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Passione senile

Erano quindici giorni che Gep lavorava in quella trattoria. Lo faceva molto bene ma certo non era il lavoro dei sui sogni. Era molto apprezzato dai clienti per come serviva. In particolare c’era un cliente abituale. Mangiava quasi tutti giorni li, che lo apprezzava molto. Col passare dei giorni avevano fatto quasi amicizia.
è un vecchio signore, pieno di soldi, di quasi ottanta anni. Se li porta bene ed è ancora molto pimpante.
Vuole essere servito sempre da Gep. Gli piace parlare. è molto gentile e carino con Gep. Gli fa un sacco di complimenti.
Un giorno che Gep è giù di corda perché è stato rimproverato ingiustamente, sor Memmo, cosi si chiama il vecchio, se ne accorge e gli chiede che cosa è successo. Gep avvilito gli racconta avvilito non tanto per quel rimprovero ma perché fa parte di una serie di cose che non lo fanno sentire apprezzato.
Gli confessa che non si licenzia perché il padrone del ristorante gli ha concesso di abitare in un monocamera accanto al ristorante e quindi deve subire per non rimanere senza casa.
Alla fine del pranzo, sor Memmo fa a Gep:
-Mi hai detto che subisci le prepotenze del tuo padrone perché oltre al lavoro ti concede casa. Vero? –
-Si. Purtroppo. – Fa sconsolato Gep.
-Ci ho pensato tutto il pranzo. Io ho una casa grandissima per me. Che ne diresti di venire a fare il cameriere da me? Non il domestico. Io ho già una donna che viene a fare le pulizie. Tu ti dovresti interessare della cucina e il servizio dei pasti. Io ci guadagno che non devo sempre andare per ristoranti. –
-Dice davvero? –
-Certo ti piacerebbe? –
-Altro che. Se vuole io posso fare anche le pulizie. –
-Come vuoi. Affare fatto? –
-Si la ringrazio. Vedrà che le t’erro la casa un gioiello. –
Dopo pochi giorni Gep lascia il lavoro e si trasferisce da sor Memmo.
E felicissimo lavora moltissimo ma lo fa di sua iniziativa perché gli piace tenere la casa. Sor Memmo lo invita a prendersela con più calma. Ma Gep non lo ascolta e sta sempre in movimento. In pochi giorni la casa cambia come dalla notte al giorno.
Una mattina sor Memmo mentre fa colazione vedendo Gep accaldato e sudato gli fa:
-Ma non senti caldo con quei jeans. Sono pesanti. Con questo caldo. Perché in casa non porti dei calzoncini? –
-A lei non dispiacerebbe? –
-Ma scherzi. non ti fare scrupoli per me-
-Allora me ne compererò un paio. Sono molto più comodi per fare le faccende. –
Dopo colazione Memmo esce per la sua solita passeggiata del mattino. Torna verso l’ora di pranzo. Ha in mano un pacchettino che porge subito a Gep. Lui lo prende e guarda Memmo con aria interrogativa.
-è per te aprilo. è un regalo per te. –
-Ma non doveva. Perché? –
-è niente per il lavoro che hai fatto in questi giorni. –
-Ma è il mio dovere. – Si schermisce lui cominciando ad aprire il pacchetto.
-Hai
– Stai facendo molto più del tuo dovere. Poi a me piace fare regali. –
Gep si ritrova in mano un paio di calzoncini elasticizzati.
-Non avevi detto che li dovevi comperare. –
-Ma sono da uomo questi? –
-Si certo. Perché. Mi hanno detto che sono unisex. Poi me li hanno dati elasticizzati perché sono più comodi per lavorarci. Vatteli approvare. –
Quando Gep torna sembra che non li porta la polo un po” lunga li copre tutti.
Memmo lo guarda soddisfatto.
-Sono un po” piccoli. –
-Non ti entrano? –
-Si ma sono aderentissimi e sgambatissimi. – Cosi dicendo alza la polo. Lo fasciano a guanto. Mettendo in risalto il sedere tondo e slanciando le cosce.
-Ti stanno benissimo. l’importante poi è, che siano comodi. –
-Per essere comodi. Lo sono. Se lei poi dice che mi stanno bene. In casa poi gli altri non mi vedono. – Si riabbassa la polo e fa ridendo i calzoncini troppo piccoli e la polo troppo grande. –
-Ma te le depili le gambe? – Gli fa Memmo fissando incantato le sue cosce tornite e lisce.
-No. Le ho proprio cosi. Sembro un pulcino spennacchiato. Vero? –
-Affatto. Hai delle gambe molto belle. I peli sono bruttissimi. –
-A dire la verità neanche a me piacciono molto. – E cosi dicendo si alza la polo guardandosi le cosce. Nel fare questo si accorge che dalla sgambatura dei calzoncini si intravede l’orlo bianco delle mutandine.
-Certo che sono proprio piccoli. Mi si vedono le mutande. –
-O le mutande sono troppo grandi. – Fa Memmo ridendo coinvolgendo nella risata anche Gep.
Il giorno dopo quando rientra per pranzo Memmo porge un altro pacchetto a Gep.
-Ancora. Non posso accettare. –
-Si che puoi. Te lo detto a me fa piacere. –
-Cose? – Fa Gep aprendo il pacchetto
-è una maglietta. Hai detto che le polo sono troppo grandi. –
-Oh no. Ma è una canottiera. Ed è cortissima- Poi guardandola meglio.
-Pero questa è proprio da donna è un toppino. –
-A me hanno detto che è unisex. Provala deve essere molto fresca. –
Gep si toglie la maglietta e indossa la canottiera.
-Ti sta benissimo. E deve essere anche fresca. –
-Per quello si. Pero le hanno detto una bufala è un t’oppino da donna. –
-Però per casa la puoi portare. –
-Be si. Mi scusi se invece di ringraziarlo faccio il difficile. E stato molto carino da parte sua. – Intanto si guarda allo specchio.
-Mannaggia queste mutande che escono dai calzoncini. –
Memmo se lo guarda incantato mentre si allontana con passo felpato dondolando il sedere fasciato dai calzoncini.
A cena mentre Gep serve a tavola Memmo gli fa:
-Che peccato queste mutande che si intravedono. – E intanto con la punta delle dita cerca di rimandare l’orlo delle mutandine dentro i pantaloncini.
Cosi facendo gli tocca più del necessario la natica. Dopo un po” quando Gep si riavvicina, rifà la stessa cosa con tutta la mano ben aperta a carezzare la natica. Gep se lo lascia fare fermandosi ma dicendo:
-E inutile come mi muovo un po” riescono. –
Prima di addormentarsi, Memmo ha l’abitudine di prendere una tisana, quando era da solo se la faceva e se la portava in camera spogliandosi mentre si freddava un po”. Ora che c’è Gep, questi gliela prepara mentre lui si spoglia per mettersi a letto poi gliela porta. Mentre Memmo beve la tisana Gep mette in ordine gli abiti che Memmo si è tolto e prende quello che c’è da lavare.
Quella sera quando arriva in camera con la tisana, trova Memmo a letto e mentre sta poggiando la tazza sul comodino sente la mano di Memmo che gli sistema le mutande sotto i pantaloni. Con la mano tutta aperta che struscia sulla sua chiappa lentamente. Riordina i vestiti mentre Memmo beve la tisana poi quando si avvicina al letto per prendere la tazza da portare via fa:
-Ha visto. è una battaglia persa. Sono già riuscite. –
-è io le rimetto dentro. – Ribatte lui poggiando di nuovo la mano sulla natica e lentamente aggiusta le mutandine sotto i pantaloncini. –
Gep si rende conto benissimo che Memmo gli sta carezzando la natica ma fa finta di niente. Lo lascia fare poi quando ritira la mano si avvia alla porta dandogli la buona notte.
