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Il marciapiede

‘Scendete, presto, la barca può affondare da un momento all’altro, presto… ‘
Il carabiniere gridava a quei poveri disgraziati, impauriti e angosciati, arrivati in Italia per mare. Avevano attraversato un tratto di mare agitato, erano zuppi, il freddo cominciava ad indurire le dita delle mani e dei piedi.
Il pianto dei bambini era l’ululato di quel girone dell’inferno. Finalmente loro intravidero le luci della costa. prima c’era il buio assoluto, il buio senza colore, dove l’unica cosa che ti ricorda ancora che non sei all’inferno davvero, è il rumore delle onde, tagliate dal quel gommone. Poche ore di viaggio, una speranza per tutta la vita.
‘Presto venite con me, vi daremo coperte ed asciugamani, i bambini in infermeria, con le madri… ‘ volontari e uomini della legge che accolgono lo scarto del mondo, gente che è arrivata qui con la speranza di un pasto caldo tutti i giorni ed un lavoro qualsiasi, purchè dignitoso.
C’era anche lei, Sonia, 19 anni, bionda, occhi tristi azzurri, veniva da Pec, un posto in culo al mondo dove la paura di morire sotto i colpi del mortaio nemico era diventata come una compagna di scuola, quelle che non ti tradiscono mai, prima o poi arrivano in tuo aiuto. Sonia non voleva morire, voleva vivere la sua vita. Era disposta a tutto pur di non crepare in quel posto. Ma non sapeva che il suo tutto non era quello di altra gente.
Due giorni nel centro di accoglienza. Poi la visita di un amico, uno che lei conosceva bene, uno con cui aveva giocato da bambina, uno di quelli di cui ti puoi fidare.
‘Sonia, vieni con me, ho degli amici italiani a Padova che ti possono ospitare, raccogli le tue cose e domani mattina all’alba fatti trovare all’ingresso, penserò io a farti uscire di qua.. ‘ Il miraggio di una città italiana a portata di mano, il sogno di vivere senza preoccuparsi di morire. Un lavoro qualsiasi, purchè onesto.
L’alba, l’amico che arriva con un altro in macchina, la caricano e la portano alla stazione. Il treno che parte, lei è stanca ma felice, il suo amico le sta dicendo che la casa dove andrà è un po’ piccola ma lei si troverà bene. Intanto lui si darà da fare per trovarle un lavoro qualsiasi, qualsiasi.
Il viaggio è lungo ma la fatica non si fa sentire, i finestrini del treno che salutano Sonia, mostrandole le meraviglie di questo paese, del paese dei sogni. Stazione di Padova.
‘Andiamo a piedi, tanto è vicino. Appena arrivati ti potrai fare una doccia e poi ti porto da un mio amico che ha aiutato tanti di noi, è uno in gamba, uno che conosce la gente giusta… ‘ Sonia non capisce perchè tanta fortuna tutta d’improvviso, lei è stata sempre disgraziata, i genitori uccisi dai nemici, il fratello maggiore a combattere sulle montagne, lei da sola a proteggere la casa. Non capisce.
‘La casa è piccola ma ci stringiamo, vedrai. Ora fatti a fare una doccia e rivestiti, che poi usciamo… ‘
La porta del bagno che si chiude. Il rumore dell’acqua che scorre, l’amico che senza farsi sentire fa entrare due complici. Parlano sottovoce. L’acqua non scorre più. Sonia si sta asciugando. ‘Scusa mi apri la porta che devo prendere un cosa in bagno? .. ‘
Lei ha addosso solo un asciugamano. Apre la porta e davanti a lei l’inferno. Il suo amico le prende le braccia da dietro e con una mano le tappa la bocca. Gli altri due le prendono le gambe e tutti insieme la trascinano in camera da letto. Un grosso pezzo di cerotto sulla bocca, così se urla non la sentirà nessuno.
Le tolgono l’asciugamano e la sdraiano sul letto. Uno dei tre le prende le mani e le lega insieme, sopra la testa, poi lega la corda alla testata del letto. Lei si divincola come può mai gli altri due la tengono ferma.
Sonia non ha più gli occhi, al loro posto ci sono due gocce di terrore che guardano i suoi aguzzini, pronti a fare chissà che. Lei non ha più cuore, al suo posto un macigno di pietra che non riesce a battere.
