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Il bagno giapponese

Ho fatto un viaggio in Giappone, l’estate scorsa, perché sono sempre stato attratto da quel paese e dalle sue usanze e, non lo nascondo, ho sempre avuto un debole per le sue donne. Inoltre c’era una cosa che volevo provare, una cosa descrittami da un amico che l’aveva provata l’anno prima e che mi aveva eccitato moltissimo: un bagno.

Seguendo le istruzioni del mi amico, arrivai davanti a quello che sembrava un piccolo hotel, con una grossa vetrata sulla strada da cui si vedeva un salone con molte ragazze sedute su divani e poltrone, vestite con lunghi abiti leggeri senza manica e appesi al corpo sulle spalle da due sottilissimi nastri. Le ragazze sembravano oziare, c’era chi leggeva, chi chiacchierava e chi faceva altro, come giocare a carte o cucire; rimasi un attimo ad osservarle, ammirandone alcune particolarmente carine e finalmente mi decisi a entrare. Mi accolse un ometto molto servile, sorridendo e inchinandosi ogni volta che dicevo o facevo qualcosa e parlandomi in giapponese, ma vedendo che biascicavo a fatica poche parole, pur capendolo un poco, riprese con un buon inglese: mi portò nel salone che avevo visto da fuori e, ad una sua parola, le ragazze si alzarono e si misero in riga composte e silenziose davanti a noi. L’ometto, dopo essersi assicurato che io sapessi cosa succedeva in quell’hotel, mi disse di esaminare pure le ragazze e di scegliere quella che volevo; passai di fronte a loro guardandole, all’inizio un po’ imbarazzato, ma mi ripresi presto, non sono per niente un timido, e l’ometto aggiunse in fretta che potevo toccare se volevo. Non me lo feci ripetere due volte: non molte erano ben dotate di tette, ma avevano tutte un bel culo e non me ne lasciai sfuggire uno; mi fermai davanti a una ragazza molto carina, con l’aria innocente, un discreto seno e dopo averla palpata un attimo sul petto e sul sedere, avvicinai una mano tra le sue gambe e le sfiorai la zona pubica: il vestito era molto leggero e sentivo le mutandine sotto, anch’esse sottilissime (di seta scoprii poco dopo), e percorsi il taglio della figa. La ragazza mi sorrideva intanto e io decisi che volevo vederla nuda, per cui la indicai come scelta: tutto premuroso, l’ometto mi disse che la ragazza, un’ottima scelta, si chiamava Aika, aveva 23 anni, ed era al suo quarto mese lì in quel hotel, ma pur non essendo ancora una esperta del massaggio era comunque molto brava.

Pagai in anticipo e poi mi lasciai condurre dalla ragazza in un corridoio sul retro, dove c’erano alcune porte su entrambi i lati; ne aprì una ed entrammo, ritrovandoci in una stanza da bagno, con una vasca piena di acqua e schiuma interrata nel pavimento e lì a fianco un lettino di quelli per i massaggi.

Lentamente Aika si mise davanti a me e iniziò a spogliarmi, mettendo ordinatamente i miei vestiti su un appendi abiti lì a fianco: quando toccò ai pantaloni, si inginocchiò, con la testa a pochi centimetri dal mio membro e lo stesso fu quando toccò alle mutande. Non ce l’avevo duro, ma era in uno stato intermedio, già bello allungato: la ragazza mi sorrise ma non fece nient’altro, mi accompagnò al bordo della vasca e mi fece entrare: l’acqua era piacevolmente calda e il bagnoschiuma era profumato e oleoso, quindi mi sdraiai comodamente e attesi. Aika si portò davanti alla vasca e con un gesto fluido slegò i nastrini sulle spalle, lasciando scivolare a terra il suo vestito: rimasi a contemplare, ammirato, un corpo giovane, dalla pelle liscia e pallida, snello ma con due bei seni dotati di grosse areole e due belle gambe dritte. I lunghi capelli neri incorniciavano un bel volto dai lineamenti dolci e morbidi e i suoi profondi occhi, anch’essi neri, scintillavano alla debole luce della stanza; non era molto alta, naturalmente, ma la trovai decisamente bella. Con un ultimo gesto si tolse le mutandine, prima una gamba e poi l’altra, sollevandole appena, ma permettendomi di vedere attraverso la leggera peluria nerastra, quello spacchetto che avevo già toccato prima.