La mattina è in cucina preparare la colazione quando gli va dietro Ma Memmo. Questi dicendo: – Non vogliono proprio starci dentro queste mutande- Gli poggia le due mani sulle natiche per aggiustare le mutandine.
-Buon giorno! -Gli fa Gep.
-Le da proprio fastidio quell’orletto che esce! –
-Si è un peccato. Ti stanno cosi carini. – Intanto continua ad armeggiare approfittando vistosamente per toccargli le chiappe.
Gep fa finta di non accorgersene. Si sforza di rimanere indifferente ma quelle mani ossute che carezzano le sue chiappe gli danno un brivido di piacere. Inoltre sente attraverso quelle mani che lui fa effetto a Memmo.
L’idea di essere oggetto di desiderio di quell’uomo lo turba ancora di più.
Dopo colazione Memmo esce per la sua consueta passeggiata. Appena rientra da ha Gep un pacchetto.
-Ma tutti i giorni? è troppo. –
-è una sciocchezza. Non è troppo. – Girandogli intorno gli va dietro e dicendo: – Al solito. Sono di nuovo di fuori. – E comincia a aggiustare l’orlo delle mutandine. In realtà Gep andando ad aprire la porta lo aveva tirato fuori bene.
Cominciando ad aprire il pacchetto Gep fa: – Ma è già il terzo regalo! –
è un paio di slip piccolissimi. Molto carini. Anche se non vistosi si vede che sono da donna.
-Con questi non si vedrà l’orlo spuntare. –
-Si. Ma questi sono da donna. –
-No. La commessa mi ha detto che sono unisex. –
-La solita commessa? –
-Si. – Fa lui sorridendo. – Ma che ti importa. Tanto non si devono vedere. Te li ho presi proprio per questo. Provali spero che siano della tua misura.
Gep se li va a mettere poi torna da Memmo che gli chiede. -Finalmente non si vede più quella bruttura. Ti stanno bene? –
-Si mi stanno benissimo. Mi scusi per prima. Non l’ho neanche ringraziato. Ci ricasco sempre. Lei è cosi carino ed io invece di ringraziarlo le faccio delle storie. –
-Non ce bisogno che mi ringrazi. Non piacevano a me quelle mutandine che si vedevano. Cosi stai benissimo. Allunga una mano e la passa sulle chiappe. Con un gesto istintivo che pero permane per troppo tempo. Gep fa finta di niente. Lo lascia fare.
Memmo durante tutta la giornata rifà quel gesto come per congratularsi per un successo raggiunto. L’aver sconfitto le mutandine che spuntavano.
Gep se lo lascia fare con piacere.
La mattina dopo Gep sotto i pantaloncini indossa uno slip normale e lascia che si veda bene. Memmo quando va a fare colazione.
-Oh no. Di nuovo le mutandone che si vedono. – Subito va a sistemarle toccando per bene tutte le natiche.
– Perché le hai messe. –
-Quelle che mi ha regalato lei le ho lavate. –
-Be certo. –
Quando torna dopo la passeggiata ha di nuovo un pacchetto.
Gep apre il pacchetto e vi trova un altro slip questo è celeste piccolissimo, bordato con una grechina deliziosa.
– Non mi dica che le hanno detto che sono unisex? Se è cosi quella commessa è matta. Poi non doveva. Oh mi scusi ricado sempre nel solito errore a caval donato non si guarda in bocca. La ringrazio. –
-è un ringraziamento forzato. Non ti piacciono. –
-Si che mi piacciono. Mi dispiace se lei pensa che non mi ha fatto piacere. –
-Te le metterai? Cosi non si vedrà più questa bruttura. – E cosi dicendo con la mano cerca di nascondere l’orlo delle mutandine, ma soprattutto gli carezza le chiappe per bene.
-Si. Anche perché se lei le me le ha regalate vuol dire che ha piacere che le metta e io voglio che lei sia contento. –
Gep va a cambiarsi e quando torna fa una piroetta davanti a Memmo.
-Va bene cosi? –
-SI. Benissimo. Stai benissimo cosi era un peccato che tutto fosse rovinato per una sciocchezza. –
Il giorno dopo quando Memmo arriva a colazione vede Gep in Jeans.
-Come mai non porti i calzoncini? –
-Li ho lavati. Erano quattro giorni che li portavo. Devo dire che dopo aver provato la comodità dei calzoncini portare questi è un tormento. Sono caldissimi. –
-Lo credo. Con questo caldo. –
Memmo esce per la solita passeggiata e rientra con un ennesimo pacchetto.
-Ancora? – Fa ridendo Gep. Apre il pacchetto. Ci sono un paio di hot pants e una canottiera a top. I calzoncini sono più piccoli degli altri.
-Cosi avrai il cambio. –
-Vedo che glieli ha dati la solita commessa. –
-Perché? –
-Le avrà detto che sono unisex. –
-Ancora con questa storia. Come dicevi ieri se te li ho presi vuol dire che mi piace vederteli addosso. Se mi vuoi far contento valli a mettere. –
-Si vado a metterli. Con questi sto morendo di caldo. –
-Sono sgambatissimi. – Fa Gep tornando dalla camera dopo essersi messo i calzoncini nuovi.
-Guardi qua. – E cosi dicendo piroetta davanti a lui.
-Ti stanno benissimo. –
-Pero sono sgambatissimi. Certo non mi impicciano per fare le faccende. Pero sono tanto sgambati che momenti mi si vedono gli slip nuovi. –
-Quali porti? – E cosi dicendo Memmo infila le dita sotto i calzoncini e tira fuori l’orlo degli slip.
-Ha visto. –
-Be no le ho tirati fuori io. – E glieli risistema approfittando per palpargli le natiche che sono quasi tutte in mostra.
Gep lo lascia fare riuscendo a stento di rimanere imperturbabile. Ma la carezza di quella mano ossuta lo turba non poco.
La sera quando gli porta la tisana a letto Memmo gli fa:
-Ti stanno proprio bene quei calzoncini. Ti stanno meglio degli altri. –
-Dice? – Fa Gep porgendogli la tazza.
-A te quali piacciono di più. –
-Tutti e due. Sono comodi tutti e due. –
-No questi ti stanno meglio ti fanno le gambe più lunghe. –
-Perché? –
-Sono più sgambati. Ti slanciano la coscia. – E cosi dicendo gli poggia la mano sulla natica come a mostrare la sgambatura.
-Dice? – Fa lui cercando di non far notare il brivido che il contatto di quella mano gli da.
Memmo intanto infila le dita sotto i calzoncini e fa:
-E vero. Un po” si vedono anche queste. –
-Davvero? – fa lui con voce fioca.
-Scherzavo. Le o tirate fuori io. Certo che hai delle belle gambe. Lisce e tornite. –
-Davvero le trova belle. Non sono poco muscolose? –
-Ma che che ci fai coi muscoli. Sono perfette. – Fa lui facendo scorrere la mano lungo la coscia.
Mentre Memmo beve la tisana lui riordina i vestiti poi si riavvicina al letto per prendere la tazza. Con una mano Memmo gli da la tazza mentre con l’altra gli da una pacca sul sedere:
-Ti chiamerò Belle cosce. – Gli fa ridendo e facendo scorrere la mano lungo una coscia.
-No la prego. Ma scherza? ! –
-Affatto. Lo dico sul serio. Hai delle gambe bellissime. –
La mattina dopo Memmo entra in cucina dicendo:
-Buon giorno. Belle cosce. –
-Oh no. La prego. Buon giorno. –
Arrivandogli dietro e dandogli una pacca sul sedere gli fa.
