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Insicurezza

“Sei un timido”, questa è la classica frase con cui di solito viene descritta una persona con un carattere simile al mio.
Non so quali possano essere state le cause originarie ma ho sempre avuto difficoltà nei rapporti con le altre persone.
Non mi sento affatto inferiore, anzi non perdo occasione per criticare i comportamenti di chiunque incontri, ma forse per pigrizia o per quelle immodificabili caratteristiche che ci contraddistinguono, spesso preferisco non esprimere la mia opinione, non decidere, lasciare che altri mi guidino.
Personalmente mi definirei un insicuro.
Timidezza o insicurezza che sia, odio questo mio modo di comportarmi, ed è paradossale che sia capitato proprio a me, così infatuato e adorante della forza in tutte le sue manifestazioni.
Credo che sostanzialmente il mio concetto di forza non si riferisca tanto alle capacità fisiche, bensì a quelle più intime della personalità, quando si estrinseca in quel carisma capace di soggiogare in qualsiasi circostanza, facendo sembrare ogni comportamento richiesto normale, anzi dovuto e gratificante.
Mentre ero perso in questi pensieri mi “imbattei”, in uno dei soliti annunci personali che riempiono le pagine dei giornali e lessi: “educatrice quarantenne cerca ragazzo viziato”.
Senza neanche pensarci, e divertito dalla banalità della frase, risposi con una lettera, indicando il numero del mio telefonino.
Alcune settimane dopo, quando mi era quasi dimenticato della mia follia, ricevetti una telefonata da una certa signora Arianna che sosteneva di aver ricevuto una mia missiva e voleva incontrarmi.
Rimasi attonito per un istante, e poi riuscii a collegare quella voce all’annuncio che avevo letto, sapevo di non essere in realtà interessato ad avvicinarmi ulteriormente a quel mondo che non apparteneva affatto al mio, ma, come spesso mi capita, non riuscii a dire no.
L’incontro avvenne in un paesino fuori città, lei era uguale ad una delle tantissime signore che ogni giorno mi passano di fianco senza che me ne accorga minimamente, notai che era un po’ sovra peso e senza nessuna particolarità che la potesse far ritenere bella.
La conversazione fu breve, ed io mi limitai ad ascoltare, né altro mi fu richiesto.
Arianna mi spiegò che l’educazione consiste nella capacità di assumere e mantenere la condotta richiesta, e cioè sostanzialmente nella disciplina, condizione che si può raggiungere autonomamente o nel caso di persone particolarmente deboli attraverso le giuste punizioni.
Mi disse che avrebbe potuto iniziare la settimana successiva.
Il giorno stabilito, a mezzogiorno, ero davanti ad un villino in aperta campagna, non cosa mi avesse spinto, Arianna non mi piaceva proprio, non mi era piaciuto il suo modo di fare scortese, non mi piaceva l’odore che emanava e dopo averla vista bene il termine “brutta” era la miglior definizione: resta il fatto che ero lì.
Con preoccupazione suonai il campanello, venne ad aprire un ragazzo, pensai di aver sbagliato indirizzo, e stavo per andarmene, quando vidi Arianna farsi incontro dicendomi di entrare.
Entrai.
Arianna mi presentò Paolo, il ragazzo che aveva aperto la porta, ed un altro ospite di nome Roberto.
“Non credevo ci sarebbe stata tanta gente” dissi sommessamente.
Non ricevetti nessuna risposta.
“Tutti a lavarsi le mani, è l’ora di andare a tavola” – disse Arianna – che dopo una breve pausa aggiunse “Elisa sapeva a che ora doveva venire e non è proprio il caso di aspettarla”.
Il pranzo fu abbondante e piacevole: carne e contorni di verdure cucinate con maestria, frutta del giardino ed un ottima torta, i discorsi riguardarono essenzialmente il totale silenzio che pervadeva la campagna ed il ricercato arredamento rustico del villino.
Ormai mi ero rilassato, il motivo originario della visita mi sembrava solo uno scherzo, e mi divertiva anche pensare al timore di rompere qualcosa, con chissà quali conseguenze, che mi aveva accompagnato inizialmente.
In quel momento suonò il campanello, ad aprire andò Roberto, che guardando sottecchi Paolo e ridacchiando, avvertì dell’arrivo di Elisa.
