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Una notte a Bangkok, 1993 (bisex)

Sono stanco. Mentalmente.
Tutto il giorno a discutere un contratto.
Fa parte del lavoro, del mio lavoro.
Devo dire che è stata più dura di come me l’aspettavo ma ala fine ci sono riuscito.
Il contratto è firmato.
Già mi vedo il capo che gongola al pensiero del profitto e i colleghi che mi guardano con odio/amore/invidia.
Meno male che mi hanno lasciato libero per la serata. Una bella doccia e poi a cenare in qualche posto. Da solo.
Il River Mountain Hotel è nuovo, aperto da tre forse quattro anni. Grande come molti hotel qui in estremo Oriente.
Migliaia di metri cubi di cemento e acciaio che fanno a pugni con le baracche fatiscenti e la povertà di paesi come la Tailandia.
Ma io non sono un benefattore, sono un uomo d’affari.
Arrivo, chiudo il contratto e me vado.
Torno al mio benessere, alla mia vita di sempre.
Alla reception non mi danno grandi indicazioni, mi suggeriscono di cenare in hotel.
Al coffee shop hanno messo un piano ed una coppia di cantanti allieta i presenti.
Mi siedo ed ordino una birra. Adoro berla prima di cena.
Chiedo alla cameriera di indicarmi un buon ristorante.
Con l’inglese stentato di chi ha imparato a dire “thank you Sir” prima di capire cosa dicesse, mi indica un posto.
Spinta dal mio sorriso, dalla sua gentilezza e da un biglietto da un dollaro (almeno non è cara) mi scrive l’indirizzo su un foglietto.
Pago la birra ed esco.
Il portiere mi chiama un taxi e mi apre lo sportello, non senza allungare la mano.
Cinquanta bhat (più o meno tremilalire) bastano a regalarmi un sorriso.
Il taxista bofonchia frasi in un Inglese che solo chi è abituato a queste latitudini può intuire.
Mi sembra che cerchi di mettermi in guardia.
Da cosa però non l’ho proprio capito.
Arriviamo al ristorante e tutto mi è chiaro.
Si trova in quella che noi occidentali chiamiamo food street.
Una via piena di bar, ristoranti e postriboli.
Il taxi mi lascia giusto all’inizio della via.
Mi incammino cercando il locale ed ogni passo c’è qualche ragazza che mi tira un braccio per entrare nel suo locale.
Oppure un ometto mi sbatte sotto il naso un raccoglitore di fotografie. Una sorta di catalogo.
Gli inviti per massage, body massage, sex ecc. si sprecano.
In questi casi è buona norma tirare dritti, se ti fermi sei perso.
Per strada ci sono decine occidentali.
Qualcuno con già troppo alcol in corpo.
Qualcuno alla ricerca di sesso particolare.
Finalmente mi trovo all’ingresso del ristorante.
Non sembra malaccio, apparentemente il migliore della via.
All’esterno tre ragazze mi si avvicinano, per convincermi ad entrare.
Anche se ho già deciso gioco la mia parte.
Oppongo un leggero rifiuto.
Queste ragazze hanno un sesto senso, capiscono quando il no vuole dire no e quando invece vuole dire forse.
La più intraprendente mi prende sotto braccio e mi trascina gentilmente all’interno.
Non è molto grande.
Ci saranno venti tavoli nel mezzo ed una decina su una specie di palchetto.
La ragazza mi fa accomodare ad un tavolo sul palchetto.
La posizione è buona, spalle al muro (che è sempre meglio) e buona visuale del locale.
Ai tavoli vicini pochi tailandesi.
Soprattutto occidentali.
Dalle parole che ogni tanto mi atterrano vicino posso capire che la maggioranza è olandese.
Sono seduti mediamente a coppie.
Un paio di ragazze ad ogni tavolo.
Ragazze delle quali non voglio neppure conoscere l’età.
Qualcuno armeggia dentro le magliette.
Qualcun altro, più audace, ha la mano infilata dentro le mutandine.
La penombra aiuta a nascondersi.
L’essere stranieri dall’altra parte del mondo fa sentire tranquilli e le facce occidentali regalano sicura complicità.
È tutto lecito perché a casa nessuno lo saprà mai.
Tutto così clandestino.
Ordino una birra e “chicken masala” un piatto Indiano che mi servono con alcune fette di “tanduri” una specie di focaccia, sempre Indiana.
Il sapore è diverso da quello che conosco, più forte e meno speziato, ma comunque gradevole.
Mentre mangio lancio occhiate in giro.
Ci sono diverse ragazze, appollaiate al bancone del bar.
Alcune con il viso devastato dagli anni trascorsi a soddisfare i clienti e nutrirsi di oppio.
Alcune che forse non hanno neppure l’età per capire la differenza tra il bianco ed il nero.
Un campionario di carne da sesso.
