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Le amazzoni

Siamo nell’anno 2321.

Il mondo è appena risorto dopo una tremenda apocalisse scatenata da uomini crudeli e assetati di ricchezze e potere.

Dopo quel terribile periodo che ha rischiato di eliminare la razza umana dalla faccia della terra, l’Umanità, ma farei meglio a definirla “Donnita” (anche se è un termine che non suona molto bene), ha deciso di cambiare e il potere ora è in mano alle donne.

Io sono quella che hai vostri tempi avreste definito una tutrice dell’ordine, una poliziotta, o una piedipiatti se preferite.

Io sono Donna e stò scrivendo questo rapporto per le mie superiori. Sono stata incaricata di indagare su una frangia di estremiste che schiavizzerebbero gli uomini, ai soli scopi sessuali/riproduttivi, per perseguire l’idea di una razza di donne superiore a quella attuale, in grado di dominare tutto il mondo.

Vi chiederete allora che cosa c’entra la concezione del nuovo mondo popolato da donne illuminate con queste pazze sacerdotesse della guerra.

Il fatto è che non tutti gli uomini dell’epoca precedente alla nostra, erano dei pochi di buono, e ora non tutte le donne sopravissute alla Grande Guerra sono delle sante volenterose solo di pace e amore.

Il mio compito è quello di infiltrarmi per scoprire metodi e attrezzature, in modo da permetterci di fermarle al più presto.

Come ogni lavoro sotto copertura lavorerò senza aiuti, meno persone sanno della mia presenza nella setta delle Amazzoni e meglio è.

Entrare nella setta non è stato facile. Solo grazie all’aiuto di una mi vecchia amica della scuola (affigliata alle combriccola), sono riuscita a farmi presentare a Shira, la Sacerdotessa delle Amazzoni.

Shira è una donna affascinante e pericolosa allo stesso tempo, una vera vichinga, ma adesso ha l’aspetto di una rispettata donna d’affari. Lei dirige una società, o una multinazionale è meglio, dedita alla ricerca genetica, ma il sospetto è che sia solo una copertura per loschi traffici. Qui non ci sono quasi uomini, se ci sono coprono mansioni umili, fattorini o segretari, e hanno tutti un aspetto dimesso, pur essendo in effetti tutti dei bellissimi esemplari di maschi.

Il giorno della mia inizzazione fù sconvolgente, Shira, che ovviamente si fidava delle mie referenze (fornite dalla mia amica) mi fece entrare nel suo studio e andando subito al sodo mi rese palese il piano della società. Tutta questa mega-azienda era stata creata al solo scopo di selezionare la razza futura che avrebbe dominato il mondo, tramite la genetica e la ricerca sul DNA. E gli uomini che scopo avevano allora?

Erano solo il mezzo per avere dell’ottimo materiale genetico da incrociare per ottenere la super donna. Ecco perchè qui si trovano solo ragazzi stupendi.

“Noi li teniamo per quello ma non solo, ogni tanto traiamo piacere da loro, anche se possiamo farne a meno volentieri” indicandomi un’apposita struttura all’interno dell’edificio centrale piena di strumenti di piacere.

Diventando curiosa Shira fece entrare il suo segretario e gli ingiunse di spogliarsi. Era un maschio stupendo e a vederlo cosi mi venne subito l’acquolina in bocca, e non solo li mi capirete.

Gli venne ordinato di soddisfarmi e lui non si fece pregare, con gentilezza mi spogliò e si mise ad accarezzarmi i seni e la fica, già bagnata dalla voglia.

Per metterci comodi la Presidentessa ci fece accomodare in un privè del suo ufficio dove poter dar sfogo a tutti i nostri istinti.

Per prima cosa mi leccò a lungo la fica con lente e lunghe lappate, bè era ammaestrato davvero bene, non sono senza esperienza e il tipo ci sapeva fare.

Molto probabilmente il suo indottrinamento era teso proprio a questo dopo anni di maschilismo imperante era una bella sensazione, avere un maschio dedito solamente al tuo piacere.

