– Allora, su… ancora di più… insomma, apra un po’ di più la bocca. Bene, così va bene…-
Ormai stanco e spazientito, Vincent vorrebbe mordere il dentista, dopo due ore di poltrona non ne poteva più.
– Bene, provi a chiudere la bocca, stringa i denti… apra, stringa… come va? –
– Bene, tutto ok. Mi scusi ma ho fretta, quanto le devo? –
Con aria affranta estrae il libretto degli assegni e si prepara a firmare qualcosa con sei zeri.
La voglia di andare in ufficio è praticamente nulla ma la coscienza si fa sentire e, messo in moto, l’automobile si dirige verso l’orrendo edificio dove passerà le prossime sei ore.
Fermo al semaforo Vincent osserva nello specchietto il lavoro del dentista e si tocca il pizzetto con aria schifata. A casa dovrà operare una rasatura per eliminare tutti i residui con cui è rimasto impiastricciato.
Sorride stringendo i denti, apre e chiude la bocca e pensa a cosa direbbe lei se lo vedesse in quel momento.
Direbbe che è carinissimo, come sempre. Scuote la testa sorridendo ma una stretta allo stomaco gli blocca il sorriso a metà.
Già, lei…
Chissà cosa starà facendo.
Forse starà smanettando al computer, forse sarà in giro per il centro, forse si starà svegliando ora, ma chissà in quale letto.
“Stupido” pensa tra se e se, “non hai il diritto di essere geloso. Sei fidanzato, no? E allora, perché lei deve stare ad aspettare chi non avrà mai? Non può avere la sua vita? Ma sei veramente un idiota… un idiota geloso. Ma non è colpa di nessuno se ne sei innamorato…”.
Il sorriso fermatosi a metà è ora svanito del tutto, anche perché la vista dell’ufficio toglierebbe qualunque felicità.
Caffè, poltrona, scrivania, computer, via, pronti ad affrontare un’altra giornata che non si preannuncia facile.
No, lei è a casa, ha appena inviato un’e-mail.
Torna il sorriso.
Guardando fuori dalla finestra, lo sguardo si posa casualmente su una rosa secca, fatta seccare apposta e ora messa in mostra sullo scaffale dell’archivio. è la rosa che ha mandato lei per S. Valentino.
Il sorriso va a braccetto con un’altra fitta allo stomaco, un dolore sottile ma intenso.
Triste, un sorriso triste è ora dipinto sul volto di Vincent.
I suoi occhi profondi scorrono lentamente le righe dell’e-mail, ogni tanto gli angoli della sua bella bocca, sulla quale lei ha posato tante volte le sue labbra, si piegano verso l’alto, accennando una smorfia ironica.
Le sue e-mail sono sempre divertenti, tendono a sdrammatizzare quello che ultimamente è stato detto.
Vincent chiude gli occhi, la sua mente si distende, pensa…
Quanti giorni saranno passati? Due, forse tre… ma come stava bene su quel letto assieme a lei.
Giocare a poker puntando i vestiti, che modo assurdo per iniziare una serata in un minuscolo alberghetto di periferia.
Ma divertente, e a lui piace vederla ridere. Lei non ride quasi mai.
E quella sera aveva vinto lei.
Nudo come un verme, ma anche a lei era rimasto ben poco indosso.
Ed era veramente divertente trovarsi nudi, con un evidente inizio di erezione, senza essersi ancora toccati o sfiorati.
Ma lei è così. Questo è il suo effetto, forse viene da un altro pianeta ma poche volte si era trovato così coinvolto sentimentalmente e aveva giurato che non sarebbe più capitato.
Non era nato per amare, troppi rischi.
Ma lei aveva fatto la “magia” e ora si trovava in una situazione surreale, con una fidanzata storica da una parte e un’amica-amante dall’altra.
Ma lei era speciale.
Niente domande, niente risposte, non si può spiegare tutto e certe cose non andrebbero mai spiegate, proprio per non rovinarne la magia.
Il suo profumo… buono, forse era veramente ipnotico.
Il suo sapore, ottimo.
Vincent avrebbe passato ore a baciarla tra le gambe, assaporando quello strano nettare, a cui una volta disse che avrebbe dedicato un gelato.
Lei rise all’idea ma lui portò avanti la sua innovativa pensata sostenendo che “Ma dai, andrebbe a ruba. Ma scherzi? Un gelato meraviglioso, da leccare intensamente, e poi sarebbe anche poco calorico. No? Non dirmi che questa roba fa ingrassare, sarei rovinato… ormai, con tutto quello che ho assaporato…”.
Quante risate che faceva con lei, ogni cosa era come un gioco. Ma la passione non mancava mai.
