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Cena a sorpresa

Ti bacerei! Come lo hai capito che era la cosa che più desideravo, l’essere liberato da questa morsa di metallo? Se mi volete incaprettare fatelo almeno con corde o stoffa!
-Che generosa che sei con gli schiavi, tu, – la canzonò Desideria. Ma ad ogni modo la chiave delle manette girò nelle minuscole serrature, e prima la mia mano destra poi la sinistra furono libere.
La cosa non aumenta certo la mia libertà, coi gomiti così strettamente legati non posso comunque muovere le braccia. Dopo poco, anche le caviglie furono liberate dalla loro morsa d’acciaio. Provai un senso di vero e grande sollievo, che non si affievolì neanche quando polsi e caviglie vennero di nuovo catturati ed avvolti da qualche materiale morbido che non riconobbi: stoffa o corda? Ma che importa, l’importante è che non si tratti di metallo!
L’incaprettamento fu perfezionato con stupefacente maestria con il classico collegamento tra polsi e caviglie che vennero uniti da un tirante. Un incaprettamento veramente ricco di tensione: le mie torturatrici…
O dovrei dire: le mie Padrone?
… non smisero di tirare finchè polsi e caviglie non si toccarono tra loro. Venni adagiato sul fianco, e fu un bene visto che la posizione prona mi avrebbe causato certamente seri problemi di respirazione, a lungo andare.
Di nuovo grazie… che lo abbiate fatto di proposito o no!
-Uffa che fatica, dài, fissiamolo, – incalzò la voce di Gatta, -e vediamo di far presto che comincio ad aver sonno. Su, un gancio ad ognuna. E infatti sentii armeggiare da diverse direzioni quasi contemporaneamente: la testa mi fu catturata presumibilmente da legacci ancorati agli anelli che si trovavano sotto il mento e sopra il capo. Un terzo legame mi catturò le ginocchia, ove i muscoli a causa della posizione si erano di nuovo dilatati causando una profonda penetrazione dei lacci che li serravano. Comunque la mia testa risultò tirata all’indietro e assicurata a un qualche gancio di cui ignoravo addirittura l’esistenza, nel baule della mia vettura. Ben presto però questa severa trazione venne equilibrata da un aggancio analogo grazie al quale la testa veniva tirata anche verso l’avanti.
Insomma, l’avete proprio imparato l’uso di questi anelli! Tutti i tiranti, inutile dirlo ormai, vennero tesi allo spasimo, e come risultato la mia povera testa non poteva muoversi nemmeno di un centimetro. Anche le ginocchia mi vennero bloccate allo stesso modo, da due direzioni diverse. A dire il vero, una parte rimasta libera c’era ancora: era il torso, che poteva effettivamente oscillare sulla spina dorsale, se pur leggermente e nei limiti imposti dagli ancoraggi applicati a cranio e ginocchia.
-OK ragazze, a me sembra che sia ben fissato, possiamo andare ora?
Non capii cosa le altre due risposero a Gatta: il botto del cofano richiuso con decisione coprì ogni altro suono e inoltre i miei timpani sollecitati dalla pressione dell’aria schioccarono. Suppongo comunque che le risposte fossero positive, tanto è vero che dopo un breve istante sentii le porte dell’auto chiudersi con forza mentre il motore si avviava.
Ingenuo, ingenuo, ingenuo! Come ho fatto a cascarci? Queste cosiddette inesperte di bondage si sono trasformate in poche decine di minuti in tre perfette rapitrici! Ed eccomi qui immobilizzato e tutto dolorante a dover affrontare un viaggio che si preannuncia per niente confortevole. Ma fosse un viaggio! Questo è, oserei dire, un banale trasporto! Mi avessero almeno liberato da questa infernale cinghia alla vita… E per di più sto ricominciando a sentire il lavoro del vibratore che prosegue all’interno del mio retto!
Benedissi il fatto di possedere un’automobile dotata di sospensioni morbide, anzi formulai il voto di scegliere sempre, per il futuro, di possedere vetture ben molleggiate. E fortunatamente il percorso era tutto autostradale. Non subii dunque eccessivi sballottamenti: l’unica trascurabile noia era causata in curva, visto che la guidatrice di turno abbordava le curve a velocità sostenuta e il mio corpo veniva di conseguenza spinto lateralmente. Fortunatamente…
Che ironia!
… la grande tensione delle corde che mi bloccavano, oltre a tormentarmi ginocchi e cranio, mi impedivano di prendere urti. Col trascorrere del tempo trovai un passatempo: dato che un altro punto molto dolorante erano gli angoli della mia bocca dove la cinghietta del bavaglio premeva ormai da ore, mi applicai nel cercare di allentare la pressione, con la lingua, per smuovere la pallina di gomma e dare sollievo almeno ad un angolo alla volta. Naturalmente la tensione della cinghia era tale da richiedere un notevole sforzo da parte mia; inoltre anche la museruola esterna contribuiva applicando la sua pressione. Il risultato era un accrescimento della fatica che dovevo impegnare nell’impresa. Povera la mia bocca! Deve essere ormai ridotta ad un’unica grande piaga!
