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Ultimo anno

Il viaggio di 5°, come dimenticarlo, e come dimenticare quella volta che ci ubriacammo tutti e una in particolare più di tutti. Alessandra aveva lasciato a casa il suo ragazzo e si ritrovava sola in quel pub con noi a bere birra a fiumi…
Già il ritorno in albergo fu molto spassoso ma non potevamo minimamente immaginare ciò che sarebbe avvenuto, in fondo eravamo tutti nella stessa situazione, anche i professori avevano bevuto, ma in questa storia c’entrano ben poco i professori… dicevamo… il pulman. Il fondo del pulman era occupato dal gruppo più scatenato, ovviamente, ed ancora più ovviamente io ne facevo parte. Le avevamo rubato il codino e giocavamo a tirarcelo da una parte all’altra, già tutti eccitati per quell’ingenuo (? ? ? ) modo di muoversi e di spostarsi che aveva acquistato bevendo. Per natura esuberanti, i suoi seni saltellavano qua e là per la maglietta larga e slabbrata ad ogni salto della loro padrona, ma dopo che il reggiseno fu sbottonato da un’abile e lesta mano, lo spettacolo che si offriva ai nostri occhi e alle mani morte dei più fortunati era di un esotico indescrivibile. Nei momenti di pausa nei quali Ale prendeva fiato potevamo ammirarla in tutto il suo splendore. Quel petto ansimante per lo sforzo andava ritmicamente su e giù ipnoticamente e attraverso l’elastico tessuto della maglietta svettavano due capezzoli inturgiditi. Rossa in viso per l’alcool, per le corse e chissà…
Ma eccola che di nuovo si gettava nella mischia, dove non mancavano rapide toccate e fughe nelle quali si esibiva tutta la propria destrezza nell’assestare un pizzico o altro allo sfortunato sederone della padroncina ansimante, la quale nel tentativo di inseguire il malfattore, voltandosi per cercarlo, non faceva altro che offrire agli altri l’occasione per dimostrare la propria maestria nel medesimo affare. Certo era ubriaca, ma chi sa !! ? ? erano sì lucidi gli occhi suoi, ma chi potrebbe dire se per l’alcool o… Tornammo in albergo. Si ritirarono tutti nelle proprie stanze e noi ci tirammo Alessandra nella nostra senza molti problemi non avendo, quella, capito gran ché della faccenda.
Io, Fabio ed Enzo, Ale fra di noi. Una corsa al frigo mentre Enzo prepara la cola, Gin alla mano, bicchieri sul tavolo e una mescolata veloce:
* Bevi!
* No grazie, sono piena.
* Sei o non sei una vera donna? mi devo mica offendere?
* Vabbè, ma solo uno.
E giù tutto di un fiato (mi domando: perchè fare tanto la preziosa quando già sai cosa hai in mente? ). E si beve: cioè, lei beve, noi la volevamo far bere ma nonostante tutte quelle cerimonie era lei che cercava il bicchiere. Ci mettemmo a giocare ad obbligo o verità (ora capisco a cosa serve questo gioco), ovviamente barando iniziammo a farle pagare ogni sorta di pegno. Si iniziò col classico bacio, e poi piano piano le facemmo togliere i vari indumenti che dato il caldo che si faceva sentire per i più svariati motivi, si tolse senza molti problemi, la vedevamo così seduta in mezzo a noi tre a gambe incrociate: calzini corti bianchi, bianche gambe lisce e magre, cosce sode allenate, pantaloncini grigi larghi, mutandine bianche un po’ umide che facevano capolino dal già citato pantaloncino corto e largo le quali accarezzavano un culetto che quand’ella stava ritta su due gambe, sfidava la forza di gravità nonostante l’evidenza della sua abbondanza, vita sottile, ombelico contornato da addominali leggermente scolpiti che s’intravedeva ogni tanto da sotto la leggera canotta larga, scollata e slabbrata (da noi), due tette sode strette da una terza misura, spalle larghe anch’esse lievemente muscolose dalle quali si allungavano due braccia sottili, mobili, bianche anch’esse e le sue manine affusolate, un collo lungo, viso tondo, labbra rosa acceso, carnose ed umide, nasino leggero, due occhi vispi castano scuro con una luce di non so ché al loro interno, capelli mossi, castani medio lunghi; rideva e noi con lei e di lei, delle sue mutandine, del suo reggiseno che si vedeva dalla canotta larga quando si protendeva per osservare che non barassimo nel sorteggio oppure per assicurarsi che lo facessimo o forse proprio per farsi vedere.