Arianna si alzò ed andò accoglierla appartandosi in un’altra stanza a parlare a bassa voce.
Poco dopo, rimasto solo, mi sedetti sul divano a leggere il giornale, e stanco per il troppo mangiare mi addormentai.
Fui svegliato da Arianna che mi indicò una stanza, stavo per chiedere spiegazioni ma lei mi anticipò ricordandomi che ero l’ultimo arrivato e che non dovevo mai farmi ripetere le cose.
Entrai.
La stanza era piccola e rettangolare, con un arredamento molto scarno. In aderenza alla parete più lunga c’era un letto con sopra disteso Roberto e, di fianco, una seggiola.
“Siediti” mi disse.
Quando fui di fianco a lui non aggiunse altre parole, mi prese la mano e lentamente la portò verso il suo inguine.
Feci un attimo di resistenza, ma subito mi ribadì, “e per l’ultima volta” aggiunse, che non dovevo farmi ripetere le cose.
Poco dopo la mia mano era appoggiata sui calzoni di Roberto e sotto la stoffa sentivo il suo pene.

“Toglimi i calzoni e toccami” mi disse.
Ero imbarazzato e schifato, nemmeno nelle più ardite o recondite fantasie erotiche avevo mai pensato ad uomo, ma avevo ancora in mente le parole di Arianna sul raggiungimento autonomo della disciplina e senza accorgermene inizia ad aprirgli i calzoni, quindi li feci scivolare assieme alle mutande fino alle sue caviglie, senza poter fare a meno di toccare il sedere peloso del ragazzo.
Con riluttanza avvicinai la mano al pisello fino a toccarglielo, sentivo che si era già indurito e vedevo la cappella gonfiarsi.
Al contatto con la pelle ebbi l’impulso di scappare via.
Roberto mi afferrò il polso guidandomi nel movimento, cercavo di non pensare a ciò che stavo facendo ma sentivo quel coso fremere e diventare sempre più duro.
Era di colore chiaro, stretto e molto lungo, e mentre lo osservavo continuavo a muovere ” su e giù” la mano.
“Impegnati” mi disse ” non basta che mi tocchi, voglio che mi tocchi bene”.
Dovevo fare meglio.
Inizia a toccarlo più morbidamente, in certi momenti quasi sfioravo la pelle, e spesso chiudevo il palmo della mano sulla cappella.
Sentii i primi lamenti.
“Più forte, toccami di più” disse lui.
Strinsi la mano alla base del pene strappandogli un lamento, mi sentivo fiero di me stesso, e con l’altra iniziai a massaggiargli i testicoli. Impressi al movimento un andamento più rapido, ed intanto dovevo spostare l’altra mano per evitare che Roberto ci spingesse contro il suo sedere.
“Fammi godere” gridò.
Io rallentai per un attimo, solo in quel momento pensai cosa sarebbe successo, ed il solo pensiero mi faceva inorridire.
Nel frattempo sentii dei rumori provenire dall’altra parte della porta, subito mi immaginai la faccia di Arianna, non potevo più fermarmi.
Ripresi a muovere la mano, stringendo ogni volta che arrivavo alla base dell’uccello, massaggiavo i testicoli cercando di evitare l’insistente strofinamento del sedere di Roberto, vedevo la cappella gonfiarsi al massimo e sentivo l’uccello pulsare, “vengo” disse Roberto.
Rallentai il movimento sperando di poter ancora ritardare la fine, poi decisi di muovere la mano il più velocemente possibile stringendo con forza, sentii le natiche sudate di Roberto premere contro la mia mano, ancora su e giù una, due, tre, conto quattro e uno spruzzo di sperma mi colpì la mano e subito un altro il braccio.
“Muovi lentamente” sussurra Roberto, e allora devo continuare impiastricciandomi completamente.
Roberto accavalla le gambe sopra la mano. Finalmente è finita.
Faccio scivolare via la mano che è completamente sporca e appiccicosa.
Mi viene accordato il permesso di uscire e fuori dalla stanza, vicino alla porta, trovo Arianna e Elisa che parlano.
La signora fa un cenno come volesse presentarmi Elisa.
Umiliato non mi fermo e corro fino al bagno per pulirmi.
Vorrei non uscire più dal bagno, o scappare da una finestra, mi vergogno di quello che è successo soprattutto pensando che probabilmente sono stato spiato e ridevano di me.