-Se non ti piace ti chiamerò pesca spaccarella. –
-E perché? –
-Perché hai la pelle vellutata come le pesche. – Intanto gli poggia la mano di nuovo sulla coscia e poi la fa scorrere verso la natica aggiungendo. -E hai il sedere che sembra una pesca spaccarella. –
-Ma che dice? ! –
-Hai un sederino stupendo. –
Mentre sta per uscire Memmo guardando i piedi di Gep.
-Certo che quei mocassini marroni sono proprio brutti-
Quando rientra ha una scatola che offre a Gep. Intanto che la apre Gep fa:
-Non dico più niente. Ho perso ogni speranza. –
-Ecco non dire niente. Ti piacciono? –
-Degli zoccoli. Sono belli. Anche questi le hanno detto che sono unisex. Si perché? –
-Hanno il tacchetto non vede. –
-Ma è appena accennato. Dai provali. Guarda come ti stanno! –
Gep prova a camminarci un po” e fa:
-Non ci avrei mai creduto. Sono comodissimi con il tallone rialzato e più riposante. –
-Vanno bene? Sei contento? –
-Si vanno benissimo. Poi è un suo regalo devono piacere a lei. Certo sono un po” rumorosi. –
Mentre Gep serve il pranzo Memmo se lo guarda e quando gli passa vicino mettendogli una mano sul sedere con un gesto naturale come per fermarlo gli fa:
– Stai proprio bene sai è un piacere guardarti. –

-Grazie . Sono contento di “farle piacere”. Lei è stato cosi gentile con me e io voglio poterla ripagare. A dire il vero mi sento come un bambolotto tra le mani di un bambino che gioca a vestirmi come vuole per vedermi come piace a lui. –
-Ti dispiace sentirti cosi? – Gli chiede lui continuando a tenere la mano sul suo sedere muovendola lentamente.
-No. Gliel’ho detto che mi fa piacere farla contento. –
Dopo aver fatto una siesta Memmo esce di nuovo. Torna prima di cena ancora con una scatola che porge a Gep.
-Adesso è troppo due al giorno. – Fa intanto che apre e quando vede dalla scatola che sono scarpe:
– Un altro paio di scarpe? ! – E quando apre la scatola
-No è. Queste non possono averle detto che sono unisex. –
-Infatti. Lo so che sono da donna ma tu hai scoperto che stai più comodo con i tacchi alti. Ti lamentavi che gli zoccoli facevano rumore. –
Sono dei sandali con il tacco alto di corda e gomma e i lacci alla schiava.
-Oh no ma non posso più parlare. –
-Dai provale. Come ti stanno. –
-Bene. Bene. è vero sono comodissime. – Cammina qua e la un po”. Con i tacchi ha una camminata che fa stravedere Memmo che rimane incantato sul sedere di Gep che dondola sculettante.
-Quando Gli serve la cena Memmo nota che Gep ha cambiato i calzoncini.
-Come mai ti sei cambiato. -Fa fermandolo con una mano sul sedere. –
-Per cercare di abbinare un po” i colori. Vede le scarpe fucsia con il rosso degli altri pantaloncini non ce li vedevo. Non è che con il celeste di questi sia l’ideale ma è un po” meglio. Non trova? –
-Che sciocco all’abbinamento dei colori non ci avevo pensato

————-
Il giorno dopo Memmo ha un impegno. Sta via tutto il giorno. Dopo cena dalla borsa con qui era uscito tira fuori un pacchetto che da a Gep. Ormai non reclama più. Lo apre e fa:
-Oh no! –
-Che c’è, non è intonato con le scarpe. –
-Si è è molto intonato. Ma è proprio da donna. –
-Sono gli unici calzoncini sul fucsia che ho trovato. Dai mettili. Hai detto che non ti dispiace fare il bambolotto per farmi giocare a vestirti. –
-Ma cosi mi fa fare la bambola. – Ma intanto va in camera sua a cambiarsi torna indossando il completino. Calzoncini sgambatissimi elasticizzati lucidi e camicetta bianca con motivi floreali color fucsia. Di quelle che si annodano sotto il petto.
-Sei uno schianto. – Fa Memmo quando Gep arriva in camera sua.
-Le ridono gli occhi come ad un bambino davanti alla cioccolata. – Fa Gep ridendo e sfilandogli davanti.
-Stai benissimo. Vanno bene i colori? –
-Si è tutto coordinato. –
-Le mutandine no. Non ne hai fucsia. – E cosi dicendo preso dalla borsa un altro pacchettino lo porge a Gep.
-Non mi dica che sono degli slip fucsia? –
-Dai valli a mettere-
Quando torna con aria di sfida gli fa:
-Cosa è cambiato? Non si vedono. –
-Ti sono piaciute? –
-Sono bellissime. Pero da donna al cento per cento. Ma perché le ha comperate. Anche le altre andavano bene. Tanto stanno sotto ai pantaloncini. –
Memmo gli porge un altro pacchetto e gli dice: –
-Sotto a questa pero si potrebbero vedere. –
Scartato il pacchetto Gep esclama: –
-Oh no. Non vorrà che indossi questa. –
è una minigonna della stessa stoffa dei pantaloncini. Fasciata intorno ai fianchi e poi a pieghe sotto.
-Si ti prego Lasciami divertire a vestire il bambolotto. Hai detto che non ti dava fastidio. –
-Veramente sta giocando a vestirmi da bambola. – Fa Gep uscendo per andarsi a cambiare.
Quando torna Memmo si è messo a letto e rimane incantato.
-Sei fantastico. – La gonna è cortissima. Le cosce tutte di fuori sono valorizzate al massimo dalla gonna.
Gep sfila camminando per la camera. Per evitare che dalla gonna si vedesse la protuberanza davanti che faceva il suo pisello, se lo è infilato tra le cosce e veniva trattenuto cosi dalle mutandine. Pero essendo leggerissime non lo trattenevano molto per cui doveva camminare con le cosce strette. Questo faceva si che la sua camminata fosse ancora più ancheggiante.
-Contento ora? – fa avvicinandosi a letto.
-Si sei uno schiatto. – Gli fa lui cingendolo con un braccio e poggiandogli una mano su di una coscia.
-Ma secondo lei posso andare in giro cosi? –
-Che centra pero in casa si. A me piace vederti girare per casa cosi. –
-E se vado aprire alla porta cosi secondo lei chi è alla porte che pensa. –
-Ma tu non vai ad aprire direttamente. C’è il citofono. -Ribatte lui carezzandogli le cosce fino alle chiappe.
-Vuol sempre aver ragione lei- Fa Gep sforzandosi di nascondere il piacere che prova sentendo la sua mano carezzargli le cosce fino alle chiappe.
-Comunque se alla porta ci fosse una donna morirebbe dall’invidia. –
-Perché? –
-Per le tue cosce. Te le invidierebbe. E anche questo ti invidierebbe- Intanto gli massaggia le chiappe sotto la gonna. – Se invece fosse un uomo si arraperebbe da morire.
-Dottore ma che dice? ! –
-Dico la verità se riesci a far arrapare un vecchio come me pensa gli altri. –
-Non mi dica che lei si eccita guardandomi! –
-Da morire. – Cosi dicendo abbassa il lenzuolo.
Indossa solo la giacca del pigiama. Tra le gambe bianche come il latte e ossute spunta un pisello gonfio.

I peli che lo circondano sono radi, grossi come crini di cavallo, lunghi e arricciati. La pelle del ventre è bianca come il latte mentre il salsicciotto è più scuro e soprattutto le palle enormi e pellancicose sono quasi nere. La cappella poi è violacea.
Gep rimane incantato dalla grossezza di quell’uccello, con fatica cerca di nascondere il turbamento che prova.
-Hai visto come me l’hai fatto diventare. – Fa lui prendendoselo con la mano.