Quando fù il mio momento di passare all’azione lo presi con decisione in bocca, assaporandone l’afrore di maschio eccitato. Io avevo già goduto almeno un paio di volte e anche se non lo avevo neanche toccato potevo percepire che non avrebbe resistito a lungo al mio trattamento.

E infatti venne copiosamente e io lappai tutto quel nettare con golosità.

Shira aveva assistito da una telecamera nascosta dietro ad un vetro tutta la performance ed entrò come una furia aprostofando con male parole il povero ragazzo, che non fece nulla però per difendersi.

“Come hai osato godere cosi velocemente senza soddisfare adeguatamente Donna? ? Rispondi inetto ed incapace, ma ti darò io la punizione che meriti” e cosi dicendo mentre io tentavo di difendere l’uomo, tirò fuori una lunga frusta di cuoio e cominciò a battere il segretario senza alcuna pietà, facendolo urlare a dentri stretti dal dolore.

“Ma perchè si comporta cosi” chiesi a Shira che neanche stette a sentirmi, fermandosi dopo aver somministrato almeno uan quarantina di nerbate al suo sottoposto.

“Questi animali devono capire chi è che comanda, sono qui e in vita solo per soddisfarci e se non riescono a trattenersi per un pompino meritano solo la frusta”.

Mi rivestii in fretta tentando di non sentire i lamenti del poveretto. Quando ebbi finito tornai nell’ufficio tentando di calmarmi e aspettando il mio principale.

Poco dopo Shira tornò calma e serena come se non fosse successo niente, come se ingliggere sofferenza a qualcuno fosse una cosa di ordinaria amministrazione.

Sapevo che mi sarei trovata davanti a delle persone strane e senza scrupoli ma non immaginavo che si poteva arrivare a tanto.

Shira prese cosi a spiegarmi il mio ruolo nell’azienda. Mi dovevo preoccupare visti i miei (reali) studi di psicologia, di un programma di controllo della volontà che mirava a plagiare i casi più recalcitranti.

Io l’avrei chiamato progetto “Lavaggio Del Cervello” ma loro gli avevano dato un titolo più tecnico del tipo “Progetto per il controllo mentale” che originali, eh? ?

La vita nella nuova comunità ando avanti cosi tra altri e bassi per qualche settimana, fino a quando ci fù la prima riunione di alto livello.

Vi partecipavano tutte le capo-progetto, tra cui io, e la sala si riempì presto di affascinanti valchirie tutte fasciate nei loro abitini stile StarTrek.

Ognuna di noi doveva esporre i progressi del suo reparto sottolineando le linee quida per i futuri sviluppi. Mancavo solo io ed ero già un po’ preoccupata non avendo grandi cose da dire.

In effetti il nostro particolare progetto era in una fase di stanca, non riuscivamo a stabilizzare un determinato allucinogeno che doveva consentire di ammansire i più irrequieti e ciò ci aveva fatto perdere del prezioso tempo senza raggiungere i risultati sperati. Inoltre io non ero riuscita a trovare le prove di tutta questa macchinazione, tutto era gelosamente custodito da Shira e sembrava di lavorare nella carboneria del 19esimo secolo.

Quando fini la ma esposizione vidi che tutte erano molto scontente del mio operato e in particolare Shira sembrava una belva pronta a colpire la preda.

“Bene mia piccola Donna, oggi capirai che i risultati sono importanti più della nostra dignità, visto che non hai portato a termine il tuo compito vuol dire che ci soddisferai in altro modo”.

A quelle parole le altre solidali e già a conoscenza del rituale cominciarono a scemare in un’altra sala attigua a quella delle riunione, cominciando nel contempo a spogliarsi.

Ero un attimino allibita e inconsapevole di quello che volevano farmi ma Shira mi tolse subito dal mio stato esclamando, una volta che fummo tutte nella nuova sala: “bene Donna non ci hanno soddisfatto i tuoi risultati vorra dire che ci soddisferai con la tua lingua”.