Ma i miei propositi di fuga vennero interrotti dalla voce di Arianna che mi chiamò.
“Vieni che ti voglio presentare ad una persona ” udii.
“Finalmente riesco a conoscerti” – disse Elisa – “hai una mano molto fresca devi avere freddo”.
A quelle parole arrossii e rimasi incapace di rispondere.
Per fortuna mi salvò Arianna “visto che non sembravi troppo interessato a fare la conoscenza di Elisa quando te lo ho chiesto seguimi di là e comunque avrai tutto il tempo di parlarle più tardi”.
La seguii in un’altra stanza che sembrava del tutto uguale alla precedente, ero turbato pensando di restare solo con lei.
Ma mi stavo sbagliando perché quando guardai meglio vidi che sul letto vi era seduto Paolo.
Giunti davanti al ragazzo la signora mi fece i complimenti “Sono contenta di te” – disse – “mi hanno raccontato che sei stato bravo con le mani ora non resta che vedere come te la cavi con la bocca”.
Ero impietrito.
Rivolgendosi a Paolo gli disse di togliersi i calzoni, cosa che fece rapidamente rimanendo nudo dalla cinta in giù.
“Succhialo” disse e questa volta l’invito era rivolto a me.
“Ti prego non ce la faccio” balbettai.
Non feci in tempo a finire la frase che un terribile ceffone a mano aperta mi colpì il volto, Arianna mi guardava fisso nei miei occhi bassi, alcuni istanti di impassibilità e poi un manrovescio colpì l’altra guancia.
La faccia mi bruciava, stavo per piangere.
“Inginocchiati” mi disse in tono perentorio.
Lo feci d’istinto e fu quasi un sollievo perché le gambe non mi reggevano più.
“Ora metti le mani dietro la schiena e prendilo in bocca” disse sempre Arianna.
Davanti ai miei occhi avevo il pisello di Paolo, era largo, grosso, la pelle lo ricopriva anche oltre la punta rendendolo una massa quasi informe, appoggiata o meglio appiccicata mollemente ai testicoli.
Sentii una mano spingermi la testa mi avvicinai fino a pochi centimetri, ed intanto sentivo un odore sempre più forte che non mi piaceva.
Non potevo più tirarmi indietro, avvicinai la faccia tenendo le labbra chiuse, a chi vedeva la scena doveva sembrare una specie di tenero bacio, passai la lingua sotto il pene cercando di separarlo dai testicoli e con faticai riuscii guidarlo verso la bocca.
Le papille gustative lavoravano per elaborare e, chissà, forse, memorizzare questo nuovo gusto, la mia bocca era piena nonostante il pisello fosse ancora completamente mollo, cosa che faceva aumentare lo schifo, perché lo sentivo inerte, appoggiarsi ed aderire contro ogni spazio della mia cavità.
Con la lingua cercavo di tirare giù la pelle in modo da scoprire la cappella, ma ogni tentativo si rilevava inutile perché la larghezza dell’uccello e le mani che mi premevano la testa mi impedivano quasi ogni movimento.
Arianna capita la mia difficoltà mi alzò la testa dicendomi di usare le mani.
Presi il pisello alla altezza dove presumevo finisse il glande, tirai la pelle verso il basso e vidi scoprirsi una cappella molto larga di colore rosso scuro nettamente separata dal resto da uno spesso rigonfiamento.
Iniziai a muovere la mano avanti e indietro alcune volte, vedendo e sentendo i primi cambiamenti, intanto era anche aumentato l’odore che il pene emanava.
Memore della precedente esperienza presi i testicoli di Paolo tra le mani e inizia a massaggiarli, subito Paolo spinse il sedere contro la mia mano, ma questa volta alla presenza di Arianna non osai spostarla e mentre continuavo più velocemente il movimento con l’altra mano, Paolo si aprì le natiche mettendomi a contatto con l’intimità del suo culo.
Il pisello era ormai duro e sapevo che di lì a poco avrei dovuto riprendere il lavoro precedentemente interrotto.
“Leccalo” mi disse Arianna.
Iniziai passando la lingua alla base e quindi salii verso l’alto, da quella posizione vedevo chiaramente una traccia bianca sotto il rigonfiamento della cappella, cercai di evitare quella parte, ed in quel momento sentii, fortunatamente, di nuovo la mano sulla testa.
