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Lezioni di anatomia (1 di 2)

"Buongiorno. La lezione di oggi riguarderà lo studio dell’istinto materno nella
femmina dei mammiferi, dell’allattamento dei piccoli e degli organi interessati…"
Era appena iniziata la quarta ora, dopo due ore di latino e una di filosofia toccava subirsi quella lagna di "risolino", lo chiamavano così gli studenti per via di quel suo sorrisino ebete sempre spalmato in fronte.
Era una quinta, tutti MAGGIORENNI ormai, composta in prevalenza da femmine, ma il trambusto e l’indisciplina regnavano comunque sovrani.
Elisabetta nelle ultime file si faceva scudo della compagna davanti per farsi gli affari proprii, giocherellare con la matita, scrivere massime sul diario di Giulia o chiacchierare con la vicina. A dir la verità le sarebbe convenuto ascoltare anche perché in scienze andava maluccio: 5; 5 e mezzo; un bel 4…
"Bene" esordì risolino "ora parliamo della femmina dell’uomo"
Elisabetta si riebbe all’improvviso, come catapultata da chissà dove e verso chissà cosa.
"Come voi sapete essa è fornita di due mammelle…" continuò "…vorrei ora la
partecipazione di uno di voi alla spiegazione…su, una fanciulla per favore…"
Le ragazze della classe si guardarono fra loro stupite, non capivano cosa volesse quell’uomo bizzarro del loro insegnante…
"Non siate pudiche…si tratta solo di mostrare il seno ai vostri compagni…"
Ora era chiaro, fin troppo, era assurdo!!! Nessuna di loro aveva il coraggio di fare una cosa simile, anche le più disinibite in privato si vergognavano, tutte stavano a testa china sul banco per sfuggire gli sguardi del prof e dei maschietti trepidanti che già facevano pronostici su quale delle loro compagne avrebbe mostrato a tutti le tette…
"Venga lei" No, non era possibile. Era un incubo.
Elisabetta stava tremando, il sangue le si era gelato nelle vene.
"Non faccia storie…" e poi avvicinatosi, quasi sussurrando in modo che sentisse solo lei:
"Non mi pare che lei sia nella situazione migliore per rifiutarsi… non crede?" Si riferiva certamente ai suoi pessimi voti, era scontato che gliela avrebbe fatta pagare se si fosse rifiutata.
Elisabetta si alzò dal banco e seguì il professore fino alla cattedra che era innalzata da una pedana come si usava un tempo.
"Bene, ora si accomodi qui" e fece il segno di sedersi sulla cattedra con i piedi penzoloni "ora ci mostri il petto…" Elisabetta avrebbe voluto scomparire,
sprofondare, ma era lì, con gli occhi dei compagni addosso, quelli dei maschi eccitati e vogliosi e quelli delle amiche femmine un po’ sadiche che godevano nel vederla umiliata.
Non poteva tirarsi indietro ormai e così portò le mani ai bottoni della camicetta e iniziò lentamente a sbottonarla… uno.. Due.. Tre… poi la fece uscire con qualche difficoltà dalla gonna sopra il ginocchio che portava, i suoi movimenti lenti da femmina restia aumentavano la carica erotica della situazione…poi restò con un semplice reggiseno bianco da adolescente che comunque data l’usura lasciava poco all’immaginazione ed il suo respiro agitato non faceva altro che far ballonzolare quelle due stupende tette quarta misura che aveva.
Piegò le braccia dietro la schiena lo sganciò e poi fece scivolare giù le spalline, in men che non si dica i seni erano liberi dalla stoffa, bianchi, con due capezzoli pronunciati come ciuccetti e un’areola larga e scura.
"Oh complimenti, due stupende mammelle… vediamo…" e così dicendo il prof allungò le mani, strinse in ognuna un seno strizzandolo mentre Elisabetta a testa bassa quasi piangeva per il dolore e l’umiliazione.
"vedete ragazzi… questi sono i capezzoli e servono per allattare il neonato… come sono duri…" e mentre spiegava toccava
"l’aureola…. Ora lo solleviamo… piuttosto grossi quelli della vostra compagna…"
"Bene, per oggi è finita, si rivesta signorina…"
Elisabetta raccolse gli indumenti in fretta e si coprì. La classe era vuota e lei stava per andarsene quando lui la chiamò:
"mi dica professore"
"Vede signorina oggi lei ha dimostrato di essere una perfetta collaboratrice ed io stavo proprio cercando una come lei per il mio studio di ginecologia…" Elisabetta non sapeva che dire, assistente? Per cosa?
"…le chiedo di venire per una seduta nel mio studio in via M. domani alle cinque, mi raccomando veda di esserci puntuale, se mi fa questo favore potrei chiudere un occhio sul suo rendimento scolastico ha capito?"
"Si si certo… ma … cosa dovrei fare?"
"oh lei niente…. Sarà una semplice visita… ultima cosa, lei è vergine?"
Lei arrossì per una domanda del genere così diretta.
"Si lo sono…" disse sussurrando come se sene vergognasse.
"…allora controlliamo un attimo… sollevi la gonna e abbassi bene le mutandine…"
Quasi piangendo prese l’orlo della gonnellina e lo tirò su fino alla vita arrotolandolo, poi con lentezza prese i collant scuri velati e li fece scendere fino al ginocchio….
"su su avanti, si sbrighi…" la incitava lui… poi toccò alle candide mutandine bianche dalle quali uscivano ai bordi un po’ della sua peluria vaginale… come un automa le calò giù e restò immobile con la vulva coperta da un bruno boschetto…l’uomo si alzò e le intimò di aprire le gambe…
"brava…ubbidisca e non le farò male…" si mise al suo fianco e con la destra le apri le grandi labbra, quel tocco freddo ed estraneo la fece rabbrividire…poi con l’altra mano scostò le piccole labbra e vi inserì due dita con decisione… Elisabetta sentì cedere le gambe, la stava toccando lì senza il minimo ritegno, con noncuranza….