Le donne presenti si erano già messe su una serie di sedie di tipo ginecologico, tutte nude e con la passera ben in vista pregustando il lavoretto.

Li per li mi ero pietrificata, erano 10 comprese Shira e avrei dovuto lesbicare con tutte.

“Spogliati Donna e non fare storie, capita a tutte prima o poi di sbagliare e questo è il prezzo da pagare”.

Mi spogliai e andai senza troppa convinzione verso la prima, una nera statuaria responsabile della logistica.

L’igiene era una buona norma ma la tipa emanava un afrore molto intenso tipico di una donna nera e in forte stato di eccitazione.

Dal momento che esitavo vidi con la coda dell’occhio Shira prendere da un armadio una frusta simile a quella usata in precedenza contro il suo segretario. Senza dire una sola parola lascio parlare il nerbo con una sferzata a tutta forza, che mi colpi da dietro sulla schiena.

Essendo poi il nerbo molto lungo e flessibile, mi raggiunse anche un seno tormentandolo con una fitta lancinante.

Adesso avevo ricevuto il mio primo colpo di frusta e già si vedeva un bel segno rosso, un bellissimo intarsio sulla mia candida pelle.

Ancora molto scossa mi gettai tra le gambe della nera prendendo a succhiare con accanimento le grandi labbra, quelle piccole e lo sviluppatissimo clitoride, che si ergeva come un piccolo pene in mezzo ad esse. Ma Shira evidentemente non voleva solo farmi succhiare, perchè mi mollò un secondo temibile colpo sul sedere e poi ancora uno sulle coscie.

Ogni volta che mi fermavo nella mia opera la nera mi tirava i biondi capelli per incitarmi a coninuare.

Il dolore era sempre più acuto e invece di attenuarsi si amplificava ad ogni colpo, facendomi perdere il ritmo.

“Allora vogliamo capire una volta per tutte cosa vuol dire efficienza? Significa ottenere i risultati programmati anche a fronte di imprevisti e contrattempi”. “Cosi come io in questo momento stò tentando di renderti il compito più difficile, tu devi lo stesso ottenere di farla venire, hai capito” e giù altre vergate.

Finalmente la nera venne stringendomi tra le sue potenti cosce, fino quasi a farmi svenire.

Fu la volta cosi della seconda, e come scopri in seguito ad ogni nuova persona si accompagnava una “distrazione” diversa.

Per la bionda, che chiamerò 2, Shira si mise un fallo posticcio e mettendosi dietro di me mi inculo a freddo fino in fondo. Prima ancora che potessi incominciare a leccare ecco che 2 cominciò a pisciarmi in bocca.

Non potei spostarmi per via delle spinte poderose che mi infliggeva Shira e dovetti bere tutto fino all’ultima goccia, che schifo!!!!

Fortunatamente 2 venne in fretta e il mio povero ano fu subito libero anche se un po’ malconcio.

La 3 era un’ asiatica dalle forme molto minute e non uso la sedia ma si mise a pecorina su un divanetto per farsi leccare meglio anche il culo.

Voleva che inserissi bene la lingua nel sui due buchi e mi spingeva talmente tanto le chiappe in faccia da non farmi capire più niente.

La diversione per questa numero 3 era la tortura ai capezzoli.

In due, Shira più un’altra, si misero ai lati e con una bacchetta dura cominciarono a tempestare i miei seni di percosse, facendo a gara a chi colpiva di più e con più ferocia, i capezzoli.

Questi mi lanciavano delle saette di dolore al cervello e le tette sembravano voler scoppiare da tanto che erano diventate rosse.

Anche l’orientale, venne urlando come una pazza, mentre si divertiva a mollarmi un peto in faccia, cosa che fece ridere di brutto tutte le altre.

La numero 4 era una mora matronale, forse la più anziana del gruppo, sui 35/40, robusta dicevo ma non grassa.

