Luisa era una bella ragazza. Aveva una voce leggermente nasale, femminile, che si faceva ascoltare. Mi era piaciuta subito, quando l’avevo vista ad una cena da amici comuni: mentre parlava ero rimasta incantata dalla sua bocca, dai denti grandi e dai capelli portati corti, con un taglio personale. Mi era piaciuto anche lo spiccato senso dell’umorismo che dimostrava e dal fatto che non sembrava fare concessioni ai suoi interlocutori: aveva la risposta sempre pronta, e sempre tagliente. Si era creato una bella atmosfera fra di noi, durante la serata, e alla fine le avevo chiesto di uscire; mi aveva risposto con un “sarebbe bellissimo, davvero” con il quale mi aveva definitivamente conquistato.
Eravamo finite a letto la seconda o la terza volta che ci eravamo viste, ed era stato chiaro fin dall’inizio che sarei stata io a condurre i giochi: Luisa si lasciava guidare docilmente, divertendosi a seguirmi e ad adorarmi. Nei primi tempi, non conoscendola ancora bene, avevo cercato di essere delicata, di giocare con lei dandole sempre la possibilita’ di tornare indietro con un sorriso ma facendole chiaramente capire quali fossero i miei gusti. Poi, frequentandola, mi ero accorta che lo schiaffetto affettuoso sul sedere in realta’ non le bastava; che telefonarle e dirle di vestirsi in una certa maniera non era abbastanza. Io procedevo con calma, come al mio solito, lei invece sembrava volere molto di piu’, da subito. Sotto le mie mani diventava sempre di piu’ docile, malleabile, e la sua arrendevolezza mi istigava ad osare, a stringere il nodo ideale che ci teneva unite, a farle quasi male. Ci misi poco ad adattarmi; avere il controllo totale della situazione mi piaceva enormemente, mi era sempre piaciuto, ma raramente avevo trovato qualcuno che fosse cosi’ perfettamente complementare ai miei desideri.
Se aveva un difetto, Luisa, era che parlava troppo. Anzi, chiedeva troppo. Le piaceva farmi domande in ogni momento; domande che magari avrebbero richiesto una seria riflessione e una risposta articolata, lei me le faceva a mezza bocca, il volto schiacciato sul cuscino mentre la mordevo sul collo e le muovevo due dita nel culo, e aveva anche la pretesa che le rispondessi.
Mi ero anche ritrovata a chiedermi se non le bastasse quello che le stavo facendo, e come mai volesse continuare a mantenere in azione il cervello; poi mi ero convinta che doveva avere una zona erogena anche nel lobo delle domande e delle risposte, e che farmi parlare doveva eccitarla come una mano fra la gambe. Solitamente rimediavo ordinandole di tacere, ma una sera, mentre le leccavo la fica e cercavo al contempo di districarmi da una domanda particolarmente insidiosa, mi venne in mente che mi sarebbe servito un cazzo per tapparle la bocca, ogni tanto.
Emersi dalle cosce, mi arrampicai lungo il suo corpo e le misi una mano sulle labbra, premendo con una certa forza.
– Se non la smetti di farmi domande – le sibilai in faccia rimproverandola – la prossima volta ti riempio la bocca con un cazzo, uno qualsiasi. Cosi’ forse potro’ leccarti in santa pace, che ne dici? Mi aspettavo una battuta o una risata, in risposta, invece chiuse gli occhi e rabbrividi’ visibilmente.
Fu in quel momento che capii che non sarebbe stata un’idea tanto strana…
Non solo non era strana, ma dopo quella sera divenne un’idea fissa: ci pensavo in continuazione e gliela ripetevo all’orecchio mentre la scopavo, aggiungendo sempre nuovi particolari, insistendo sulle immagini che la eccitavano, che ci eccitavano di piu’. Cominciai anche a sondare discretamente il terreno con degli amici, cercando di sentire a pelle se ce ne fosse uno che avrei potuto volere accanto in una serata del genere. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo, non sapevo neanche se l’avremmo mai fatto; ma nel frattempo cercavo.
Capii che il momento era arrivato quando, del tutto casualmente, trovai l’uomo che faceva al caso nostro; era un mio ottimo amico, abbastanza smaliziato da non scandalizzarsi, ma certo non abituato a questo genere di cose. Una sera in cui eravamo ad un pub io e lui, l’argomento venne fuori per caso e sentii di essere completamente a mio agio. Gliene parlai prima scherzando, come battuta, poi in modo sempre piu’ serio fino a quando fui sicura che avesse capito cosa avevo in mente. Fu divertente vedere la sua reazione: si accese un’altra sigaretta, dimenticando quella che aveva nel posacenere, si alzo’ dal tavolo per andare a ordinare qualcosa di inutile, si sedette di nuovo davanti a me con il volto arrossato e un sorriso imbarazzato e felice insieme.