Era giunto il momento di succhiare, spalancai la bocca (è il caso di dirlo) e lo presi dentro, muovendo la testa avanti e indietro, senza mai fermare la lingua, come mi veniva ricordato.
Intanto mi aiutavo con la mano che continuava a stimolare l’uccello alla base.
Il massaggio aveva i suoi effetti e Paolo con il bacino aumentava il ritmo spingendomelo spesso fino in fondo alla gola tanto che reprimevo a stento dei colpi di tosse.
Diedi maggior vigore al movimento della mano e iniziai di nuovo a leccarlo in tutta la sua lunghezza e dovetti notare, con mio disgusto che ogni segno bianco era definitivamente scomparso.
Era diventato completamente duro, guardandolo mi chiedevo come poteva stare nella mia bocca e se non sarebbe stato troppo anche per una ragazza, intanto il sedere schiacciava con forza la mia mano ed avevo l’impressione che non fosse casuale il frequente contatto con un mio dito.
Lo succhiai di nuovo muovendo con più velocità e quando sentii finalmente i lamenti di Paolo continuai ancora, quindi spostai la faccia lo presi con la mano e stringendo lo masturbai il più velocemente possibile sapendo che non sarebbe potuto resistere a lungo e pensando che, data la posizione, rispetto a prima era anche meglio perché avrei evitato di sporcarmi.
La cappella aveva un colore rosso cupo, sembrava sul punto di esplodere, continuai diminuendo leggermente il ritmo per poi riprenderlo subito dopo. “Mettilo immediatamente dentro la tua bocca” disse Arianna.
“Non posso sta per venire” avrei voluto replicare, ma non volevo che Arianna ripetesse la richiesta e così aprii la bocca disegnando una “O” con le mie labbra tese.
Subito due mani si posarono sulla mia testa, la spinsero e ricevetti il cazzo fino in fondo alla gola, le mani mi tiravano su e giù a piacimento e io sopportavo passivamente nell’attesa.
La cosa continuò per alcuni minuti, la bocca iniziava a farmi male, girai la mano indolenzita sotto il sedere di Paolo e con il pollice andai a scontrare il suo ano o forse feci qualcosa di più, al pensiero strinsi involontariamente le labbra attorno all’uccello proprio mentre mi veniva spinto dentro con forza, ricevetti un getto di sperma direttamente in fondo alla gola e lo inghiotti subito, poi un altro che fece la stessa fine, mi venne nausea, sentivo un sapore salmastro riempirmi la bocca e un odore acre le narici, arrivarono altre scariche e fu ancora peggio, cercai di far colare via il più possibile ma le dimensioni del pene mi sigillavano praticamente la bocca, volevo in tutti i modi evitare di dover inghiottire di nuovo quella roba.
Adesso lo sentivo sgonfiarsi ma non mi era ancora stato detto di spostarmi.
Lo sentivo vischioso abbandonato mollemente sulla lingua.
Iniziava a uscirmi un po’ di sperma dalla bocca quando Arianna mi raccomandò di non sputare, e quindi mi autorizzò ad uscire dalla stanza ricordandomi di essere sempre educato.
Uscii.
Mi trovai davanti Elisa e Roberto, mi passai rapidamente la mano per pulirmi la guancia e nascondere le conseguenze del mio operato, stavo per procedere ma Elisa mi chiese se volevo finire le presentazioni repentinamente interrotte.
Non riuscivo a parlare perché la mia bocca era ancora piena delle secrezioni di Paolo.
“Anche se non ne hai voglia mi sembra sia dovuta una risposta” mi disse Elisa.
Capii che aveva ragione, socchiusi gli occhi e deglutii, sentendo colare lo sperma lentamente, “Scusami” risposi guardando il pavimento.
“Figurati ti capisco, non hai una bel colorito, chissà forse sarà quello che hai mangiato” disse Elisa e quindi guardò Roberto mettendosi a ridere.
Ancora una volta mi trovavo nel bagno, di nuovo nascosto agli occhi di tutti mi sentivo pieno di vergogna e umiliato, ma sperava che Arianna non fosse arrabbiata con me se ero stato titubante e se avevo fatto delle difficoltà.