"…mmmhh.. Bene… vediamo si distenda sulla scrivania pieghi le gambe e le apra bene…" Elisabetta si mosse lenta si stese sul piano di legno freddo tirò su le sue belle gambe e le aprì lui continuò a toccarla per un po’ poi le disse di rivestirsi e di andarsene.

Da sola, per la strada mentre tornava a casa, non poteva credere a quello che gli era successo, umiliata prima davanti a tutti e poi costretta a mostrare il suo sesso davanti a uno sconosciuto che la guardava e toccava come un oggetto qualunque… aveva pianto e ancora adesso qualche lacrima le rigava il viso… domani cosa le avrebbe fatto?… Era meglio non andare e dire tutto alla madre? Ma come, si vergognava solo a pensarci e poi non le avrebbe mai creduto conoscendola…. Forse l’avrebbe solo guardata, era già stata una volta in uno studio ginecologico con la madre, non le avevano fatto male….

Era quasi pronta, si era fatta una doccia, aveva indossato una cosa semplice un abitino intero color panna, intimo semplice come sempre e bianco, niente pizzi e merletti, i capelli castani raccolti in una coda legata con un nastro la faceva sembrare una bambina. Si profumò e uscì non senza dubbi e paure.
Arrivò in tempo davanti alla porta dello studio del professore e suonò. Lei entrò salì le scale del palazzone fin di fronte all’uscio.
"Ben arrivata Elisabetta" la salutò sorridendo e la fece entrare. Subito le sembrò di essere guardata dalla testa ai piedi, spogliata con gli occhi.
"Buongiorno professore"
"Vieni nello studio cara…." adesso le dava del tu! Entrò nello studio tutto bianco, pulito, vi era una scrivania vicino alla finestra, mentre alla sua sinistra il lettino per le visite.
"…mettiti comoda… togliti i vestiti e stenditi…"
Non le aveva dato il tempo di guardarsi intorno che già la voleva nuda sul lettino e aperta….
Iniziò con l’abbassare le spalline poi con le mani lo fece scivolare sui fianchi fino a lasciarla cadere per terra restando in reggitette e mutandine e collant. Lui seduto alla scrivania le indicò le mutandine:
"Toglile" disse calmo ma deciso…. Lei le prese e le lasciò fino alle ginocchia per poi scavalcare le gambe e toglierle.
Dava di sé un bello spettacolo, un culo molto tondo e glutei raccolti e chiusi, mentre fra le cosce un pelo bruno proteggeva il sesso nudo.
La fece distendere e appoggiare le gambe ai sostegni, adesso era completamente aperta, i suoi buchini erano indifesi e nudi davanti a uno sconosciuto.
"Questa peluria non mi piace, per la prossima volta ti voglio rasata, ci siamo
capiti?"
Poi le sue dita grosse la accarezzarono lì in mezzo, stuzzicandole il clitoride.
"Adesso ti apro la fichetta e gli dò un’occhiata stai ferma e buona…"
Si allontanò e prese uno speculum. Elisabetta non sapeva cosa fosse ed ebbe paura che le facesse del male.
Lo mette senza delicatezza nella vagina della giovane facendola sospirare.
"buona su…. Adesso ti apro bene…." la ragazza sentì aprire le labbra vaginali e poi le piccole da due ferri freddi, poi la mano dell’uomo si avvicinò alla fessura e introdusse due dita, la sente dentro fino a fermarsi davanti all’ostacolo dell’imene data la sua verginità.
"ma sei tutta bagnata! Figlia mia! ….allora ti piace eh?….."
In effetti la sua passerina aveva cominciato a bagnarsi sollecitata da quelle dita estranee che per dieci minuti l’avevano frugata in lungo e in largo.
"vediamo se posso aiutarti… e queste tettine…"
Era di fianco a lei e stava armeggiando per levarle il reggiseno cosa che cedette subito e lasciò scoperta le tette di Elisabetta ormai dure e con i capezzoli ritti e gonfi. Lui gliele sollevava fino all’attaccatura per poi strizzarle i capezzoli duri e sentirla gemere.
