Premessa: le righe che leggerete nel corpo di questo racconto e di altri che più avanti spedirò, non sono frutto della mia fantasia: sono esperienze reali maturate nel mondo del Gothic cui appartengo e nella fattispecie del Gothic Sex, la formula sessuale del movimento che in Italia è stato chiamato dozzinalmente e impropriamente “Dark”.
Si, avete capito, quei tizi con spolverini neri, croci ansate egizie ed uno spiccato gusto per l’orrido e la tanatofilia…
Ho cambiato naturalmente i nomi dei “coinvolti” ed ogni riferimento che possa aiutare a riconoscerli.
Gothic Sex: sesso gotico.
Visualizzate una atmosfera soffusa, una camera con drappi di velluto come copriletto, riproduzione di Munch e Bosch sulle pareti, poster dei Bauhaus. Poi incenso, tanto incenso: aromi di verbena, di muschio, di oppio.
Argentei candelieri con lumi viola e rossi che lasciano cadere gocce bollenti su libri di Lovecraft, Storm Costantine e Tantih Lee.
Immaginate due ragazze che si baciano mentre una terza massaggia i loro seni con olio essenziale mentre due ragazzi con camicie di velluto osservano avidi nel loro lento liberarsi da neri velluti e morbide ciniglie.
Il Gothic Sex ama l’atmosfera e l’orgia, ama la bisessualità poiché è figlio di un filosofare relativista.
Soprattutto trionfa nell’osservare, nel gustare, nel tastare lentamente e dolcemente.
Siamo voyeuristi che utilizzano ogni senso…
La mia camera: il mio tempio, un altare eretto a me stesso e alle mie voglie.
Un poster dei Type O Negative dove due donne lesbicano è sul retro della porta, introduce ad un locale ampio ma stretto, pareti rivestite di libri, un tappeto color sangue raggrumito per terra, un drappo di raso nero sul mio ampio divano/letto.
L’aria è satura di incenso, accendo le candele color indaco, preparo la colonna sonora scegliendo i cd più adatti, ho riunito quello che, parafrasando la Stregoneria, chiamo il mio cerchio, il mio “Coven”.
Rito che inizia sorseggiando bicchieri di “Sangue di Giuda”, i Dead Can Dance proferiscono le loro parole ipnotiche dallo stereo.
Violetta e Lilith, entrambe maggiorenni da poco, già si avvinghiano l’una all’altra, si baciano con passione, si divorano le labbra con piccoli morsi. Sono fisicamente molto differenti, snella con un seno florido e durissimo la prima, una venere neolitica la seconda, abbondante ma non grassa, un seno enorme e gradevolmente cascante.
Lilith applica un’arte sapiente, le labbra martoriate dai suoi canini si gonfiano e dolgono donando un piacere unico, specie quando si avverte il lontano sentore del proprio sangue in bocca.
Sono incantato, non esiste spettacolo più bello di vedere due donne baciarsi, irrompere ora sarebbe una profanazione.
Mi genufletto davanti a loro, afferro l’anfibio di Violetta, faccio scorrere le dita sul freddo cuoio indurito, poi slaccio lentamente la calzatura…
Arkangelo che è del cerchio stasera è più interessato alle forme di Lilith e non va tanto per il sottile: è bello come una ragazza, come una bella ragazza. Un ventiduenne biondo e piuttosto efebico che non ha mai avuto problemi nel piegare il gentil sesso – e non solo quello – ai suoi voleri.
Slaccia il corpetto di Lilith, sfila il cordino di cuoio con decisione, fa apparire ai nostri occhi la visione di un seno prorompente, un richiamo edipico trascinante che si è sempre rivelato irresistibile per tutti, donne comprese.
I due seni di Lilith non sono suscettibili a critica, generalmente il gotico ama il seno duro e piccolo per opporsi al “caciottaro” italiano medio ed al suo standard estetico cafone circa l’amore per l’ipertrofia mammaria.
I seni di Lilith però fanno eccezione, grandi, pieni, dal capezzolo enorme ma non volgare.
Violetta cade in tentazione, le sue mani stringono un seno di Lilith, Arkangelo si conquista l’altro; il corpetto sostiene il seno di questa rediviva Dea Madre, lo rende più esplosivo di quanto non sia già.