Uscii in modo da evitare che qualcuno mi chiamasse e andai a sedermi sul divano, cercavo di comprendere il peculiare stato d’animo in cui mi trovavo, capivo che Arianna mi intimoriva, ma non potevo accettare le sue richieste, e tuttavia mi sentivo in obbligo di fare tutto nel migliore dei modi non solo per soggezione ma anche per non deludere Arianna. Non riuscivo a togliermi dalla testa che non mi ero comportato bene, che avrei dovuto fare di più, obbedendo subito e meglio.
Cercai di rilassarmi con la lettura e con la quiete che circondava la casa.

Rimasi solo per più di un ora poi arrivò la signora che cercò di confortarmi.
Mi disse che avevo iniziato bene, Roberto non aveva avuto alcuna lamentale da fare ed in fondo anche con Paolo non era andata così male.
Però mi fece anche notare che avevo commesso un grave atto di indisciplina inizialmente nella stanza con Paolo ed in quel caso mi disse che forse aveva sbagliato anche lei non punendomi più severamente.
Le chiesi scusa e senza il coraggio di guardarla negli occhi, aggiunsi che comunque le due sberle avevano lasciato un segno che si poteva ancora vedere.
Arianna mi fissò e per un attimo ebbi paura di essere stato impudente e di prenderle di nuovo, invece lei mi sorrise e mi disse di seguirla al piano di sopra.
Entrammo dentro una grande stanza quadrata arredata con un divano, una scrivania, una angoliera ed al centro una specie di sgabello ricavato da un ceppo di un albero con tre assi di legno unite alla base dello sgabello dove posare i piedi e due spessi cuscini posati ai lati.
Dentro la stanza oltre a Paolo e Roberto c’era anche Elisa e questo aumentava il mio turbamento.
“Non preoccuparti” mi disse Arianna ” questa volta non dovrai fare nulla di difficile, devi solo metterti sullo sgabello”.
Volevo rimediare a tutti i miei precedenti errori e rapidamente sedetti dove richiesto.
Ci fu un attimo di totale silenzio e poi Elisa iniziò a ridere a gran voce e gli altri ragazzi le si accodarono.
“Non mi sono spiegata bene ” – disse Arianna – ” non è con il sedere, bensì con la pancia che devi appoggiartici sopra”.
Quella posizione mi terrorizzava, capivo cosa poteva significare, ma non tardai a fare come richiesto.
Ero piegato in due e l’asse di legno svolgeva egregiamente la funzione di inginocchiatoio.
Arianna diede le prime istruzioni ad Elisa, che andò dietro di me, quindi sentii le sue mani che mi slacciavano i calzoni e li abbassavano per poi levarmeli, pochi secondi dopo la stessa sorte era seguita dalle mie mutande.
Ero con il sedere nudo rivolto all’aria mi sentivo gli occhi di tutti rivolti verso di me ma non osavo guardare nessuno in faccia.
La signora mi disse di posare le gambe sui cuscini.
Divaricai le gambe e appoggiandole mi accorsi che i sostegni dell’inginocchiatoio mi impedivano di richiuderle.
Adesso anche l’intimità del mio sedere doveva essere ben visibile.
Elisa iniziò a schernire la mia nudità ma venne interrotta da Arianna che le disse di preparami personalmente.
Percepii una sommessa lamentala, ma i miei pensieri furono subito rivolti a due mani che mi allargarono ulteriormente le natiche, poi sentii qualcosa di caldo passare proprio sopra l’ano, dopo alcuni passaggi tutta la parte era inumidita ed ebbi la certezza che Elisa mi stava leccando il sedere. Era una sensazione eccitante e sentivo che mi si stava indurendo.
Poi la lingua si fermò proprio sul buco bagnandolo ulteriormente.
“Va tutto bene ? ” – chiese Arianna – interrompendo il contatto.
“Si, tutto a posto” replicò la ragazza.
“Sei pronto ? ” mi chiese la signora alzandomi la testa.
Inizia a tremare e perquanto fossi dubbioso risposi di si.
“Non hai nulla da preoccuparti, cerca di rilassarti, quello che farò adesso non ti farà male e comunque vedrai e sarai informato di ogni cosa che succederà” – mi disse Arianna -, e nel mentre mi mise il dito medio in bocca in modo che lo succhiassi.
