-Oh, ma io non posso vedere nulla- protestò Desideria.
-Ti dico tutta la scena io, che volevi sapere? – si offrì Pamela.
-Quanto è grande il pezzo di stoffa?
-Bello largo. Lungo circa un metro e mezzo direi.
-È quello il pannolone?
-Sì, – confermò Gatta. -Lo faccio passare attorno alla cinghia in vita…
-Sul dietro cioè, Desy, – precisò subito Pamela.
-Ah ho capito, – fece Desideria: -poi glielo giri tra le gambe così tiene
il vibratore al suo posto, vero?
-Esatto, proprio così, e poi… E girati tu, schiavo!
Vuoi scherzare? Riesco appena a respirare!
-Ah, ho capito, – accondiscese Gatta. -Ti giro io.
-Giusto, – rise Pamela. -Come fa a muoversi, ormai, questo bel salamotto?
-E infine, – concluse Gatta,
-annodò la stoffa sul davanti sempre alla cinghia allo stesso modo. Che fai, schiavo, ti lamenti?
E per forza! Già il vibratore in azione mi sta praticamente trapanando il retto, tu mi fai questo pannolone che lo tira verso l’alto e arriva praticamente a toccarmi l’osso! Ma di certo così non me lo tolgo!
-Che effetto fa? Mi viene voglia di fermarmi per guardarmelo pure io, – disse Desideria.
-Poi lo vedrai con tutto il comodo
-ribattè Pamela, ma poi esclamò rivolta a Gatta: -Guarda un po’ sotto la stoffa sul davanti: c’è un rigonfiamento! Perchè non ridurlo un po’? Mi sembra un di più a vederlo così. Ridurlo? ? Ridurlo come?
Comunque lo ammetto: quel rigonfiamento c’era e, in modo del tutto imprevisto (almeno da me) e nonostante la sodomizzazione, stava crescendo. Così Gatta decise di applicarvi una legatura. Aiuto, che fa, me lo strizza? Avrei capito ben presto che aveva usato una cordicella sottile che girava alla base del mio pene avvolto dalla stoffa che lo ricopriva. Stoffa che quindi vi rimaneva modellata intorno, il tutto bloccando o quasi il pene nella sua erezione. La tortura che così si realizzava era molto sottile, perchè con la legatura, un po’ per l’eccitazione e un po’ per il naturale flusso sanguigno, il
mio membro tendeva ad ingrossarsi di più mentre ne era impedito proprio dalla stessa legatura. Più si sentiva costretto e più aumentava di volume, e più si trovava costretto: una vera e propria autotortura di cui a me non restava che soffrire le conseguenze.
-Ora sì che è perfetto, – sospirò Gatta e Pamela fu d’accordo.
-Ma ora dobbiamo rivestirlo, non deve prendere freddo. Non vogliamo che poi ci deperisse.
Rivestirmi fu un’operazione penosa per me, sia per il mio retto scosso dalle vibrazioni, sia perchè comunque ogni movimento sollecitava il famoso “pannolone”, e con esso la cordicella. L’effetto di ciascun gesto della diabolica Gatta era pertanto molto doloroso.
Ad ogni modo venni rivestito. Ma fu proprio allora che sentii Desideria avvertire: -Ehi Gatta, coprilo che siamo al casello e non si sa mai. Al casello?
Compresi solo allora di essere stato letteralmente sequestrato. Ed infatti nessuno sapeva dove mi trovavo ed in compagnia di chi. Ed in fondo le avevo appena conosciute: cosa mi sarebbe potuto accadere?
È vero che sembravano tipe a posto, ma si sa come possono capitare certi fattacci di cronaca nera… !
Comunque, visto che si trattava di nascondermi, ricevetti un deciso spintone e finii ginocchioni tra i sedili; mi ritrovai con la testa infilata sotto il maglione di Gatta. Altra posizione che sarebbe stata molto gradevole in diverse circostanze; anche attraverso il mio bavaglio avevo modo di sentire il calore del suo corpo. Sapere i suoi seni così vicini, ma così irraggiungibili, mi riempiva di frustrazione. Tutto questo comunque durò poco: i pochi secondi necessari a prelevare il biglietto autostradale.
-OK, vieni fuori di lì ora, furbetto,
-disse Gatta tirandomi fuori dal mio caldo rifugio. Non c’era dubbio, s’era sicuramente accorta dei miei tentativi di raggiungerle i capezzoli col capo: tentativi fatti in parte per fare qualcosa di gratificante e piacevole per lei, e in parte per cercare di ammansirla e indurla magari ad essere clemente con me… vista la piega che avevano preso le cose!
-E falla finita, ora puoi sederti normalmente, quindi forza e ricomponiti.
La fai facile tu… io invece con questo coso vibrante nel didietro che dovrei dire? Alla fine comunque riuscii a sedermi seppur a prezzo di grandi pene e lunghi disperati mugolii, che a giudicare dai risolini delle signorine dovevano essere per loro causa di grande eccitazione. E parlò ancora Gatta, che evidentemente aveva ripreso a dissacrare il mio armamentario: -E ora posso guardare con un minimo di calma nel tuo borsone.
-Se trovi roba interessante avverti… Specialmente se è roba compromettente, così lo ricattiamo e lo teniamo schiavo a vita
-disse Desideria che era di certo innervosita dal fatto di non potersi godere lo spettacolo. Gatta non raccolse e continuò a esplorare, mentre io lì accanto tentavo di capire da ciò che udivo cosa le capitasse tra le mani. Tintinnio di… catene? Fruscio di… foulards? Ma ad un certo punto Gatta esclamò:
-Toh! Che bella museruola questa qui! Prima non l’avevo vista, mi era sfuggita, quasi quasi gli metto questa!
L’aveva trovata alla fine! La museruola in questione non era che una imbragatura di cinghie in cuoio scuro, che fissano una mascherina sagomata per aderire a bocca e mento. Molto semplice nel concetto, è molto efficace perchè le cinghie passano dietro la nuca, intorno al collo, attorno al contorno del viso e sulla fronte. Il risultato è chiaro: stringendo molto le cinghiette, e non dubitavo che Gatta avrebbe fatto proprio ciò, la mia testa si sarebbe ritrovata praticamente costretta e compressa… ma almeno la bocca avrebbe avuto riposo!
Non potevo chiedere di meglio: avevo la mandibola ormai dolorante dopo quella cura intensiva di mordacchia ben stretta. Avevo anche dolore agli angoli della bocca e la tensione delle cinghiette mi comprimeva tutto il cranio ormai da tempo.
-Ma no, aspetta, che gli levi la pallina a fare? Mettigliela sopra tutto, non credi sia meglio?
Oh no, no, ditemi che ho sognato! E invece era proprio la Pamela, quella che solo poche ore fa mi era parsa la meno entusiasta riguardo al bondage! La risposta era ovvia:
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