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Buone amiche (racconto lesbo)

L’ho guardata dalla mia scrivania mentre studiava sul mio letto.
Veniva ogni settimana, qualche volta più volte la settimana.
Pensavo che fosse un artificio per intrecciare un flirt ma non volevo che la cosa avesse un seguito.
Era più divertente stare in sua compagnia e conversare con lei. Eravamo amiche da due anni.
Quell’anno eravamo diventate ancora più intime, ci confidavamo cose che precedentemente non avevamo mai detto ad altri amici.
Da alcuni mesi lo stuzzicarci l’un l’altro era divenuto sempre più qualcosa di simile al sesso.
Non sapevo cosa pensare quando mi sorrideva e mi toccava il braccio mentre flirtavamo.
Avveniva sempre in presenza di altri, in pubblico, e quindi era meno impegnativo.
Guardandola curva sul libro, così intenta nella lettura da non accorgersi che la fissavo, pensavo a come realmente si sentisse.
Ultimamente avevo avuto dei sogni che mi avevano fatto svegliare e mi avevano eccitato.
Proprio la notte passata avevo sognato di ballare con una donna con un vestito lungo, gonna, camicia e, surrealmente, un boa di piume nere.
Eravamo allacciati, gradualmente ci avvicinavamo sempre di più, poi lei mi tirava sempre più vicino.
Pigiavo le mie anche contro le sue mentre lei mi spingeva sul divano dietro a me.
Mi sono seduta bruscamente, e lei si è avvicinata tra le mie gambe, strofinandosi contro me, poi mi ha baciato profondamente. Stordita, ho messo la gamba sinistra dietro di lei, con difficoltà a causa della gonna che indossava.
E’ scivolata tra le mie cosce e ha fatto correre le mani fino alle mie anche nude schiacciandosi contro di me.
Ho sentito che mi stavo bagnando, un calore fluiva dentro di me.
Le nostre bocche si sono aperte ancora di più, mi sono lamentata mentre faceva scivolare la mano sotto i miei vestiti, la lingua sensualmente nella mia bocca e le sue dita mi toccavano.
Allora mi sono svegliata confusa ed un po’ allarmata.
Ricordavo solo i suoi capelli ricci lunghi e scuri che scendevano morbidamente sopra le orecchie e le sue labbra rosse.
Ho sussurrato dentro di me, sono gay?
Io?
In fondo il pensiero del sesso con una donna mi eccitava, o quanto meno eccitava il mio subconscio.
Più ci pensavo, seduta in quella stanza scarsamente illuminata, con le luci natalizie alla finestra appannata, e più l’idea mi entusiasmava.
Mi sono alzata, gettando da parte i fogli.
Sono andata alla finestra e vi ho appoggiato la fronte osservando il fiato che si condensava sul vetro ghiacciato.
Ho guardato le bianche betulle giù, lontano, e sono rabbrividita.
Ondeggiavano avanti ed indietro come ballerine ad un ritmo che non sentivo ed accennavano verso di me.
Ho aperto la finestra lasciando entrare l’aria gelata.
La brezza, che ha portato un profumo di terra bagnata, neve e vecchie foglie, ha scompigliato le carte sparse sulla scrivania.
Le colline erano quasi nere in lontananza e si stagliavano contro il cielo pieno di stelle brillanti.
Sono rimasta a fissare fuori della finestra, perdendomi nella fredda brezza che soffiava sulla mia pelle accaldata.
Quando mi sono accorta di tremare, mi sono sporta ed ho tirato a me la finestra per chiuderla.
Ritornata sul letto ho sentito un umidore tra le cosce e ho toccato per vedere di cosa si trattava.
Quando ho ritirato la mano, brillava leggermente nella morbida luce colorata.
Ho alzato uno dito alle mie labbra e l’ho leccato.
Col residuo di sale sulle labbra mi sono sdraiata e ho chiuso gli occhi.
Cosa prova una donna ad assaggiare gli umori di un’altra?
Stavo fantasticando. Ho immaginato di mettere le mani su soffici mammelle, capezzoli che domandano di essere morsicati, poi scendere lungo uno stomaco rotondo, di fianco alla fossetta dell’ombelico… nella curva tra forti cosce, le mie dita si sono fermate ad arricciare peli scuri, in uno strano umido e caldo familiare, un corpo che sospira e si inarca sotto le mie carezze.
Mentre la mia mente disegnava questa esperienza immaginaria, ho lasciato che la mia mano alzasse la camicia da notte arrotolando la stoffa sopra il seno scoprendo il mio monte.
Il fresco delle mie dita indagatrici ha fatto diventare i miei capezzoli più scuri, più duri.
Sentivo l’eco del gonfiore che mi chiamava ad andare più profondamente dentro di me e mi faceva respirare con più affanno.
Nella mia mente mi sono mossa sul letto, le mie labbra hanno seguito le curve della donna anonima che stava sotto di me.
Non l’ho vista in faccia, solo una piccola parte del suo corpo, delle ombre misteriose quanto il suo sesso.
