Ho sempre saputo che Elena, la mia ragazza, non era un tipo particolarmente emotivo. Per questo rimasi sorpreso, quel giorno, da quel lieve ma improvviso sbalzo di umore.
Eravamo in un centro commerciale, e mi aveva chiesto di accompagnarla in una di quelle boutique lussuose, dove doveva far riaggiustare il vestito che portava e che aveva comprato lì un paio di giorni prima.
Io ero rimasto ad aspettarla vicino alla cassa mentre lei andava nel camerino a cambiarsi. Era allegra e serena come al solito, ma quando tornò invece sembrava improvvisamente agitata e nervosa. Mi chiedevo perchè, ma lei non lo disse.
Disse solo che lì c’era il sarto che gli avrebbe ritoccato il vestito, ma prima avrebbe dovuto prenderle le misure. Disse che tornava subito, e tornò verso lo stanzino.
è buffo, ma mentre la guardavo andar via, pensai al suo corpicino. Pensai che non corrispondeva con la sua personalità. Lei era la tipica ragazza “per bene”, carina, educata, simpatica. Non portava gonne troppo corte, nè trucco pesante. Non era vergine quando ci mettemmo insieme, e andavamo a letto regolarmente, quindi non voglio dire che era una bacchettona. Ma non era il tipo avrebbe mai indossato un bikini troppo audace al mare, non so se mi sono spiegato.
Sotto i suoi abiti tranquilli e comuni, però, Elena aveva un corpo mozzafiato. Un seno pieno e sodo che mi sorprendeva con il suo peso ogni volta che l’afferravo, con grossi capezzoli rosa. Una bella bocca rossa. Fianchi generosi sotto una vita squisitamente a clessidra. E un culo perfettamente proporzionato con un bel solco profondo scolpito tra le due chiappe sporgenti.
Mi chiedevo a cosa era dovuto quel cambio di umore. Forse il sarto aveva fatto storie per quanto riguardava il vestito. Così, pensando vagamente di poterle dare un supporto morale nel caso di una discussione con il sarto, mi incamminai verso il retro del negozio. Dietro una porta vidi una serie di piccoli stanzini per provare i vestiti, chiusi dalle classiche mezze porte bianche. Elena doveva essere venuta qui. Entrai, un po’ nervosamente, quasi in punta di piedi, con la paura che da un momento all’altro mi trovassi di fronte qualche signora mezza svestita che cominciasse a urlare.
Non sentivo la voce di Elena. Il corridoio continuava a sinistra, poi girava a destra. Magari più avanti c’era il laboratorio del sarto. L’avrei trovata lì? Girai l’angolo.
E trovai effettivamente il laboratorio del sarto. C’erano diversi tavoli con pezzi e frammenti di stoffa, spilli e forbici da tutte le parti. Un disordine pazzesco.
Non sembrava ci fosse nessuno. Cominciai a guardarmi meglio intorno quando all’improvviso sentì un suono come di qualcuno con il respiro affannato, e poi un basso mormorio, di qualcuno che perlava sottovoce. Una voce maschile, profonda, che chiedeva insistentemente qualcosa.
Allora udii perfettamente chiara la voce di Elena. Diceva “D’accordo, ma facciamo in fretta” in un tono perfettamente normale, senza sussurrare. La voce veniva dalla mia destra, dietro un enorme tavolo su cui c’era una tale quantità di rotoli di stoffe accatastati che non si riusciva a vedere dietro.
Provai a sporgermi leggermente dietro il tavolo e rimasi di sasso. Per un momento non riuscii nemmeno a capire quello che stavo vedendo.
C’era un uomo, giovane, capelli scuri e una bella camicia bianca. Deve essere il sarto, pensai. Non portava pantaloni. In piedi, gambe leggermente divaricate.
Graziosamente inginocchiata davanti a lui, con il suo vestitino grigio a strisce, c’era Elena, coi suoi capelli corvini che ondeggiavano insieme alla sua testa mentre lei andava avanti e dietro con la bocca aperta sul pene dritto e umido dell’uomo.
All’improvviso Elena si alzò. Mentre si girava verso di me io mi accucciai dietro il tavolo, con il cuore in gola. Si portò la mano alla bocca e asciugò una traccia di saliva dal mento. Aveva messo un po’ di rossetto quel giorno, ma ora si era tutto sbaffato.
Si girò dalla parte opposta, infilò le mani sotto la gonna e fece scivolare le mutandine giù fino alle caviglie. Quindi si abbassò e se le tolse, appoggiandole ordinatamente su un grosso bancone di legno. Si girò di nuovo e alzò l’orlo della gonna fino ai fianchi scoprendo completamente il culo, e si chinò sul bancone. Quindi portò indietro la sua manina delicata, su cui brillava l’anello del nostro fidanzamento, e delicatamente si allargò le chiappe. Si vedevano benissimo i contorni della vagina ed il rado pelo pubico.
Il sarto stava muovendo la mano su e giù sul suo pene, spalmandoci sopra qualche sostanza oleosa. Notai che aveva un uccello veramente grosso e mentre se lo strofinava diventava sempre più duro. Si mise alle spalle di Elena e gli appoggiò una mano sulla schiena. Potevo vedere tutto perfettamente. Guidò il pene verso il sedere di Elena e piazzò la cappella tra le chiappe di lei, spingendo direttamente sul circoletto dell’ano. Quindi lentamente, ma senza alcuna esitazione, questo tizio spinse tutto il suo cazzo duro dentro il buco del culo della mia ragazza.