Il tempo passava. Stavo ormai cedendo al consueto dormiveglia, quando una frenata improvvisa causò da parte mia un mugolio talmente acuto che, non so come, lo sentirono dall’abitacolo. Una voce, impossibile tentare di riconoscerla nelle mie condizioni, gridò una frase che lì per lì mi parve dire:
-Oh! Buono tu lì, se non vuoi che ti leghiamo di più!
Una minaccia che sarebbe da ridere! Di più? Come se fosse possibile… ! Ma almeno ora sono quasi certo che il famoso spiraglio per lasciarmi respirare esiste e non si sono dimenticate di aprirlo!
Comunque decisi di starmene tranquillo: a quanto pareva, con quelle tre tutto era possibile. Solo che la frenata mi aveva fatto balenare il dubbio di cosa sarebbe accaduto se qualcuno ci avesse tamponato. Qui c’è da fare la fine del topo! Sì, la mia auto è piuttosto robusta, ma siamo a velocità d’autostrada! Vi prego, badate alla guida! Io non ci posso fare nulla!
Mi conveniva cercare di rilassarmi, visto che oltre che sperare non potevo. Se c’è speranza, perchè disperarsi? E se non c’è speranza, perchè disperarsi? E incredibilmente riuscii addirittura ad assopirmi, evidentemente grazie allo spossamento e con l’aiuto delle vibrazioni della vettura. Restai appisolato non so per quanto tempo. Sognai qualcosa che non ricordo se non vagamente: piovre che mi stringevano nei loro tentacoli e di tratto in tratto prendevano volti femminili, e enormi tenaglie che mi stritolavano il corpo. Anche troppo facile dedurre che il sogno era influenzato dalle mie condizioni nella realtà!
E infine ci fermammo. Come spesso capita, l’arresto dell’auto ed il repentino silenzio del motore mi destarono.
Finalmente… Forse ora potrò distendere le membra! Supponendo di poterci ancora riuscire. Sentii le portiere aprirsi e le voci delle tre che parevano un po’ assonnate. Le porte si richiusero. Poi percepii il suono di quel che mi parve una serratura di cancellata o portone che scattava. Le voci delle tre si allontanarono. La serratura del portone scattò di nuovo.
No! Santo Cielo, non possono abbandonarmi qui per l’intera notte! E ora come faccio? Mi pare che mi manchi l’aria già ora… nonostante lo spiraglio. E poi, in questa posizione. E con questa dovizia di bavagli, cappuccio e museruola!
L’ansia non mancò di causarmi un eccesso di sudorazione, soprattutto sotto il cappuccio: alcune gocce di sudore si infiltrarono in qualche modo sotto lo stretto foulard che mi copriva gli occhi e giunsero a bagnare le mie palpebre, causando grande bruciore. Di certo anche la crisi di ossigeno (o la paura che essa sopravvenisse) contribuiva a causare questa vampata di umido accaloramento.
Al sudore si contrapponeva un feroce senso di freddo nei miei arti; esso era causato certamente dal forzato blocco della circolazione sanguigna. Erano soprattutto i legàmi applicati a gomiti e ginocchia che, solcando la carne in profondità, impedivano od ostacolavano seriamente il deflusso venoso. Tutte queste cose mi sono molto chiare ora, ripensandoci col senno di poi, ma di certo in quei minuti ero molto meno sereno!
Mi sentivo anche come castrato: i miei genitali erano diventati del tutto insensibili, come inesistenti: non avevo nemmeno modo di capire se il mio membro si fosse rilassato sfuggendo alla morsa della cordicella che lo stigmatizzava, o se essa invece avesse infine vinto, rendendolo completamente insensibile.
Mi sentivo sempre più debole. Le forze mi abbandonavano. Inutile ormai pensare di potermi liberare! Speravo solo perdutamente nella pietà e nella compassione delle mie rapitrici. Ma poi… per queste tre potrebbe essere veramente la prima, primissima volta! E se fosse così? I principianti possono giocare in modo troppo pesante, senza rendersi conto del punto limite cui può arrivare la resistenza di un corpo umano! Qui queste rischiano di perdere il loro “giocattolo” senza nemmeno rendersene conto.. !
Ebbene sì, poi magari piangeranno! Ma a me chi ci pensa? Sono io ora che vorrei piangere… Io non voglio morire! Testa pesante. Ronzio alle orecchie. Battito frenetico del cuore. Io percepivo cosa mi stava accadendo, ma avevo già rinunziato a tentare di liberarmi. Era come se la mia mente fosse uscita dal corpo: vidi me stesso incaprettato in quell’infernale bagagliaio e mi parve
d’essere già morto e di guardarmi da un’angolazione esterna. Questo delirio non mi abbandonò: vidi il mio proprio corpo, come in una ripresa in contro-zoom, rimpicciolirsi, ridursi… fino a diventare un piccolo punto, una microcellula che scompariva nel grande buio.