Ho carezzato il suo corpo, sentivo la scala delle costole sotto la sua pelle tesa, il loro salire e scendere all’aumentare delle mie attenzioni.
Ho abbassato la bocca all’intersezione delle sue cosce mentre le mie mani le lisciano, mentre mi abbassavo ad assaggiarla le sue cosce si sono separate.
Ho guardato furtivamente le pieghe color rosa ed i peli che vi brillavano sopra, le ho fatte aprire di più con le mani per vedere l’umido che vi si nascondeva.
Il suo profumo mi ha ricordato il muschio e vagamente il mare.
L’ho assaggiato sulla lingua, sentivo il mio corpo rispondere ai suoi bassi lamenti.
Ho portato i suoi lisci polpacci sopra le mie spalle e ho lasciato che la sua risposta guidasse i miei movimenti.
Sotto le mie labbra ho sentito la sua febbricitante pelle tremare, le sue gambe rabbrividivano sulle mie braccia.
La sua testa era gettata indietro, il suo respiro si stava trasformando in un rantolo.
Aveva gettato un braccio dietro di lei ed aveva afferrato la spalliera del letto, tremava e gemeva sempre più.
Assaporavo i suoi movimenti e li godevo, ogni lamento mi portava un godimento intenso.
Nel mio letto ho serrato le labbra per soffocare il mio forte gemito che nella mia immaginazione corrispondeva al suo orgasmo.
I miei occhi erano serrati, allora li ho aperti con un sospiro, rilassandomi di nuovo nel calore delle coperte.
Il sonno è venuto rapidamente e ho sognato cose e persone che erano scomparse dalla mia mente mentre attendevo l’arrivo del mattino, ma mi lasciava con un senso di desiderio inadempiuto.
Non ricordo altre scene con la donna dai capelli neri.
La mattina seguente mi sono trovata a guardare la mia partner di studio.
Stava girando le pagine di un libro dalla rilegatura spessa, scarabocchiando sopra la letteratura del 1800. Ho preso il mio walkman, ho tolto una cassetta e ne ho inserita un’altra.
Ho schiacciato “Play”, sapevo che la musica la disturbava ma sapevo anche perché lo stavo facendo.
Volevo parlare.
Quando le prime note sono partite, ha alzato la testa dal libro interrogativamente. Ho sorriso e ho domandato
“Pensi di poter interrompere lo studio per qualche minuto?”
“Sicuramente. Ha avanzato qualche bibita? La mia gola è assassinata da queste sigarette.”
“Sì, coca cola o ginger ale. Cosa preferisci?”
Ho aperto il frigorifero attendendo la sua risposta.
“Ginger ale.”
Ho preso la bottiglia di plastica e ne ho versato un po’ in un boccale.
La schiuma è salita traboccando da ogni lato, mi ha bagnato un dito e sopra pensiero l’ho succhiato via dal dito.
Ho notato che mi guardava stranamente.
Veramente stranamente non era la parola giusta.
Sembrava più verosimilmente che affiorasse una percezione.
Ma non ne ero molto sicura.
Mi sono alzata dalla sedia e gli ho porto la tazza girandola per permettergli di afferrare il manico.
Invece di prenderlo ha lasciato che la sua mano scivolasse sopra la mia.
Sono rimasta così presso il letto, trattenendo la tazza, incerta su cosa fare.
Ho sorriso nervosamente, inumidendo le labbra con la lingua.
Ha lasciato che la sua mano si attardasse ancora un po’, io ero dolorosamente consapevole del suo corpo caldo e della sottile morbidezza della punta di un dito che schiacciava la mia mano.
Ha preso il boccale e ne ha bevuto un sorso, mantenendo gli occhi fissi sul mio viso.
Non sono tornata a sedermi immediatamente ma ho aspettato un momento osservandola.
Quando la sua lingua è uscita e ha leccato i bordi della bocca ho provato la sgradevole sensazione del mio cuore che accelerava e dei palmi delle mani che diventavano umidi.
Oh Dio, ero così incerta.
Forse era la mia mente in subbuglio che interpretava male le sue azioni, non volevo fare una mossa sciocca e perdere la sua amicizia.
Mi ha tenuto d’occhio e, leccandosi le labbra, ha mimato quanto avevo fatto io.
Ha allungato un braccio e ha appoggiato la tazza sulla scrivania, poi si è ricomposta sul letto, seduta a gambe incrociate e le mani sotto il mento.
“Perché non ti siedi sul letto?”

Senza pensarci sono salita sul mio letto e mi sono seduta vicino a lei. Lei si è raggomitolata poi si è allungata di nuovo, nei frattempo ha ripreso il libro ed è tornata a leggere da dove si era interrotta.
I capelli cadevano davanti coprendo il suo profilo.
L’ho guardata là seduta, i capelli brillanti sparsi sulle spalle, la pallida pelle della parte posteriore del collo in vista e l’orlo della camicia che era salito a scoprirle il torso.
