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La cinquantenne

Quando si tolse la calzamaglia, sgambettando per aria, distesa con la schiena sul letto, scoprendo a poco a poco le gambe robuste, bianche, come è bianca solo la carnagione delle rosse, punteggiata di efelidi rosa, quelle gambe dalle carni non più sode, un poco andate, ma non brutte comunque perchè lunghe dopo tutto e dritte, perchè con l’età almeno non si storgono; quando si tolse la calzamaglia, dicevo, mi resi conto che stavo per compiere un atto quasi incestuoso.
E mi eccitai al pensiero.
Era goffa mentre compiva quei movimenti e certo non poteva essere sicura del suo corpo di cinquantenne; tuttavia si spogliava in piena luce davanti a me lanciandomi ogni tanto un sorriso franco.
Aveva un viso simpatico, non bello; solo gli occhi, verde foglia, erano notevoli, ma il resto del viso non si poteva certo dire grazioso: il naso era piuttosto grosso dalle narici ampie, la bocca troppo larga, le guance pienotte, sul capo una nuvola di capelli biondo rossicci.
Aveva, tuttavia, un modo di sorridere che impegnava tutta la faccia: gli occhi che si stringevano in due fessure, le guance che si increspavano verso l’alto, la bocca che si socchiudeva e si allargava mostrando due file lunghissime di denti scintillanti.
Dopo la calzamaglia si tolse anche la camicetta bianca e rimase in mutandine e reggiseno color panna.
Si sfilò i molti braccialetti che appoggiò sul comodino.
Mi chiese perchè non mi spogliavo anch’io.
Ero rimasto seduto sul letto a guardarla. Mi sporsi verso di lei per baciarla. Baciava bene, con tutta la bocca, la lingua, le labbra, un bacio caldo, asciutto, protettivo.
Ci eravamo già baciati a lungo in macchina prima di salire su da lei.
Mi tolsi la camicia e i calzoni e ritornai a baciarla.
Le sganciai il reggiseno: aveva seni grossi un po’ cadenti, con larghi capezzoli rosa, che lambii con la lingua.
Nonostante il caldo afoso di quei giorni aveva la pelle asciutta e profumata: affondai la testa sui suoi seni inebriandomi della fragranza delle sue carni.
Con il cuore che mi batteva all’impazzata le abbassai le mutande scoprendo un triangolo di peli rossicci.
Le posi un piccolo bacio sulle intime labbra, solo per sentirla fremere per un istante, poi risalii rapido all’altezza del suo viso.
La baciai sulle palpebre, mentre lei con le mani mi sfilava il membro dai boxer e prendeva ad accarezzarlo.
Salii su di lei; lei guidò il mio sesso dentro di sè, sicura. Era calda e stretta. Mi mossi lentamente mentre le carezzavo i glutei con le mani. Avevamo ripreso a baciarci ma il bacio era ora molto più umido.
Si estrasse per un attimo il cazzo e lo tenne per un po’ con la punta sull’apertura, sentivo le sue mucose palpitare.
Non potevo più resistere e glielo dissi. Entrai di nuovo dentro di lei e ripresi a muovermi cercando di controllarmi.
La sentii dire “ora” con un sussurro e spinsi più forte fino a venire dentro il suo ventre poi capii un “ancora” e diedi ancora due o tre colpi sino a sentire un “sì” lungo e strascicato dentro l’orecchio.
Quando mi risvegliai dopo essermi assopito per alcuni istanti, lei dormiva prona sotto le lenzuola. Sollevai il lenzuolo lentamente per contemplare il suo corpo nudo, piano per non svegliarla.
Ammirai la sua schiena, liscia e inarcata e il suo imponente culo latteo. Erano due collinette ben modellate e prominenti che si ricongiungevano verso il basso in forma di cuore. Ne seguii la forma esterna con un dito. Poi feci scorrere il polpastrello lungo il solco su per la pendenza e poi di nuovo giù sino all’orifizio protetto da peluria rossiccia.
Solleticata si mosse un po’. Mi ritrassi trattenendo il fiato.
Dopo alcuni istanti, visto che rimaneva immobile, mi avvicinai di nuovo al suo sedere e le baciai le natiche un po’ umide; posi poi le labbra sul buchino e lo solleticai impercettibilmente con la lingua.
Un leggero fremito della schiena mi fece capire che non dormiva. E tuttavia mi lasciava fare. Presi coraggio e osai di più riprendendo a leccarle l’apertura anale; il tiepido sentore di feci mi rendeva ebbro di desiderio.
Ora lei inarcava la schiena e sollevava il di dietro per agevolarmi il compito. Appoggiai il pene eretto e palpitante al pertugio cercando di penetrarla. L’apertura era stretta e asciutta. Lei emise un gemito e sollevò ancora di più i fianchi puntellandosi sui ginocchi.
La penetrai nell’apertura anteriore, larga, calda e umida. Era così bagnata che scivolai fuori più volte. Con una mano raccolsi un po’ del suo fluido e lo trasportai sulla fenditura più stretta. Riprovai a spingere, facendo entrare solo la punta. Lei aveva ripreso a gemere e a dimenarsi ma non mi disse di smettere.
Spinsi così più forte afferrandola per i fianchi. Emise un grido più forte, ma ormai ero dentro di lei. Vidi che si masturbava con una mano e la sostituii con la mia. Ora lei era a quattro zampe e io la inculavo da dietro riverso sulla sua schiena.
Venni dentro di lei con un fiotto di sperma che sembrava non finire mai. La sentii dimenarsi ancora; estrassi il membro e spinsi forte la mano dentro di lei solleticandole il clitoride con le dita.
Durai a lungo finché non la sentii venire con un fremito selvaggio che le scuoteva tutto il corpo mentre stringeva forte le cosce imprigionandomi la mano; continuò a vibrare per diversi secondi per poi fermarsi disfatta.
Si voltò. Aveva il volto stravolto, la bocca semiaperta ed ansimante. Strusciai il membro sul suo volto, sporcandolo di sperma. FINE

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