Accontentammo quella sua voglia di esibirsi:
* Levati il reggiseno!
* Togliti le mutandine!
Ordini eseguiti da dietro una sedia con gesti ed espressioni studiate, lenti, sensuali, provocanti ma innocenti, sembra strano ma è così. Io credo che sapesse quello che vedevamo quando incrociava le gambe senza mutandine, o almeno lo poteva leggere dai nostri sguardi, però continuava ad allargarle, a sporgersi offrendoci i seni penzolanti, i suoi capezzoli turgidi che non si preoccupava di nascondere ma che anzi esibiva con orgoglio inarcando ogni tanto la schiena nel gesto di stirarsi, so solo che ogni tanto la scorgevo con lo sguardo posato furtivamente sui bozzi delle nostre mutande.
* Levati la canotta!
* Questo no!
* Non puoi rifiutarti, non vale! ora te la togliamo noi!
* Lotterò fino alla morte, non mi avrete… aah!
Ed eccola che fugge barcollando sbronza, ma la stanza era piccola e subito la sua corsa si arresta inciampando per terra, una mano l’afferra per un piede mentre si dibatte, le labbra segrete si schiudono tra le sue gambe mostrandoci l’ingresso di un’Atlantide privata, sommersa da abbondanti fiumi di densi umori, la trascina Fabio fino al letto, la maglia le si alza svelando i seni sodi e incredibilmente più bianchi della sua già trasparente pelle, cerca di coprirsi e divincolarsi, un’altra mano l’afferra da un braccio, io mi occupo dell’altro. Enzo sgombera il letto dai vestiti, crocifiggiamo Alessandra a gambe larghe sul letto, il suo petto pulsante si abbassa e si alza come il tempio di Serapide a Pozzuoli ma molto più velocemente.
Ed ecco la nostra Venere ansimante rossa in viso, ecco la nostra sacerdotessa di Priapo pronta per il rito sacro, ecco la nostra compagna di classe immolata sul letto per la celebrazione del sesso, ed ecco che la sua bocca si schiude:
* Cosa volete farmi ! ?
Puttana! Non saprei se siamo noi a farle quello che vogliamo o lei a farci fare quello che vuole, so solo che mentre Fabio le teneva le gambe aperte io ee Enzo con una mano le mantenevamo le braccia e con l’altra ci avventuravamo per le colline che più a valle nascondono l’entrata del tempio sommerso, la mia mano percorreva la valle dei seni, e lei ansimava, Enzo la fissava scorrendo lentamente una mano che partita dal ginocchio aveva una chiara meta, e mentre le sue dita si muovevano esitando nell’interno coscia. La mia mano aveva superato la valle, deviando di lato traccia il contorno di un seno sodo, perfetto, apro la mano che si richiude e cinge il seno come una conchiglia, il capezzolo tra le dita, bottoncino di carne solido, i suoi occhi chiusi, le sue labbra gonfie, si schiude timida la bocca mentre sussulta, la mano di Enzo si avvicina, la schiena s’inarca cercando contatto, le sfilo una bretella, sbuca il biancore del seno, si avvicina la mano al boschetto, si chiude la mia sul suo seno, si svela il gemello di quello che stringo e Fabio, ai piedi di Alessandra, mira il panorama e quel seno trasparente e quelle vene azzurrine che si perdono nell’areola chiara e larga del capezzolo più scuro, grande, generoso in cerca di bocche da nutrire, e come incantato si avvicina Enzo a quella prepotente sporgenza cingendola con le labbra, suggendo a tanta ricchezza.