Pronte ad essere chiamate ad un tavolo.
Pronte ad essere toccate, baciate, usate, lasciate.
Poche parlano Inglese in modo decente, ma tanto a nessuno importa nulla di parlare.
Chiamo il cameriere per ordinare un’altra birra e del riso.
La musica si alza di volume ed alcune ballerine improvvisano unno spettacolo sulla passerella.
Si muovono male, improvvisando una danza che non vuol dire nulla.
Forse qualcuno può trovare il tutto eccitante, io lo trovo patetico.
Il riso è veramente buono, penso di finire la birra ed andarmene.
Non amo i postriboli e non amo molto in genere il sesso falso e squallido di queste latitudini.
Vedo entrare una ragazza.
Non sembra come le altre.
Alta, slanciata, con una gonna normale ed una giacchina senza maniche che copre un seno enorme, almeno per la media locale.
La sua eleganza, i suoi modi, il suo incedere, tutto stona con l’ambiente.
Ma si vede che è di casa, le altre ragazze la salutano, così come i camerieri.
Dice qualche cosa al barista, che fa un cenno verso di me con la testa: lei si gira ed i nostri sguardi si catturano, malgrado la penombra.
Accenna un sorriso al quale non rispondo.
Distolgo lo sguardo e mi rimetto a mangiare, finendo il mio riso.
Però quello sguardo mi ha turbato.
“buona sera, come stai?” lei è arrivata li da me, è davvero bella, elegante.
“bene grazie” cerco di essere distaccato, so bene come vanno queste cose.
“sei solo?”
“si, e tra poco me ne vado”
“perché? Non è male qui, possiamo fare due chiacchiere”
“se vuoi, ma tra poco me ne vado comunque”
Si siede e di rito le offro da bere.
Mi sorprende per due cose.
Per come parla Inglese, corretto e chiaro, e per il fato di ordinare un succo di arancia invece di liquori costosi.
La guardo, la gonna scopre appena il ginocchio ma la giacca scollata mi regala la vista di un seno sodo e tondo, scolpito.
I suoi modi sono gentili e parla con gentilezza, forse la voce un pochino profonda. Il viso un poco dure ma bello, armonioso.
Se fosse un uomo sarebbe bellissimo.
La vista delle sue tette e la voglia di non essere solo mi fanno ordinare un’altra birra.
Pochi minuti e siamo più amici.
Lei si avvicina tanto che ne posso sentire il profumo sulle labbra.
Mi invita ad una altro tavolo, dove ci sono delle poltroncine. Accetto e ci spostiamo.
Mi siedo su una poltrona ad angolo, comodo e rilassato.
Lei si avvicina tanto da essermi contro.
Meno male che c’è l’aria condizionata.
Le passo un braccio intorno al collo e lei poggia la testa sulla mia spalla.
La musica è forte ora, la mia mano scivola vero il seno.
La sensazione della sua pelle mi da un brivido.
Lei solleva la testa, si volta e mi bacia teneramente su una guancia. Io la bacio sulle labbra.
Ci stacchiamo un momento, fissandoci, poi il bacio diventa più denso.
La mia lingua cerca la sua. Intanto non resisto e con una mano mi impadronisco del suo seno.
Lei mi poggia una mano sulla gamba e piano la fa scorrere, annullando lo spazio tra la sensazione di eccitazione e la conferma di esserlo.
Restiamo così per quasi un’ora.
Tra un bacio, qualche parola, una palpata ai seni e la voglia di scoparla che aumenta di continuo. Mi conosco.
Il mio autocontrollo è inversamente proporzionale all’eccitazione.
Posso essere freddo e calcolatore ma quando la mente si annebbia per la voglia di sesso divento debole.
La carne vince e la mente segue.
Però forse il corpo gode.
“Ti va di restare insieme stanotte?” normale epilogo, anche se più dolce del consueto
“no, scusa, ma non mi va….”
Cerco di spiegarle che non amo il sesso a pagamento e che siamo in Tailandia, cioè sottintendo che il rischio è elevato
“non ti preoccupare…. sono sana e pulita, mi controllo, e non voglio soldi…” mente, almeno per i soldi, non voglio crederle. Non posso non crederle.
“ah, dimenticavo di quanto sono bello…” la butto sul ridere, ultima spiaggia per rifiutare ma lei non molla
“non scherzare, mi piaci, ho voglia di te, poi se vuoi puoi farmi un regalo…. Dopo” troppo furba, lo dice e intanto la sua mano mi convince.
Usciamo dal locale, dopo aver pagato un conto che penso sia sbagliato, troppo poco.
Lei ferma un taxi ed andiamo in hotel.
Sul taxi ci comportiamo come due innamorati.
Mi piace davvero e la desidero, sempre più intensamente.
Arriviamo e fortunatamente nessuno ci ferma.