La sua emozione mi convinse. Lo invitai una sera a cena a casa mia per fargli conoscere Luisa. Lei non sapeva niente di quello che stavo architettando, per lei era solo uno dei miei amici. Si trovarono subito simpatici: lei comincio’ a fargli una valanga di domande alle quali lui riusciva incredibilmente a rispondere a tono, e per una volta potei rilassarmi e godermela mentre metteva sotto pressione qualcun altro.
La serata scorreva piacevolmente, fra risate e piccoli imbarazzi che alimentavo per scaldare l’atmosfera. Quando Luisa servi’ il creme caramel decisi di osare un po’ di piu’, e mi divertii ad imboccarla come una bambina facendole aprire la bocca e tirare fuori la lingua. Subito dopo l’ultimo boccone la baciai, riprendendomi il creme caramel che aveva ancora in bocca. Lei rideva; sembrava ubriaca pur avendo bevuto pochissimo, accettava i miei scherzi con disinvoltura, ma la tensione era ormai quasi insopportabile.
Mi avviai verso la cucina per portare qualcosa e arrivata la’ la chiamai. Non mi preoccupai di chiudere la porta e la baciai nel modo piu’ lascivo che potevo. Le alzai la gonna e le tastai il culo e la fica, senza tanti complimenti, nel modo in cui sapevo che si sarebbe bagnata subito. Quando la sentii docile e sottomessa presi il coraggio a due mani e le dissi cosa sarebbe successo, piu’ tardi.
– Questa notte non potrai farmi troppe domande mentre ti lecco, gattina… avrai un cazzo che ti tappera’ la bocca. Proprio come ti avevo promesso. E non osare discutere, si fara’ e basta.
Sembro’ sciogliersi fra le mie braccia e dovetti letteralmente sostenerla. Continuai sullo stesso tono, esaltandomi di questa sua devozione assoluta.
– Adesso andiamo di la’ – le sussurrai nell’orecchio – voglio che ti abbassi le mutande quando sei in piedi davanti a noi. Voglio vederti bene il culo mentre lo fai, e anche lui deve vederlo. Dopo ti sdrai buona buona sul divano a pancia in giu’, con la gonna alzata e le mutande abbassate, chiaro? Le avevo dato molti ordini di tutti i generi, prima di allora, ma era la prima volta che nel comando era compresa una terza persona. Mi aspettavo un rifiuto da un momento all’altro, invece continuava ad annuire, a dire che avrebbe fatto tutto quello che avrei voluto; mi baciava sul volto, sul collo, e ripeteva “tutto, tutto…”. Era rossa in viso e davvero molto bella. La abbandonai e mi avviai verso la porta.
– Resta qui fino a quando non ti chiamero’ – dissi – e non toccarti. Se la fica ti tira troppo, puttanella, puoi strusciarla contro l’angolo del tavolo. Solo quello. Mi rispose con gli occhi quasi lucidi, parlando cosi’ piano che non la capii. Tornai in sala, e Mariano mi guardo’ in modo strano.
– Vuoi ancora farlo? – chiesi.
– Mio dio, si… Ma non so se saro’ in grado, non so se…
– Non pensarci allora. Succedera’ e basta. Mi sedetti un attimo di fianco a lui e lo baciai sulle labbra, con dolcezza. Era la prima volta che lo facevo, volevo rassicurarlo in qualche modo, e non fu per niente male. Mi staccai a forza rimandando in un angolo del cervello la piacevole sensazione di calore che avevo provato, ripromettendomi di non dimenticarla.
Tornai a sbirciare in cucina: Luisa non aveva resistito, stava strusciando la fica al bordo del tavolo, in precario equilibrio con un piede sulla sedia.
– Sei proprio una troietta… vieni di qua a salutare come si deve il nostro ospite.
Venne con lo sguardo naturalmente basso, e la guardammo fare quello che le avevo ordinato. Ogni tanto io e Mariano ci scambiavamo occhiate di intesa: eravamo stupefatti ed incantati dalla bellezza dei gesti che Luisa sembrava fare in maniera del tutto spontanea, mai banale. Emanava erotismo da tutte le parti; era un sogno. Il silenzio ad un certo punto mi sembro’ insopportabile.