-Davvero le è diventato cosi guardando le mi gambe. –
-Si le tue cosce, le tue chiappette. Mi fanno impazzire. Ti dispiace aver scoperto che mi arrapo guardandoti? –
-No. Sono… sono stupito. Un po’ imbarazzato. Adesso che io la eccito non so più come comportarmi. Capisce? ….. Voglio dire… per esempio quando io mi avvicino a lei spesso lei mi poggia una mano addosso. Come sta facendo adesso. –
-Ti do fastidio? –
-Be no! Pero prima credevo che fosse un gesto innocente per cui non avevo nessun problema ad avvicinarmi e invece ora mi sentirò in imbarazzo…. –
-Allora ti da fastidio che ti tocchi? –
-No. Però ora che ho scoperto che le lo fa….. che mi tocca per… insomma, le mi pomicia quando mi carezza le cosce. Per cui ora che lo so mi sembra che avvicinandomi lo voglia provocare. E anche come mi vesto adesso mi sentirò imbarazzato sapendo che se le faccio vedere le cosce lei si arrapa mi v’erra di mettermi solo pantaloni lunghi. –
-Perché vuoi che non mi arrapi? –
. Non è che non voglio che lei si ecciti. Non voglio che lei pensi…. insomma se una mattina vengo a svegliarla vestito, per esempio cosi, può sembrare che venga a provocarlo. Facciamo cosi Me lo dice lei come mi devo vestire. Va bene. –
-No. Io voglio che tu mi provochi. Se te lo dicessi io sarebbe una cosa a comando. Devi essere tu a farlo di tua iniziativa. Non devi sentirti imbarazzato per questo. Certo che se tu ti vesti sexy io, io mi arrapo e se mi ti avvicini mi viene voglia di toccarti pero se tu non vuoi che ti tocchi in quel momento perché ti sei avvicinato solo per fare qualcosa, puoi schermirti in qualsiasi modo. E sarà ancora più eccitante quando me lo farai fare avvicinandoti per provocarmi. Si qualche volta potresti farmelo sospirare. Si vorrei che facessi il civettuolo. Che ti inventassi delle cose dei gesti per farmi eccitare. –
-Ma come faccio a capire cosa ti eccita di più? –
-Dalle mie reazioni. –
-Che reazioni?
-Possono essere diverse ma si capiscono. Per esempio l’altra mattina sono arrivato in cucina tu eri appoggiato al tavolo col culetto tutto in fuori. Non te ne sei accorto che ti ho messo le mani sulle chiappe. –
-Si me ne sono accorto ma credevo che volessi rimboccare gli orli degli slip sotto i calzoncini. –
-No volevo carezzarti le chiappe. –
-Se le piace anche essere tenuto sulla corda potrei ogni tanto non vestirmi sexy. –
-Si. E fare il civettuolo. –
-In che senso? –
-Nel senso che….. per esempio ti fai trovare con una tuta tutto coperto poi mi cominci a dire non mi posso vestire perché fa freddo mi dovrò mettere le calze ma non ho ne calze ne reggicalze. Insomma mi faresti capire che se voglio vederti sexy devo regalarti le calze. Insomma farmi dei ricatti. Ti va di farlo? –
– Se ha lei piace cosi. Per lei faccio tutto. –

Mentre si sta spogliando in camera sua. Sente suonare il campanello. è rimasto in mutandine. Indossa una maglia di cotone di quelle lunghe messi gli zoccoli va da Memmo. Con un sorrisetto si ferma sulla porta.
-Desidera qualcosa- Gli fa con voce impertinente.
-Non ho preso la tisana. –
-Gliela preparo. –
-Va i cucina prepara la tisana e gliela porta. La posa rapidamente sul comodino e si allontana ancheggiando vistosamente e in attesa che lui la beva si poggia al comò a leggere un opuscolo.
-Con voce afflitta fa: – Mi si è rotto l’impianto stereo. Devo ricomperarlo. Questo è bellissimo. –
-Vieni fammelo vedere. –
-Lo vuol comperare lei. –
-Se vieni a farmelo vedere può darsi. –
Con passo felpato si avvicina poggiandosi al letto.
-Eccolo. E bello vero? – Memmo gli ha messo una mano sulle chiappe mentre con l’altra si sta carezzando vistosamente l’uccello sotto il lenzuolo.
-Si è bello. –
-Ha ancora il coso grosso? –
-Per saperlo basta che alzi il lenzuolo. – Gep alza il lenzuolo e lo abbassa sulle sue ginocchia.
-Allora lo compera? –
-Com’è? –
-è buono fa una musica stupenda. –
-Intendevo il mio uccello. Non eri curioso di sapere se era grosso? –
-Ah si! Accipicchia se è grosso. Si sta facendo una pippa? –
-Si mi fai arrapare da morire. Rimani ancora un po’ qui con me. – Fa quando Gep fa la mossa per allontanarsi con la tazza.
– Me la sto facendo per te la pippa. Hai delle cosce e delle chiappe fantastiche. No! Non andartene. –
-Vado a prendere un asciugamano, per quando schizza. – Fa in un attimo
-Però lo compra l’apparecchio vero? –
-Si lo compero. –
Gep sta pronto con l’asciugamano a raccogliere lo schizzo di Memmo.
-Mamma mia è diventato ancora più grosso. –
-Sto per godere! –
-Davvero? Ecco l’asciugamano. Sborri qui. –

-Si. Si. Godo. – Con un gesto improvviso al momento del primo getto indirizza l’uccello verso Gep. Il getto lo colpisce in pieno. Un po” sulla maglietta e qualche schizzo sulle cosce.
-Oh no. L’asciugamano è qui. Mi ha schizzato tutto. – Memmo è in estasi. Gep con l’asciugamano cerca di parare gli schizzi.
La mattina dopo a colazione Memmo gli fa:
-è stato bellissimo ieri sera. Sei stato bravissimo mi hai fatto impazzire. –
-Mamma mia era sconvolto. –
-Ora vado a mantenere la promessa. –
-Davvero mi comprerà quell’hi-fi? –
-Certo. –
Rientra poco prima di pranzo con l’apparecchio un compatto molto bello. Gep è entusiasta.
-Non so come ringraziarla. E un tesoro. – poi di impulso si protrae verso il viso di Memmo e gli da un bacio sulla guancia. Poi per aprire la scatola si gira dandogli le spalle e piegandosi gli offre una vista stupenda del culo.
Memmo non può fare a meno di allungare le mani. Quando aperta la scatola, vede l’apparecchio Gep rimane a bocca aperta è bellissimo.
-Ma è stato un tesoro. – Fa girandosi e trovandosi Memmo a pochi centimetri.
-Ti piace? –
-Si è stupendo. è stato un angelo. -Lo bacia di nuovo. Questa volta Memmo ricambia il bacio e lo trattiene un po”.
-Sono contento di averti accontentato. Gli tiene le mani sulle anche e lo guarda. Gli guarda la testa e gli fa:
-Perché non cambi pettinatura. –
-Non le piace la mia pettinatura. –
-Si ma mi piacerebbe la testa un po’ più gonfia. –
-Ho capito benissimo. Una capigliatura che si adatti di più ai vestiti. Vero. –
-Più spiritosa. –
Per quando Memmo si sveglia dalla pennica Gep ha cambiato pettinatura.
-Si cosi! – Fa Memmo soddisfatto poi esce.
Torna per cena. Mentre Gep lo serve Memmo gli da un pacchettino. Gep lo apre strusciando il suo fianco alla spalle di Memmo che gli cinge i fianchi e mentre lui apre il pacchetto gli carezza le cosce.
-Che carino! – è un nastrino di velluto con un cammeo. Si mette al collo come collana. – Me lo mette? – Memmo si alza e glielo aggancia. Gep si gira di scatto gli da un bacio Memmo lo blocca per la vita e lo bacia anche lui.
