficio le cose continuavano come sempre, in palestra non mi degnava più di uno sguardo ed era sempre con la testa tra le nuvole. Il mio piano stava funzionando, stava cocendo a puntino.
L’ultimo messaggio che le lasciai riportava solo queste parole:
“Questo è un biglietto per il multisala della Warner. Domani sera allo spettacolo delle 21: 00 cerca di essere lì. Indossa una gonna e non mettere le mutandine”.
Avevo scelto una commedia americana di poco successo cosicché sapevo di non trovare molta affluenza.
La sera successiva, facendo molta attenzione a non farmi scoprire, la vidi arrivare con una mezz’ora d’anticipo. I capelli tirati indietro col gel, una maglietta molto attillata, una lunga gonna nera con spacco ed un paio di calze a rete, che mi lasciarono a bocca aperta: non l’avevo mai vista così sexy. Verso le 21: 20 entrai nella sala buia e cercai il posto R 11. Fui così svelto a sedermi al suo fianco che non ebbe modo di accorgersi che stessi arrivando. Le trattenni il capo e camuffando un po’ la voce le dissi di continuare a guardare il film come se niente fosse e che avrebbe avuto modo di guardarmi in faccia più tardi. Le portai il braccio sinistro sulla spalla e la mano a sfiorarle delicatamente la nuca e il lobo dell’orecchio, mentre con l’altra cominciavo a carezzarle le gambe. Il contatto con la mia mano le fece avere un sussulto ed ebbe l’istinto di voltarsi, ma subito la mia presa si fece dura e lei si divincolò solo un po’ cercando la posizione migliore per godere del trattamento che di lì a poco le avrei riservato. Tornai a toccarle le gambe e man mano che risalivo attraverso le sue provocanti calze a rete, sentivo la temperatura aumentare; superai il confine delle sue autoreggenti ed arrivai direttamente a toccarle le labbra vaginali fradice d’umori. Aveva seguito le mie istruzioni alla lettera. Le sfiorai leggermente la clitoride e poi le infilai due dita direttamente nella vagina, qualche movimento all’interno d’essa e venne copiosamente nella mia mano. Mi avvicinai a lei e le sussurrai: “Adesso aspetta che io esca e raggiungimi esattamente alle spalle del cinema”, di scatto mi alzai e andai via. Avevo già studiato la situazione a puntino e conoscevo il posto, perciò mi nascosi nella penombra ed attesi la sua venuta. Quei passi che diventavano sempre più forti, il mio uccello sempre più duro e la sensazione di non poter più aspettare. Stavo cominciando a sudare, quando la vidi apparire. Si fermò e si guardò attorno, si sentiva persa in tutta quell’oscurità. Le arrivai alle spalle di soprassalto e la spinsi contro il muro. Le baciai voracemente il collo, mentre con le mani le sollevai la maglietta e strizzai violentemente le grosse tette. Lei era in preda all’eccitazione e non le fregava minimamente di chi fossi, voleva solo essere al più presto scopata. Continuai in quell’opera ancora per qualche minuto, poi le sollevai la gonna ed in un sol colpo le fui tutto dentro. La sbattei così alla pecorina per una decina di minuti facendola ansimare di piacere e non so quante volte venne prima che le sborrassi tutto dentro. Rimanemmo immobili per alcuni istanti, poi le sfilai l’uccello ormai inerme e riabbottonatomi i pantaloni, mi dileguai. In auto mi chiesi più volte se per caso mi avesse riconosciuto e la risposta l’ottenni il giorno dopo in ufficio: no, non sospettava minimamente che il misterioso amante fossi io.
Così, il week-end successivo le fissai un nuovo appuntamento e questa volta in un albergo fuori città. Come al solito arrivai in largo anticipo e come al solito lei arrivò prima dell’orario prefissato. Quando bussò alla porta della camera, avevo già preparato tutto: le persiane erano abbassate e non si poteva assolutamente scorgere nulla all’interno. Le dissi di entrare e di non fare domande. Le bendai gli occhi ed accesi un piccolo abatjour. Cominciai a spogliarla molto lentamente ed ebbi un sussulto quando mi accorsi che a parte una leggerissima camicetta bianca, una mini grigia ed un paio di scarpe nere, non indossava altro. La adagiai sul letto e le dissi di non preoccuparsi. Le presi i polsi e la legai alla spalliera, le presi le gambe e gliele fermai ai bordi del letto. Era tremendamente eccitante. Cominciai a leccarla dappertutto e mi aiutai con alcuni cubetti di ghiaccio nella stimolazione dei suoi turgidi capezzoli. Continuai a leccarla con veemenza e lei, nonostante fosse tenuta ben ferma, iniziò a contorcersi. La sua micina grondava di umori ed io ero eccitatissimo. Le sfiorai le bellissime labbra vellutate con la punta del mio glande e lei, sollevando repentinamente il capo, in un sol colpo lo inghiottì nella sua calda e vorace bocca. Era divinamente superlativa. Venni abbondantemente nella sua bocca ed Angela ingerì tutto con ingordigia; poi mi sedetti su una sedia e la guardai così legata e bendata ed in ansiosa attesa di nuovi sviluppi. “Ma dove sei? Cosa stai facendo? Dimmi qualcosa! Ti prego slegami, mi fai paura” continuava a ripetermi.