Ansima forte la protagonista, lenta ma inesorabilmente sinuosa, serpente sacro sul fuoco di Dionisio. Giunta alla meta la mano che percorreva le cosce tremanti, inaspettatamente e con palese disaccordo della padrona della sacra foresta, devia verso la periferia del boschetto dopo essersi insinuata sotto il leggero velo; sale a monte, attraversa per un tratto una rada pianura, finge di voler scendere per il precipizio del monte di Venere, ma proprio mentre un gemito più acuto degli altri sottolineava la volontà accondiscendente della vittima di tale supplizio, scarta nuovamente proseguendo per la pianura per poi scendere dall’altra parte di quella periferia, e si stacca afferrando il pantaloncino che la segue fino alle ginocchia dove viene abbandonato. Fabio lascia le gambe della gaudente e guadagna la posizione di Enzo sull’altra gamba, i due indugiano su quella partenza aspettando il segnale per partire, un gemito di supplica è lo sparo d’inizio e le due mani gareggiano a chi rallenta di più su quell’invidiabile percorso.
Afferro la maglia e la tiro su, Enzo si stacca, Alessandra protesta ma poi si solleva per sfilare la stessa.
Mi avvicino al suo orecchio:
* Troia!
Le sussurro per poi leccarglielo, la vogliosa risponde solo con un gemito, la mia mano le scivola dal collo al seno stringendolo di nuovo mentre continuo a leccare. Enzo riprende posto sul seno mentre l’altra mano s’incammina dietro la schiena di lei. Arriva per primo Fabio alla figa bagnata, e non esita a profanare il riccio cespuglio scuro senza però toccarne le carni, Enzo le si avvicina allora alla bocca e le sfiora le labbra con le sue. Fabio avvicina le sue a quelle segrete di lei, che cerca quelle di Enzo con la lingua e quelle di Fabio con movimenti del bacino. Sfilato il pantaloncino ancora alle ginocchia con una mano, Fabio s’immerge nelle sue labbra bagnate, Enzo le infila una lingua in bocca, io le stringo il seno, e la sua mano raggiunge le pacche sode della valle di Sodoma, percorre la scura linea che si perde nella Geenna.
* Mmmmm! nnnooooo! finitela, … vi prego…
* Puttana!
Le sussurro di nuovo.
* Ahaaaaa!
La lingua di Fabio le solca la fessura dal buco al clitoride, la meretrice allarga le gambe, Enzo le afferra una natica stuzzicandole lo stretto pertugio, lei cerca con la mano il mio sesso gonfio, l’altra afferra i suoi capelli per gestire il bacio. Mi trova il cazzo traboccante dalle strette mutande, lo libera e lo afferra…
* Dove lo vuoi?
Le domando, ma come risposta i suoi occhi mi guardano, guardano lui e apre la bocca.
Mi accosto al suo viso, respinge Enzo e mi guarda il cazzo. Le struscio il mio tesoro sulla guancia, si volta e lo bacia in punta, poi apre la bocca e mi cinge la cappella, lo espelle con un risucchio rumoroso per poi accarezzarlo con la lingua rovente, in mano possiede pure quello di Enzo, se lo porta al viso, si gira e ripete quel gesto con l’altro membro, afferra anche il mio e se li porta vicino alla bocca, non sa quale leccare. Ad un certo punto si stacca e sussulta, cerca di alzarsi, Fabio allargatale le labbra c’infila la lingua sin dove riesce ad insinuarla. Si libera di me e di Enzo e afferra la testa di Fabio, la preme fra le cosce come se lo volesse soffocare, si agita, ansima forte, e un mugolio le sfugge mentre inonda la bocca del leccatore di un liquido orgasmico copioso. Fabio alzò lo sguardo per osservare quel viso ansimante, lei sorrise e sospirò a lungo di piacere, Fabio si staccò e alzatosi si avvicinò a noi altri che già all’erta coi cazzi ritti la minacciavamo come a dire ” E adesso? come la mettiamo? “. Ma la visione di quei tre membri invidiosi delle sue grazie la lusingò al punto che sorridendo come una bambina ci fece cenno di avvicinarsi, si stese di nuovo e allargò le gambe reclinando la testa da un lato. Mi ci tuffai estasiato senza farmelo ripetere, fra le sue gambe posi la verga senza introdurla ancora. Andavo su e giù per l’apertura vaginale, salivo al clitoride e lo titillavo con la punta dell’asta. La zona in fiamme, resa più sensibile dal precedente orgasmo, le procurava sensazioni indomabili dove il piacere arrivato all’estremo si trasformava quasi in dolore, gemeva come se soffrisse ma se mi fermavo mi spronava a continuare, così rimesso il suo motore in tiro, la penetrai con una spinta tirandole su le gambe e facendo pressione sul clitoride e il monte di Venere, cercava di trattenersi e di non urlare, io mi fermavo e lei me lo succhiava con la sua caverna, sarei