"mmmhh…. Belle tettine… ma adesso devo occuparmi della tua fichetta che non aspetta altro…."
Si mosse vicino a una cassettiera e da uno estrasse un oggetto che fece sbiancare la giovane.
Il prof se ne accorse e si preoccupò di legarla… le mani ai bordi, una cintura in vita, e le gambe ai sostegni…
"…cosa vuol e fa farmi..?" balbetta
"voglio solo aprire un po’ questa fica che hai" In effetti la vagina di Elisabetta era piuttosto piccola e stretta e mai aperta prima.
"Ecco ti sollevo lo schienale così potrai vedere mentre ti svergino"
"NO! La prego non lo faccia!" frignava lei… "non voglio!…nooo!"
"Guarda !" In mano aveva un grosso fallo di gomma dura ma con il glande di lucido acciaio, lungo una trentina di centimetri ma, la cosa impressionante era il diametro, pari a quello di un polso!
Lo prende e lo appoggia alla fica della giovane mentre con l’indice e il pollice
dell’altra mano dischiude le labbra.
"Ecco adesso è pronto…" la cappella era talmente larga che faceva fatica a tenere ben aperte le labbra.
Spinse. Un urlo invase la stanza.
La ragazza tremava tutta in preda alle contrazioni e le lacrime le solcavano il viso.
Il fallo intanto spingeva sulla piccola apertura chiusa come uno scrigno…
"Dai su…" incitava l’uomo "adesso entra…rilassati puttanella altrimenti è peggio…" e intanto la sfondava.
Poi la fessura cedette e il fallo entra con tutta la cappella. Poi il resto per venti centimetri buoni.
Un filo di sangue uscì e l’uomo gioì soddisfatto.
"Visto troietta ti ho deflorato… adesso hai la fica bella aperta" intanto muoveva avanti e indietro l’asta tirandolo fuori tutto per poi risbatterla dentro con forza.
"AHHH!!!…bastaaammmhhh…. Mi fa maleeeee"
"Godi e sta zitta!"
Dopo un po’ di quel trattamento nonostante il dolore Elisabetta venne sbrodolando i succhi sul lettino.
"ah! Ti è piaciuto allora?…"
Le lascio il fallo dentro e prese una macchina fotografica.
"sorridi bellezza! Facciamo qualche foto ricordo, queste mi assicurano che tornerai qui da me"
Primi piani dove si vedeva il volto e la fica con il fallo dentro, poi lo tolse da lì e scatto qualche foto con la passerina ancora aperta e colante di umori.
Pensò fosse finita, era distrutta, provava un dolore forte al sesso e nel ventre, vedeva la sua farfallina rossa e gonfia nonchè spalancata.
Lui si avvicinò al suo viso, slacciò i pantaloni e tirò fuori un cazzo bello duro e
grosso.
"Prendilo in bocca e succhia" le disse duro.
Lei non l’aveva mai fatto e le faceva schifo tenere in bocca il cazzo di un uomo. Ma lui le prese la testa e le spinse la boccuccia proprio sul pene e non ebbe scelta, lo prese tutto.
"succhia bene con la lingua… leccaaaahh… cosìiiii…."
La teneva ferma per la testa e si muoveva avanti e indietro come se la stesse scopando in pancia.
Quando venne lei cercò di sottrarsi ma non fu possibile.
"Bevi tutto e ingoia"
Un sapore nuovo le scese nella bocca calda…denso e salato….
"Sei stata brava per essere una principiante!…. Ti darò modo di migliorare!" disse ridendo.
Poi la liberò dal lettino e le disse di rivestirsi.
Senza orgoglio, violata, umiliata, sverginata contro la sua volontà, raccolse i vestiti e se li rimise in fretta guardando velocemente la povera farfallina arrossata e dolorante.
L’accompagnò sulla porta e prima di uscire una mano le tastò il culetto.
"Non ti preoccupare la prossima volta mi occupo di lui" quasi sottovoce.
Elisabetta smarrita se ne andò con la fica sfondata e piena di paure. FINE

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