Poi andò alle mie spalle e sentii una sua mano appoggiarsi alla mia schiena, mentre l’altra iniziava a scivolare dal solco tra le natiche sino a quando il dito medio non si fermò proprio sull’ano.
“Ora te lo infilerò lentamente nel buco del culo, non ti farà male e non dovrai dire nulla” non aveva finito di avvisarmi che già il dito stava varcando la soglia dello sfintere.
Il dito come avevo potuto vedere era molto sottile e la sensazione di dolore era minima, molto maggiore era invece il senso di umiliazione.
Come promesso procedeva lentamente e io ne avvertivo costantemente il minimo avanzare.
La signora mi chiese se me lo avevano già fatto altre volte.
Con un filo di voce risposi di no.
Arianna disse che un buchino così stretto non lo aveva mai sentito.
Era dentro quasi interamente ed iniziavo ad avvertire un fastidio maggiore quando Arianna lo tirò fuori tutto di un colpo e potei reprimere solo parzialmente un lamento.
Adesso era davanti a me, e, visibilmente alterata, gridava che né io o Elisa la avevamo avvertita, anzi avevamo detto che ero pronto.
Non riuscivo a capire a cosa si riferisse, fino a quando mise sotto gli occhi miei e di Elisa il dito intrusore macchiato da una sostanza marrone che emanava un odore inequivocabile.
Nella stanza rimase solo Arianna assieme ad Elisa, e come ordinato io mi rivestii e scesi al piano di sotto con Paolo e Roberto.
Nessuno parlava cercando di sentire cosa succedeva al piano di sopra.
Dopo una mezz’ora avevo udito poco o niente, a parte rumori confusi, alcune grida e una incomprensibile frase ripetuta più volte da Elisa.
Sentimmo dei rumori di passi provenire dalle scale, entrò Elisa con i segni delle lacrime sul volto, e mi disse che Arianna mi aspettava di sopra.
Salii le scale impaurito, bussai alla porta ed entrai.
Arianna era seduta sul divano.
Disse che dovevo tirarmi giù i calzoni e di distendermi sulle sue gambe perché sarei stato punito.
Presi posizione, mi sentivo del tutto impotente, sapevo che sarei stato sculacciato e sapevo anche di essermelo meritato, ma non sopportavo quell’attesa.
Sentii di nuovo un dito infilarsi dentro il mio sedere sentii subito male per la mancanza di qualsiasi lubrificazione e appena fu tolto sentii che mi era stata messa una supposta, immediatamente dopo la signora iniziò.
Fui sculacciato per un decina di minuti con colpi ritmici e non eccessivamente forti.
Quando fu finito il sedere mi bruciava.
“Allora pensi di essere stato punito a sufficienza per quello che hai fatto ? ” mi chiese Arianna.
“No” risposi istintivamente.
Arianna si alzò ordinandomi di stare lungo sul divano sempre a pancia sotto.
Trafficò in un cassetto e ritornò vicino a me con una spessa cintura di cuoio ripiegata in mano.
Inizia a tremare.
“Inizia a contare ” ordinò.
Quando dissi uno ricetti il primo colpo, non me lo aspettavo così forte e gridai, immediatamente ricevetti altre cinque cinghiate.
Ripresi a contare da due e fui avvertito che sarei dovuto arrivare a quaranta.
I colpi erano forti, e ogni volta che non trattenevo i gemiti ne subivo una razione supplementare, avrei voluto fermarla perché i colpi diventavano troppo forti ma riuscii a sopportare.
La supposta stava facendo i suoi effetti e sentivo la necessità impellente di andare in bagno, quando lo dissi alla signora ricevetti dieci cinghiate in rapida successione che mi fecero piangere.
Quando finì mi chiese se era stata una punizione sufficiente, il sedere era incandescente e anche la schiena non era stata risparmiata, non avrei resistito oltre e risposi che poteva bastare.
Mi disse di mettermi supino e intanto andò a riporre la cintura, quando ritornò prese il mio pisello con due dita e vi applicò una molletta di ferro appena sotto la cappella. Iniziai a lacrimare di nuovo.
Arianna chiamò Elisa e andammo tutti assieme in un grande bagno dove al centro vi era uno sgabello del tutto simile a quello che avevo visto nella stanza precedente.