Negli alberghi, quelli “buoni” non vedono di buon occhio queste cose, ma lei è elegante e forse ciò mitiga la situazione.
Appena entrati in camera, la abbraccio.
La spingo contro il muso e le afferro le tette.
La bacio e lei si lascia trasportare.
Le slaccio la giacca e gliela sfilo.
Voglio baciarle le tette.
Dure e sode.
Sono talmente eccitato che non mi sfiora l’idea che siano rifatte.
Anzi, quella carne così soda mi accende ancora di più la fantasia.
Le infilo la mano sotto la gonna e lei mi ferma.
Vuole andare in bagno a lavarsi. Io mi spoglio, forse ho bisogno di lavarmi anch’io.
Esce dal bagno con ancora la gonna addosso, è il mio turno per il bagno.
Quando torno nella stanza lei è seduta allo scrittoio.
Io sono nudo e il desiderio è evidente.
Mi avvicino, mi chino per baciarla e lei si lascia scivolare contro di me. Voglio godere delle sue tette prima.
Le afferro e le strizzo.
Mentre la sua bocca scivola sul mio cazzo ormai duro e pulsante.
Sento la sua lingua e le sue labbra.
Le sento come se fossero una seconda pelle.
Poi mi prende il cazzo tra le tette e le muove su e giù, mentre la bocca non si stacca quasi dalla mia cappella.
Mi fa impazzire.
Cerco di sollevarla ma lei fa resistenza.
Continua con le tette poi con foga si lascia cadere dalla sedia, inginocchiandosi e prendendomi in bocca completamente.
Perdo il controllo, la sue mani guidano la mia erezione verso la sua bocca.
Le sue labbra mi esplorano tutto il ventre.
Si inchina di lato e con la punta della lingua mi scorre il cordone, poi la sacca e finisce fino sul buco del culo.
Una sensazione assurda.
Brividi che si sovrappongono ai brividi.
La voglio, voglio entrare in lei, scoparla fino a farla svenire.
Ma sono troppo eccitato.
La mia mente è più lenta del corpo. Godo.
Una fontana di me e di lei. Il mio succo è tanto copioso che un poco le cola dagli angoli della bocca.
Le tengo la testa contro di me.
Voglio che beva tutto, voglio godere ancora, di più.
Passata l’ondata di quel primo orgasmo mi rilasso, sdraiandomi sul letto.
Lei mi accende una sigaretta, ne prende una e viene a sedersi sul letto.
Mentre fumo le carezzo le tette.
Le dico parole dolci, non la vedo più come prima, cioè al ristorante.
Lì era una puttana, raffinata ma sempre puttana.
Adesso è una donna, una creatura splendida.
Un corpo da godere e far godere.
Mi sento in colpa, lei non ha avuto nulla.
Mi sollevo per baciarle i seni, i capezzoli scompaiono a turno dentro la mia bocca.
Con la lingua disegno dei cerchi tutto intorno.
Poi le bacio le tette, le lecco, mi fanno impazzire.
Voglio leccarle la fica.
Ne voglio sentire il sapore e l’odore.
Le infilo le mani sotto quella maledetta gonna ma lei mi ferma, mi abbassa sul letto e si sdraia sopra di me.
Posso baciarle le tette e con le mani frugo come un matto per alzarle la gonna e prenderle il culo.
Ci riesco a metà, è come se non mi volesse permettere di prenderla.
Di forza la giro ma appena la lascio per scendere verso il suo piacere, come una gatta si divincola e mi riprende il cazzo in bocca.
So che non posso resisterle molto, sento la mia erezione diventare sempre più intensa.
Provo quasi dolore.
La allontano e questa volta le sollevo la gonna di forza.
Le afferro le mutandine, strette e dure da far paura, faccio fatica, devo proprio essere quasi violento ma gliele sfilo….
UN CAZZO!
La mente è persa..
Mi aspettavo una fica bagnata e invitante.
Mi trovo davanti un cazzo, piccolo forse poco più lungo del mio dito indice e non molto più grosso, duro come un sasso che punta verso di me.
La sorpresa mi sconcerta ma lei (lui o chi cazzo sia) si ributta con la bocca sulla mia mente.
Quasi inconsciamente glielo prendo in mano, tra le dita per meglio dire.
Comincio a sbatterlo su e giù.
Finalmente la sento godere.
Continuo a pensare a lei, cioè lui, non lo so più cosa come se fosse una donna.
Continuo a menarle quel cazzo e piano vedo che lei si abbandona.
Ho la tentazione di prenderlo in bocca.
Ormai la voglia, il desiderio, la birra e tutto il resto hanno annullato le mie inibizioni.
Mi avvicino piano, come per sentirne l’odore.!
Poi lo bacio.
Poi con la lingua lo scorro per tutta la lunghezza.
Alla fine lo prendo in bocca.