Entrò lentamente nella vasca, mettendosi sopra di me per un attimo a gambe aperte e io, prontamente, allungai una mano per toccarla tra le gambe: mi lasciò fare per un po’ mentre le strofinavo la mano sulla zona pubica, ma quando mi accinsi ad infilare un dito, lei si mosse, sedendosi e cavalcioni su di me, le sue parti intime a contatto con le mie. Mi disse qualcosa nella sua lingua, sorridendo, e iniziò un lento massaggio sul mio petto, passando per bene le mani sui muscoli, piegandosi un po’ su di me e quindi, strofinando la sua figa sul mio pene ormai indurito. Avevo una gran voglia di dirle di infilarselo tra le gambe e continuare il suo lavoro così, ma sapevo bene che avrebbe rifiutato; in quel posto non era previsto fare del sesso, si poteva toccare, usare le mani, mentre la ragazza faceva i suoi massaggi e ti lavava ma non si scopava. O almeno così era sulla carta: il mio amico mi aveva detto che facendo una buona offerta alla ragazza (offerta che sarebbe arrivata a lei direttamente senza passare dal proprietario del posto) si poteva ottenere qualche servizio in più; ciononostante non tutte lo facevano, e comunque non tutte concedevano qualsiasi parte del corpo.

Comunque, mentre mi godevo il massaggio, presi a carezzarle la schiena e il sedere, palpando quelli carni tonde e sode; la ragazza ignorava le mie attenzioni a meno che non mi avvicinassi alla figa, e in tal caso riusciva sempre a spostarsi in modo che interrompessi l’azione. Ci fu anche una reazione opposta quando le strinsi le tette con entrambe le mani: Aika stava massaggiandomi le spalle e si interruppe per un secondo chiudendo gli occhi e ansimando di piacere. Il suo gemito, un piccolo e breve acuto, mi eccitò tremendamente; volevo scoparmela, ma a lei l’idea sembrava non piacere. Interruppi il suo lavoro, fermandole gentilmente le mani e ne avvicinai una delle mie tra le sue cosce, mormorandole una cifra; lei scosse la testa, sorridendo, e io provai ad aumentare l’offerta ed addirittura a chiederle di fare lei la cifra, ma Aika sempre gentilmente, scuoteva la testa. Merda, la figa proprio non la dava. Si alzò e si girò, dandomi la schiena, quindi si risedette, sempre tenendo le nostre zone pubiche a contatto, mentre cominciava a carezzare e massaggiare le mie gambe e i piedi. Nel farlo si distendeva, alzando leggermente il sedere e lasciandomi intravedere il buchino posteriore: subito trovai il mio nuovo obiettivo, ma non volevo mettere fretta. Mi godetti ancora un po’ i suoi massaggi accontentandomi della vista di quel giovane corpo bagnato che si muoveva sopra il mio, lasciando scorrere l’immaginazione in modo da tenere la mia erezione sempre pulsante contro la sua figa; era strano saperla così a contatto, così vulnerabile, senza poterla violare. Quando lei si raddrizzò un po’ con la schiena, allungai le mani e le riafferrai le tette, ma stavolta più a lungo e palpandole con più foga: le molestai i capezzoli, fino a farli inturgidire per bene, mentre Aika si contorceva sotto quella azione; mi lasciò fare per tutto il tempo che desiderai, interrompendo il suo lavoro per concedersi un po’ di piacere e io mi dilungai poiché adoravo sentire i suoi gemiti di approvazione e notavo che probabilmente si stava eccitando, poiché col bacino si muoveva avanti e indietro sfregando le nostre parti pubiche.