Mentre Luisa si sdraiava sul divano a pancia in giu’, come le avevo detto, andai a mettere un po’ di musica.
– Non e’ bellissima? – chiesi a Mariano.
– Si, e’ stupenda. Stupenda.
Girai intorno al divano, scrutandola. Era terribilmente esaltante sapere di non essere l’unica in quella stanza a poterla ammirare. Passando vicino al tavolo presi un coltello d’argento.
Mi abbassai vicino a lei e glielo feci scorrere sulle natiche, disegnando ghirigori con la lama fredda. Non era un coltello tagliente, tutt’altro, ma sapevo che il solo pensiero la stava facendo morire. Teneva gli occhi chiusi, e ne approfittai per girarmelo in mano e farle scorrere il manico arrotondato sulla fica. Non resistetti alla tentazione di infilarlo appena nel piccolo buco che occhieggiava fra le natiche. Luisa tese le gambe ed inarco’ la schiena, gemendo. Ero eccitata come poche volte mi era successo, e mi staccai da lei prima di perdere il controllo. Buttai il coltello sul tavolo, facendo intenzionalmente rumore, poi mi rivolsi a Mariano che guardava la scena incantato.
Strusciati un po’ su di lei. Falle sentire cosa la aspetta.
Mi parve di vederlo esitare, ma poggio’ un ginocchio sul divano, oltre il corpo di Luisa, e si abbasso’ a sfiorarla delicatamente con il pube. Era emozionato, si muoveva con cautela; io aspettavo che vincesse l’imbarazzo, che prendesse confidenza con questa situazione insolita anche per me. Poi qualcosa cambio’, e Mariano comincio’ a spingere con piu’ violenza contro il culo di Luisa, quasi come se la stesse scopando veramente da dietro. Lei rispondeva con dei versi strozzati.
Apri un po’ di piu’ le gambe, Luisa… non fare la verginella – le dissi.
Poi mi rivolsi a Mariano, volevo che la toccasse.
– E’ gia’ bagnata, vero? Le sfioro’ prima il sedere, quasi con venerazione, poi scese a toccarle la fica.
– S-si. Mio dio. – Perche’ non la spogli? Levale tutto. Luisa era un fascio di nervi; tremava e lo potevo vedere da dove ero, ma rimase quasi immobile, facendosi spogliare diligentemente da mani estranee.
– Quando sarai nuda siediti sul divano a gambe aperte. Molto aperte. E rimani cosi’ – le dissi.
Mi alzai di nuovo per prendere da bere. Lui non sembrava voler prendere piu’ di quello che gli stavo dando in quel momento. Si limitava a fare esattamente quello che gli avevo chiesto e quando la ebbe denudata si fermo’ guardandomi, come se aspettasse che gli dicessi cosa fare.
Era un atteggiamento insolito, per un uomo che ha davanti una bella ragazza nuda e completamente passiva, e mi venne un sospetto.
– Hai il cazzo duro – dissi con un tono di leggero rimprovero che avrebbe potuto essere interpretato in vari modi.
– Si… – esito’ un attimo – mi spiace.
Fantastico, era come avevo immaginato. La situazione si faceva decisamente elettrizzante.
– Levati i pantaloni.
– Si.
– E anche quello che hai sotto.
– Si.
– E toccati, ma piano.
– Va bene. Mi piaceva questa cosa, mi piaceva da matti. Tornai con lo sguardo a Luisa che cercava di rimanere immobile, eccitandosi ogni istante di piu’ per il solo fatto di dover restare nella posizione che le avevo assegnato.
– Vorresti toccarti, vero gattina? La sua voce era un sussurro.
– Ti prego…
– Scordatelo.
– Ma ne ho bisogno! Ti prego, non ce la faccio piu’. Tu non puoi immaginare…
– Smettila! – ordinai interrompendola
– Mariano, tappale la bocca.
Era venuto il momento, quello per cui avevo organizzato tutto cio’: vedere un cazzo in bocca alla mia ragazza. Avevo immaginato mille volte tutta la sequenza, in una sorta di scena al rallentatore con cui ero venuta spesso; invece fu tutto molto veloce. Un istante dopo le mie parole, Mariano era inginocchiato sul divano e lei stava gia’ succhiandogli il cazzo, guardandomi. Mi stava guardando, la puttanella! Ed era uno sguardo di sfida.
Andai a sedermi sul tappeto davanti a lei, fra le sue gambe.