La molletta non smetteva di tormentarmi e aumentava la mia vergogna, per fortuna dopo poco dovetti appoggiarmi sullo sgabello come in precedenza sulla pancia e sempre con le gambe ben divaricate.
Arianna disse ad Elisa di prendere il recipiente del clistere e sotto i miei occhi lo riempì con acqua, olio e sapone liquido in parti uguali, poi prese una canula sottilissima e la passò nel sapone.
Con due dita la signora mise ben in evidenza il mio ano e inserì la canula che scivolò con facilità, provocandomi un forte bruciore causato forse dal sapone, senza troppa grazia la spinse fino in fondo al culo toccando la parete dell’intestino, nonostante il fastidio evitai ogni lamentela, il movimento venne ripetuto altre tre o quattro e mi venne una voglia terribile di fare la cacca.
Sentii il liquido che fluiva dentro di me, dopo poco credevo di scoppiare ma cercai di resistere il più possibile.
Arianna estrasse lentamente la canula aumentando il mio bisogno di liberami.
Dopo alcuni minuti di silenzio fui autorizzato a sedermi sul vaso, scaricai rumorosamente davanti alle due donne e sempre davanti a loro mi pulii.
L’operazione fu ripetuta e Elisa si divertì a spingermi rudemente l’aggeggio nel sedere che però era fortunatamente di dimensioni veramente ridotte.
Fui lasciato solo nel bagno.
Mi lavai scrupolosamente e intravidi allo specchio le striature rossastre che erano rimaste dietro.
Speravo fosse tutto finito, e, comunque, ancora una volta ebbi il proposito di non deludere Arianna.
Paolo venne a chiamarmi e lo segui nella grossa stanza quadrata dove ero già stato.
Arianna notò che mi ero tolto la molletta, ne prese un’altra e la mise di nuovo allo stesso posto quindi mi fece appoggiare allo sgabello sempre inginocchiato e con le gambe ben divaricate e mi picchiò violentemente con una paletta di cuoio sul culo davanti a tutti.
Prese da un cassetto una scatola di vaselina e con il contenuto cosparse abbondantemente il mio sedere.
Iniziò a spiegarmi che di solito il primo rapporto anale è doloroso in particolare nel caso si abbia uno sfintere particolarmente stretto, e che in questo senso secondo lei non era sbagliato dire che veniva rotto il culo.
Aggiunse che sarebbe stato indicato iniziare con qualcosa di non troppo grosso, e duro, e che di solito si faceva proprio così e si avanzava per gradi, ma concluse subito dicendo che non mi ero meritato alcun trattamento di riguardo.
Ero terrorizzato e pensai immediatamente a Paolo.
Dalla mia posizione vedevo Arianna prendere un oggetto dalla scrivania e ancorarlo al suo corpo con delle cinghie che passavano in vita e nelle gambe.
Quando si girò venendo verso di me aveva un fallo artificiale ancorato saldamente in vita.
Arianna prese dell’altra vaselina e iniziò a spalmarla copiosamente sul pene di plastica in modo da ricoprirlo completamente.
L’operazione richiedeva tempo e dovetti notare che il fallo era costituito da due ingrossamenti a forma di cappella posti alle estremità e uniti da una asta contornata da disegni sporgenti, e perquanto fosse di una lunghezza considerevole era la larghezza che pareva sproposita.
Arianna mi avvertì che avrebbe usato proprio quell’oggetto per farmi il culo, lo avrebbe spinto lentamente in modo da rompermelo già con il passaggio della prima cappella e avrebbe continuato infilandoci tutta l’asta e finendo di sfondarlo con la seconda cappella, a quel punto mi avrebbe legato le cinghie attorno alle gambe e alla vita in modo da impedire che potessi cercare di spingerlo fuori. Lo avrei tenuto dentro tutto il giorno.
Tremai.
Mi sconsigliò anche di far resistenza, era troppo duro e ben lubrificato e poteva spingerlo dentro in qualsiasi momento.
Avevo paura, implorai che facesse qualsiasi altra cosa piuttosto che usare quel coso, mi avrebbe rovinato, dissi che non me lo ero meritato.
Arianna mi rispose che al limite avrei perso qualche goccia di sangue, e che comunque Elisa era stata punita ben più duramente e che la sua iniziazione sarebbe stata ancora più severa.
