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Accetto, ma ad una condizione

Un giorno venne da me la mia bella e intelligente segretaria, Roberta, con la quale avevo già un grande affiatamento professionale perché insieme riuscivamo a raggiungere le punte massime in tema di creatività pubblicitaria.
Più che segretaria era ormai il mio partner creativo.
Venne nel mio ufficio, dicevo, non per lavoro ma per chiedermi un favore.
“Sentiamo. ” – Risposi.
Di solito concedo sempre quello che mi chiedono, compatibilmente con le necessità del lavoro.
“Vorrei cambiare orario di lavoro. ”
“Cioè? ”
“Vorrei fare orario continuato, dalle 9 alle 17. ”
“Mi crea qualche problema. ” – Risposi spiaciuto. –
“In non voglio fare orario continuato, e anche i tuoi colleghi vogliono la pausa di mezzogiorno. ”
“Insisto. ” – Replicò seria. –
“Ne ho bisogno davvero. Mi chieda quello che vuole in cambio e io glielo darò, ma devo assolutamente… ”
“Non sei tenuta a dirmi il perché. ” – La fermai. –
“Piuttosto… Davvero sei disposta a darmi quello che voglio? ”
“Sì… ” – Disse dopo una studiata pausa di ripensamento.
“Bene. ” – Continuai allora. –
“Accetto, ma ad una condizione. ”
“Sentiamo… ”
“Da lunedì tu avrai il nuovo orario, però in compenso da lunedì devi darmi del tu. ”
“Accetto! ” – Si affrettò a dire. E se ne andò dall’ufficio contenta e beata.
Il lunedì adeguò l’orario di lavoro.
Ma non mi diede affatto del tu.
Io non glielo perdonai e lei se ne accorse, ma non fece nulla per riparare alla parola mancata.
Un giorno tornò da me.
“Senta, ” – mi disse stando in piedi davanti a me imbarazzata. –
“Io sono di parola, ma proprio non mi riesce di darle del tu. Io… è più forte di me. ”
“Ti capisco. ” – Le risposi, apprezzando la sua sincerità. –
“La prossima volta ti chiederò qualcosa di meno impegnativo. Voglio dire, sul serio, non è una battuta… ”
“Posso suggerirle un’alternativa? ”
“Prego. ”
“Se uno dei prossimi giorni, le facessi vedere… il culo? ”
Era una delle parti più erotiche di lei.
Tutti in ufficio, penso anche le sue college, avrebbero volentieri dato un’occhiata al suo sedere.
Anch’io avevo più volte espresso apprezzamenti ed il suo fondoschiena, anche se nell’ambito della correttezza e della galanteria, e mai comunque avevo fatto delle avance che andassero più in là di complimenti con i sottintesi del caso.
“Robe… ” – Risposi alzandomi con un sorriso. –
“Io… Mi stai dicendo che non te la senti di darmi del tu, ma che riusciresti a mostrarmi il culo? ”
“Esatto. ”
“Nudo? ”
“Cosa? ”
“Il culo, dico, me lo faresti vedere nudo? ” –
Cercavo di capire che non fosse un gioco di parole, un trucco.
“Nudo. ” – Confermò.
“Prego. ” – Dissi, registrando una certa reazione involontaria al sesso. –
“Non chiedo di meglio. ”
E se ne andò.
Passarono due settimane, ed io avevo anche dimenticato la simpatica promessa.
La parola dell’uomo bianco, pensai, è come fumo che soffia nel vento…
Certamente non avevo cambiato né atteggiamento né affetto, né desiderio per la mia ventisettenne e avvenente segretaria, e forse era meglio che certe soglie non venissero superate tra me e lei.
Forse era giusto anche che non mi desse per niente del tu.
Un mezzogiorno entrò nel mio ufficio.
“è pronto? ” – Mi chiese. –
“è giunto il momento. ”
Non capii. Ma lei chiuse lo stesso la porta, tirò la tenda e mi si mise davanti alla mia scrivania.
Si girò di schiena,
divaricò leggermente le gambe e piano piano sollevò le gonne fino a scoprire prima la fine delle autoreggenti, poi la parte superiore delle cosce ed infine il culo.
Difficilmente il lettore può immaginare cosa mi provocò una scena di questo genere. Io ho fatto di tutto col sesso,
triangoli, quadrati, fruste, oggetti vari… persino clisteri.
Beh, insomma, chi ha letto i miei racconti, può farsi un’idea di me.
Ma la scena della mia dolce Roberta che mi offriva la vista del suo culo in quella incredibile situazione, resterà sempre nella mia memoria come il momento maggiormente carico di erotismo, emozione e femminilità della mia vita.
Dopo non più di un minuto, aveva riabbassato la gonna ed era venuta da me soddisfatta come il gatto che si era mangiato un topo.
Mi aveva lasciato infilare una mano sotto la gonna ad accarezzarla e poi si era seduta sulle mie ginocchia per baciarmi.
Il più bel sesso della mia vita, e pensare che non avevo affatto scopato!