-Mi sta viziando con tutti questi regali. –
-Mi piace viziarti. –
-Come mi sta? –
-Ti sta benissimo. Sei bellissimo. Io vado a letto mi porti la tisana poi. –
Gep gli porta la tisana dopo essersi cambiato si è messo il completo della minigonna. Si avvicina al letto ancheggiando come una troia.
-Mi sono cambiato perché volevo vedere come mi stava il cammeo con questo completo. –
-Ti sta benissimo. – Fa lui infilandogli la mano sotto la mini gonna a carezzargli le chiappe.
-Certo che questo si abbinerebbe meravigliosamente ad un completino nero. Magari come questo ma nero. –
-Insieme a delle scarpe nero col tacco a spillo. –
-Allora la gonna dovrebbe essere stretta , un Po più lunga con lo spacco tipo mala francese. Scommetto che ad un mio amico piacerebbe da morire. –
-Ne sono sicuro. E a te piacerebbe vestire cosi? Magari con un ultimo tocco. Le calze tenute dal reggicalze. Cosa faresti per avere quei capi? –
-Non lo so pero li vorrei tanto. –
Memmo abbassa il lenzuolo. Indossa solo la giacca del pigiama e il pisellone è già gonfio. Memmo se lo prende con la mano e comincia a menarselo.
-Però non mi schizzi. –
-Quando arrivo all’orgasmo perdo il controllo. Tienimi la mano tu per stare tranquillo, e usa i pantaloni del pigiama per fermare gli schizzi. –
-Come devo fare per tenerle la mano? –
-Metti al tua intorno alla mia. –
-Come? Cosi? –
-Si cosi. Hai delle cosce stupende tesoro. Sei uno schianto. Hai un viso d’angelo. Che bello. Reggilo un attimo mi devo grattare il naso. –
Ma che fa. Oh no! – Memmo a sfilato la mano da sotto a quella di Gep lasciandoglielo in mano. Si gratta il naso e poi rapidamente stringe la mano intorno a quella di Gep e comincia a menarselo. –
-Oh no! Ma che fa. cosi non vale. –
-Si dai. Se sento la tua manuccia di velluto godo prima. Ti comprerò tutto quello che vuoi. Mi devo grattare di nuovo il naso. Continua a massaggiarlo. Si cosi bravo. Più forte. –
-Che vigliacco mi sta facendo fare una pippa. Se ne sta per venire. Lo sente le sta per scoppiare il pisellone. –
Memmo se ne viene. Gep riesce a frenare con i pantaloni del pigiama gli schizzi. Molta sborra cola lungo l’uccello. Gli bagna la mano. è eccitatissimo. Memmo esausto sta riprendendo fiato ad occhi chiusi. Gep ne approfitta e si porta la mano bagnata di sborra alle labbra.
La mattina dopo Memmo appena vede Gep gli fa:
– Sei stato fantastico ieri sera mi hai fatto impazzire. –
-Mamma mia che mi ha fatto fare. –
-Ti ha dato fastidio? –
-Non glielo dico. –
-Dai! Dimmelo. Ti ha dato fastidio? –
-No. Pero non era nei patti-
Memmo è seduto al tavolo e Gep gli preme col fianco la spalla. Indossa i calzoncini sgambatissimi.
-Stai tranquillo manterrò la promessa. – Fa Memmo carezzandogli le cosce.
-Dei vestiti. Me li compera? Davvero? Guardi che un po’ recitavo. –
-Vuoi dire che non è vero quello che dicevi ieri sera? –
-No. Pero esageravo nel far vedere che li volevo. Pero se a lei piace comperarli io li metto volentieri. Pero avrei anche un altro desiderio. –
-Dimmi. –
-Non ho il coraggio. – Cosi dicendo si struscia a lui come un gattino.
-Dai dimmi che vorresti. –
-Un braccialetto. –
-Per cosi poco. Te ne compererò uno bellissimo
-Davvero me lo compera? – Gli fa carezzandogli una guancia e dandogli un bacio sull’altra. –
-Si. E anche i vestiti, ma li potrai avere domani perché li ordino sul catalogo.
Quando torna a pranzo comunque da un pacchetto a Gep che lo apre curioso. è una trousse da trucco. Gep fa un po’ il ritroso ma poi accetta di usarlo.
Si fa trovare truccato quando serve a cena. Memmo è con la bocca aperta.
-Sei stupendo. –
Gep è veramente uno schianto. Si è pettinato benissimo, il trucco e indovinato.
-Davvero le piaccio. – Fa Gep con la voce da gattona in calore.
-Se non ci credi senti qua. Gli prende una mano e la porta sul suo uccello. –
-Mamma mia che grosso. E cosi per me? – Fa lui toccandolo per bene.
-Si mi fai perdere la testa. –
Quando comincia a sparecchiare vede sul tavolo un pacchettino. Memmo lo guarda con un sorrisetto. Gep si accosta a Memmo, prende il pacchettino e comincia scartarlo. Memmo lo prende per le anche e lo tira a sedersi sulle sue ginocchia.
-Che bello! – Esclama Gep quando vede il braccialetto. -Ma è meraviglioso. – E? un fascia d’oro con sopra scritto il nome con brillantini piccolissimi.
-Ti piace? – Gli chiede Memmo mentre gli carezza le cosce.
-Oh si è stupendo. è un tesoro. Grazie. – Fa Gep ruotando il busto per guardare Memmo lentamente avvicina il viso per dargli un bacio sulla guancia. Memmo all’ultimo istante gira un po’ il viso cosi che nel darsi il bacetto si sfiorano le loro estremità delle labbra.
Gep si rialza rimirando ancora il braccialetto e fa a Memmo con voce roca:
-Sparecchio e riordino in un attimo poi le porto la tisana. –
-Ti aspetto. –
Quando gli porta la tisana, si avvicina al letto ancheggiando e guardandolo fisso. Memmo gli mette subito una mano al culo mentre con l’altra prende la tazza. Lo fissa mentre sorseggia. Gep ricambiando l’occhiata infila la mano sotto il lenzuolo trova l’uccello lo comincia a carezzare.
Memmo sospirando posa la tazza. Abbassa il lenzuolo:
-Si. Sei bravissimo. Fammi godere. –
Gep lo carezza sempre più intensamente mentre con l’altra mano gli carezza le cosce poi su fino all’attaccatura prima timidamente poi con tutta la mano gioca con le palle pellancicose. Memmo rantola di piacere. I loro sguardi si incrociano spesso.
-Sei stupendo. Mi stai facendo impazzire di piacere. – Gli mette una mano dietro la testa e lo attira a se per baciarlo sulla guancia, con l’attaccatura delle labbra che si toccano. Poi Gep gli fa con voce da gattina:
-Li ha ordinati i vestiti. –
-Si! – Risponde Memmo gemendo di piacere.
-Lei è un tesoro. – Si abbassa sul suo viso per dargli un bacetto. Memmo gira il viso e Gep arriva con le sue labbra sulle labbra semiaperte di Memmo.
-La faro impazzire con quei vestiti. – Gli fa con la bocca appena scostata da quella di Memmo. Memmo si protende un po’ col viso e arriva di nuovo con le sue labbra su quelle di Gep e gliele lecca con la punta della lingua. Ormai è sul punto di godere. Dopo un attimo sborra.
Il giorno dopo verso le cinque del pomeriggio suona il citofono. è un fattorino che porta un pacco per Gep. Questi corre da Memmo.
-Sta salendo un fattorino che ha un pacco per me. –
-E allora? – Fa lui
-Non posso andare ad aprire cosi. –
-Perché? Guarda che non si accorgerà di nulla. Come ti ho detto l’altro giorno si arraperà. Voglio che ci vai. Io vedrò la scena da dietro la porta mi voglio gustare come ti guarderà. Fallo entrare. Non lo far fermare sulla porta. –
Gep apre al fattorino. è un uomo sui trentacinque anni ben messo che lo guarda incantato. Lo fa entrare e gli fa poggiare il pacco sul tavolino poi prende la ricevuta per firmarla. la esamina un po’. Superato il primo impatto Gep si lascia andare e fa di tutto per provocare l’uomo, per firmare si gira sul tavolino dando le spalle al fattorini. Piegandosi in avanti offre una bella vista a quell’uomo.