E forse a quel punto svenni, ma non ne sono del tutto certo. Tornai alla realtà accolto da un illogico mal di mare. Il mondo ondeggiava. Era ancora un effetto delle costrizioni? Ma mi pareva di riconoscere un profumo che non riuscivo a identificare. Mi sforzai di tornare alla coscienza per il minimo necessario a capire, e alfine mi resi conto che mi trovavo tra le braccia di qualcuno, o meglio sostenuto e trasportato da altre persone, di certo più di una. Sì, sì, sono tornate… Meno male!
Le mie tre rapitrici avevano deciso di tirarmi dentro proprio all’ultimo istante: il mio corpo era divenuto ormai pressochè del tutto insensibile, percepivo solo vagamente anche il tocco delle loro mani. Comunque mi stavano effettivamente trasportando, e infine mi trovai adagiato, con inaspettato rispetto, su una superficie morbida che a me parve credibilmente essere un letto.
La morsa delle cinghiette della mia museruola venne allentata, la museruola stessa fu asportata, il cappuccio in lycra sfilato. Il repentino percepire l’aria fresca sulla pelle del viso umida di sudore mi svegliò completamente. Sentii armeggiare attorno alle fibbie che trattenevano in sede il bavaglio a pallina, e ben presto anch’esso venne rimosso.
La rimozione mi offrì effettivamente sollievo ma fu comunque dolorosa: le cinghiette si erano scavate un alloggio agli angoli della bocca e vi si erano incastrate, ed erano anche praticamente appiccicate sul mio viso, anche a causa della saliva che avevo immancabilmente emesso, e che si era asciugata tra cuoio e pelle. La mia mandibola rimase macchinalmente bloccata, spalancata, dopo quel lancinante ma breve assalto di dolore.
E mi causò dolore anche la rimozione del foulard che avevo sugli occhi, anch’essi come incementati dalla notevole pressione che la stoffa esercitava sulle mie palpebre e anche da sudore e lacrimazione. Non riuscii ad aprire subito neppure gli occhi che mi pulsavano! Rinunciai per il momento, e rimasi fermo e quieto mentre sentivo che ad uno ad uno mi venivano rimossi i legàmi agli arti.
Potei alfine allargare gambe e braccia, che si mossero disincastrandosi a fatica, quasi scricchiolando, dalle loro posizioni, e sistemarmi supino sul letto assaporando la mia ritrovata libertà. Ma il sollievo fu di breve, brevissima durata. La circolazione sanguigna, evidentemente, si era arrestata in più punti del mio corpo e riprese ben presto, causandomi quello che, in condizioni ordinarie, sarebbe stato un banale formicolìo. Ma dopo costrizioni tanto durevoli e legature tanto strette, fu come se migliaia di spilli mi venissero conficcati contemporaneamente su pressochè tutta l’estensione della mia pelle.
Rimasi per un attimo stordito da tanto repentino dolore, poi emisi un disperato urlo di dolore. Due o tre mani provvidero subito a turarmi la bocca, aggiungendo altro dolore a quello causato dalle piaghe agli angoli delle labbra. Nulla, comunque, in confronto agli arti. Ma chi se ne frega, almeno se mi tengono la bocca chiusa posso sfogarmi a ululare… ! E poi, se siamo a casa di una di loro, è giusto, non possono permettermi di far casino a mio piacimento.
Dopo un po’ anche quest’ultima scarica di dolore mi diede tregua; rimanevo comunque formicolante e come paralizzato. Più impossibilitato a muovermi ora di quando ero legato! Le ragazze, accorgendosi della situazione, mi lasciarono la bocca e scoppiarono a ridere. Così insensibili… ridere di fronte ad un uomo ridotto in questo stato! Dovrei far loro quanto meno pena, e invece… !
A un certo punto però le sentii di nuovo armeggiare: mi sbottonarono i pantaloni e li calarono. Fino a poco prima mi sentivo come un castrato, avevo assolutamente dimenticato che anche i miei genitali e il mio retto erano in stato di coercizione. La cinghia alla vita fu rimossa, e di conseguenza la tensione della stoffa che era servita a tenere in sede il vibratore calò sensibilmente. Il laccio al pene fu allentato, e me ne accorsi appena. Fu il vibratore a non spostarsi affatto dal mio retto dove ancora scaricava le sue energie sulle mie viscere ormai anestetizzate: dopo tanto tempo, anche l’apparecchietto si era saldamente incastrato nel mio sfintere anale, come incollato, ed era chiaro: non sarebbe di certo uscito senza venir coadiuvato.

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Luce bassa, notte fonda, qualche rumore in strada, sono davanti al pc pronto a scrivere il mio racconto erotico. L'immaginazione parte e così anche le dita sulla tastiera. Digita, digita e così viene fuori il racconto, erotico, sexy e colorato dalla tua mente.

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