Prima di poter pensare a quello che stavo facendo, mi ero chinata in avanti, avevo preso il suo viso fino a girarlo e la baciavo profondamente.
Dentro di me sono rimasta scioccata, ho preso il libro e l’ho spinto via. Non ha protestato, ma invece mi ha attirato più vicino.
La sua bocca, la lingua, il profumo, i capelli, i seni era tutto ciò di cui ero consapevole.
Le mie mani erano sotto la sua camicia, la tiravano su, sopra la sua testa, scapigliando i suoi capelli lucenti. Ha alzato le braccia al soffitto mentre io gli sganciavo il reggiseno ed accarezzavo la geografia della sua schiena se così posso dire.
Il pezzo di nailon e merletto è stato gettato sul pavimento insieme alla camicia e presto lo è stato anche il resto dei suoi vestiti.
Le sue labbra si sono atteggiate ad un sorriso furtivo, mi guardava, seduta sulla coperta, a gambe aperte.
“Allora, ti piace quello che vedi?” ha bisbigliato, poi si è chinata verso di me.
Il tempo di aprire gli occhi ed anch’io ero nuda. Mi ha abbracciato e mi ha tirata sul letto.
Ci siamo sdraiate vicine sentendo ciascuno il calore del corpo dell’altra dove le nostre anche e le nostre costole si toccavano.
La mia mano ha strisciato sulle sue costole, nell’avvallamento della sua vita, poi su sulla sua anca, giù per la coscia.
Al mio tocco si è girata a fronteggiarmi e ha aperto le gambe facendone penzolare una giù dal materasso.
Ho scoperto ben presto che era eccitata quanto lo ero io,.
Ho trattenuto il fiato mentre la toccavo, spingendo cautamente un dito dentro di lei, sentendo il calore e l’umidità avvolgermi.
Ne ho inserito un altro e l’ho accarezzata ritmicamente, osservandola spingere avanti e indietro contro la mia mano.
Qualche cosa si stava scaldando dentro di me, mi sono sentita rilassare.
Mi sono curvata sul suo corpo sdraiato a prendere un capezzolo.
L’ho preso in bocca succhiandolo dolcemente per farlo diventare più duro, aumentando la pressione con un leggero morso che l’ha fatta rabbrividire, facendogli emettere un breve “sì.”
L’ho succhiata come fa un bambino sentendolo diventare sempre più duro tra le mie labbra.
Ho mosso la mia mano all’interno, scivolando nel suo umidore, carezzando le sue labbra, su fino al suo centro, poi giù di nuovo, poi su.
Ho lasciato che le mie dita scivolassero in cima alle pieghe e ho fottuto leggermente la protuberanza.
E’ rabbrividita intensamente e ha spinto verso di me.
Si era completamente aperta sul letto, la sua bocca si apriva per respirare poi si chiudeva per reprimere i lamenti.
Le sue guance erano diventate rosa e contrastavano con la bianchezza del resto della faccia.
Mi sono spinta più in basso su di lei, poi ho separato le sue gambe tenendo un polpaccio in ogni mano, sentendo i suoi muscoli tendersi mentre la succhiavo.
Aveva abbandonato tutte le sue pretese di modestia e ora si lamentava apertamente.
Mi piaceva quel suono.
Si è spinta contro di me cercando di farmi entrare ancora di più e dargli una soddisfazione immediata.
Mi sono sentita scivolare alla fine del letto insieme al piumone e la coperta.
Riguadagnando la mia posizione, l’ho forzata a indietreggiare e ho fatto una pausa per sorridergli.
Frustrata, ha ringhiato e mi ha detto severamente
“Io non comincerei un lavoro per poi lasciarlo incompleto.”
Ho riso ed ho risposto pizzicandola.
Ha strillato poi si è acquietata mentre io riprendevo.
La saliva sulle mie labbra era scesa fino al mento portandomi ricordi di pranzi natalizi.
Ho respinto i ricordi concentrandomi sui suoni che riempivano la piccola stanza.
Facendolo ho sentito un comprensibile umido tra le cosce mentre mi avvicinavo ancora di più a lei.
La mia pelle strisciava su di lei tirando le pieghe sensibili avanti ed indietro.
Sono rimasta senza fiato stringendo la presa sulle sue gambe.
Ho chiuso gli occhi e mi sono forzata a concentrarmi solo su di lei.
Ora si muoveva regolarmente ad incontrarmi, il suo movimento ed il piacere aumentava al culmine.
Il suo grido non poteva passare inosservato a me, e sono sicura anche ai miei vicini.
Il suo orgasmo è stato glorioso, come la sua espressione.
Ha vibrato e poi si è rilassata, si è alzata, mi ha preso tra le braccia e mi ha stretta.
L’ho baciata dolcemente sulla bocca facendo in modo che assaggiasse il suo sapore.
Mi ha leccato le labbra e ha sorriso trascinandomi con lei sul letto.
Ho chiuso gli occhi e mi sono abbandonata alle sue attenzioni…

FINE

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