La sua passione era quella di farsi succhiare prima i piedi e poi il resto.

Cominciai con devozione a leccarle i piedi, per altro abbastanza profumati (meno male che queste riunioni avvenivano la mattina presto, senno sai che puzza).

Erano già due minuti che non succedeva nulla ma capii il perchè. Avevano preso un generatore di corrente e stavano preparando gli elettrodi da applicare.

Me ne misero uno sulle già malconce tette e due ai lati della fica, più uno sul clitoride, dopo averlo messo a nudo senza troppe cerimonie.

La prima scossa fù solo un debole formichio, stavano ancora mettendo a punto il congegno, ma in breve la corrente crebbe di intensità e cominciai un balletto fatto di contorcimenti e salti, ogni qual volta la corrente tornava ad impossessarsi delle mie membra.

Quando pensavo che non avrei retto la scarica successiva la 4 venne, perchè si era masturbata molto prima vedendomi all’opera con le altre e anche questa prova ebbe fine.

“Penso che ormai avrai capito come lavoriamo qui” ma dicendo cosi vide in me uno sguardo di sfida che non gli piacque molto cosi continuo “ma vedo che non sei ancora convinta cosi passerai la notte sulla macchina per il condizionamento”.

Oh no mi dissi io e la mia solita impossibilità a filtrare le mie emozioni.

Cosi venni trascinata di forza in una sala nelle segrete dell’associazione i cui trovai una sedia ginecologica con annesse attrezzature per la “remissione dei peccati”.

Venni legata saldamente alla sedia con le gambe oscenamente aperte, mi vennero attaccati degli elettrodi ai miei poveri già martoriati capezzoli e al clitoride.

Poi mi inserirono due dildi di dimensioni più che generose, nei miei due orifizi.

Collegarono i dildi a due motori a stantuffo e accesero il tutto con uno squittio di piacere.

Il movimento duro e incessante dei due pistoni mi sfondava in ogni senso. Sarebbe stata una notte lunga e solitaria, continuamente “pistonata” senza pietà.

Infatti appena le donne andarono via, partì un programma automatico che faceva variare la velocità e la profondità dei due movimenti. I due dildi erano autolubrificati da un liquido che fuoriusciva dall’estremità, impedendo che facessero male, ma a differenza di quelli veri non si sarebbero ammosciati mai.

Durante la lunga nottata non mi fù consentito neanche di dormire e infatti appena mi appisolai un momento, il congegno applicato ai miei seni e al clito emise una scarica elettrica sufficiente a svegliarmi e a farmi provare un dolore tremendo.

Non avevo più la cognizione del tempo, e involontariamente il movimento continuo mi fece provare una serie infinita di orgasmi. I lettori potrebbero obbiettare che sarebbe il trattamento preferito di una ninfomane, ma mi decisi che avrei fatto di tutto per non rientrare mai in quella sala e capii perchè la chiamavano “la macchina del condizionamento”.

L’azione incessante, lo spossamento successivo agli orgasmi e l’impossibilità di dormire mi tolsero in breve tutta la mia voglia di ribellione.

Il trattamento però prevedeva che il giorno dopo si lavorasse come al solito e che alla sera si tornasse “a riposare” sulla macchina per una settimana di fila.

Ovviamente il giorno dopo la prima notte di trattamento ero uno straccio, occhiaie enormi solcavano il mio (una volta) bel viso e sembravo un mostro.

Le perfide accolite non persero tempo e mi affibbiarono incarichi di bassa lega, come pulirgli le scarpe con la lingua o soddisfare le loro voglie o bisogni usandomi come cesso o come bidet.

Nel giro di qualche giorno la mia apparente volontà era ridotta al lumicino ma avevo finalmente le prove dei loro sporchi lavori.

Dopo un mese finalmente riuscii a scappare e guidai le forze di polizia nella sede della setta, per compiere una retata.

Finalmente potei liberare tutti gli uomini ivi reclusi restituendogli un minimo di “umanità”. FINE

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