Quando mi interruppi, lei riprese diligentemente i massaggi interrotti, come se niente fosse: io le feci un’altra offerta sperando che ormai fosse abbastanza eccitata da non rifiutare, ma così non fu. In realtà prevedevo la risposta negativa e così mi concentrai esclusivamente al secondo obiettivo; avvicinai un dito al suo ano e testai la sua resistenza che notai molto bassa: forse era anche a causa del bagnoschiuma, che era molto oleoso per facilitare il massaggio, ma riuscii ad infilare il medio senza sforzo nel suo sedere per l’intera lunghezza. Lei non disse niente, né si fermò, ma inarcò un po’ la schiena con un brivido; le carni attorno al mio dito non stringevano, anzi probabilmente ce ne sarebbe stato comodamente un secondo. Così avevo trovato qualcosa che probabilmente la ragazza concedeva; unendomi al moto oscillatorio del suo corpo, iniziai un dentro e fuori col dito, calcando bene per farlo entrare fino in fondo. Ora Aika ansimava leggermente, ma non diceva niente; estrassi il dito dopo qualche minuto e notai che non era per niente sporco. Evidentemente avevo visto giusto: se la ragazza dedicava così tanta cura all’igiene anale, era perché ogni tanto se lo prendeva nel culo; così ricominciai il gioco delle offerte. Senza smettere di massaggiare lei ascoltava il mio giapponese stentato mentre le facevo l’offerta: me la fece rialzare un paio di volte prima di accettare e una volta fatto, uscì dalla vasca e si diresse ai miei pantaloni portandomi il portafoglio. Presi i soldi e ripassai il tutto a lei che rimise a posto, mettendo i soldi vicino al suo abito, dopodichè ritornò nella posizione precedente e riprese il massaggio, dicendo, credo, che doveva prima finire quella parte di lavoro. Io attesi giocherellando ancora un po’ con le dita attorno al suo buchetto, infilando la punta di uno e poi anche due dita, trovando le carni davvero elastiche, mentre la mia erezione da record pulsava fremente d’attesa contro la figa della ragazza.

Non passò molto prima che Aika finalmente si raddrizzò e girandosi a guardarmi sorridendo, mi disse qualcosa che non afferrai (ero un po’ stordito dall’attesa): alzò il bacino e tenendosi in equilibrio con una mano, afferrò con l’altra il mio cazzo e la posizionò contro il suo ano. Ora lei era quasi sdraiata sopra di me, di schiena, e quando si lasciò andare si impalò profondamente, senza difficoltà: conduceva lei, muovendo il bacino e sorreggendosi con le braccia, facendo scorrere il mio cazzo pulsante nel suo sedere. Io cercavo di spingere verso l’alto mentre lei scendeva, per penetrare più a fondo, cosa che in effetti succedeva; Aika gemeva e ansimava a ritmo col suo movimento, mentre ogni tanto staccava una mano dal bordo della vasca per toccarsi il seno o le parti intime, stimolandosi. Avevo provato a farlo io, ma ancora una volta ebbi successo solo quando le strinsi le tette; sfruttavo quella presa anche per spingerla con più forza verso il basso, impalandola sempre di più.

Non ero però completamente soddisfatto, preferivo prenderla alla pecorina e condurre io il gioco, così mi imposi: la sollevai leggermente estraendo il mio cazzo e mormorando che volevo cambiare posizione. Lei non obiettò e si appoggiò a bordo vasca con le braccia, mettendosi finalmente nella posizione che volevo: vidi con chiarezza quanto le avevo allargato il buco con quella prima pompata e non aspettai oltre. Anche stavolta penetrai senza problemi e iniziai a fottere con più forza: Aika adesso gemeva forte ad ogni colpo, mentre io cercavo di raggiungere quelle parti del suo culo meno allenate. Un paio di volte diedi dei colpi che le strapparono degli inconfondibili brividi di dolore, ma non protestò; avevo pagato e lei si lasciava fare e comunque, pensai, per avere un culo così ne doveva aver presi tanti e più grossi del mio.

Venni con una certa forza, dando degli ultimi colpi ben assestati e tenendola per i fianchi per non interrompere il contatto prima del tempo; finalmente mi ero scaricato, dopo tutto quel massaggio eccitante durato una buona mezz’ora. Rimasi per un attimo dentro di lei, ansimando e guardando il corpo davanti al mio fremere per la sodomizzazione appena subita; mi risdraiai nuovamente nella vasca e così fece lei, sopra di me e restammo per un attimo abbracciati come due innamorati.