Uno dei tre si sfila i pantaloni e le mutande, restando in piedi davanti a lei. ‘Adesso ti insegniamo quale sarà il tuo lavoro, se non capisci te lo insegneremo ancora, e chiaro? .. ‘
Gli altri due tengono ferma Sonia e le allargano le gambe, mentre lei cerca di opporre ogni resistenza possibile. Ma loro sono troppo forti. Troppo forti. Troppo determinati. Lui sale sul letto e con una violenza inaudita gli mette il cazzo dentro. Sonia arcua la schiena dal dolore. Sonia chiude gli occhi ed il suo urlo soffocato dal cerotto allaga la stanza. Lui è dentro e comincia a muoversi come un vero stupratore, senza preoccuparsi di lei, lei è solo un buco dove infilare un cazzo e godere, nient’altro. Minuti interminabili di violenza. Un eternità che non verrà mai più cancellata. Lui le stringe i seni fino a farli esplodere, Sonia sta per svenire dal dolore, lui sta per venire di piacere, un piacere bastardo, di colui che ha dominato una donna, che l’ha vista soffrire. Il suo sperma che cola sulla pancia, caldo, vischioso, lui la guarda. Sonia sta piangendo, gli occhi chiusi gonfi di lacrime, lui le molla uno schiaffone sul viso, la testa di Sonia viene sbalzata via.
‘Non devi piangere, troia, tu non devi mai piangere, se piangi la prossima volta ti ammazzo, troia… ‘. Sonia non riesce a capire se quello è il modo di morire a lei riservato o solo un modo per farla morire un po’ per giorno, ricordando quell’uomo e quel cazzo che l’ha uccisa dentro. Sonia piange.
I due la girano a pancia sotto. Ridono mentre la colpiscono sulla schiena con una cinghia, uno dei due si sfila i vestiti e grida ‘smettila di piangere troia, che adesso ti apro anche l’altro buco… ‘
Non si accorge quasi di nulla, Sonia è in trans, Sonia vuole morire in quel momento e spera che qualcuno la uccida davvero. Niente da fare, le torture non uccidono, servono proprio a non uccidere.
Il verme sale sul letto, solleva il bacino di Sonia, si lecca due dita e gliele sbatte nel culo, fino in fondo, fino al palmo. Sonia sbarra gli occhi, il dolore è così intenso che solo la morte la può salvare. Niente da fare, la tortura continua. L’uomo prende il suo cazzo e lo spinge nel culo. Tutto. Fino in fondo. Gli altri due le allargano le gambe e ridono divertiti allo spettacolo. Uno dei due vede che Sonia non piange più, i suoi occhi hanno deciso di non consumare tutte le lacrime in quel momento, ne serviranno ancora tante, per tutta la vita.
Il cazzo entra ed esce ed ogni volta il dolore si fa più intenso, più acre. Sonia non piange più. Pochi colpi ed il verme le viene nel culo. Si sposta, arriva l’amico che continua il lavoro, entra nel culo di Sonia e la sbatte come un pazzo. Anche lui non resiste molto, viene quasi subito.
Si rivestono, la lasciano sul letto, legata. ‘Questo è il tuo nuovo lavoro, devi andare sui marciapiedi e far piacere ai clienti, devi farti fare quello che ti abbiamo insegnato oggi, senza mai dire di no, per ogni cosa c’è un prezzo, domani quando comincerai, ti spiegheremo il resto… e non provare a scappare perchè ti ammazziamo. Adesso dobbiamo uscire, ci vediamo tra un ora… ‘
Escono, il silenzio è assoluto, Sonia guarda il soffitto aspetta di sentire la morte entrare dalla porta, in quel momento non desidera altro. Vuole solo morire, morire subito. Pensa al suo amico, quello che per primo glielo ha messo nel culo. Non riesce a capire, non riesce a dare una spiegazione.
Il suo bacino è dolorante e tumefatto, i segni delle cinghiate bruciano sulla pelle. Lo sperma le cola dappertutto. Sonia vuole morire, vuole tornare a casa, nella sua terra, vuole, vuole…
‘Ciao io mi chiamo Katia… ‘ La porta si è aperta ed una donna è entrata. ‘Adesso ti aiuto a slegarti, poi fai una doccia e torna qui che parliamò. Chi è Katia? Sonia non lo sa, Katia è una puttana che ha deciso di vivere morendo un po’ per giorno anzichè morire tutto in una volta. Anche a Katia hanno insegnato il lavoro, così come hanno fatto con Sonia. Katia è li da un anno ormai e non soffre più, la sua anima se ne è andata perchè ne aveva abbastanza di quella storia, ha lasciato lì solo il corpo e la mente. La sua anima è tornata a casa, nella sua terra, e lì aspetta il ritorno di Katia, del suo corpo, per ricongiungersi.
Sonia però è diversa, Sonia non vuole staccarsi dalla sua anima, vuole che la sua anima resti lì con lei. Entra in bagno, apre l’acqua della doccia e decide di ribellarsi, non vuole morire un po’ per volta, lei vuole vivere. Magari non lì ma vuole vivere.
Il rumore di uno specchio che si rompe. In bagno. Katia che corre, in bagno. Sonia che si è trafitta il cuore, in bagno. Sonia che torna a Pec, non c’è bisogno di treno per tornare a casa. Volando il viaggio è molto più breve… FINE

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