potuto venire solo restando fermo, mi scopava senza muoversi esternamente. Mi sfilavo lentamente per poi indugiare sull’uscio, pregatomi a lungo rientravo per poi uscire di nuovo, piangeva dal piacere ancora ipersensibile per l’alcool e mentre gli altri si masturbavano guardandola, io me la sbattevo sopra il letto. Partì uno schizzo alla mia sinistra che le finì sul seno, un’altro al mento, chiamò Enzo che stava venendo per prenderglielo in bocca ancora pulsante… le venni nella figa. Enzo si sdraiò al suo fianco e se la impalò sul cazzo non ancora ammosciatosi, lei lo cavalcava come se non potessero avere mai fine le sue energie e lui le teneva i fianchi assecondandola in quel movimento ondoso, era immersa in un’altra dimensione, rovesciava le pupille mostrandone il bianco mentre ansimava e gemeva spingendo sempre di più, più armoniosamente, più a fondo; rallentava poi, per accelerare e frenare, muoveva il bacino stando ferma, glielo succhiava e lo pompava come aveva fatto con me, poi si sollevava leggermente e andava su e giù con la sorca bollente che gli stringeva il membro succube, beata vittima di tanta grazia. Enzo le afferrò le natiche dilatandole mostrando l’ano. Con le dita raccoglieva gli abbondanti succhi per lubrificare il buco proibito, era stretto. Lei si stese sopra di lui: cazzo in fica e culo all’aria. Fabio non se lo fece ripetere due volte, l’afferrò per i fianchi le poggiò un enormità sul bocciolo culare lubrificato e mentre lei si girava affannata per dire qualcosa, una poderosa spinta sfondò quell’antro infrangendone brutalmente la verginità, con una mano le soffocò un urlo che avrebbe resuscitato i morti, lei si sentì mancare ma si riprese coraggiosamente spinta dalla trasgressione di quei due cazzi intimi che si contendevano un lembo di carne tra ano e vagina, e anestetizzata al dolore dall’eccitazione lasciò fluire quella fitta per lasciare posto al piacere che proveniva da ogni dove, internamente, esternamente e ancora più internamente nella sua mente… Le venne Enzo nella dolce grotta; lei venne certo, ma non so dire quanto; tanto le riempi il culo Fabio del suo seme che fuoriusciva ad una pressione inumana tanta era l’eccitazione accumulata, e lei sentì quel fiume prepotente prendere posto nel suo interno riscaldando un fuoco che già bruciava.
Rimasero inermi tutti e tre; ancora infilzata, Alessandra si accasciò su Enzo con un sorriso beato sulla faccia, Fabio rimase un po’ nel culo aspettando che gli si afflosciasse un cazzo che non ne voleva sapere. Non aveva mai immaginato in nessuna delle sue più estreme fantasie quanto poteva eccitare una tal cosa, ma la rigidità del suo cazzo gli dava una dimostrazione della realtà. Uscì dall’antro ancora pieno di energie, lui era l’atleta del gruppo, portò i suoi muscoli provati in bagno e si andò a sciacquare mentre il succo depositato nella nostra compagna di scuola grondava insieme a un po’ di sangue dall’ano martoriato della vergine immolata; fortuna volle che non era niente di grave. Stavano quasi dormendo Enzo ed Alessandra dalla quale era fuoriuscito pure il cazzo moscio di quello. Si stiracchiava come un serpente, sensuale, magica, porca come non mai, mi avvicinai e cominciai ad accarezzarla, la pelle liscia scivolava sotto le mie mani, morbida, vellutata, un po’ di cellulite sui fianchi stanchi la rendevano ancora più bella nella sua realtà che vinceva ogni perfezione, la sua peluria inguinale incolta s’intravedeva persino da dietro, le baciai il culo e Fabio che aveva assistito alla scena appena consumatasi, ripresosi e riprese il suo membro le originarie dimensioni, andò a cercare la bocca della troia sfinita, lei capì i suoi pensieri e se pur stanchissima prese a succhiare quel membro turgido che odorava come tutto il resto della stanza di sperma nonostante il lavaggio. Mentre lei lavora senza smentirsi se pur la stanchezza si era impadronita delle sue membra, io le asciugavo i fiumi che si erano dati appuntamento tra il culo e la vulva, vedendo poi quel culo ormai elastico iniziai a leccarglielo cercando di scoparla con la lingua. Enzo si alzò per sciacquarsi anche lui, Fabio seduto sul bordo godeva della sua lingua, io la girai perpendicolare al lato lungo del letto facendole scendere le gambe giù da quello, le diedi un paio di manate sul culone bianco che si vergognò subito diventando tutto rosso e allargai di nuovo le chiappe, voleva alzarsi e dire qualcosa ma Fabio glielo impedì tirandola per i capelli.
