Avevo organizzato quel fine settimana molto scrupolosamente, era il nostro secondo incontro.
Nel primo c’eravamo solo conosciuti, non era successo niente di particolare a parte qualche battutina ed un timido approccio fisico, ma questa volta ero sicura sarebbe andata diversamente, continuava a tormentarmi una frase che aveva pronunciato con noncuranza, in mezzo ad altri discorsi “hai un carattere forte, sei quasi una ribelle, ti starebbe proprio bene un bel collare”.
Rispondere ad un annuncio erotico, scelto quasi a caso tra quelli meno chiassosi, e continuare il gioco virtualmente via e: mail prevede prima o poi la “resa dei conti”.
Non mi sentivo affatto pronta, conoscevo a malapena quell’uomo, e certi giochi lo so funzionano solo con chi conosci e stimi profondamente, la fiducia in queste cose è la struttura di tutto.
Certo sentirmi parlare di fiducia suonava grottescamente, il mio uomo era completamente all’oscuro di tutto, mi ero inventata una visita di cortesia ad una cugina (una delle poche persone che non avrebbe potuto contattare) ed ero partita con la coscienza sporca ma orgogliosa della scusa credibilissima che mi avrebbe coperto per due giorni.
Al casello una berlina nera mi aspettava, i vetri erano di tipo scuro e dovetti attendere la portiera che si apriva per vederlo. Il nodo che avevo in gola si strinse insopportabilmente, sapevo che stavo commettendo una leggerezza, che mi sarei sicuramente pentita, ma soprattutto temevo la delusione, la delusione ne ero certa sarebbe stata cocente, probabilmente mi avrebbe accompagnato per tutto il viaggio di ritorno.
Mi venne incontro baciandomi sulla punta delle dita, che ingenuità, era chiaramente una “citazione”, mi stava sottovalutando, il mio orgoglio ebbe un sussulto e non potei fare a meno di salutarlo con un “buongiorno Sir” ecco probabilmente questo fu l’errore, da quel momento cambiò tono, diventò brusco, arrogante mi ordinò di seguirlo con la mia auto e pochi minuti dopo varcavo l’ingresso di un garage sotterraneo, sopra, una villetta di quelle estive, in una località balneare triste anche in piena stagione.
Mi fece strada sulle scale interne che conducevano direttamente alla zona giorno, il mio senso d’osservazione mi fece capire in un istante che i padroni di casa avevano tanti soldi quanto poco gusto. Anche la camera da letto era in tono, un grande letto a baldacchino laccato beige sovrastava l’ambiente, le porte erano rivestite di specchi, anche quella del bagno, che si trovava in un angolo era eccessivamente presente.
Avevo necessità di fare pipì, chiesi il permesso di usare il bagno, e la risposta fu subito secca:
“da questo momento comando io, sono io che decido i giochi, prendere o lasciare, sei ancora in tempo, dal momento che entri in bagno non avrai più volontà personale, tranquilla la riacquisterai domenica sera appena uscita da qui.
Lo sapevo, stavo aspettando qualcosa di simile, molto diligentemente,
rispettava il “copione”.
Finsi un attimo d’indecisione e poi accettai timidamente, con lo sguardo basso, conoscevo il “copione” anch’io, speravo solo che non esagerasse, ma ormai ero in gioco e giocare mi sembrava ovvio.
Mi accompagnò in bagno e aspettò seduto sul bordo della vasca che completassi i miei bisogni corporali, non era la prima volta che facevo pipì davanti ad un uomo e probabilmente non sarebbe stata neanche l’ultima, intimamente la mia natura esibizionista mi faceva godere di queste situazioni.
Appena rientrata in camera notai sul letto un piccolo pacchettino, lo aprì davanti a me e mi mostrò un collarino di pelle verde lucida, con un anello applicato sul davanti e due bracciali sempre di pelle con moschettoni applicati, cominciavo a sudare, eccessivamente, non volevo dargli soddisfazione, ma fingere non mi era possibile, chiesi timidamente qualcosa per allentare la tensione, aveva solo superalcolici e anche se di mattina non mi sembrava il caso, chiesi comunque il permesso di berne un goccio e di fumare una sigaretta, almeno quello prima di indossare i “gadget” che avrei tolto solo prima della partenza.
In verità temevo più i miei desideri che i suoi, ai suoi avrei comunque potuto mettere dei limiti, ma fermare quella tempesta che sentivo alla base della schiena, proprio sopra le natiche, era impossibile, il tempo della sigaretta e presi la decisione, mi sarei lasciata guidare, completamente, senza volontà.