Infine lei si alzò invitandomi a fare altrettanto e mi condusse al lettino dei massaggi: mi sdraiai a pancia sotto e lei nuda accanto al lettino, riprese col suo tocco morbido a passare le mani sul mio corpo. Massaggiò prima la schiena, risalendo verso le spalle, poi staccò completamente e dai polpacci risalì verso il sedere, su cui si soffermò più a lungo, palpando e manipolando con più forza. Le sue mani mi trasmettevano nuovi brividi e sentivo l’eccitazione ritornare; mi fece girare e riprese i massaggi, stavolta sul petto, allungandosi e portando le sue tette vicino a me. Le palpai ancora un attimo ma lei stavolta non si interruppe, continuò il massaggio e io rinunciai; anche adesso, finito il torace, riprese dai piedi e le gambe, risalendo lentamente. La mia erezione era ritornata vivace, ormai, ma lei sembrava non farci caso, continuò il massaggio impastando per bene i muscoli delle cosce. Il momento del mio pene però arrivò: sorridendomi ne afferrò la base appena sopra i testicoli e iniziò a masturbarmi prima lentamente, poi sempre più veloce, fino a giungere ad un ritmo frenetico; io però non venivo così facilmente e a lei doveva iniziare a far male il braccio, perché diminuì il ritmo e dopo un po’ smise. Io rimasi sbalordito e anche incazzato, non si interrompe così una sega, però non dissi niente e lei mi portò sotto una doccia senza pareti che inizialmente non avevo notato; aprì il getto e iniziò a sciacquarmi la sostanza oleosa dal corpo. Ero decisamente più alto e lei per lavarmi i capelli doveva stare in punta di piedi strisciando il mio cazzo, ancora eretto e rosso di desiderio, contro il suo pancino; mi lavò per bene, inginocchiandosi per fare le gambe e i piedi e tralasciando il mio pene, che come al solito fu l’ultima sua attenzione. Mi colse di sorpresa: dopo aver passato un paio di volte la mano a mò di sega, lo prese in bocca e iniziò uno splendido pompino; meno male che non ero venuto prima, altrimenti me lo sarei perso e sarebbe stato un peccato perché Aika era davvero brava. Usava solo la bocca, senza aggiungere il tocco delle mani e agitava la lingua passando su tutta la superficie della mia erezione; ogni tanto se lo toglieva di bocca per leccare i coglioni, ma poi lo reingoiava e riprendeva il movimento oscillatorio. Mi eccitava molto vederla in ginocchio che lavorava così bene e inoltre dovevo ancora scaricare la sega di prima, così quando venni fu forte come quando la stavo inculando. Lei non lasciò scappare neanche una goccia e credo che fosse tanta la quantità di sperma che produssi nella sua bocca; la vidi ingoiare tutto ma un ultimo schizzo probabilmente le andò di traverso perché tossì debolmente un paio di volte.

Quando si rialzò, mi sorrise e chiuse l’acqua, prese un asciugamano e concluse il suo lavoro togliendomi per bene l’acqua dal corpo. Mi diede anche una mano a rivestirmi, come una mogliettina servile e infine, con un bacio sulla guancia, mi disse qualcosa che mi sembrò un saluto e mi fece uscire dalla stanza; impiegai un po’ a toglierle gli occhi di dosso e lasciarla ma alla fine mi chiusi la porta dietro le spalle. Un energumeno era appostato lì fuori e mi condusse all’uscita; capii che doveva essere stato lì tutto il tempo, probabilmente come misura di protezione per le ragazze, qualora il cliente esagerasse. Nel salone l’ometto che mi aveva accolto all’ingresso mi salutò cordialmente in inglese, chiedendomi se mi ero trovato bene: risposi di sì e che sarei sicuramente tornato per provare le prestazioni di qualcun’altra delle ragazze. L’ometto ammiccò, evidentemente sapeva bene che c’erano degli extra durante i bagni, e finì i convenevoli aggiungendo che sarebbe stato felice di rivedermi; me ne andai dando un ultima occhiata alle ragazze nel salone, che mi salutarono sorridendo e io sospirai perché per quella vacanza probabilmente non potevo più permettermi un’altra esperienza, a meno di accontentarmi del solo massaggio (il che era un suicidio).

Conclusi la mia vacanza in Giappone senza altri exploit sessuali, ma con quel ricordo ben in mente; ritornerò senz’altro in questo Paese, probabilmente già l’estate prossima e magari sarà l’occasione per un nuovo racconto. FINE

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