Lo accarezzava, baciandolo, leccando ogni parte del suo corpo.
Amava procurargli piacere passando la sua vivace linguetta tra le pieghe di quel “sederino da manager”, come diceva scherzando.
E la cosa lo faceva andare giù di testa.
Su lentamente, poi giù lentamente, fermandosi a leccare i bordi dell’ano, intensificando la forza del movimento, fino a sentirlo gemere di piacere.
Allora lo faceva voltare, continuava a leccarlo, il petto, i capezzoli, scendeva lungo la pancia, giocava con la cavità dell’ombelico, e poi giù, più giù, fino ad arrivare ad aprire la bocca e a introdurvi il suo pene.
E la sua lingua continuava e muoversi, lentamente, velocemente, a volte accompagnata dalla mano, che esplorava altre zone.
E Vincent esplodeva di piacere.
E lei assaporava tutto di lui, diligentemente puliva quel meraviglioso strumento che si trovava tra le mani, lo accarezzava, lo osservava nella sua fase di riposo, e continuava a giocare con lui, facendo ridere Vincent.
“Hai bisogno di ridere… il lavoro ti stanca…” gli diceva, e si sdraiava accanto a lui, abbracciandolo.
Talvolta le era sfuggita qualche lacrima ma lui non se ne era accorto.
Ora era lui che avrebbe voluto piangere.
L’amava ma non poteva legarla a se. Troppo complicato.
Era felice che lei potesse innamorarsi di qualcuno ma allo steso tempo la gelosia lo faceva soffrire, distruggendolo lentamente.
E ora capiva tutto quello che aveva passato lei, quando lui non si era accorto di tutto il suo amore.
Il cuore di Vincent batteva forte, la fronte imperlata di sudore, lo sguardo serio davanti al computer, sulle scartoffie dell’ufficio, ma la mente era lontana.
Un abbraccio, che strani regali che chiedeva lei.
Lei voleva un abbraccio, lei voleva una carezza, lei voleva poco.
Lei era entrata nella sua vita quasi tre anni prima, lei era presente ora, lei sarebbe stata presente sempre, mai lo avrebbe abbandonato.
Lei lo amava, forse più della sua vita.
Lo amava in una maniera tutta sua e, anche se nella sua vita stava entrando un altro uomo, non avrebbe mai interrotto quel meraviglioso rapporto, magico, unico.
Potevano parlare, ridere… o anche tacere, si capivano con uno sguardo, si capivano con poche parole, si capivano con il cuore.
Vincent sorrise nuovamente.
Il pensiero era tornato a lei, all’immagine della sera della partita a poker, a quando avevano fatto l’amore per la prima volta, in auto e sulla strada del ritorno nessuno dei due fiatava, come se fosse successo qualcosa di particolare.
Ed era successo, da quella volta, lo avevano rifatto ogni volta che era stato possibile creare una serata intrigante, ogni volta che era possibile per lui crearsi un alibi, ogni volta che la passione aveva preso il sopravvento.
Le sue mani erano abili bell’accarezzarlo, lo eccitavano gli piaceva la sua spudoratezza.
Le sue mani lo molestavano mentre guidava, accarezzandolo sensualmente, fermandosi sul suo pene, che si ingrossava sempre più deformando i pantaloni.
Le sue mani che slacciavano la cintura, che abbassavano la cerniera, che superavano gli slip, che andavano a toccare quello strumento che pulsava dal desiderio di averla.
E le sue labbra calmavano la sua sete di piacere ma allo stesso tempo era come se lo assetassero sempre di più.
Fare l’amore con era bello, bellissimo.
Averla sopra, averla sotto, prenderla in qualunque posizione, ma fondamentale era entrare dentro di lei, sentirla, farsi sentire.
E lei lo voleva, voleva averlo, almeno in quei momenti, tutto per se.
Sentirlo entrare in lei era meraviglioso, un unione non solo nel corpo ma anche nell’anima.
Un unione che andava oltre il sesso. Univa due anime che si desideravano ma che sapevano dover stare separate.
Univano voglia, piacere, felicità, ma anche tristezza, per la brevità dei momenti passati assieme.
E dopo, lei si rannicchiava vicino a lui, abbracciandolo, appoggiandogli la testa sulla spalla, tenendogli stretta la mano.
Sembrava indifesa, qualcosa di delicato che doveva essere protetto, custodito.
Poteva sembrare forte come una roccia o delicata come una farfalla appena uscita dal bozzolo e destinata a vivere poche ore.
Già una farfalla… ma come si fa a catturare una farfalla in volo, se si ha paura di volare. FINE