Uscito il fattorino Memmo esce e si avvicina a Gep.
-Sei stato tremendo. Quello ora si farà una pippa sul camion. –
-Davvero pensa che si sarà eccitato? – Intanto ha cominciato a scartare il pacco. – Quanto è grosso, ma quanta roba mi ha comperato. A proposito non l’Ho neanche ringraziato. – E cosi dicendo gli va davanti per dargli un bacetto sulla guancia. Memmo pero gira il viso e gli poggia la bocca sulle labbra.
Aperta la scatola comincia a tirar fuori i vari capi. Ogni capo che vede è un gridolino di meraviglia. Alla fine va davanti a Memmo e guardandolo in un certo modo gli fa:
– Grazie. è stato un amore. – Pronuncia la frase col viso vicinissimo a quello di Memmo e questi presolo per le spalle poggia la bocca sulle sue labbra. è un bacio vero. La lingua rugosa, enorme di Memmo sciabola lasciva nella bocca di Gep.
Alla fine del bacio rimangono a fissarsi per un attimo in silenzio poi Memmo fa: – Non vedo l’ora di vedertici. –
-è un abbigliamento da sera. Lo indosserò dopo cena. – E cosi dicendo ruota su se stesso davanti a Memmo per allontanarsi, ma lui lo trattiene per la vita e lo tira a se mormorandogli all’orecchio:
-Conterò i minuti. – Gep sente l’uccello duro di Memmo poggiarsi sulle sue natiche. Preme di più le natiche contro il pisellone facendogli: -Porcellone! Mi lasci andare. Devo preparare la cena.
Quando Gep entra in camera con la tisana indossando i nuovi vestiti, Memmo rimane a bocca aperte. Gep si avvicina al letto, poggia la tazza.

Quando Gep entra in camera con la tisana indossando i nuovi vestiti, Memmo rimane a bocca aperte. Gep si avvicina al letto, poggia la tazza, fa una piroetta per farsi ammirare.
-Come sto? –
-Sei fantastico. Anzi fantastica. Sei bellissima. Ti dispiace se mi rivolgo a te al femminile. – Fa Memmo cominciando a pomiciarlo.
-Se le fa piacere. –
-Si mi piace. Poi mi viene naturale perché sembri proprio una donna. E bellissima. –
-Davvero mi trova cosi bello. Che buffo lei mi dice bella e io rispondo dicendo bello. –
-Perché non parli di te al femminile? Dai fallo mi piacerebbe. –
-Dovrei dire: “davvero mi trova cosi bella? “-
-Si. Sei uno schianto, una gran fica. –
-Mi sta facendo tanti complimenti perché vuole che le faccia quella cosa. –
-Non è vero. –
-Non vuole che glielo carezzi. –
-Certo che lo voglio. Dai prendilo che aspetti. –
Gep sposta il lenzuolo e prende l’uccello in mano. Comincia a massaggiarlo. Intanto Memmo con un mano prende la nuca di Gep e lo attira verso il suo viso. Con le bocche vicinissime gli fa: – Hai un amano di velluto. sei bravissima a fare le pippe. – Gep non risponde e senza che Memmo gli spinga la nuca avvicina il viso a quello di Memmo e poggia le labbra su quelle di Memmo si baciano a lungo.
-Ti piace. Vero? – Fa Memmo ansimando per il gusto.
-Cosa? –
-Tutto. Vestirti cosi. Sentirti pomiciare. Giocare col mio pisello. –
Gep invece di rispondere lo bacia di nuovo.
-Ti piace. è evidente. – Fa Memmo alla fine del bacio.
-Si mi piace. Mi piace sentirmi desiderato da lei. Sentire che la faccio arrapare. –
-Ti piace anche sentire tra le mani il mio uccello. –
-Ha un bell’uccellone. –
Memmo ora gli ha messa la mano di nuovo sulla nuca e gli sta spingendo la testa verso il suo uccello.
Quando è con il viso a pochi centimetri dal cazzo di Memmo, Gep prova a dire: -Che vuole. No. Non vorrò mica… –
-Si. Lo sento che ti piace l’uccello. Bacialo dai. –
– No. La prego. Non può chiedermelo… – Intanto pero con le labbra già struscia la cappella. –
-Si. Dai. Leccalo troietta. Hai una voglia matta di sponpinarlo. –
Ha la cappella tra le labbra. Comincia a succhiare. Ora Memmo non gli spine più la testa con la mano. Gep ormai ha perso ogni controllo e si lascia guidare solo dai sui sensi. Quel cazzo in bocca lo fa impazzire se lo infila sempre più dentro. Lo succhia , lo lecca gustandoselo. Mentre una mano la tiene stretta alla base del pisellone con l’altra arriva alle palle. Giocare con quelle bisacce pellancicose, enormi lo eccita tremendamente sollevandole con la mano fa in modo di arrivare ad affondarvi il viso. Memmo è in delirio, rantola di piacere:
-Si. Sei una bocchinara stupenda….. Si, Cosi! … Tutto. Infilatelo tutto in gola! …. Ti piace. Vero? Pompinara. – Intanto lo pomicia con frenesia. Con le dita gli preme tra le chiappe.
Poi l’orgasmo. Gep lo sente montare. Se lo sfila dalla bocca mentre sta per esplodere e il primo schizzo gli arriva sulle labbra ancora semi aperte. continua a strizzarlo con una mano mentre con l’altra raccoglie li schizzi.

Memmo rimane stremato per alcuni minuti. Gep lo asciuga. Comincia appena a riprendersi quando lo saluta con un bacio e va a letto.
Il giorno dopo Memmo esce presto e sta fuori per pranzo. Torna per cena. Finito di cenare Memmo da a Gep un pacchettino.
-Grazie. – Fa Gep scartandolo. è un profumo molto buono. Gep lo annusa.
-Ti piace? –
– Si è buonissimo. Le hanno detto che è unisex? – Fa lui con un sorrisetto e mettendoselo con la punta delle dita dietro le orecchie. Poi si sporge verso Memmo per farsi odorare e fa :
-Sta bene sulla mia pelle? –
Memmo odorandolo gli carezza con il naso dietro le orecchie e con le labbra gli sfiora il collo.
-Ieri sera mi hai fatto impazzire. E stato bellissimo. –
-è stato lei a costringermi a farlo. Mi ha fatto fare una cosa proprio da porcella. – Fa Gep girando il viso verso Memmo.
– Non ci posso pensare. Mi ha fatto succhiare quel salsicciotto. –
Memmo ora lo tiene con le mani per i fianchi, i loro visi sono vicinissimi.
-Però è piaciuto anche a te. –
-Non è vero! –
-Si che è vero. – Gli fa lui avvicinando le sue labbra alla bocca di Gep.
-Non negarlo. – Con le labbra gli morde la bocca semiaperta. – Io ti ho fatto cominciare ma poi hai continuato a farlo da solo. – Lo bacia sulla bocca. Infilandogli la lingua in bocca. Gep risponde al bacio.
-Lo fatto per far piacere a lei. –
-Ma ci provavi gusto anche tu. Ti piaceva sentirti la bocca piena di pisello. –
-Non è vero… – Memmo lo bacia di nuovo con passione. Gep risponde con sempre più trasporto passandogli le mani dietro al collo. Si stringe a lui.