Mi riavvicinai e per la prima volta la baciai sulle labbra. Fu un bacio lungo, tenero e voglioso allo stesso tempo, tant’è che quando mi distaccai mi cercò più volte sollevando la testa. Le slegai le gambe ed in seguito le braccia. Sembrava smarrita e molto perplessa se levarsi o meno la benda.
“Prendimi ti prego, prendimi ancora una volta prima di svelarmi il tuo volto” insisté.
Non mi feci pregare e presto le fui dentro: era rovente. Furono momenti di piacere estremo, scopammo come non avevo mai fatto prima d’allora con nessuna. I nostri corpi erano un tutt’uno, il nostro affiatamento invidiabile ed i nostri umori avevano ormai invaso la stanza. Il ritmo aumentava man mano che ci avvicinavamo all’orgasmo, orgasmo che non tardò ad arrivare simultaneamente per entrambi. Il silenzio predominò nella stanza sino a quando non le dissi: “Non sei curiosa di sapere con chi hai appena finito di far sesso? ” e lei dopo una breve pausa di riflessione: “Forse è meglio che tu non mi sveli la tua identità. Incontriamoci ancora così, al buio. Non ho mai goduto così tanto in vita mia e voglio farlo ancora. Ti prego non roviniamo l’incantesimo”. Senza aggiungere altro, presi i miei vestiti e me ne andai in bagno e quando uscì lei non c’era già più.
Sul lavoro Angela ebbe dei cambiamenti in positivo e non era più così suscettibile e nevrotica, in palestra poi, era più raggiante e sempre molto gentile e ciò non solo col sottoscritto e da qui mi resi conto che non sospettava ancora nulla del mio gioco.
Tramite i soliti banali, ma efficacissimi bigliettini le diedi appuntamento per il sabato sera, in una villa in campagna, gentilmente concessami da un mio carissimo amico.
Solito rituale: luci soffuse, benda per gli occhi, braccia e gambe immobilizzate.
Questa volta ero così eccitato che la presi quasi subito ed altrettanto velocemente le godetti dentro. La sua delusione era tangibile, ma le dissi di restare tranquilla perché il gioco stava per cominciare. Uscii dalla stanza e ritornai dopo pochi minuti in compagnia del proprietario della villa e di un altro mio amico. Lei s’impietrì avvertendo la presenza di altra gente, ma non disse assolutamente nulla. Feci spogliare i miei due ospiti e li esortai a toccarla dappertutto e ad ogni piccolo palpeggiamento vedevo Angela sobbalzare sul letto. La sua fica sbrodolava da tutte le parti, sentirsi contemporaneamente tante mani addosso e soprattutto non conoscerne l’appartenenza, la mandavano in estasi. La scena mi riportò in tiro e messole un cuscino sotto la schiena, la penetrai con vigore. I miei due amici erano visibilmente eccitati ed increduli che presto avrebbero anch’essi goduto di quella stupenda figura femminile. Continuavano a palparle le grosse tette e non si spingevano oltre. Fui io allora ad incitarli dicendo: “Tu (riferito al più dotato dei due) mettiglielo in bocca e tu vieni a prendere il mio posto”. Angela non capiva più nulla e godeva infinitamente. Ben presto la riempirono di sperma e dopo una piccolissima pausa, chiesi ai due di sistemarsi ai lati della ragazza e liberai braccia e gambe di Angela. “Prendiglieli in mano e masturbali” le dissi ed in quel mentre mi portai ai bordi del letto leccandole con avidità le parti basse del suo corpo, compreso il suo retto. Poi ordinai ad uno dei due di stendersi sul letto ed aiutai la nostra bella bionda ad impalarsi letteralmente su di lui. Spinsi l’altro verso la sua bocca e a questo punto, dopo essermi lubrificato il pene, le poggiai il glande sullo sfintere e senza darle il tempo di riflettere su cosa stesse per accadere, le sfondai l’ano. Emise un urlo pauroso e si divincolò, ma il mio amico, lesto le riprese la testa e gli infilò nuovamente il suo bell’arnese in bocca. Soffriva, si è vero, ma cominciava anche a godere tantissimo del trattamento particolare che le stavamo facendo. Andammo avanti per un bel po’ scambiandoci vicendevolmente le posizioni e quando tutto terminò, lei rimase stesa sul letto stravolta e ricoperta da un mare di sperma. Accompagnai i due amici alla porta, ancora visibilmente increduli di quanto accaduto, e, dopo essermi