Un po’ più di un mese dopo, era normalmente venuta nel mio ufficio prima di andare a casa e mi aveva chiesto cosa facevo quella sera.
“Sono impegnato. ” – Risposi sconsolato. –
“Non puoi richiedermelo domani? Potremo andare a cena da qualche parte. ”
“Mi ha insegnato lei a non perdere mai l’occasione. Sicuramente non si ripresenterà più. Io non lo so, ma lei lo sa di sicuro. ”
Ovviamente riuscii a disdire tutti gli impegni, ed alle 8 di sera ero a casa sua.
I suoi non c’erano e mi aveva preparato una cenetta fredda. Iniziai a mangiare qualcosa ma poi, vedendo che lei non toccava cibo, mi fermai.
Mi alzai e l’accompagnai in salotto.
Ci sedemmo sul divano.
“Posso slacciarti la camicetta? ” – Le chiesi per educazione.
“Sì… ”
L’accarezzai piano ma sempre più eroticamente, dando vita ai desideri segreti che avevo avuto più volte guardandola in giro per il mio ufficio.
“Posso spogliarti del tutto? ” – Le chiesi.
“Sì… ”
Lo feci finché lei non fu completamente nuda tra le mie braccia. Io ero completamente vestito.
La baciai a lungo, provando quello che solo la lingua riesce a trasmetterti nei momenti più emozionanti.
Poi iniziai a baciarle il corpo e lei si adattò alle mie effusioni fino a portarsi in ginocchio sul divano, con il culo in alto e la testa in basso alle ginocchia.
Il culo era per me, ed io lo baciai con devozione, accarezzandolo dolcemente. Infilai il naso nella fessura delle natiche e portai le labbra al suo buchetto centrale.
Iniziai a leccarla lì, premendo con sempre maggiore intensità, come se volessi sodomizzarla sia col naso che con la lingua.
Ogni tanto infilavo la lingua nella fessura vaginale per farla fremere di piacere più concreto, ma poi tornavo a preferire il buchetto superiore.
La leccai così finché non venne tenendosi il pollice in bocca gemendo di piacere.
Me ne andai lasciandola così, senza essere venuto.

Il giorno dopo venne in ufficio allegra come una Pasqua e si recò subito da me.
“Ciao, buongiorno. ” – Mi disse con un sorriso solare.
“Buongiorno, ciao. ” – Risposi. –
“Hai detto ciao? ”
“Sì, da oggi ti darò del tu. Contento? ”
Mi alzai ad abbracciarla. I nostri rapporti erano cambiati.
Fine della storia.

Se vi interessa saperlo, abbiamo avuto rapporti per un anno, perlopiù di quel genere anche se alternando l’attività alla passività.
Ora è tutto finito, per motivi che non vado a raccontare in questa sede. Ma siamo tuttora in rapporto di intimità confidenziale.
è la donna che ho desiderato di più.
Ho provato anche a cancellare dentro di me il file Roberta, ma il mio disco fisso lo impedisce:
“Impossibile cancellare il file Roberta perché ancora aperto. ” –
Scrive il sistema operativo. –
“Chiudere il file prima di ritentare l’operazione. ”

Roberta mi ha autorizzato a scrivere questa storia. FINE

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