-Si che è vero. Ti piace fare i pompini. Lo succhiavi con passione. Con gusto. Hai una bocca favolosa fatta per baciare e per fare bocchini. – E cosi dicendo lo bacia ancora, roteandogli la lingua nella bocca. –
-Davvero ho la bocca da bocchinara? – Fa Gep mordicchiandogli le labbra.
-Si. Sei una pompinara fantastica. E fra poco me ne farai un altro. Vero? –
-Un altro cosa? –
-Un altro pompino. L’hai capito benissimo. Troietta. Stai morendo dalla voglia di leccarmelo. –
-Ce l’hai gi grosso lo sento. Hai tanta voglia di infilarmelo in bocca? –
-Si. Andiamo in camera. –
Memmo si sfila i pantaloni e si sdraia sul letto e si tira Gep sopra baciandolo.
Con una mano Gep sbottona i boxer di Memmo e gli prende l’uccello. Comincia a menarlo si rialza accovacciato accanto a Memmo. Cambia mano sul pisellone per poter giocare con la destra con le palle. Memmo lo pomicia.
-Quant’è grosso! –
-Ti piace? –
-Le palle sono enormi…… lo lecco? –
-Si. Lo vedi che ti piace. –
-Si ho voglia di leccarlo. –
Si abbassa e comincia a leccarlo. Poi se lo infila tutto in bocca e lo spompina con passione. Memmo comincia a sospirare.
-Si cosi mi fai morire. Che cosce! Che chiappe. Sei una bocchinara fantastica. Succhia. Succhia pompinara. –
-Quante volgare però! – Fa Gep sflilatosi l’uccello dalla bocca mentre se lo passa sul viso, sugli occhi e dopo avergli mordicchiato le palle se lo infila di nuovo tutto in bocca.
-Non ti piace essere chiamata pompinara? Ma lo sei. Ti piace da morire succhiare l’uccello. Non è vero? –
-Si mi piace. – Fa Gep con la cappella tra le labbra.
-E allora ammettilo che sei una bocchinara. Voglio sentirtelo dire. Dillo! –
-Oh si! Sono una bocchinara, pompinara affamata di cazzo! –
Memmo ora gli sta pigiando con la punta del dito medio tra le chiappe. Gep sente quel dito forzare sul suo culo.
-Ti piace il cazzo. Vero mignottella. Ti piace? –
-Hai un pisellone stupendo. – Sospira Gep. Si è sfilato l’uccello dalla bocca e lo sta leccando dalle palle fino alla cappella.
-Si cosi! Leccami le palle. Sei una bocchinara fantastica. –
Gep dopo avergli succhiato le palle per bene torna ad ingoiarlo tutto. Lo succhia con tutta l’anima finche Memmo non sborra. Succhia lo sperma fin che pupo. Quello che cola lungo l’uccello e sulla sua mano lo lecca dopo.
Memmo rimane tramortito per un po’.
Il giorno dopo Memmo preannuncia a Gep che arriverà un fattorino a portare un pacchetto per lui.
Quando il fattorino suona Gep fa finta di essere sorpreso:
-Non posso andare cosi! – Indossa i calzoncini più sgambati, scarpe con i tacchi e soprattutto è truccatissimo.
-Si che puoi. Ti avevo avvisato. –
Gep fa entrare il fattorino. poi lo fa attendere all’ingresso per andare a prendere la mancia da dargli. Si allontana ancheggiando. E torna nello stesso modo.
-L’hai fatto sballare. Quel poveretto. Aveva gli occhi di fuori. –
-L’ho visto anch’io, che mi guardava allupato. è uno di quelli che si eccitano subito. Aveva una faccia da porco. –
-Tu però l’hai stuzzicato. Hai fatto una sfilata sculettando. –
-L’ho fatto per fargli rabbia. Per farlo arrapare. –
-Ti piaceva farlo arrapare? –
-Mi piaceva perché pensavo che si sarebbe arrapato e che si sarebbe dovuto fare una pippa per sfogarsi. –
-Oppure speravi che chiedesse a te di fargli una pippa? –
-Ma che dice! –
-Quello è il classico tipo che ha un uccello pazzesco. –
-E allora? –
-Allora due più due fanno quattro visto che ha te piace giocare con il cazzo e visto che quello ne doveva avere uno notevole credo che davanti a quello avevi la voglia di toccarglielo. –
-Aveva quel modo di guardarmi che un po’ mi ha turbato. –
-Avevi voglia di carezzarglielo. Vero? Glielà avresti fatta una sega. –
-Si è vero. Avevo voglia di carezzarglielo. Dal bozzo che aveva davanti doveva avere un bel cazzone. –
-E glielo avresti anche leccato. Vero? –
– No. Ma scherza. Il bocchino no. Non glielo avrei mai fatto. –
-Bugiardo. Vai. Apri il pacco. –
Davanti a Memmo apre il pacco. C’è un completo rosso stupendo. C’è tutto Dalla biancheria intima alle scarpe.
C’è anche una bottiglia di profumo.
-è troppo. Grazie. è tutto bellissimo. Non doveva. –
Cosi dicendo gli mette le braccia intorno al collo e lo bacia.
La sera lo indossa quando gli porta la tisana a letto. Mentre gli carezza l’uccello con tutte e due le mani lo bacia sulla bocca.
-Quanto mi piace carezzare questo cosone. –
-Lo vedo, mignottella, che ti piace. –
-Si. è bellissimo sentirlo tra le mani. E in bocca mi fa impazzire. Te lo voglio succhiare. –
Cosi dicendo comincia a sbocchinarlo senza nessun freno mentre Memmo con una mano gli palpa il culo, poi comincia a spingere le dita forte tra le sue chiappe fino ad infilare la punta del medio nel culo cedevole di Gep.
Gep sentendo quel dito va in estasi. Memmo esplode con un rantolo. Gep gli succhia tutta la sborra. Gli lecca l’uccello fino all’ultima goccia.
Il giorno dopo Memmo rientra per pranzo un po’ prima. Gep quando gli va ad aprire rimane di stucco con lui c’è un uomo, un nero. è un marocchino che Memmo ha ingaggiato per fare le pulizie grosse dell’appartamento.

è un uomo sulla trentina. Ben messo. Gep è un po’ imbarazzato. Dopo aver dato un po’ di istruzioni al marocchino, raggiunge Memmo in camera. Vi arriva imbronciato:
-Ma dottore, perché non mi ha avvertito. Si rende conto? … –
-Sei uno schianto questa mattina. Stai benissimo. Sei uno schianto. –
Cosi dicendo lo abbraccia e lo bacia. Gep per un attimo cede al piacere e risponde al bacio, poi si retrae.
-La prego con quello in casa che ci può vedere. –
-Guarda che io gliel’ho fatto capire che tu ufficialmente sei la mia cameriera ma che in effetti sei la mia amante. –
-Oh no. Davvero? E se lui scopre…. –
-Cosa? Che non sei una donna. Che sei un uomo a cui piace vestire da donna? –
-Appunto. –
-Che c’è di male? –
-Ma lei gli ha detto che sono la sua amante. –
-Veramente gli ho detto che ho già una persona di servizio che pero non voglio che faccia lavori pesanti perché mi è molto cara e preferisco che si dedichi a me. –
-è la stessa cosa, lui ha capito che io … –
-Certo ha capito che tu mi fai godere. Se scopre che non sei una donna non può dire che gli abbiamo mentito. –
-Ma che penserà di me. –
-Che ti piace vestire da donna e che ti piace giocare con l’uccello. Non è la verità? –
-Si. Ma…. –
-Se fossi in te non mi preoccuperei affatto. O maschio o femmina gli piaci. L’ho capito subito da come ti ha guardato. Guarda che a gli arabi piace molto fare l’amore con i ragazzi. –
-No. La prego non mi dica… –
-Non fare il preoccupato. – Gli fa Memmo riprendendolo tra le braccia. Lo bacia e Gep risponde al bacio con trasporto. L’arrivo del marocchino lo vede già sotto un altro punto di vista. Ora la cosa lo elettrizza.