acceso una sigaretta, rientrai in casa. Lei era ancora esattamente come l’avevo lasciata, ma senza più l’onnipresente benda scura. Rimasi sorpreso dalla sua mossa. Mi guardò teneramente e mi disse: “Ti ringrazio, ti ringrazio veramente. Non ho mai provato e mai mi sarei immaginata di poter provare una simile esperienza. Sapevo che eri tu sin dal nostro primo incontro, ma ero curiosa di vedere sino a che punto ti saresti spinto e poi avevo bisogno di trasgredire, di uscire fuori dalla solita routine quotidiana. Il gioco però si fa di volta in volta più pesante e, nonostante ciò mi rattristi, occorre darci un taglio …… “. Qualche secondo di pausa e poi riprese, questa volta con un tono di voce diverso, più freddo e distaccato: “Ah! dimenticavo, a proposito di tagli, nell’ultima assemblea è stato deliberato un taglio del personale e con mio rammarico ad essere fuori sei tu! “. Queste ultime parole, accompagnate da un sorriso beffardo, mi misero letteralmente in ginocchio. Dopo un attimo di smarrimento, la guardai fisso negli occhi e con un movimento lesto e vigoroso le saltai subito addosso, le fermai i polsi e la immobilizzai nuovamente alla spalliera del letto. “Che cazzo fai stronzo, eh … cosa credi di fare? Il tuo lavoro è ormai andato, devi fartene una ragione. Cazzo, toglimi queste manette, ahi … ahh… pezzo di merda … stronzo che non sei altro … hai capitooo? Stronzo mi ascolti? ” ed inveì con tutta la poca forza che ancora le restava. Presi la benda e le tappai la bocca e con non poca difficoltà le bloccai nuovamente le gambe. “Prima di lasciarti andare voglio farti provare un’ultima sconvolgente esperienza mia cara” e uscii dalla stanza. Rientrai in compagnia del grosso, ma docile pastore tedesco del mio amico. Lei sgranò gli occhi e divincolò la testa a più non posso, ma non ebbi nessuna pietà. Feci annusare più volte la fica al cane, che da principio non voleva proprio saperne, mentre poco dopo cominciò a leccargliela con frenesia. Evidentemente doveva saperci proprio fare, perché di lì a poco Angela smise di divincolarsi e chiuse gli occhi. Misi due cuscini sotto il suo fondo schiena ed esortai il cane a salire sul letto. L’animale era visibilmente eccitato, ma un po’ confuso, perciò presi il suo attributo nella mia mano e lo accompagnai verso l’apertura cavernosa della donna ed appena fu a contatto con le sue labbra umide e calde, diede una spinta improvvisa e cominciò a montarla con intensità. Il letto sobbalzava sempre più ad ogni colpo ed il cane accelerava la penetrazione man mano che passavano i minuti. Angela aveva riaperto gli occhi ed il viso le era diventato di un rosso acceso. Pensai stesse per soffocare, perciò le tolsi la benda: “Bastardooo, bastardooohhh…. bast …. ohhhoo… sei un … ba… stahhhahh… dooohh… godoooo…. siiiiii … godooo… come godoooo ” mentre il liquido caldo della bestia cominciava a riversarsi in lei.
Riportato il cane fuori dalla casa, la liberai completamente e le dissi di rivestirsi. Mi guardò e mi dichiarò di non avere la forza per fare più nulla e di avere un gran bisogno di dormire. Le misi una coperta addosso e la lasciai riposare. Io mi acquietai su di un vecchio divano ed al mattino fui svegliato da un buon profumo di caffè e da un dolce e tenero “Buongiorno, dormito bene? “.
Facemmo colazione con quel poco che era presente in casa e ci dividemmo l’ultima sigaretta rimastami. Parlammo poco o niente sino a quando, scodinzolando, il cane venne ad elemosinare qualcosa da mangiare. Ci guardammo e cominciammo a ridere come non ci era mai capitato di fare assieme. Poi lei esordì dicendo: “Come collega-dipendente proprio non ti sopporto, perciò il licenziamento è confermato, ma come amante sei il migliore che abbia mai conosciuto. Ti darò un milione la settimana, a patto che tu mi soddisfa ogni qualvolta ne avrò bisogno”.
Accettai ed oggi, a distanza di un anno, guadagno dai venti ai trenta milioni al mese restando comodamente nella mia graziosa nuova villa di campagna in compagnia del mio alano arlecchino.
Il passaparola fa grandi cose!! FINE

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