Ero in crisi con la mia ragazza, e come tutte le volte ero corso a piangere da Maria, la mia amica del cuore, l’unica che quando avevo qualche problema, trovava sempre la soluzione a tutto, senza chiedermi mai niente in cambio.
Ci avevo provato più di una volta con lei, sposata e per giunta insoddisfatta sotto il punto di vista sessuale, ma mai nulla, mi aveva detto che il nostro rapporto era nato come amicizia e sarebbe stata sempre e solo un’amicizia. 45 anni, 15 più di me due tette da sballo, quinta misura, molte volte gliele ho toccate e altrettante volte mi ha tolto la mano arrabbiatissima.
Eppure lo sapevo che anche lei aveva voglia e bisogno di cazzo.
Ma perché il mio no? Comunque quella volta volevo vedere proprio come se la cavava.
Avevamo appuntamento a Fregene, in uno stabilimento balneare.
La sorpresa fu immensa quando vidi arrivare con lei una figona da paura, Ambra, 32 anni separata con una figlia.
Ci mettemmo a prendere il sole, loro in topless, io me le mangiavo con gli occhi:
Fu Maria come sempre a mandare il discorso sui giusti binari.
Dopo aver appurato che ci piacevamo a vicenda, disse tranquillamente che poteva cominciare come una storia di sesso, dal momento che ne avevamo bisogno entrambi, poi in seguito avremmo visto il da farsi.
Dopo neanche un’ora eravamo nella cabina a limonare come due quindicenni.
Le nostre bocche si mordevano a vicenda, le nostre mani esploravano i nostri corpi senza risparmiare neanche un centimetro.
Dopo vari smaneggiamenti, scesi a leccare l’albicocca, senza peli per l’occasione.
Era già un lago e il suo miele aveva un sapore dolcissimo.
Gli feci uscire completamente il grilletto e lo mordicchiai procurandogli due orgasmi a ripetizione.
Quando si fu leggermente ripresa, la posizionai alla pecorina e cominciai a stantuffarla nel più profondo della vagina.
Dopo una decina di minuti di va e vieni gli scaricai nella topa una litrata di sborra calda.
Rimasi pietrificato quando mi disse sorridendo che non usava nessuna precauzione.
Avrei voluto scomparire.
Comunque tutto tornò normale, quando mi prese di nuovo il cazzo fra le sue splendide labbra.
Mentre lo ciucciava tranquillamente, gli infilai prima un dito poi due nel suo stupendo culo, senza che lei si lamentasse.
Prima di sborrare per la seconda volta, glielo tolsi dalla bocca, non senza difficoltà, la feci girare e cominciai a leccarle il suo buco del culo.
Dopo cinque minuti circa di quel trattamento e dopo aver ascoltato i suoi sospiri che mi confermavano che era in fregola, cominciai a puntarle la spingarda nel garofanino.
Era già bello elastico, ma fu lei con una spinta all’indietro a farselo entrare tutto nell’intestino.
I guai cominciarono quasi subito, infatti sentivo che non scivolava più.
Fui preso dal panico, non andava più ne avanti, ne indietro, gli aveva fatto mappa. Io ero in preda al terrore, lei molto soavemente si affacciò con la testa dalla cabina e chiamò Maria.
Fu presto sul posto e senza scomporsi, ci disse che dovevamo andare all’ospedale.
La vergogna che provai nell’uscire dalla cabina, cercando di coprirci con degli asciugamani, non saprei descriverla.
Fatto sta che comunque tutti e due appiccicati sul sedile posteriore, ci avviammo verso l’ospedale con Maria al volante.
Fortunatamente non dovemmo aspettare nell’anticamera del pronto soccorso e ci fecero entrare subito.
Fu la dottoressa a sdrammatizzare, mi fece una puntura forse di bromuro per far diminuire le dimensioni del mio uccello, e mi fece anche i complimenti per le dimensioni precedenti
Ad Ambra le disse che era una donna fortunata, ad avere uno stallone come me, che le erano capitate cose molto peggio, tipo donne con degli oggetti sia nel culo che nella topa, oggetti più svariati.
Comunque dopo avere ringraziato la dottoressa, ce ne siamo tornati a casa.
Dall’anno scorso Ambra è la mia donna, e questo come sempre grazie a Maria. FINE
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