Quando va di la a vedere come sta lavorando il marocchino fa subito il civetto. Vedendo che la cosa fa effetto si eccita subito. Faled, cosi si chiama il marocchino. Lo guarda con molto interesse. Gep crea delle situazione per creare avvicinamenti e possibili contatti.
Quando Faled va a pulire i vetri nella camera di Memmo, questi chiede a Gep di portargli un’aranciata e quando Gep gli si avvicina con l’aranciata Memmo gli carezza le cosce apertamente. Gep gira lo sguardo verso Faled e vede che questi li sta guardando. I loro sguardi s’incontrano.
Quando poi Gep esce dalla stanza, si incrociano gli sguardi tra Memmo e Faled. Memmo ha sulla bocca un sorrisetto di quelli che richiedono complicità tra uomini. Faled lo ricambia come a dire “bravo si fa cosi”.
-è uno schianto! Non è vero? –
-Si è molto bella. –
-Mi fa eccitare da matti. – Poi facendogli segno di avvicinarsi. -Non ci crederai. Ma non è….. una donna vera. –
-Davvero? Non ci posso credere. Mi prende in giro. –
-No. è vero. Ufficialmente è un uomo ma solo per quel cosino che ha tra le gambe. –
Rientra Gep a riprendere il bicchiere. Faled ha finito e esce. Sta in cucina a lavare gli stracci. Gep gli va a fianco per lavare il bicchiere. Si guardano in silenzio. è uno sguardo col quale si scambiano un sacco di sensazioni. Gep capisce di suscitare interesse in Faled sente che gli fa effetto. La cosa lo eccita oltre modo. Questa eccitazione la rivela con tutto il corpo. Come si muove. Ha bisogno di essere toccato, carezzato. Ha bisogno di giocare con un cazzo. Vorrebbe stringersi a Faled e giocare col suo pisellone, ma lui non prende l’iniziativa e lui non ha il coraggio di farlo.
Va da Memmo e gli si accosta come una gattina che fa le fusa. Lui capisce subito l’arrapamento e gli fa carezzandolo:
-Il marocchino ti fa questo effetto? –
-Perché mi dovrebbe aver fatto effetto? –
-Be prece deve avere quello che piace a te notevole. –
-Cos’è quello che piace a me? –
-L’uccello carina. I marocchini sono famosi per avere dei cazzi enormi. –
-A me piace giocare col suo. – Fa Gep avvicinandosi al suo viso e allungando una mano a toccargli l’uccello.
-A te piace giocare con i cazzi, puttanella. – Lo bacia sulla bocca, poi aggiunge. -Impazziresti per quello di Faled. Enorme nero come l’ebano. –
-Che vigliacco! Vuol proprio farmi venire la voglia. –
-La voglia ce l’hai già. –
-Ho voglia di leccare il suo. – Fa Gep succhiando lascivamente la punta della lingua di Memmo. –
-Puttanella bugiarda. Tu vorresti leccare quello di Faled. Lo visto come lo guardi. –
-Ho voglia di leccare un uccello. –
-Comincia col mio. Bocchinara. Dai succhialo. – Fa Memmo tirando fuori l’uccello.
Gep circonda subito la cappella con le labbra vogliose. Poi si rialza e riavvicinando il viso a quello di Memmo gli mormora:
-Non si è lavato questa mattina! ? –
-Perché, ti fa schifo. –
-No. – Fa Gep mordicchiandogli le labbra.
-Mi piace. Si sente proprio il sapore di cazzo. –
-Sei proprio una gran pompinara. –
-No. Cosi no! – Memmo gli sta premendo un dito tra le chiappe- Lo leva e lo porta alla bocca di Gep.
-Leccalo. Bagnalo. – Gep lo lecca insalivandolo.
-No! Ti prego. – Fa quando risente quel dito penetrargli nel culo. Torna a succhiare con foga l’uccello. –
Memmo comincia a gemere di piacere. Gep lo spompina con tutte le forze finche lui con un urlo comincia a sborrare.
Gep continua a succhiarlo con libidine. Quando Memmo si riprende un po’ fa:
-Ho sete. Mi faccio portare un bicchiere d’acqua da Faled. –
-è pazzo. – Fa Gep sfilandosi l’uccello.
– Aspetti un attimo voglio leccare il suo pisello ancora. –
-Mentre tu lo succhi io posso bere. –
-Non pupo far venire Faled mentre sto cosi. –
-Succhia non ti preoccupare lo sa quello che mi fai. Non si scandalizzerà. – E chiama ad alta voce Faled.
-Vigliacco. No! – Fa Gep leccandogli le palle.
-Tu vuoi qualche cosa? –
-No. Non voglio niente. è un porco mi fa fare delle cose vergognose. E io non so dirle di no. Speriamo non abbia sentito. –
Torna a leccare il cazzo e le palle con gusto. In quel momento Faled entra in camera senza farsi sentire. Memmo gli da un’occhiata significativa e lui si slaccia i pantaloni. Se li sfila e si avvicina.
Si mette a fianco di Gep e tenendolo con una mano picchietta con la punta dell’uccello sulla guancia di Gep.
-Assaggia il salame marocchino, bocchinara. – Gli fa Memmo.
Gep come attratto da una calamita lascia l’uccello ammosciato di Memmo e si dedica con la lingua alla fava enorme di Faled.
è un piacere immenso per lui sentire quel pisellone enorme, duro come il legno che spunta da un cespuglio di peli crespi nerissimi.
Se lo sfila dalla bocca un attimo per leccarlo alla radice e sulle palle e fa:
-Siete due porci. Cosa mi fate fare? –
-Ti facciamo godere puttanella. – E cosi dicendo va su e giù nel culo di Gep con un dito.
Gep ricomincia a sbocchinare Faled infilandosi tutto il cazzo che può in bocca. Con le mani gli carezza le cosce muscolose. Le palle e gioca con i peli crespi.
Poi Memmo gli fa:
-Adesso lo succhi di nuovo a me. – Gli tira la testa verso il suo ventre.
Gep ingoia l’uccello di Memmo non ancora ben duro. Sente il dito di Memmo sfilarsi dal suo culo. Ci rimane male ma subito dopo sente qualcosa di più grosso premere tra le sue chiappe.
-No. Non vorrete! Vigliacchi! – Non fa in tempo a reclamare che sente la punta farsi largo nel suo culo.
-No. Non può infilarmi nel culo quel pisellone. Non voglio. –
-Si che lo vuoi. – Fa Memmo mentre Faled continua spingere.
-Hai un culo favoloso. – Sospira Faled col fiatone. – Si. Gli piace. Si sta aprendo come una troia. –
-Sei tu che mi stai violentando. Mi stai sfondando con quel cazzone. è un palo incandescente. –
-Ti piace. Vero troietta? – Incalza Memmo.
-Vigliacchi! è enorme. è durissimo. –
-Dillo che ti piace. Troia. –
-Ma è pazzesco! Sta entrando tutto. Quel coso enorme mi sta entrando tutto dentro.
-L’avevi già preso al culo. Vero troia? –
-No! è la prima volta. –
-Bugiarda. Ce l’avevi già rotto il culo. è entrato troppo facilmente. –
-Ohh. Me lo sento in gola. Mi sta spaccando. Si! Si! è stupendo. Spingi! Si. Si. Più forte! –
-Sei una gran troietta. Godi puttanella. –
-Sto per godere. Siiiiiii! . Cosi! Cosiiii! Godo!!! –
Memmo sborra in faccia a Gep contemporaneamente a Faled che riempie di sborra il culo di Gep.
Gep intercetta con la bocca gli schizzi di sborra e ingoia quel succo con gusto. FINE

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