Due ore dopo non mi ero ancora abituata alla stretta che sentivo intorno al collo, e i polsi erano doloranti, le mani costrette dietro si erano addormentate ma nulla in confronto al resto… ero preoccupata, come avrei giustificato i segni che mi aveva lasciato su molte parti del corpo? Le natiche erano sicuramente in pessime condizioni, sentivo il sangue pulsare soprattutto in quella zona, avevo appena avuto un’esperienza forte, molto forte, prima di scoparmi mi aveva sottomesso torturandomi senza pietà, sculacciate, frustino, e bavaglio, mi aveva costretto a supplicare un orgasmo, ricevendo il permesso solo per uno, uno soltanto verso la fine dei suoi giochi.
Ero ancora frastornata, più che dagli eventi forse dal superalcolico, ma in questi casi lo sapevo bene, era un grande alleato, ero sopravvissuta, ed anche bene, mi rimaneva comunque la lucidità per analizzare un pensiero, l’assurdità di dovergli dare del lei, su questo era stato irremovibile, categorico, mi tornavano in mente alcuni passaggi, la mia voce roca, quasi un fremito che diceva “mi perdoni, la prego basta non resisto più” e la sua che diceva “mi dispiace sei fuori tempo massimo, non sei più in tempo per tirarti indietro, è il momento della sofferenza, dopo mi ringrazierai per questo, non pensare che per me sia facile, sono io che ho la responsabilità dei ruoli ed il tuo, mi spiace per te piccola, è quello di subire, adoro condurti in questa avventura, sopporta e saprò ripagarti” era vero alla fine lo avevo ringraziato, quell’orgasmo mi era esploso dentro lasciandomi tremante e sconvolta.
Pensando che stesse dormendo, cercai di alzarmi ma avevo ancora le caviglie legate alle colonnine del letto, ed il movimento che feci richiamò la sua attenzione, “dove vorresti andare, sai che devi chiedere il permesso per tutto… forse non hai ancora capito, vieni ti faccio vedere una cosa, per te è ancora presto ma la proverai forse già la prossima volta” .
Dopo avermi slegata mi condusse in una specie di studio, la porta d’ingresso era mascherata da un pannello di legno dipinto, ero allibita, al centro della stanza si trovava un lettino, sembrava uno studio medico ma l’ambiente non era asettico al contrario era caldo ed accogliente, se non fosse stato per quel campionario da sexy shoop che faceva bella mostra di se, poteva sembrare l’ambulatorio di una beauty farm di lusso. Notai una lunga catena che pendeva dal soffitto, e una serie di dildi di varie misure allineati su una mensola, dal più piccolo al più grande, tutti esattamente dello stesso colore, arrivando a dimensioni veramente considerevoli.
Nervosamente mi scappò una risata isterica, e spontaneamente, dimenticando il “lei” d’obbligo dissi “scordatelo, sei pazzo, non resterò in questa stanza un secondo di più”.
Errore, imperdonabile errore, sottolineò la grave mancanza di rispetto, e decise lì su due piedi quale sarebbe stata la punizione
“usciamo, ti porto a fare spese, indosserai la gonna che avevi quando sei arrivata, senza mutandine e con le palline cinesi nella figa, se le lascerai cadere passeremo la serata qui in questa stanza, sono sicuro che uscirai più docile e remissiva”.
Avevo ragione, il centro della località dove eravamo, era triste molto triste, ed il corso principale quello dove fui costretta a passeggiare era spazzato da un vento freddo ed implacabile che mi sollevava continuamente la gonna, aumentando se possibile il mio disagio, cercavo di contrarre i muscoli il più possibile per impedire alle palline di fuoriuscire, ma cominciavo ad avere i crampi, e le piccole dimensioni di quel giochetto non mi aiutavano affatto.
Ogni tanto quando non ci vedeva nessuno, allungava una mano sotto la gonna e mi accarezzava il clitoride insinuandosi tra le piccole labbra, avevo capito perché lo faceva così delicatamente assolutamente non nel suo stile, cercava di farmi bagnare la figa, era molto più facile lasciarle cadere con la figa bagnata.
Nel garage appena rientrati dalla passeggiata, mi abbracciò e mi baciò appassionatamente sulla bocca,
“brava sei stata fantastica, ero sicuro che non ci saresti riuscita, non è facile le prime volte, speravo tanto che fallisti per poterti punire, ma dovrò invece premiarti, la disciplina è anche questa.
Passammo il resto del tempo a disposizione chiacchierando e scopando, ma senza mai superare i limiti della prima volta, certo al rientro avrei dovuto risolvere un grosso problema, nascondere i segni degli eccessi al mio uomo, o raccontargli tutto sperando di suscitare in lui quella rabbia ceca che conduceva sempre a cose fantastiche, indimenticabili, cose di cui solo lui era capace, avrei comunque preso la decisione durante il viaggio di ritorno, visto che non ci sarebbe stata la delusione a farmi compagnia avevo tempo per altri pensieri. FINE