Ho sfilato gli anfibi a Violetta, la libero lentamente dalla mimetica, il sesso in erezione mi duole nei jeans elasticizzati che porto.
Ha un corpo bellissimo, muscoli ben evidenziati da anni di nuoto, guizzanti, tonici.
La pelle è bianchissima, riflette quasi la luce delle candele, le cosce sono di alabastro, tornite. Sul scaffale dei cd ho tutto un “arsenale” di creme e oli per massaggi: ne afferro uno che adoro, un unguento francese limpido e azzurrino al cipresso. Lentamente lo lascio gocciolare sull’aureola dei seni di Violetta; come ansima al freddo contatto del liquido, mentre stringe tra le dita i suoi capezzoli inturgiditi…
Cadono le gocce, precise sul suo ventre piatto e soprattutto sul piercing che come un arcano monolite svetta dal suo ombelico, è bello sentire il metallo contro la mia lingua mentre bevo da quella coppa.
Con mio grande disappunto prendo visione che Lilith ha profanato Violetta prima di me, ha spostato le sue mutandine ed ha stretto il suo sesso tra le dita prima che io potessi “bruciare offerta” in modo più degno a tale tempio.
Le mutandine di quest’ultima raggiungono presto il piccolo mucchio di indumenti che si sta formando sul tappeto, io sono il responsabile di questo furto sacrilego, del ratto del fuoco vestale…
Resto incantato dal pube di Violetta, è perfettamente glabro, di dimensioni regolari che contrastano con un monte di venere eccezionalmente prominente. Un miele abbondante umidifica la cavità, il mio olfatto sensibile lo cattura facendolo mio. Questa rugiada femminile così inebriante ha un sentore piacevole, quasi floreale.
La mia lingua ne fa incetta, esploro il sesso di Violetta assaporandone ogni centimetro, esternamente e internamente, poi prendendole il clito tra le labbra e aspirandolo dolcemente inizio un qualcosa più simile alla fellatio che al cunnilinguo. Violetta urla di piacere.
Tutti ormai ci dedichiamo a lei, baciamo, succhiamo, violiamo con bocche e dita…
Lilith stringe in una mano il fallo di Arkangelo e nell’altra il mio mentre bacia Violetta con passione, poi con occhi di strega ci guarda e ride; lascia il suo indaffarato lavorio e si pone alle nostre spalle.
Arkangelo ed io siamo ora uno di fianco all’altro, Violetta è il nostro organo che suoniamo a quattro mani: oltre a masturbarla canonicamente, sono ora entrato anche nella cavità del suo culetto, assaporando l’inebriante sensazione di risucchio che l’elastico muscolo rettale mi regala accogliendo le dita; il mio complice tortura i suoi seni e si diletta a farsi succhiare la mano.
Lilith tortura le nostre schiene, le strazia con morsi e con unghiate, stringe i nostri scroti fino a lasciare i segni dei suoi artigli, indugia sui nostri fondoschiena poco rispettosa di porte e cancelli che l’uomo medio, il pavido, frignante e frustrato uomo del “gregge” ha paura di aprire.
La lascio fare, le sue unghie lunghe danno un tono di dolore alle sensazioni che mi prendono, sento il suo seno caldo premermi contro la pelle della schiena, spietata mentre gode umiliando il principio materiale maschile.
Intanto Arkangelo cede. In silenzio si avvicina a Violetta e lascia che il suo sperma le inondi il viso.
Anche la mia resa è prossima, ordino a Lilith di straziarmi i capezzoli, cosa che adoro subire e che lei è ben contenta di fare.
La nigredo alchemica del dolore grezzo si trasforma dentro me in piacere aureo, la “Grande Opera” è giunta al culmine, mi libero con uno strattone dalla presa sadica di Lilith e ululando scarico il mio liquido seminale sulla bocca e sul collo di Violetta.
Lilith ne raccoglie un poco sull’indice e lo succhia avidamente mentre si masturba, poi allarga il seme con il palmo di una mano sul seno di Violetta e traccia il simbolo della trinità lunare.
Bacia profondamente Violetta catturando ad un tempo saliva e sperma e sorridendo dice: “Il Cerchio ora è aperto ma giammai rotto. ”
“Sia lodata la Notte. ” Dico mentre le abbraccio entrambe. FINE