Ancora più terrorizzato da quelle parole, mi chiedevo cosa fosse successo ad Elisa e cosa ci potesse essere di peggio quando Arianna si mise dietro di me ed in un solo colpo infilò un dito dentro al mio sedere, urlai e tutti si misero a ridere.
Tolse il dito e aiutata dalla mia posizione, appoggiò sapientemente il fallo sul mio ano in modo da incularmi con più facilità, e iniziò a spingere, per un momento credetti che non sarebbe mai entrato e pensai di essere salvo, ma lei continuò e iniziò ad introdurmelo dentro, cercai di resistere contraendo i muscoli e sentii spingere con più forza, credevo che lo sfintere si spaccasse ma in realtà non era entrato ancora niente.
Ogni volta che si accorgeva che facevo resistenza mi colpiva sulla schiena con un frustino.
Come mi aveva avvertito, Arianna spingeva molto lentamente, ma inesorabilmente, quando era entrata quasi metà della prima cappella sentii un dolore insostenibile, l’ano si era oramai dilatato completamente, era in estrema tensione e non avrebbe resistito ancora, in lacrime le chiesi di fermarsi, ma la signora spinse ancora, urlai percependo che si stava rompendo veramente, sembrava non finire mai, adesso sentivo il ruvido dell’asta.
Arianna mi disse che il peggio era passato.
Sentii l’oggetto muoversi di nuovo dentro di me ma in senso opposto, la signora lo stava tirando e fuori l’operazione fu ancora più dolorosa della precedente.
Quando uscì del tutto ebbi un sospiro di sollievo.
Ma il sedere fu lasciato in pace per poco perché Arianna lo iniziò a perlustrare con due dita spiegandomi che voleva capire se era stato rotto del tutto.
Il movimento delle due dita continuava a farmi male e, con terrore, capii che questo poteva significare che l’opera non era ancora stata completata.
Tolte le dita Arianna mi avvisò che me lo avrebbe messo dentro una altra volta.
Si mise dietro di me e iniziò con maggior vigore, il dolore, se possibile, fu ancora più intenso, urlai tutto il tempo
Dopo una nuova esplorazione manuale non era ancora del tutto convinta.
Mi fece legare le mani allo sgabello e disse a Paolo di incularmi.
La supplicai di cambiare idea ma non ci fu nulla da fare.
Paolo si unse il pisello facendoselo diventare duro, quindi si mise dietro di me ed entrò.
Entrò velocemente e continuò a muoversi senza tenere conto dei miei gemiti ogni volta lo infilava fino in fondo per poi di tirarlo fuori quasi del tutto.
Continuò fino a quando con gli ultimi terribili colpi non venne dentro di me.
Ero esausto , piangevo, sentivo il sedere esternamente bruciare per le percosse subite, ed internamente il dolore era lancinante, sentivo che era rotto per sempre, e non osavo pensare a come avrei fatto la prima volta che avessi avuto il bisogno di andare in bagno.
Arianna noncurante delle condizioni in cui lo aveva lasciato Paolo lo esplorò di nuovo dichiarandosi convinta.

Andò dietro di me dicendomi che sarebbe stata l’ultima volta.
Sentii di nuovo il duro oggetto di plastica premere contro il mio buco del culo, cercai di rilassarmi e tutto la prima parte scivolò dentro senza che emettessi alcun lamento.
Arianna soddisfatta, mi premiò ordinando ad Elisa di togliermi la molletta dal pene e di baciarlo per bene.
Riprese a spingere, il dolore non era diminuito e ben presto arrivò il secondo rigonfiamento iniziai ad urlare di nuovo, ma questa volta non si arrestò sino a quando il fallo non fu seppellito interamente. Ero completamente sfondato, ma riuscii a riempire la bocca della ragazza che sentivo sputare sul pavimento.
Mi fu rimessa la molletta e Arianna diede un’ultima spinta per stringere le cinghie, poi girò una vite allargando ulteriormente la base del fallo, e come promesso fui lasciato in quella posizione.

Sapevo che era solo l’inizio.

Spesso mi capita di pensare a questa storia e ogni volta mi trovo lungo sul letto con la mia mano che si muove tra le gambe e penso che forse vorrei qualcosa di non troppo morbido profondamente infilato nel sedere. FINE

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