Una sapore nuovo, una sensazione nuova.
Piano piano sento il suo sapore attanagliarmi la mente.
Mi piace. Non capisco più nulla.
Succhio avidamente e lei si strizza le tette.
Gode, gode ed il suo corpo vibra.
Mi stacco sa lei, voglio scoparla ma non so come… le afferro le caviglie e la sollevo, così che posso leccarle un poco il culo, posso scoparla solo da lì e non voglio farle male.
Lei mi aiuta, prima con le mani, ad allargalo, poi con un dito e poi….
Mi vuole. Sempre tenendole le gambe sollevate mi avvicino.
Lei si ribalta all’indietro, cosi da sollevare il bacino, le punto il cazzo contro il culo e comincio a spingere piano.
Non è difficile. Poche spinte e sono dentro.
Comincio a spingere con ritmo lento poi mano a mano che le pareti si rilassano sempre più forte.
Mi aggrappo alle sue tette e la scopo così.
Lei cerca di trattenere i gemiti mordendosi le labbra.
Mi sento padrone del suo corpo.
Prendo in mano il suo affare e lo meno con violenza.
Ci siamo quasi. Io impazzisco quando sento il suo sfintere stringermi.
Come risucchiandomi.
Gode lei per prima.
Uno spruzzetto.
Proporzionato al suo piccolo cazzo. Io le godo dentro.
E non mi fermo.
Mi piace, mi piace troppo.
Dimentico tutto, che lei è un lui o quasi, che io non l’ho mai fatto prima.
Tutto scompare avvolto dal desiderio e dalla voglia di rifarlo. Frenesia, frenesia dei sensi.
Mi lascio andare sul letto.
Il mio corpo ancora in preda a piccoli sussulti di piacere.
Mi rilasso.
“è la prima volta per te?” la sua voce rompe quel silenzio quasi irreale che segue ogni amplesso intenso
“si, e non lo avrei mai creduto possibile”
“a molti uomini come te piace, cercano quello..”
“ma io ero convinto che tu fossi una donna..”
“è quello che sono, dentro di me sono donna, fuori lo sono a metà”
“si ma ancora non riesco a crederci…”
“però tu sei diverso…”
“cosa intendi?”
“dolce e poi… nessuno lo aveva fatto prima…”
“ti giuro che non me lo sarei immaginato neppure io di farlo”
“lo so. Ti è piaciuto?”
“non so cosa dirti.. si mi è piaciuto molto, una cosa unica…. Come te”
“e te..”
mi carezza le gambe e poi ancora più su.
Sdraiata al mio fianco, per un attimo provo fastidio ma quando si solleva e mi bacia ripiombo nel mio stato di incoscienza sessuale.
Come donna è fantastica, come uomo non lo so ma lo sa lei.
Erano anni che non avevo un rapporto così intenso ed eccitante. Ma lei è diversa.
Come se conoscesse i segreti del copro e della mente.
Si riveste ed arriva il momento che più odio al mondo.
Lei non fa nessun accenno, mi guarda ed aspetta.
Prendo il mio portafoglio e cerco una banconota da 50 dollari. Gliela porgo e lei la prende.
Lo sguardo dolce di prima se ne è andato, osserva il mio ciondolo.
Una stringa di cuoio al quale è appesa una medaglietta in argento.
Il simbolo dello JING e dello JIANG.
“me la regali” mi chiede
“è un ricordo, della mia prima volta in Cina.. ci sono affezionato” è quasi vero, in realtà sono molto geloso delle cose che mi compro
“ti prego, lo vorrei tanto….”
Mentre lo dice me lo sta già sfilando
“va bene, ma per favore, non buttarlo… tienilo”
“sempre con me…”
Mi regala un ultimo bacio e se ne va.
Mi infilo nella doccia, l’acqua che scorre sul mio corpo mi rinfresca le idee oltre che la carne.
Mentre mi asciugo, disteso sul letto sento i rimorsi salire. Il timore di malattie, le paure di contagio e tutto il campionario delle mie paure.
Mi addormento così, tra i rimorsi ed il desiderio intimo di rifarlo un giorno.
Il mattino prima di uscire dalla stanza vedo una busta a terra.
Un messaggio penso.
La raccolgo e la apro.
Dentro la mia banconota da cinquanta dollari.
Un sorriso mi si dipinge sul viso. In fondo, forse, il mondo non è così brutto.

Sono passati quasi 6 anni.
Sono stato altre volte a Bangkok ma non l’ho mai più incontrata.
Ho ancora nel portafoglio quella banconota. Non ho mai più voluto spenderla. Unica testimone di qualcosa che non tornerà mai più.
Ma se qualcuno di voi passa da Bangkok ed incontra una donna con una medaglietta in argento con il simbolo dello JING e dello JIANG, vi prego, siate gentili e portatele il mio saluto……

FINE

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