* Continua a succhiare porca!
Le dissi.
* Al tuo culo ci penso io.
E ci pensai, me lo immaginai alato che mi volava intorno dicendomi “infilami, inculami! “, lo presi, lo sculacciai per benino, dandole della ninfomane, della troia e quanto di più appropriato mi venisse alla mente ormai bianca, ogni colpo assestato era una succhiata più profonda. La figa le bagnava nuovamente le cosce, ne presi un po’ di quel succo e lo spalmai dove potete immaginare, le allargai le gambe, inzuppai il biscotto nel suo forno per lubrificarlo, lo avvicinai all’ano, guardavo il suo sguardo ansioso, feci una leggera pressione sullo sfintere che scivoloso come non mai non si oppose minimamente al mio sforzo, e grazie alle dimensioni più umane del mio arnese, iniziai la mia avanzata espugnando nuovamente Sodoma, lei si tranquillizzò ed iniziò a godere di quella sensazione, al suo interno mi aspettava ancora un seme non mio, ma procedevo lentissimamente, un passo avanti due indietro, fino a riuscire fuori, e poi rientravo, e il buco si allargava e si chiudeva come un maggiordomo si inchina ogni volta che il padrone passa. Mi insinuavo e indugiavo più volte fino a che non la infilai tutta di botto, lei prese a succhiare furiosamente e io cercavo di seguire quel ritmo che incalzava sempre di più. Stretto ai suoi fianchi, facevo tremare il letto, ogni tanto mi fermavo e lei pure, leccando il suo gelato. Iniziai nuovamente a montarla dandole della cavalla in calore, spingendo, spingendo, venendo, allagandole il culo, e mentre venivo urlò Fabio:
* Vengo! vengo!
Lei cercò di spostarsi ma inutilmente, lui le venne in bocca, e dopo che si sfilò dalla bocca di rosa inseminata della porcona, le tappo la bocca per non farla sputare, inizio a muovermi di nuovo nel suo culo intimandole di ingoiare…
E la gola va su e giù, diverse volte, la volto la stendo sul letto e la bacio, la bocca di sperma, lei mi infila la lingua e mi afferra il cazzo moscio, se lo spalma sulla figa, riacquista spessore, anche se non molto ma quel tanto che basta per infilarselo, ma sono troppo stanco, non riesco a venire, lei mi scopa ancora facendomi sentire quel sapore che aveva ingoiato… Non so se venne, io non ce la facevo più, ma ci stendiamo esanimi sul letto per dormire. Gli altri accostano i due letti e si stendono anch’essi, e mentre dorme c’è chi le tocca un po’ il seno o il sedere, c’è chi si struscia e chi l’abbraccia, certo è che il calore non l’è mancato quella notte. Il risultato fu… una cura dimagrante per tutti e grossi guai al risveglio… Ce la cavammo coi professori, per un po’ tememmo che fosse rimasta incinta perchè ci aveva detto che aveva dei ritardi, poi dopo averci fatto disperare per settimane ci mostrò la scatoletta delle pillole. Come dimenticare quegli anni? come dimenticare mia moglie che me li ricorda ogni volta che facciamo l’amore? come dimenticare quando ogni volta che ci troviamo a casa nostra con quei vecchi amici ci divertiamo a ricordare il passato? Ma questa sera le ho preparato una sorpresa. Oggi sono passati 10 anni da quella sera, Ale non lo sa, ma stasera rincontrerà il passato, solo che stavolta non è la nostra compagna di classe, oggi è mia moglie, i bambini sono dalla nonna e i miei amici vogliosi… FINE

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