– Come osi guardarmi in questo modo… – sibilai. Le presi il clitoride fra le dita e lo strinsi con forza. Luisa urlo’, ma non di dolore: era un gemito che mi diede i brividi; stava godendo anche di quello. Mi rivolsi a Mariano.
– Spingiglielo bene in fondo. Non deve essere lei a succhiartelo… devi essere tu a scoparti la sua bocca.Mariano sussurro’ delle scuse, poi comincio’ a spingere. Qualche minuto dopo Luisa non aveva piu’ quello sguardo che mi aveva irritato: aveva la bocca spalancata, il corpo contratto; le sue energie erano concentrate nel respirare, nel cercare di inghiottire senza farsi male.
Chiuse le gambe, ma gliele riaprii con una certa violenza. Non aveva mai avuto la fica cosi’ gonfia e scura, sembrava un fiore osceno, ed io ne ero incantata. Ormai sbavava senza ritegno, e gli occhi le erano diventati lucidi; mi sembrava che ne avesse avuto abbastanza.
– Basta cosi’. – dissi. Il cd era finito, e di nuovo un silenzio innaturale riempiva la stanza. Era strano ed esaltante, ma avevo la sensazione di essere io a dominare anche il silenzio, anche il tempo.
Tutto ora era fermo, come congelato. I miei amanti aspettavano che io dicessi loro cosa fare, non osavano prendere nessuna iniziativa. Erano entrambi eccitati all’inverosimile, Mariano sembrava sul punto di venire: lasciarlo li’ ad aspettare un mio ordine mi sembrava la cosa piu’ crudele da fare, in quel momento, e quindi la piu’ giusta. Luisa fremeva; sapevo quanto avesse bisogno di essere leccata, o toccata, e avevo intenzione di far aspettare anche lei. Per un attimo mi baleno’ la malsana idea di lasciarli entrambi a bocca asciutta, di masturbarmi davanti a loro, costringendoli all’immobilita’ con una parola. Mi sollazzai qualche istante con questa visione, poi decisi diversamente. Come prima serata poteva bastare, ra stato tutto perfetto, piu’ di quanto avessi potuto immaginare. Era tempo di farla finita. Mi alzai, non rinunciando del tutto all’idea di farli soffrire ancora un po’, e misi un altro cd. Dietro di me sentivo i loro sospiri affannati: l’attesa amplificava le loro sensazioni, e anche le mie.
Tornai fra le gambe di Luisa, ancora aperte.
La voce non mi uscii subito, dovetti schiarirmela.
– Scopala ancora nella bocca, Mariano, ma con delicatezza, stavolta.
Abbassai il volto e le leccai il clitoride e la fica, nel modo in cui le piaceva. In fondo era questo che le avevo promesso… Non feci in tempo ad infilare un dito dentro che venne violentemente; fu bellissimo ascoltare il suo orgasmo soffocato dal membro che aveva in bocca. Mariano mi guardava, aspettando un segnale. Non lo fermai, perche’ avevo la netta sensazione che a Luisa piacesse continuare ad averlo in bocca, mentre il piacere scemava lentamente. Gli feci un cenno, quando tutto fu finito, e lui si scosto’.
– Vai in bagno e fatti venire.
In silenzio pero’, non voglio sentirti. Hai capito?
– Certo… – sussurro’ – grazie. Lo guardai incuriosita mentre riflettevo su quanto mi piacesse questo suo atteggiamento. Poi lo liquidai con una parola.
– Sbrigati. Aveva un bel culo, pensai mentre lo guardavo camminare con quel suo passo strano. Non vedevo l’ora di averlo di nuovo davanti, in tiro, e di maltrattarlo un po’. Luisa si era assopita sul divano, e io ero rimasta alla fin fine l’unica a non aver goduto. Sentivo la fica gonfia di eccitazione, quasi dolorante.
Presi borsa e cappotto e cosi’ com’ero, senza riflettere troppo, uscii di casa. Avevo bisogno di respirare aria pulita, di fare due passi sola con me stessa.I lampioni emanavano una luce riposante, giallognola e instabile. Camminai una decina di minuti guardando per terra, ma rivedendo come in un film le immagini della serata. Le gambe di Luisa aperte e tese, lo sguardo di Mariano, il suo cazzo nella bocca di lei. E risentivo i brividi che avevo provato prima, nel sentirmi completamente padrona dei loro sensi. Quasi senza riflettere mi trovai nuovamente davanti al portone verde leggermente scrostato. Tirai fuori le chiavi ed aprii.Speravo di ritrovarli ancora lì.
FINE