Elena non fece una piega. Il sarto grugnì quando la penetrò ed emise un grosso sospiro quando fu tutto dentro di lei, con la sua pancia pelosa appoggiata alle chiappe candide di lei.
Cominciò a spingere dentro e fuori, avanti e dietro nel sedere di Elena. Mise le mani sui fianchi dei lei per meglio tenersi in equilibrio e cominciò ad accelerare, pistonando sempre più velocemente nel suo buco del culo
Non potevo fare a meno di immaginare il cazzo di lui che si gonfiava sempre di più, diventando sempre più duro e più lungo al crescere dell’eccitazione, e penetrando sempre più a fondo nel retto di Elena.
Elena cominciò a mugolare piano, a tempo con i movimenti di lui, e un lieve “oh! oh! ” usciva dalla sua bocca alla fine di ogni colpo, quando il pene dell’uomo la riempiva più a fondo.
All’improvviso la presa dell’uomo sui fianchi di lei si fece più violenta e cominciò a pompare furiosamente. Diede colpì più forti e lunghi e un paio di volte riuscii perfino a intravedere la cappella che usciva completamente fuori dall’ano prima di immergersi nuovamente . Cominciò a muggire e a grufolare rumorosamente, evidentemente stava lì lì per venire. Io cominciai ad agitarmi in preda a non so quale emozione, mentre immaginavo gli schizzi di sperma denso che si spargevano nel culo di Elena e pensavo a quello che lei avrebbe provato a sentire quel cazzo pulsare e gonfiarsi nel suo stretto buco di culo.
Poi lui gridò “Aaaah! ” e smise di pompare, sposto le mani dai fianchi alle cosce di lei e la tirò violentemente a se cercando di infilare il cazzo piu a fondo possibile nel culo della mia ragazza.
Poi ansimando si staccò da lei. Mentre indietraggiava i vidi il pene che scivolava via dal culo di Elena, scivoloso e molle. Un filo sottile di liquido seminale dondolò dalla punta del cazzo andandosì a posare tra le chiappe lisce.
Era difficile sapere cosa fare in quel momento. La mia mente era confusa. I miei pensieri si rincorrevano. I ricordi andavano al casto bacio di Elena al nostro primo appuntamento, alla timidezza con cui aveva reagito la prima volta che le avevo accarezzato i capezzoli sotto la maglietta, sovrapposto a quello che avevo appena visto, Elena che si apriva le chiappe con le mani per permettere ad un perfetto estraneo di ficcarglielo in culo con maggiore comodità.
Tornai dietro il tavolo al riparo. Sentii voci e rumori e capii che restando lì sarei certo stato scoperto. Avevo bisogno di più tempo per pensare, così me ne tornai indietro, rapidamente e silenziosamente attraverso il corridoio dei camerini di prova.
Quando tornai nell’ambiente rumoroso della boutique provai una sensazione di irrealtà. Donne che camminavano avanti indietro con le borse della spesa, che tastavano la stoffa dei vestiti, commesse e commessi che si agitavano. L’atmosfera asettica del centro commerciale contrastava in maniera stridente con quello che era appena successo: la mia donna era stata inculata alla grande da quel tipo.
Cosa avrei detto ad Elena? Erano passati appena pochi minuti da quando mi aveva lasciato e sicuramente sarebbe tornata in un attimo. In effetti arrivò proprio in quel momento. Sembrava perfettamente normale, mentre camminava verso di me sorridendo gentilmente come al solito. Il vestito che portava era in ordine e il rossetto era stato rimesso a posto. Ma mi acorsi che i capelli erano leggermente scarmigliati. E, ovviamente, pensai a qulla goccia di sperma che avevo visto giacere tra le sue chiappe. Sapeva che era lì o se l’era pulita via prima di rimettersi le mutandine?
Lasciammo il negozio. Mi disse che il sarto le avrebbe ritoccato il vestito e che sarebbe tornata a prenderlo entro tre giorni.
Ci dirigemmo verso il corridoio centrale del centro commerciale, dove c’era il negozio di dischi che era la nostra meta originale. Passammo davanti ad un fast food con una grossa finestra di vetro dietro la quale un gruppetto di adolescenti, intenti a mangiare panini, fissò Elena con grande ammirazione. Mi sentii orgoglioso come sempre al pensiero di avere una così bella ragazza al mio fianco. Potevo vederla dal riflesso sul vetro: aveva un aspetto meraviglioso. Capelli corvini, bel sorriso, gambe ben fatte e un bel seno prosperoso davanti. Ma all’improvviso pensai: questa donna che cammina accanto a me, con la mano nella mano, in questo preciso istante ha il culo pieno della sborra di un altro uomo.
Quest’idea mi faceva sbarellare, dovevo sedermi. Chiesi a Elena se gli andava di mangiare qualcosa, lei disse di sì, ed entrammo. La cameriera ci portò i menu e mentre io guardavo il mio Elena disse che andava un attimo al bagno a “rinfrescarsi un po’”
Qualche anno prima avevo avuto una ragazza con cui ho provato il sesso anale due o tre volte, e avevo scoperto che quando una ragazza viene inculata gli fa un po’ l’effetto di un clistere; spesso subito dopo sente lo stimolo di andare al bagno per defecare, e in questo modo ci si libera dallo sperma nel retto.
In un primo momento non ripensai a questo fatto mentre me ne stavo lì a studiarmi le fotografie di sandwich di pollo e hamburger. Poi mi venne in mente tutto in una volta e così capii perfettamente cosa era andata a fare la mia Elena al cesso. FINE